Fifty-five

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Il mese che seguì fu indubbiamente il più devastante di tutta la mia vita. Piangevo tutte le notti, e per quanto mi sforzassi di fare piano, non riuscivo a smettere di tremare e di gemere tanto era il dolore che provavo, e quando finalmente riuscivo ad addormentarmi, cadevo preda degli incubi più terrificanti, proiezioni dei pensieri che facevo ogni minuto di ogni giorno. La rabbia aveva ceduto il posto al dolore quasi subito ed immediatamente la sensazione che una parte di me fosse appena morta si impadroní del mio corpo, e ancora oggi non riesco a reprimere un brivido ripensando a tutto quello che dovetti passare.
Remus era partito quella notte stessa senza dirmi niente, e l'unica immagine che avevo costantemente impressa nella mente era di lui, in ginocchio davanti a me che piangeva in preda ad un dolore che solo io potevo capire, per il semplice motivo che con tutte le probabilità era lo stesso che avevo provato io.
Mi sentivo persa, come in balia di qualcosa che non riuscivo a spiegare, era come se fossi morta, Remus si era portato via non solo una parte del mio corpo, che non avevo mai concesso a nessuno prima, ma soprattutto della mia anima.
Ero tormentata sempre dalle stesse domande:
Stava bene?
Era andato a letto con altre donne?
Pensava ancora a me o mi aveva dimenticata?
Quelle domande mi straziavano l'anima e mi aprivano una grossa voragine nel petto ogni volta in cui ci pensavo. Durante i primi giorni ero stata certa che Remus mi avrebbe scritto via gufo per farmi sapere come stava, o che mi avrebbe almeno mandato un patronus, ma così non fu. Il mio rendimento scolastico si abbassò drasticamente così come il mio peso. Mangiavo poco e di rado, ma d'altronde non avevo quasi mai fame. I miei amici non fingevano nemmeno più di non essere preoccupati ed Hermione, Harry e Ron facevano a turno per non lasciarmi mai sola più del dovuto. Avevano paura di quello che avrei potuto fare, era evidente.
Nessuno sembrava avere notizie di Remus ed io non osavo chiederne, spaventata a morte dall'effetto che avrebbe potuto farmi parlare di nuovo di lui e accettare che quello che c'era stato tra noi era reale, e che, di conseguenza, lo era anche il dolore che provavo. Alla fine della quarta settimana, quando ormai febbraio stava lasciano il posto a marzo, la neve si scioglieva e le giornate di sole aumentavano, mi dissi che se lui mi aveva dimenticata io avrei fatto lo stesso, o almeno ci avrei provato, nonostante lo amavo ancora con tutta l'anima.
Agli inizi di Marzo iniziai a stare lievemente meglio, o almeno gli incubi iniziarono ad essere un po' meno frequenti. Ricordo particolarmente l'alba di un giorno in cui ebbi l'illusione che l'avrei dimenticato davvero. Che prima o poi avrei smesso di credere che Remus fosse l'uomo della mia vita, che avrei smesso di fantasticare sui modi in cui mi avrebbe chiesto scusa e su come ci saremmo sposati e saremmo stati genitori di sei bellissimi bambini.
Poi, piano piano, iniziai a stare lievemente meglio, o almeno non mi capitava più di scoppiare a piangere durante i pasti o mentre facevo i compiti davanti al camino. Mi sembrò che un raggio di sole avesse squarciato le nuvole come una nuova promessa di felicità.
Il pensiero di Remus era costante, ma probabilmente lui si era dimenticato di me, e magari si era anche trovato una nuova compagna. Quel pensiero mi faceva venire sempre la nausea, ma nonostante questo, un giorno mi svegliai con un'insolito buonumore e questa condizione si protrasse per circa una settimana.

Fino a quella notte.

Era una notte senza luna, in cui avevo fatto molta fatica a prendere sonno perché il pensiero delle mani di Remus su di me era tornato talmente vivido e forte da non farmi credere che fosse solamente un pensiero. Mi morsi dolorosamente il labbro e cercai immediatamente di smettere di pensarci e finalmente, dopo un' abbondante mezz'ora, ero riuscita a prendere sonno.
Non saprei dire che ore fossero quando fui svegliata da un insolito e incredibilmente lucente bagliore argenteo. Inizialmente attribuii la cosa alla luce argentata della luna, ma non appena mi stropicciai gli occhi e mi tirai su a sedere vidi che il cielo era nero come l'ossidiana, e della luna non c'era traccia.
E poi lo vidi.
Un patronus dalla forma estremamente familiare fluttava pigramente intorno a me, correndo sulle zampe agili, lasciando dietro di sé una scia dalla luminosità talmente intensa che i miei occhi, abituati all'oscurità di pochi istanti prima, si socchiusero istintivamente. Il mio cuore prese a battere convulsamente, la pressione si isinuó nelle mie orecchie e lo stomaco si contorse in una morsa talmente dolorosa da farmi credere che sarei svenuta dalla tensione.
Il grande lupo d'argento si arrestò improvvisamente davanti a me, e parlo con una voce che per quanto mi fossi sforzata di dimenticare, avviluppó i miei sensi e la mia mente come una ragnatela dalla quale non sarei mai riuscita a liberarmi, non importava quanto mi dimenassi.

'Sophia, ho ucciso Grayback e sto tornando a Londra. Se mi pensi ancora come io penso a te e se vorrai sentire le mie spiegazioni, vorrei portarti a cena questo sabato sera.
Se dopo avermi ascoltato ti dovessi rendere conto di non amarmi più, ti prometto che ti lascerò andare per sempre.
Fammi sapere al più presto.
Sempre tuo,
Remus.'


Rimasi a fissare il vuoto all'interno della mia stanza nonostante il patronus di Remus si fosse già dissolto da parecchio tempo. Non riuscivo a capacitarmi di quello che avevo appena visto e soprattutto sentito.
Che avessi immaginato tutto?
Remus era vivo e stava bene, e voleva vedermi. Era passato più di un mese da quando avevamo litigato così pesantemente da indurmi a credere che quella volta sarebbe finita per sempre, un mese in cui avevo pianto incessantemente e un mese in cui, nonostante tutto, avevo pensato a lui giorno e notte. Il cuore mi batteva all'impazzata nel petto e, dopo tutto quel tempo, sentii la familiare sensazione di farfalle nello stomaco.
Remus aveva ucciso Grayback, stava bene, e voleva vedermi. Era semplice, ma il mio cervello non riusciva ad elaborare quella informazione.
Mi misi una mano in bocca e mi morsi con forza le dita per non iniziare a gridare dalla tensione accumulata, mentre la pelle d'oca sulle braccia e sulla schiena mi faceva rabbrividire pesantemente.
Mi gettai all'indietro e la mia testa si posó sul morbido cuscino.

'Se mi pensi ancora come io penso a te.'

Strinsi le lenzuola tra le mani fino a quando non sentii le unghie conficcarsi nei palmi e mi rigirai freneticamente nel letto, facendo cigolare le molle del materasso, in preda ad un dolore estremamente familiare misto ad ansia.
Mi pensava, aveva detto.
Ma se fosse solo una bugia? Se si fosse innamorato di un'altra e volesse solo giocare con me? Avevo la forza di rivederlo ancora? La scelta stava a me, potevo decidere io cosa fare. Potevo assumermi la responsabilità del dolore che la mia decisione avrebbe comportato, ma Remus l'avrebbe rispettata come aveva giurato? Mi avrebbe davvero lasciata andare per sempre se io glielo avessi chiesto?
Al solo pensiero una fitta inaspettatamente dolorosa mi colpí al cuore. Mi coprii il viso con le mani, ed improvvisamente, il terrore più gelido mi colse.
In quel momento capii che non l'avrei mai potuto dimenticare davvero.
Mai.
Una parte di lui sarebbe sempre vissuta con me, ma io non volevo solo una parte di lui.
Io volevo lui, e lo volevo mio.
Non sarebbe stata vita, altrimenti.
La morte sarebbe stata più dolce e di gran lunga più sopportabile rispetto ad un'eternità senza Remus.
Lui era il mio paradiso e allo stesso tempo il mio inferno personale.
Ed io lo amavo ancora, immensamente ed incondizionatamente, forse più di quanto lui amasse me.
Volevo vederlo.
Quello che avevo disperatamente cercato di nascondere a me stessa per oltre un mese era venuto fuori tutto in un'unica volta, prepotentemente ed inesorabilmente.
Volevo rivedere Remus più di ogni altra cosa al mondo. Feci mentalmente il conto di quanti giorni mancassero a sabato. Guardai la sveglia sul comodino e vidi che segnava le 2:46 a.m. e che era già venerdì. Domani sera, mi dissi. Non ricordavo di essere mai stata tanto vicina, e al contempo lontana dalla felicità. Mi sistemai ancora a sedere sul letto e, tremando, presi la mia bacchetta sul comodino.
Mi concentrai sul momento in cui Remus aveva ammesso di amarmi, il giorno di Natale alla Tana, ed immediatamente apparve il mio patronus che, in seguito alla profonda scossa emotiva dell'ultimo mese, aveva preso inevitabilmente la forma di un lupo.
"Porta questo messaggio a Remus Lupin." Dissi con voce stridula accorgendomi che quella era la prima volta in un mese che dicevo ad alta voce il suo nome. Il lupo agitó docilmente la coda d'argento per poi mettersi seduto e sull'attenti.
"Va bene, accetto."
C'erano milioni di cose che avrei voluto dire, ma quelle parole furono le uniche che uscirono dalle mie labbra. Il lupo d'argento fece un cenno d'assenso col muso, dopodiché sfrecció fuori dalla finestra del dormitorio, dissolvendosi in una fitta nebbia scintillante, recapitando il messaggio al destinatario.

The Dark Side Of The Moon|| Remus Lupin (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora