💎 Chapter 49

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La porta di casa mia si spalanca per la seconda volta, stanotte. Mi giro di scatto mentre la luce tenue del corridoio filtra nel soggiorno dove sto camminando avanti e indietro al buio con coltello da cucina nella mano destra e un martello nella sinistra.
Brett aveva una pistola. Io no. E tutti sappiamo chi vince nell' equazione. Ma non mi ha sparato, perché a quanto pare non mi vuole morta.
Gli servo viva.
Le lacrime mi appannano la vista al pensiero di quello che sto per fare, mentre mi scagliocontro l' intruso urlando come un' ossessa, il coltello sopra la testa e il martello che rotea. Il coltello viene sbattuto a terra ma il martello sta per andare a segno.
L' uomo me lo strappa di mano con un grugnito, lo sento piombare sul pavimento prima ancora di essere spinta faccia al muro, i polsi bloccati lungo i fianchi. Un petto duro mi preme la schiena e mi schiaccia contro la parete. Cerco di divincolarmi, ma lui mi tiene immobilizzata come una specie di camicia di forza umana.
"Lasciami andare bastardo! Te l' ho già detto. Se farai del male ai miei genitori o alle mie sorelle, ti ucciderò con le mie stesse mani".
Ma invece della voce melliflua di Brett, sento solo un altro grugnito. Inspiro. L' odore dell' uomo che mi tiene bloccata non è quello  che perseguita il mio passato e il mio presente. Il grugnito però mi è familiare.
"Lasciami!" Ordino ancora, e il tizio mi scuote i polsi.
Combatto contro le lacrime e cerco di girare la testa.
Ho quasi paura di scoprire che ho ragione. E in quel cono di luce sbiadita, riesco a distinguere il profilo di Scar.
Avverto un moto di sollievo - assurdo visto che lui contribuisce a fare di me una prigioniera - e smetto di agitarmi. Faccio ancora fatica a respirare, ma il mio corpo inizia a rilassarsi.
"Lasciami andare. Non scapperò. E non ti ucciderò. Probabilmente. Forse" A questo non so nemmeno io di cosa sarei capace. Certo più di quanto abbia mai creduto possibile.
Scar aspetta un tempo infinito prima di allentare la presa. Mi giro e arretro senza mai distogliere lo sguardo da lui. Quando incontro il divano, crollo. Treno e mi stringo nelle braccia come per evitare di andare in pezzi.
"Non si è nemmeno preso il disturbo di venire di persona?" Sento che mi trema anche la voce. L' uomo che stavo per ammazzare non è Mount. "Non dovrebbe sorprendermi. Non gli importa abbastanza di me da uscire dalla sua piccola fortezza".
Scar non risponde: tira fuori il cellulare dalla tasca, sfiora lo schermo e dopo pochi istanti le sue dita cominciano a volare.
Sul tavolo, dall' altra parte della stanza, il mio telefono segnala
l' arrivo di un messaggio e io guardo Scar. Lui fa un cenno brusco con il mento.
Mi alzo e, con le ginocchia ancora molli attraverso la stanza per leggere il messaggio proveniente da un numero sconosciuto: IL CAPO STA ARRIVANDO.
Il mio sguardo corre di nuovo verso Scar. Quell' informazione invece di tranquillizzarmi, scatena in me sensazioni suscitate dal vivido flashback che mi ha investito quando ho visto il biglietto e il perizoma che indossavo al ballo in maschera di quel Martedì Grasso. Mount voleva che scoprirsi la verità, quel bastardo manipolatore. Anche se forse non così presto.
"Hai sempre saputo qual era il suo piano?" Se ripenso a tutte le cose che mi ha detto Brett prima di andarsene, mi sento fumare il cervello.
Scar mi guarda inespressivo e accende le luci che ho spento non appena il mio ex defunto marito se
n' è andato, temendo che potesse tornare. Se dovevo affrontarlo di nuovo, volevo approfittare di urto il vantaggio possibile.
"Vi odio, tutt' e due" dico a Scar, con una convinzione che indurisce ancora di più le mie parole.
Nei minuti successivi rimango seduta in silenzio perché non ha senso fare altre domande che non riceverebbero risposta. A ogni secondo che passa, sento la schiena irrigidirsi, in preparazione al confronto ormai inevitabile.
Mount sta arrivando. È solo questione di tempo.
Un rumore di passi rimbomba nel corridoio, come se qualcuno stesse correndo, poi la porta del mio appartamento si spalanca di nuovo con violenza.
In piedi sulla soglia, con gli occhi neri che ardono e il fiatone, Mount sembra pronto a uccidere qualcuno.
Non rifletto prima di agire. Mi alzo di scatto dal divano e mi getto contro di lui. Le sue braccia mi circondano, ma io non sto cercando conforto. Non da lui.
Serrò i pugni e gli colpisco il petto. Le lacrime che ho faticato a trattenere tutta la notte iniziano a scivolarmi lungo le guance come un fiume in piena.
"Come hai potuto farmi questo, bastardo? È la mia vita, non un gioco! Quanto si deve odiare qualcuno per fargli una cosa del genere?"
Lo colpisco abbastanza forte da lasciargli dei lividi, ma lui non mi ferma. Le braccia mi fanno male e
l' energia diminuisce a ogni colpo, finché la mia voce, roca per
l' emozione, non si trasforma in un sussurro.
"Perché io? Perché non qualcun altro? Chiunque altro..."
Chino la testa contro il petto di Mount. Gli bagno la camicia con le mie lacrime. Quest' uomo ha sconvolto la mia vita prima ancora che io sapessi della sua esistenza.
Con un braccio mi circonda i fianchi e con la mano libera mi avvolge la nuca, premendomi contro di sé. "Ssh" "Non cercare di consolarmi!" La mia reazione è debole ma brusca. "La mia piccola ribelle irlandese. Combatti sempre fino all' ultimo respiro".
"Lo faresti anche tu".
Sento qualcosa premere sopra la mia testa e immagino sia il suo mento.
"Finalmente stai cominciando a capire". Il suo tono è fermo e tranquillo, ma le sue parole mi infiammano di nuovo.
Gli premo i palmi contro il petto e lui mi lascia andare.
Ormai non mi illudo più. Non c' è più niente che possa fare senza il suo permesso. Quasi niente, almeno. 
"Non ci capisco un accidenti, ovvio, perché se capissi, quando stasera il mio defunto marito si è presentato alla mia porta, non avrei pensato che fosse un fantasma".
L' espressione di Mount, che per un istante si era ammorbidita, torna a farsi dura. "E defunto avrebbe dovuto rimanere".
Arretro ancora di un passo, verso la mia camera, incrociando le braccia. "Ha detto che lo hai pagato. Il debito che hai usato per ricattare me... Ha detto che gli hai dato quei soldi a patto che scomparisse. Ha detto che hai inscenato tu la sua morte! È vero?"
"Sì" Mount avanza senza tradire il minimo rimorso.
Quando si avvicina, sento che il tremore minaccia di ricominciare. Deglutisco. Non so se fargli la prossima domanda, perché conosco già la risposta. Ma una stupida parte di me ha bisogno che lui stesso ad ammettere la verità. 
"Quella notte, al ballo in maschera, quando ho scritto a Brett di venire da me, eri tu, vero?"
Un altro passo. "Sì".
Stringo le mani a pugno. "Perché ? Come hai potuto farlo?"
L' espressione di Mount, che è già dura, si fa di granito. La mascella si contrae. "Credevo sapessi che ero io". "Menzogne" Balbetto, quasi senza fiato. Sono incredula.
Lui scuote la testa, socchiudendo gli occhi. "Sono io, che ho ricevuto il tuo messaggio, non Brett. Credevo ti avessero detto di farlo. Credevo facesse parte del gioco e che tu fossi il dono che avevano preparato per me". Arretro di scatto, scioccata. "Un dono? Come se tu fossi una specie di signore della guerra a cui vengono offerte donne come tributo!"
Invece di rispondermi, Mount si gira verso Scar e con un cenno brusco gli indica la porta. "Aspetta fuori. Accertati che sia tutto tranquillo. E, se è il caso, intervieni".
"Cosa..."
Non riesco a formulare la domanda. Mount avanza e mi costringe ad arretrare fino alla camera da letto, chiudendo la porta con un calcio.
Sono intrappolata con l' uomo che pensa che io gli sia stata data in dono.
E, a peggiorare le cose, il mio defunto marito non è affatto defunto.
Niente ha più senso.
Soprattutto il fatto che io tema di più
l' uomo che ho sposato del violento estraneo che ho davanti.

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