Capitolo 56: Consumare

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Kevin

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Kevin

Sento mio padre affrettarsi per raggiungermi, prima che possa precipitarmi lungo la rampa di scale e raggiungere l'uscita di questo posto soffocante.

"Kevin, aspetta!" Mi mette una mano sulla spalla costringendomi a fermarmi e a voltarmi. Mi sorprendo nel constatare che abbia il fiatone. Era da quasi un anno che non lo rivedevo e mi pare invecchiato e appesantito, come se dovesse portare un carico grave sulle spalle. Cosa che in effetti è vera.

"Kevin, io voglio solo che tu sia felice, che vada avanti con la tua vita, qualsiasi cosa tu decida di fare. Io prometto che proverò a sostenerti" prova a convincermi, ma io volto il capo di scatto: "Nello stesso modo in cui avevi dimostrato di accettare la mia scelta un anno fa?" lo sfido, ma poi mi pento immediatamente di avergli inferto un colpo così basso, riportandogli alla memoria l'incidente. Adesso è mio padre a distogliere lo sguardo: "Sai che è cambiato tutto dall'anno scorso, ma le nostre vite non si sono fermate, non è stato possibile e allora è giusto andare avanti" mi dice con rimpianto.

Quando vede che non rispondo, deglutisce e prosegue con cautela: "Settimana prossima ci sarà la Cerimonia e ci terrei tantissimo che tu fossi presente. Se non vuoi farlo per me, almeno fallo per Lottie, sai che la ricorderemo. Anzi Kevin, fallo per te stesso: concediti la possibilità di lasciarla andare. Quando non ti sei presentato al funerale un anno fa, devi sapere che non hai fatto del male a me o a tua madre, né a tua sorella, la quale da lassù non ha mai smesso di vegliare su di te; hai fatto del male a te stesso, seppellendoti sotto un dolore che non hai avuto modo di consumare, ma che ha consumato te. Io so che il rancore che mi dimostri in realtà è quello con cui ti sei incatenato da solo. Non devi sentirti in colpa."

Come osa parlarmi in questo modo?! Lo guardo spiritato, sgranando gli occhi e stringendo le labbra, perché so che potrei cedere da un momento all'altro. Non dico nulla, temendo di scoppiare a piangere e mi precipito giù per le scale, proprio dopo aver scorto Romi, la quale ha assistito all'intera scena da una certa distanza.

Raggiunta la piazza antistante la scuola, mi fermo di colpo, piegandomi e mettendo le mani sulle ginocchia per riprendere fiato dopo la corsa che ho fatto fin qui o forse dopo le parole pronunciate da mio padre, le quali sembrano essersi insinuate...

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Raggiunta la piazza antistante la scuola, mi fermo di colpo, piegandomi e mettendo le mani sulle ginocchia per riprendere fiato dopo la corsa che ho fatto fin qui o forse dopo le parole pronunciate da mio padre, le quali sembrano essersi insinuate nelle mie viscere, contorcendole.

Presto Romi mi raggiunge e mi mette una mano sulla schiena, cercando di calmarmi. Dietro di lei sopraggiungono anche Morris e i suoi genitori. Non sapevo che mio padre avesse deciso di fargli da fata madrina! Come se trovarmi qui potesse risultare ancor più umiliante! – penso amareggiato.

Dopo qualche secondo, mi sembra di riprendermi, così abbraccio Romi, stringendola forte contro il mio petto, grato che lei sia qui. "Non so quanto possa valere per te, ma io sono felice che tu sia venuto oggi. E' stato importante per entrambi" mi confessa con voce flebile. Io le accarezzo i capelli castani e morbidi e mi accorgo che, nonostante tutto, anche io sono felice di essere venuto. Per un istante, solo per uno, ho pensato che le cose potessero davvero cambiare. Ma forse questo varrà solo per Romi e io lo spero per lei.

A un certo punto la avverto irrigidirsi tra le mie braccia e, quando mi scosto da lei, seguo il suo sguardo paralizzato fino al tizio vestito di nero, appoggiato alla balaustra della scalinata poco distante da noi. Ancora lui!

Come se l'occasione capitasse a proposito, con uno scatto mi stacco da Romi e raggiungo quell'uomo che la perseguita. Lo afferro per la tshirt e lo sbatto contro il muro dell'edificio. "C'è qualche problema forse?!" ringhio a due centimetri dal suo volto, nascosto da un cappellino con la visiera. "Ti avviso: sta lontano da lei! Perchè se ti rivedo nei paraggi, giuro che sarà l'ultima volta!" grido, sbattendolo ripetutamente contro i mattoni rossi della parete.

Si tratta esattamente di ciò di cui avevo bisogno per sfogare tutta la mia rabbia! Faccio per dare un pugno a questo idiota, quando qualcuno mi afferra per la vita e poi per le spalle, tirandomi indietro. "O'Connor, fermati! Lascia stare!" mi intima Dylan, tentando di impedirmi di divincolarmi dalla sua stretta ferrea. "Sono calmo!" ringhio, per convincerlo a lasciarmi andare.

Vedo Romi e i signori Morris osservarmi con le mani sulla bocca e lo sguardo spaventato. Faccio per strattonare Dylan e andarmene, ma lui mi sorprende voltandosi e scagliando un pugno sul naso di quell'uomo, costringendolo a piegarsi a terra. Io e Dylan ci osserviamo in silenzio per qualche secondo, poi ci rivolgiamo un cenno d'intesa e io gli porgo una mano. "Grazie" gli dico, ancora sbalordito per la sua inaspettata reazione. Lui annuisce silenziosamente, prima di raggiungere Romi e allontanarci insieme ai suoi genitori.


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