Chapter 44 💎

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Trent'anni prima

Quando la ragazzina salì i gradini scheggiati del portico insieme
all' assistente sociale, come un brutto presentimento.
Era bionda, magra e oltrepassò la zanzariera strappata stringendosi al petto un sacco della spazzatura nero. Capii subito che lì dentro c' era tutto ciò che possedeva.
Negli ultimi nove anni io e il mio sacco nero ci eravamo trasferiti quattrordici volte. Fino a quel momento non mi ero reso conto di quanto mi avessero sballottato di qua e di là. Il mio primo ricordo erano i morsi della fame che mi divoravano: avevo pregato mio padre, quello affidatario, di darmi qualcos'altro da mangiare e lui mi aveva mollato un ceffone. Avevo quattro anni, credo: è difficile tenere il conto quando non vedi le candeline sulla torta di compleanno, perché la torta non te la preparano mai. 
Se ci fosse stata la signora Holiday, una torta me l' avrebbe fatta, anche tutti gli anni. Invece si era ammalata, e sei mesi dopo, quando ormai era chiaro che le sarebbe rimasto ancora poco da vivere e che non avrebbe più potuto prendersi cura di noi, mi avevano trasferito. Con lei, per la prima volta avevo avuto
l' impressione che qualcuno mi volesse bene davvero. Per la prima volta avevo scelto dei vestiti nuovi in un negozio. Per la prima volta qualcuno mi aveva chiesto cosa volessi per cena. Per la prima volta mi era sembrato di avere una mamma. Ma la sua morte aveva reso tutto ancora più difficile. Così avevo imparato che nella vita è meglio non affezionarsi a niente e a nessuno.
Da quel momento, ogni casa era stata una variante della stessa merda. Non eri mai uno dei figli veri; eri l' assegno che i genitori affidatari non facevano nulla per guadagnarsi. Ti davano appena da mangiare. Se avevi uno spazzolino da denti usato, ti andava bene. E i vestiti erano quelli donati dalla chiesa o quelli smessi dai figli veri.
Niente di nuovo, poco ma sicuro.
La canottiera che indossavo in quel momento era più grigia che bianca, e quando, pochi giorni prima, si era strappata impigliandosi nella rete di recinzione, Jerry mi aveva spinto contro il muro e si era sfilato una cintura per darmi una lezione. Lo faceva con una certa frequenza, soprattutto dopo una confezione di birra da sei e qualche canna.
Un ubriaco aggressivo però  per me non era una novità. Riuscivo a riconoscerli a chilometri di distanza. Gli avrei restituito pan per focaccia, la prima volta che si era sfilato quella cintura, se non mi avesse immobilizzato con un piede e tutti i suoi settanta chili. E poi sapevo che, se mi sbattevano fuori, non sarebbe rimasto nessuno a proteggere Destiny. Aveva solo sei anni, ma vedevo come la guardava Jerry. Non mi piaceva, e così cercavo di restarle il più possibile vicino.
Quasi ogni notte sgattaiolavo fuori dalla mia stanza e dormivo davanti alla sua porta, per essere sicuro che Jerry non le facesse niente. Non mi fidavo neanche un po' di quel pezzo di merda.
"Siamo così contenti di essere finalmente  riusciti a riunire Destiny e sua sorella. Salutate Hope" disse
l' assistente sociale, tutta allegra. Non si rendeva conto che in quella casa
c' era poco da stare allegri.
C' era poco da stare allegri ovunque.
Destini attraversò di corsa la stanza con le sue gambette magre e allacciò le braccia alla vita della ragazzina, mentre Jerry, sua moglie Dixie e Jerry Jr. il figlio, le osservavano a qualche metro di distanza. Jerry Jr., non mi si avvicinava più granché, forse perchè i suoi genitori mi permettevano di fare la doccia una volta a settimana. Per risparmiare sull' acqua, dicevano. 
Quando la nuova arrivata lasciò cadere il sacchetto della spazzatura per abbracciare sua sorella, Jerry si passò la lingua sui denti, guardandola come se fosse stata una di quelle grosse bistecche che comprava solo per sé.
Sentii lo stomaco farsi di piombo quando mi resi conto, che anche se era minuta, Hope non era piccola come sembrava. Probabilmente era più grande di me. Si era già sviluppata e di sicuro non portava il reggiseno.
Jerry non riusciva a staccare gli occhi da quelle tette e non faceva nulla per nasconderlo.
Già non mi piaceva come guardava Destiny... E il modo in cui stava guardando Hope mi fece schifo. Avevo trovato i suoi giornalini porno infilati in una scatola, nella rimessa, dove pensava che nessuno li avrebbe scovati. Gli piacevano giovani e bionde: avrei voluto urlare
all' assistente sociale di prendere le due ragazzine e portarle subito via da quella casa.
Ma sapevo cosa sarebbe successo se avessi aperto bocca. Mi avrebbero dato un calcio nel culo, e non sarebbe rimasto più nessuno a proteggere da Jerry.
"Mi sei mancata tantissimo" bisbigliò Hope a Destiny, lasciandosi cadere sul linoleum sporco. Sì abbracciarono a lungo, forte, poi Hope alzò lo sguardo su di noi.
Jerry fu il primo a farsi avanti, ovviamente. Allargò le braccia, la canottiera bianca tesa sul ventre. "Sono il tuo nuovo papà, Hope, benvenuta a casa".
Hope spalancò gli occhi e il suo sguardo scivolò alle spalle di Jerry, fino a me. I simili si riconoscono. Sapeva che non ero un figlio vero. Scossi la testa pochi millimetri in segno di avvertimento.
Lei si rivelò brava a leggere i segnali, il era un vero schifo, perché significava che ne aveva passate già tante, e questo mi fece schiumare di rabbia.
Tenne Destiny stretta al fianco e si limitò ad allungare verso Jerry un braccio solo. Ma quel bastardo non si tirò indietro e le strinse entrambe.
"Adesso la famiglia è al completo".
Dixie le rivolse un cenno con la testa. Non disse molto, forse perchè aveva trascorso gran parte della giornata attaccata ad una bottiglia di Sprite da due litri. Peccato che dentro non ci fosse la Sprite. Quando l' avevo vista svenire sul divano la prima volta, appena arrivato lì, avevo svitato il tappo per berne un po' anch'io.
Era vodka.
Forse non è normale che uno a tredici anni conosca già quella merda, ma non mi era stato concesso il lusso di avere un' infanzia.
E poi Dixie era sempre troppo occupata a nascondere i lividi che le lasciava Jerry quelle notti in cui alzava al massimo il volume del giradischi della loro stanza.
Forse non era giusto, ma visto che la mia ultima mamma affidataria mi chiamava "figlio del diavolo" e sarei finito all' inferno lo stesso, quelle notti ero felice. Perché Jerry aveva altro da fare e non ci avrebbe provato con Destiny.
Ma Hope? Merda, Hope significava guai.
Jerry le lascio andare entrambe dopo un imbarazzante lunghissimo abbraccio. L' assistente sociale era ancora raggiante per essere riuscita a riunire le due sorelle.
"Bene, vi lascio. Così potete cominciare a conoscervi meglio" guardò Dixie "Sapete già come funziona. Niente di nuovo".
Jerry rise e l' orlo della canottiera si sollevò, scoprendo il ventre che sporgeva sui pantaloni. "Niente, tranne un assegno un po' più sostanzioso a fine mese, intende".
Il sorriso dell' assistente sociale si smorzò mentre annuiva. "Certo". Abbassò lo guardo sulle due sorelle, ma si concentrò soprattutto sulla maggiore. "Hai il mio numero di telefono, nel caso ti servisse qualcosa. Spero che la tua nuova casa ti piaccia e sono contenta che tu e Destiny siate finalmente di nuovo insieme".
"Starà benissimo" disse Jerry.
Non appena l' assistente sociale se ne andò Jerry afferrò con le dita grassoccie il braccio di Hope. "Ti faccio vedere la tua nuova stanza. Proprio vicino alla nostra".
"Posso stare in quella di Destiny" disse Hope "Non c' è problema. Non ho bisogno di una camera tutta mia".
Jerry si passò di nuovo la lingua sui denti. "Sei troppo grande per dividere la stanza con qualcun altro. E qui ne abbiamo in abbondanza. Vieni, niente discussioni".
Quella sensazione strisciante crebbe, mentre Jerry la trascinava lungo le scale, diretto probabilmente alla camera che era stata lasciata libera prima che io e Destiny arrivassimo lì, a pochi giorni di distanza l' uno
dall' altra.

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