Capitolo 23

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Tutto il pomeriggio Ivan mi coccolò, mi cucinò i biscotti, affittó il mio film preferito e mi propose anche di dormire da lui. Rifiutai, dovevo tornare a casa, avevo bisogno di stare sola, anche se mi ha fatto stare davvero bene Ivan, chi non vuole tornare a casa dopo certe situazioni e sfogarsi?

"Ivan, grazie tantissimo per avermi ingozzata di cibo, di affetto e di film. Sei una persona stupenda, ti voglio un bene dell'anima. Sono in debito con te per tutto quello che hai fatto per me!" Mi avvicinai a lui e gli diedi un caloroso abbraccio. È davvero un ragazzo meraviglioso, e ora come ora è difficile trovarne uno come lui. Vorrei essermi innamorata di Ivan e non di Shawn.

Ci staccammo, mi voltai afferrando la maniglia ma Ivan mi fermò.

Mi prese il viso con entrambe le mani e per un attimo pensai che mi potesse baciare.
"Se hai bisogno, non esitare a chiamarmi Elena, giuro che un giorno ti prendo e ti porto via con me."

Mi fece indietreggiare verso il muro e mi intrappoló con il suo corpo, oochi centimetri dividevano le nostre labbra, i respiri si fecero intensi. Avevo un disperato bisogno di lui, avevo un terribile desiderio delle sue labbra sulle mie e la pelle contro pelle. Si allontanò, facendomi rimanere molto male. Ero paonazza, lo guardai e mi voltai aprendo la porta scoppiando a piangere.

Oggi i miei vestiti mi rispecchiavano parecchio, avevo un maglione largo grigio e nero con una piccola scritta "lasciatemi stare", pantacollant e stivaletti. Eh sì, dopo la giornata di ieri ero proprio di pessimo umore. Evitai tutti.

A pranzo mi nascosi nello sgabuzzino, ero sicura che lì nessuno mi avrebbe disturbata. Stavo mangiando il mio delizioso panino con insalta e mortadella, quando un rumore mi spavento. La porta di legno si aprì ed entrò il bidello, ma non si accorse della mia presenza fortunatamente, prese strofinaccio, secchio e diverse cose. Rimasi immobile. Stava per chiudere la porta così buttai un sospiro. La riaprì di botto facendomi sbattere il naso ad essa.

"CAZZO!!!" esclamai dal dolore.

"Sentivo una presenza, beccata!" Mi puntò il dito addosso.

"Mi aiuti per favore, non resti impalato!" Urlo.

"Okay, calma calma" si mise a correre verso l'infermeria.

Pochi minuti dopo venne col fiatone ma mi porto due borse di ghiaccio, mi sdraiai e misi del ghiacco nella porta dolorante.

"Mi dispiace tanto signorina, ma non dovrebbe stare in questo luogo" mi disse sedendosi accanto a me.

"Lo so, non ha torto, non l'ha fatto nemmeno apposta, ma sto cercando di evitare tutta quella gente di merda fuori."

Mi tirai su e mi guardai intorno, lo sgabbuzzino era uno dei posti più inquietanti che abbia mai visto. Ed io ci stavo dentro fino a poco fa, incredibile.

"Sono divorziato, non vedo mia figlia da cinque anni, quest'anno ho perso mio fratello." Disse improvvisamente il bidello.

Mi girai verso di lui e gli dissi sinceramente: "Mi dispiace tantissimo.."

"La cosa più brutta è che non ho potuto dirgli quanto gli volevo bene e ringraziarlo per tutto ciò che ha fatto sempre per me."

Silenzio.

"Mia figlia mi manca tantissimo. La stronza ha avuto solamente la fortuna di avere come amante il giudice. Smascherando tutto e passando dalla parte del torto a quella della ragione. Ho perso tutto."

"No signore, può ancora combattere. Sono sicura che sua figlia non aspetta altro che lei ci vada."

"Non posso, mi troverei in seri guai."
"Tu invece che problemi hai?"

Abbassai la testa.
"Adesso ho capito che i miei problemi sono più piccoli di quanto pensassi. Me ne vergogno a parlarne, mi ha fatto riflettere signore."

Si alzò in piedi e mi diede una mano.
"Anche tu stai soffrendo a modo tuo. Dopo la pioggia c'è sempre il sole, io ci spero ancora e tu?"

"Ci spero anch'io."

"Sono risolvibili?" Rimasi stupita a questa domanda. Forse dovevo essere io a dare una svolta a tutto questo. Lui se potesse fare qualcosa per sua figlia o per suo fratello lo farebbe, ma non può. Io posso, a volte dipende da noi far spuntare il sole. Mi munì di coraggio e uscì fuori, stava per suonare la campanella.

"Grazie mille per la chiacchierata, mi ha fatta riflettere su tantissime cose. Si merita tanto sole nella sua vita signore, spero che spunti il più presto possibile."

Lo salutai e mi misi a correre cercando prima di tutto Shawn.

Lo trovai nel tavolo con la squadra di football, ma in disparte, non parlava, fissava il vuoto. Poi alzò lo sguardo e quando mi vide si alzò subito.

"Ti prego non scappare ancora, non ce la faccio più."

Fu così, non scappai, rimasi lì, ferma a guardarlo mentre tutto dentro di me faceva un caos tremendo. Ero un casino.

Presi un respiro e mi fermai davanti a lui. La campanella suonò, gli altri ci fissarono, ma non a lungo, andarono tutti via.

"Elena.." sospirò tristemente.

"Shawn, ci vediamo all'uscita della scuola."

Girai i tacchi lasciandolo li impalato.

Durante la lezione di matematica non ci capì nulla, fuori era nuvoloso, il tempo oggi mi somigliava, afferrai il cellulare guardandomi prima intorno e poi nascondendolo dentro il borsellino, inviai un messaggio a Jennifer, era da un po' che non parlavamo, mi mancava la mia migliore amica, ne avevo bisogno.

'Ei tesoro mio, ti va di venire a casa mia oggi? Mi manchi, scusa di non essermi fatta viva per un po'.'

La osservai da lontano, prese il cellulare, un attimo dopo sorrise, si girò verso di me e mi fece un gesto che significasse "okay".

Se sapevo cosa fosse accaduto dopo non le avrei mai detto di venire.

Qualcosa di inaspettato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora