Capitolo 53 - Dimmi la verità

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SOFIA

"Michele, smettila di fargli il solletico! Lo vedi che non gli piace?" richiamo il mio ragazzo che non fa che giocare con il piccolo London.

Già. Ieri siamo riusciti ad andare al negozio di animali, dopo che due giorni fa abbiamo dovuto rimandare per ciò che è accaduto a Michele. Ho cercato di non darlo a vedere ma mi si è gelato il sangue. Il fatto che qualcuno gli abbia squarciato le gomme dell'auto è terrificante. Sembra una specie di avvertimento e mi fa impazzire che nessuno possa difenderci come meritiamo. Inoltre è ovvio che in testa abbiamo tutti lo stesso nome.
A interrompere le mie riflessioni ci pensa il piccolino di casa poiché inizia a stuzzicare con la zampina le mie dita. London è un certosino ed è un'amorevole piccola palla di pelo. Ho scelto questo nome per via del colore grigio che mi ricorda Londra, città che desidero visitare da sempre. London è buffissimo con queste orecchie grandi che per ora spiccano parecchio sul musetto ancora piccolo; in fondo ha appena tre mesi. Sposto la mano a scatti sulla trapunta e lui inizia a seguirla prima solo con gli occhi, poi muovendo anche la testa a destra e sinistra. Ma ancora non si azzarda a puntarmi sul serio, deve prendere confidenza per bene.

Michele intanto sta assistendo alla scena insieme a me; è sdraiato sul mio letto con le caviglie incrociate e i piedi a penzoloni. Mi ha confidato che ha sempre adorato gli animali e in particolare anche lui i gatti. È un evento da festeggiare perché è un'altra piccola cosa che abbiamo in comune.

"Ma guarda tu se devo essere geloso anche di un gatto" borbotta mentre prende tra le mani London e se lo posa in grembo. "Anche io mi merito un po' di attenzioni, non credi?"

Lo ignoro e do un'ultima occhiata al gattino: sta già mordicchiando i fili dei jeans strappati all'altezza del ginocchio che indossa Michele. Dopodiché mi stendo accanto al mio ragazzo, che mi avvolge le spalle con un braccio per stringermi più a sé. Poggio la testa sul suo petto e subito mi sento a casa. Perché so che quando sono fra le sue braccia non può accadermi nulla. Per questo motivo la lontananza di queste settimane è stata ancora più tremenda di quella accaduta all'inizio della nostra storia.
Mentre entrambi stiamo ancora osservando quella dolce palla di pelo, Michele fa scorrere la mano su e giù lungo la mia schiena in una carezza sensuale e rassicurante allo stesso tempo. Riesco a sentire il calore della sua mano perfino attraverso il cotone.
Devo ammettere che stare vicini e in questa posizione risveglia in me anche più di un semplice desiderio di un abbraccio.

"Quando hai detto che tornano i tuoi zii?" chiede all'improvviso leggendomi nel pensiero.

"Non tornano prima di cena te l'ho detto... anzi forse neanche per quell'ora fanno in tempo, visto che la zia mi ha consigliato di cucinarmi qualcosa."

"Oh... quindi volendo, abbiamo tempo" mormora a voce bassa, mentre mi bacia dolcemente la fronte. Sento il calore del suo respiro e delle sue labbra sulla pelle e per poco non mi sciolgo.

"Michele! Abbiamo un cucciolo davanti a noi, non vorrai turbarlo?" replico fingendomi indignata.

"Esistono altre stanze in questa casa e sia noi che lui siamo provvisti di tutti gli arti necessari per muoverci" replica mentre si focalizza sulla mia bocca. L'istante dopo prende di nuovo London tra le mani per fargli una carezza sotto il mento. Il piccolo sembra apprezzare allungando il collo in cerca di altre coccole, ma il mio ragazzo si alza portando il gatto con sé e si incammina verso il bagno, dove lascia London. "Vai, piccolo, ed esplora un'altra parte della casa... la mamma e il papà sono momentaneamente occupati" conclude chiudendo poi la porta.

Scoppio inevitabilmente a ridere per l'idiozia di Michele, il quale però sembra davvero determinato quando rientra in camera e viene diretto da me. Torna sul letto e avverto il materasso abbassarsi sotto il suo peso. Mi rivolge uno sguardo penetrante prima di stendersi nuovamente... ma stavolta sopra di me. D'istinto mi metto comoda allargando le gambe e lui si piazza in mezzo, spalmando il suo corpo sul mio.

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