Chapter 78 💎

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Mentre percorriamo le strade di Dublino a bordo di un' auto privata, la mia eccitazione cresce di momento in momento. Da quando siamo arrivati sono uscita a malapena dall' albergo, ma oggi finalmente posso vedere la città che ho visitato tante volte solo con la fantasia.
"Dove andiamo?" Chiedo all' uomo silenzioso seduto accanto a me.
"Vedrai".
Alzo gli occhi al cielo, insistere non mi aiuterà ad ottenere una risposta. Anzi, con molta probabilità mi Beccherie una bella sculacciata e finirei con
l' odiarmi perché mi piace.
Rimango in silenzio e assorbimento
l' atmosfera della città.
Gli edifici, vicinissimi gli uni agli altri, mi ricordano New Orleans, anche se lo stile architettonico è diverso: georgiano, vittoriano e chissà cos'altro. Il cielo è grigio, ma questo non impedisce alla gente di affollare i marciapiedi e ai turisti di salire sugli autobus verdi e rossi a due piani che fanno il giro della città.
Immagino già cosa mi direbbe Mount, se gli proponessi di fare un tour su un autobus. A quell' idea ridicola, mi scappa una risatina.
"Cosa c' è?" Mi chiede distogliendo lo sguardo dal finestrino e rivolgendo la sua attenzione su di me.
"Ti immaginavo su uno di quegli autobus".
"Ed era così divertente?".
"In realtà ridevo di me stessa per averci pensato".
Ricomincio a guardare fuori dal finestrino mentre l' autista si destreggia tra le stradine. Davanti a noi compare una chiesa altissima, che riconosco subito.
"Quella è la cattedrale di San Patrizio, giusto?".
"Credo di sì. Padraig?".
Padraig, il nostro autista, conferma. "Sì, signora. Ha più di ottocento anni. San Patrizio in persona battezzava qui. La costruzione dell' edificio attuale però è cominciata solo nel 1220".
Le alte figlie grigie si protendono verso il cielo. L' idea che San Patrizio stesso, l' uomo da cui mio nonno ha preso il nome, abbia calpestato questo suolo, mi fa sentire in modo incredibile il peso della storia.
Svoltiamo di nuovo e sulla destra appare una lunga fila di costruzioni in mattoni rossi. Sono case a schiera, ma ogni porta è di un colore diverso: rosso, bianco, verde, giallo, blu, viola, turchese. Un vero e proprio arcobaleno.
"E quelle?"
L' autista, prima di rispondermi, alza lo sguardo per un istante nello specchietto retrovisore. "Le case si assomigliavano tutte e c' era l' obbligo di mantenerle tali, ma i residenti hanno cominciato a dipingere le porte con colori diversi per riconoscere le loro. Così evitavo che un vicino ubriaco piombasse nel tuo salotto dopo aver bevuto troppe birre al pub".
Rido di quella spiegazione, perché in fondo mi sembra che abbia perfettamente senso. Svoltiamo ancora e poi ancora, e io cerco di memorizzare tutto mentre la macchina rallenta e si ferma davanti a un grande edificio sul quale campeggiano l' insegna e il logo di una famiglia che conosco benissimo. Seguo i loro affari da due anni.
Hanno una storia simile alla nostra e mi hanno ispirata con il loro grosso progetto di ristrutturazione. Se riuscissi a portare la Seven Sinners al loro livello, avrei raggiunto buona parte degli obiettivi che mi sono prefissata.
Distolgo lo sguardo dalla fenice dorata che spicca sull’ enorme costruzione e mi volto verso Mount. "Come sapevi che volevo venire qui?".
"Contrariamente a quello che pensi, io sto attento".
Ho sprecato almeno metà del mio tempo alla conferenza cercando di parlare con il proprietario di questa distilleria, ma non sono mai riuscita nemmeno ad avvicinarlo. 
Sbatto le palbebre, stupita che Mount l' abbia notato.
L' autista parcheggia, scende dalla macchina e apre la portiera per farmi scendere. Mount mi segue. L' aria frizzante dell' Irlanda mi fa rivolgere un pensiero di ringraziamento a G, che ha messo in valigia giacca, maglioncino e jeans, ma avrei preferito indossare qualcosa di più formale, visto che potrei incontrare ora il proprietario.
Tuttavia è quasi impossibile. Anche se oggi in teoria siamo "liberi", avrà la giornata piena di riunioni, come tutti gli altri. Anch’ io ho tentato di fissare un appuntamento con i responsabili di alcune delle più famose distillerie del pianeta, ma mi è andata male. Speravo che Mount non se ne fosse accorto. Invece scommetto di sì.
"Divertitevi. Aspetterò che mi chiamiate quando avete finito" dice Padraig, chiudendo la portiera.
Le sue parole mi ricordano che questa distilleria fa esattamente ciò che Temperance e Jeff Doon vorrebbero facesse la Seven Sinners: aprire le sue porte al pubblico con delle visite organizzate.
Quando entriamo, gli interni mi ricordano la nostra ristrutturazione e inizio a prendere appunti mentali, mentre Mount comunica il mio nome all' impiegata della reception.
"Certo. Informo la vostra guida che siete arrivati. Volete darmi le giacche? Fa piuttosto caldo dentro".
Le porgo la mia e lo stesso fa Mount, che oggi ha sostituito il completo con un paio di jeans scuri. Finora però non avevo visto cosa indossava sotto la giacca: una maglia sbiadita grigia con il logo della Seven Sinners. Una maglia che è stata fatta secoli fa.
C' era ancora mio padre a capo della società e io stavo iniziando a salire i gradini più bassi della scala. Si era trattato di un esperimento durato un anno, che secondo mio padre era stato un vero e proprio fiasco.
"E quella dove l' hai presa?".
Mount mi guarda di traverso. "Ha importanza?".
"Sì".
Scrolla le spalle. "Conosco la Seven Sinners da un sacco di tempo. Ancora prima di conoscere te".
Le rotelline del mio cervello cominciano a girare a tutta velocità, cercando di capire cosa significano le sue parole, quando all' ingresso arriva la nostra guida. L' amministratore delegato in persona.
"Signorina Kilgore, è un piacere conoscerla. Ho sentito che grazie a lei la Seven Sinners ci sta dando del filo da torcere a New Orleans". Mi spinge la mano con rispetto e a me torna in mente una frase di Mount: "Non mostrarti mai, nemmeno per un secondo, inferiore a nessuno".
Immagino che questo sia il momento giusto per mettere in pratica il suo consiglio.
"Signor Sallivan, è un onore. Lui è..." Mi giro per presentargli Mount, ma
l' amministratore delegato della Sullivan Distillery mi precede.
"Un uomo che non ha bisogno di presentazioni". Deegan Sullivan gli tende la mano, e lui gliela stringe.
"Ne è passato di tempo, Mount. Immagino tu abbia ricevuto la cassa di whiskey che ti ho mandato come ringraziamento".
Mount annuisce e il mio sguardo rimbalza tra i due uomini come se fossi a una partita di ping-pong.
Mount conosce Deegan Sullivan? Perché mi sorprendo ancora?
"Sì mi è arrivata".
Deegan abbassa lo sguardo sulla maglia di Mount. "Ma a quanto pare i tuoi gusti in fatto di whiskey sono cambiati. Non sono certo che gli assaggi che vi offrirò oggi riusciranno a fare colpo su di te".
Mount alza entrambe le mani, con
l' ombra di un sorrisino. "Sono al cento per cento figlio di New Orleans. Non è difficile intuire a chi va la mia fedeltà. In ogni caso, non ho prenotato questa visita per me. La signorina Kilgore è tutta orecchi, perciò spero che tu sia bello carico, Deegan".
"Certo. Ti chiami Keira, giusto? Direi che possiamo rinunciare alla formalità".
"Sì, va benissimo. Devo ammettere che sto tenendo d'occhio i vostri progressi da qualche anno".
"E io i vostri. Produrre whiskey a New Orleans seguendo il metodo tradizionale irlandese è il modo giusto per non passare inosservati".
"Spero di sì".
"Ti va di fare un giro in distilleria? Nelle prossime ore non ci sono altre visite programmate, perciò è tutta per noi".
"Certamente" Replico, piena di euforia.
"Visto che sei già un' esperta, ti risparmio la lezione completa e passiamo al sodo".
Deegan apre un portone e immediatamente vengo investita dal calore degli alambicchi, che mi fanno ripensare alla Seven Sinners. Saliamo una rampa di scale fino a una passerella in acciaio che ci permette di osservare dall' alto tutto il processo produttivo. L' età del nostro edificio, a New Orleans, non ci consente di essere così organizzati.
"Ogni settimana riceviamo diverse forniture di cereali maltati e non maltati, che trasportiamo su nastri speciali dai silos fino al mulino".
"Questo però di norma è il procedimento per la fermentazione, non per la distillazione, giusto?" Chiedo, soprattutto perchè io stessa sto valutando questa possibilità, anche se, quando ne ho parlato a mio padre, l' anno scorso, l' ha scartata immediatamente.
"Noi privilegiamo l' efficienza, e così funziona molto meglio".
Mi avvicino al bordo della piattaforma e mi spiego oltre la ringhiera per studiare più da vicino il mulino.
"Anch'io apprezzo l' efficienza, ma mio padre..." Non termino la frase e, quando guardo Deegan, vedo che sta annuendo.
"A volte, quando prendi in mano tu le redini, devi smettere di ascoltare quello che dicono i vecchi. Se la loro unica obiezione è "abbiamo sempre fatto così" , allora meglio affidarsi alla tecnologia".
Mi sono scontrata spesso con le idee di mio padre, a partire dal mutuo che ho acceso per la ristrutturazione.
Ma cambiare il cuore del processo produttivo - e non solo utilizzare cereali biologici - è una cosa che non ho preso in seria considerazione. Invece, a quanto pare, dovrei.
Deegan procede verso la fase successiva. "Sono sicuro che sai riconoscere l' infuso di malto, quando lo vedi e ne senti l' odore".
Inspiro quel profumo familiare e faccio qualche domanda su temperatura e tempi di lavorazione. Lui si dimostra sorprendentemente disponibile.
"Di certo sai che la parte liquida viene separata e il mosto spostato nei fermentatori, mentre i residui vengono usati come mangime per gli animali".
Sorrido. "Sì, conosco i fondamentali".
"Molto più che i fondamentali, ne sono sicuro".
Mentre procediamo con la visita, discutendo di fermentazione e dei vantaggi di utilizzare sia tini di legno sia in acciaio, Mount rimane un passo indietro, silenzioso.
O si sta annoiando a morte... O vuole lasciarmi il comando della situazione, come ha fatto durante tutta la conferenza. Per la prima volta gli concedo il beneficio del dubbio e penso che, tra le due ipotesi, quella vera sia la seconda.
Il calore che avverto dentro non ha niente a che fare con quello che sale dai meravigliosi alambicchi di rame, ma dipende solo dall' uomo dietro di me.

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