Capitolo 37 - La dura consapevolezza

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SOFIA

"Mi piacerebbe esserti d'aiuto ma, malgrado i mie jeans siano pieni di tasche, non ho un pacchetto di fazzoletti con me." Giordano mi riporta alla realtà.

Ovvero quella in cui Michele mi ha appena lasciato, come avevo temuto.
Improvvisamente rabbrividisco e non solo perché l'aria è fresca, come è normale che sia a fine ottobre, ma per la consapevolezza appena acquisita.

"Non preoccuparti... non ho intenzione di piangere ancora per molto. Tra poco dovrò riuscire a raccontare ogni cosa e sarebbe meglio evitare un pianto continuo" gli dico, sforzandomi di sorridere.

"Perché non hai lasciato che incolpasse soltanto me? Me lo sarei meritato e sarebbe stato il mio modo per ringraziarti." Si schiarisce la voce, per poi riprendere "Quando sono venuto in tuo soccorso, credimi, ho rivisto mia sorella... eri così spaventata e mi sono sentito una merda per aver lasciato che ti mettessero le mani addosso. Avrei voluto evitarti almeno questa parte" confessa sempre lui, quasi in difficoltà.

Si passa una mano tra i capelli e inizia a grattarsi la testa. Non è abituato ad esternare i suoi sentimenti.
È proprio vero che ha indossato una maschera finora, la storia di Melissa lo ha costretto a nascondere la sua vera natura.

"Sei un ottimo fratello, Giordano. Non ti sei mai arreso e se fossi tua sorella mi sentirei fortunata ad avere qualcuno che si preoccupi così tanto per me. Sbagli solamente a sentirti responsabile per quella notte..."

Di colpo lui blocca ogni movimento, è evidente che le mie parole lo hanno colpito.

"Grazie... mi auguro che anche lei la pensi come te, perché adesso arriva la parte più difficile. Riaprire la sua ferita e convincerla a testimoniare."

Ha gli occhi lucidi mentre le dice. Mi dispiace solo non riuscire ad abbracciarlo per un conforto, però non mi sembra nemmeno il tipo che si lasci andare a tenerezze. Quindi meglio provare con le parole.

"Ce la farete... tu falle sentire tutto il tuo appoggio e vedrai che deciderà da sola di ottenere giustizia. Fidati, so di cosa parlo" confesso certa della mia affermazione.

Quando Alessandro mi ha salvato all'aggressione di Marco, ho subito raccontato tutto a mia sorella. Mi ha incoraggiato a denunciare subito, ma dentro di me avevo già preso la decisione. Serviva solo una spinta.

Ad un tratto veniamo interrotti da una voce familiare.

"Stavi cercando il telefono che era in auto e non qui dentro?" domanda la zia Nadia, agitando la mia borsa che tiene in mano.

"Scusami..."

"Sofia," mia zia si lascia andare ad un lungo sospiro "sono davvero in pensiero per come ti stai comportando. Stasera quando ci è arrivata quella telefonata dal pronto soccorso non immagini la paura che ci ha gelato il sangue. Siamo responsabili per te e per poco non ti accadeva qualcosa di terribile. Perché mentire ancora?" mi chiede in tono disperato.

"Ho visto Michele... non ce l'ho fatta a non inseguirlo. Sarei comunque tornata da te tra qualche minuto."

Lei resta a guardarmi contrariata poi si rivolge a Giordano.

"Inutile dirti che anche tu dovrai stare lontano da mia nipote. Sofia mi ha spiegato a grandi linee il motivo di questa mossa azzardata e sono addolorata per tua sorella, ma stasera una delle mie ragioni di vita si è presa un rischio troppo grande e non posso lasciare che accada di nuovo" gli dice calma, senza alzare la voce.

Lui annuisce e non aggiunge altro. Ci saluta con un cenno del capo e ci passa accanto per raggiungere, deduco, la sua auto.

"Tuo zio ha finito di parlare con l'avvocato. Ci sta per aggiungere, quindi sarà meglio rientrare." mi informa sempre la zia.

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