Capitolo 4 - Fuga dell'anno

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Passano due settimane da quella sera. Tempo durante il quale non smetto di pensare a quel ragazzo.
Sarò forse vittima del cosiddetto "colpo di fulmine"?

È più grande di me, deve avere almeno vent'anni. Oddio, mi sorge il dubbio solamente adesso. Come la prenderebbero i miei zii se gli confessassi di voler frequentare qualcuno dell'età di mia sorella? Non ne ho la più pallida idea.

Intanto ripenso al suo viso... le labbra piene, belle anche solo da guardare, e quello sguardo capace di mandarti su di giri in un istante.
Con un'illuminazione inaspettata, provo a cercarlo stupidamente su Facebook e in non so quanti altri social network. Evidentemente a Roma e dintorni il nome "Michele" è tra quelli più in voga. Mi si sta per atrofizzare un dito a furia di spulciare tutti questi profili.

Controllo l'orario che segna la sveglia e sono pure in ritardo per la scuola; inizio oggi il quarto anno dell'istituto tecnico commerciale e sono agitatissima, mentre mio zio se la ride sotto i baffi da mezz'ora. Per questa volta mi accompagna lui, però mi sono ripromessa di iniziare a prendere la navetta al più presto.

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Ed eccomi nella mia nuova classe.

Mi accoglie un uomo dalle guance floride e che si è presentato come il professore Riccardi, sempre se ricordo bene e non mi sono distratta troppo per via della sua cravatta rosso ciliegia.
Prendo posto vicino ad una ragazza che dal primo sguardo mi ha fatto sentire accettata. Sono onesta, credevo che per oggi nessuno mi avrebbe rivolto la parola. Al massimo qualche frase di circostanza... quelle alla base di una conoscenza civile, per intenderci.

Ritornando alla mia compagna: ha dei bellissimi ricci castano scuro, folti e che tiene legati. Avrei evitato le treccine quasi in stile Pippi Calzelunghe, ma il mondo è bello perché è vario.

"Ah, scusami! Ti sto parlando da non so quanto e non sai neanche come mi chiamo. Giulia, piacere. E questi sono Vanessa e Alberto."

I banchi sono disposti a coppie, dunque mi giro e noto i ragazzi che mi ha appena presentato farmi un cenno con la mano, che io interpreto come "il suo essere con la testa fra le nuvole è normale, tranquilla!".

Capisco subito che i tre sono amici da sempre.

Riguardo agli altri, mi sento già fortunata a non essere osservata come se fossi un'attrazione da circo.

Passiamo il resto della mattinata a chiacchierare e scherzare, in fondo è pur sempre il primo giorno.
All'uscita da scuola io e Giulia ci scambiamo i numeri di telefono. Non appena vedo arrivare l'auto di mio zio le chiedo se vuole un passaggio.

"Ti ringrazio però sono venuta con mio cugino, che studia qui. Non so se ne sei al corrente, ma nel nostro istituto è presente anche la facoltà di economia e commercio. Ah, eccolo che arriva!"

Guardo nella direzione che mi indica e dimentico come si respira.

Michele.

Alla luce del giorno salta all'occhio la sua pelle abbronzata. Sta camminando verso di noi mentre si passa distrattamente una mano fra i capelli. Questo può sembrare un gesto innocente, eppure i miei occhi vengono attratti come calamite.
Da quando in qua riesco a trovare sexy un paio di braccia?

Si avvicina e temo che voglia prendere sua cugina per piantarmi di nuovo in asso, invece mi sorprende.

"Ciao! Ci si rivede allora" esordisce lui con uno sorriso che appare quasi sfrontato.

Giulia intanto ci osserva senza comprendere.

"Se volevi fare le presentazioni, ti ho battuto sul tempo. Anzi, sarei io a doverti presentare Sofia" continua ancora Michele.

Botola, botola, fatemi sparire in una botola.

"Sì, ci siamo scontrati, ehm... incontrati qualche settimana fa in discoteca. Scusatemi, ma ora devo proprio andare, mio zio mi sta aspettando. A domani!" taglio corto per evitare che escano fuori altri dettagli di quella sera.

Nonostante il mio tentativo di chiudere la questione, credo di essermi appena resa ridicola, impacciata e imbarazzata in un colpo solo.

Comunque o sono estremamente educati o non si sono accorti del mio piccolo dramma interiore.
Mi salutano senza concedermi strane occhiate e mi incammino a passo svelto. Quando volto involontariamente la testa, prima di salire a bordo dell'auto, Michele è ancora lì a fissarmi.
Sotto il mio sguardo gli si dipinge l'ennesimo sorriso sfacciato sul volto.

So già che mi farò del male se inizio a fantasticare su di lui.

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Appena terminato di pranzare do una mano alla zia in cucina e mi fiondo al piano di sopra. Entro in cameretta, lancio le ballerine dove capita e recupero immediatamente il mio cellulare.

Ho bisogno di far sapere ad Ilaria la novità.

"Hai presente il tipo di cui ti ho parlato? Non ci crederai, ma l'ho appena rivisto."

"Esatto, non ci credo. Pretendo delle prove, cara."

Ottimo, crede che io sia impazzita.

"Dammi tempo almeno. Vedrai che ti terrò aggiornata, malfidata. ;)"

Intanto le racconto per filo e per segno quella che è stata la mia mattina e Ilaria mi incoraggia dicendo che con il mio carattere mi troverò sempre meglio ogni giorno che passa.

Dopo qualche ora è arrivato il momento di preparare la borsa per andare a lezione di danza: scarpette, punte, body nero, calze color carne e asciugamano.
Perfetto, c'è tutto.

Scendo le scale per salutare gli zii. Non trovandoli da nessuna parte, controllo anche sul retro e in giardino. Il silenzio che ricevo come risposta mi suggerisce di essere sola in casa, quindi esco.

Mi avvio così alla fermata dei pullman, che fortunatamente si trova all'ombra e ringrazio di cuore chi l'abbia progettata.

Durante l'attesa cerco di distrarmi come posso, finché non provo con il gioco che da bambina facevo con mio padre. Ovvero quello di contare le macchine rosse che passano. Non ne trovo il senso ora che sono adulta, in ogni caso lo ricordo volentieri.
Dopo qualche minuto in cui tengo il conto solo di un'auto di colore bordeaux, un pensiero sciocco attraversa la mia mente e un sorriso spunta sul mio viso.




Caro Michele, stavolta il premio "Fuga dell'anno" spetta di diritto a me.

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