👑 Chapter 7

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Andare al lavoro con i postumi di una sbornia è una merda, soprattutto quando il capo sei tu. Ma stavolta non avevo alternative: perdere conoscenza era l' unico modo per dormire un po' la notte scorsa. C' è voluta una bottiglia e mezzo di whiskey, dato che reggo bene e dato tutto il resto. Mi muovo in maniera automatica e i miei dipendenti fingono di non notare che c' è qualcosa che non va. Persino Temperance si tiene a distanza di sicurezza e non fa alcun accenno alla racconta fondi.
A pranzo ho la sensazione di poter finalmente sopportare del cibo, così salgo le scale fino all' ultimo piano della distilleria, dove abbiamo un fantastico ristorante il cui menu è surclassato solo dall' incredibile panorama a trecentosessanta gradi della città. Ho iniziato la ristrutturazione dopo aver visto le foto del Gravity Bar alla Guisness Storehouse di Dublino, anche se non ci sono mai stata.
E, con il debito di Brett e le minacce di Mount che pendono su di me, è probabile che non ci andrò mai.
Al ristorante a pranzo non c' è mai una gran folla. Faccio un cenno col capo verso un terzetto di uomini d'affari e scambio convenevoli con una coppia di signore che mi chiedono notizie della mamma e se i miei si trovano bene in Florida.
"Dicono che non torneranno mai, ma vedremo".
"Fanno la bella vita. È davvero meraviglioso che siano riusciti a mantenere l' attività in famiglia e comunque ad andare in pensione. Non è scontato, oggi come oggi".
"È vero". Mi costringo a sorridere. " Vi auguro uno splendido pranzo".
Quando mi infilo in cucina e sorrido a Odile, il nostro chef, lei scuote la testa.
"Ti faccio portare il solito da qualcuno nel tuo ufficio, non c' è ragione che te ne stia ad aspettare al caldo della cucina mentre lo preparo. Mi hai costretto ad accontentare quei ricchi capricciosi inserendo nel menù qualunque cosa desiderino: non vedo perché non dovrei accontentare anche te".
"Tu sei divina, e quei ricchi capricciosi ci permettono di mantenere il nostro lavoro".
Lei risponde con un mah. " Il lavoro ce lo garantisci tu con la tua forza di volontà, quell' ostinata irlandese che è in te. È ora che impari a usare il telefono per ordinare, come mi aspetterei da un amministratore delegato".
Non posso dirle che avevo bisogno di uscire dal mio ufficio perché il profumo di Mount aleggia ancora
nell' aria e ogni volta che chiudo gli occhi lo immagino seduto dietro la mia scrivania o che mi sospinge
nell' angolo.
"Domani. Prometto".
Evito di nuovo l' ascensore e scendo per le scale. Praticamente è l' unico esercizio fisico che faccio, e poi
l' ascensore ci mette di più a riportarmi nel seminterrato.
Non so se nelle altre distillerie è così, ma nella mia famiglia l' ufficio nel seminterrato indica che
l' amministratore delegato ha imparato l' attività dal basso, e serve a ricordare di rimanere sempre umili e con i piedi per terra.
Per questa ragione ho sempre amato quel luogo, compreso il vago odore di muffa che resta attaccato alle vecchie travi di legno. Ma ora mi sembra estraneo e minaccioso.
Quando raggiungo il mio ufficio e mi allungo verso la maniglia, simulo la mia solita sicurezza dicendomi che non c' è alcuna ragione di avere paura a entrare. Ma, non appena apro la porta, vengo smentita.
La lampada sulla scrivania era spenta quando sono uscita, e ora è accesa. Nell' alone di luce c' è un altro biglietto.

Cinque giorni.

Sotto c'è la foto incorniciata con me e le mie sorelle che di solito è appesa alla parete dietro alla scrivania.
D' istinto ammutilisco, ma mi costringo a parlare a denti stretti.
"Non mi spaventi, Mount. Mi rifiuto di tremare".
Questa volta dal buio non giunge risposta.

I biglietti continuano ad arrivare.
Quattro giorni, con un foto scattata in prima superiore: Magnolia e io al Sacred Heart. Sul sedile anteriore della mia auto chiusa a chiave.
Tre giorni, con la copia di una foto presa dalla newsletter della società, in cui compaio insieme ai miei dipendenti. Era arrotolata e infilata nella mia cassetta della posta in ufficio.
Due giorni, con uno scatto che mi ritrae nel mio stesso maledetto ristorante. Incollato su una scatola di carta da fotocopie nel magazzino di fronte al mio ufficio.
Un giorno, con una foto presa a distanza dei miei genitori su un campo da golf: indossano gli stessi vestiti che avevano nel selfie che hanno postato su Facebook ieri.
L' ho trovata nella mia borsa, che tengo nel cassetto chiuso a chiave nel mio schedario, mentre frugavo per cercare la carta di credito.
Mount ha chiarito la questione, e io sto per impazzire nell' attesa della prossima mossa.
Getto la penna: non riesco a concentrarmi su nulla, nemmeno a leggere malinconica il programma della Global Whiskey and Spirits Convention a Dublino, a cui non andrò la settimana che viene perché la Seven Sinners non può permettersi spese extra. Forse l' anno prossimo. Se sono ancora viva.
Sono stufa di aspettare. Stufa di interrogarmi. Prendo il telefono e chiamo l' unica persona con cui posso parlare.
"Come lo trovo?"
Non è una domanda, è una richiesta, e Magnolia è rapida a rispondere.
"Non sei tu a trovarlo, Ke-ke. Ti trova lui".
"Ma mi ha mandato una foto dei miei genitori che è stata scattata ieri".
"Te l' ho detto che il tizio non scherza". Ribatte lei senza scomporsi.
"Be', io sono stufa marcia di aspettare. Basta. Chiuso. Se mi vuole, allora che venga a prendermi, e io prometterò che rimpiangerà di averlo fatto".
Per qualche istante è silenzio.
"Devi darti una calmata con quel temperamento da rossa che ti ritrovi, piccola. In questo gioco non sei tu a dettare le regole. Ti ho spiegato come funziona. Lui ha l' ultima parola o..."
"O qualcuno viene fatto fuori" la interrompo. "Afferrato. Lui ha chiarito la questione, e io sono stufa. Voglio finirla. Dimmi solo dove diavolo posso trovarlo".
"Ke-ke..."
"Per favore non dirmi che non ne hai idea, perché non ci credo".
Magnolia fa un lungo sospiro, se l' è presa. "Non lo so con sicurezza, giuro, ma ho sentito dire che se vai in un certo bar sulla Bourbon e usi una precisa parola d'ordine, qualcuno ti esaminerà e potresti essere condotta da lui, se lui vuole vederti. È come la regina d'Inghilterra: non puoi semplicemente chiedere udienza".
"Vedremo. Non sono io quello che vuole?".
"Pensaci bene prima di fare una cazzata. Quella stronzata del bar e della parola d'ordine è solo una voce, e per la cronaca io non ci proverei se fossi in te. Aspetta e basta. Hai un altro giorno, poi lui farà la sua mossa".
Come se non mi conoscesse da quando avevo dieci anni. La pazienza non è mai stata il mio forte.
"No. Basta aspettare. Passo
all' offensiva. Dimmi dove devo andare e cosa devo dire".
"È una pessima idea, Ke-ke".
Il cuore mi Martella mentre un nodo mi sale in gola bloccando quasi le parole. Forse è il mio buonsenso che cerca di intervenire. Peccato.
Deglutisco e riformulo la mia richiesta.
"Dimmelo e basta, Mags".
Per un po' non sembra cedere, ma alla fine mi ripete velocemente le informazioni.
"Pensa a quello che stai facendo, piccola, non giocare con il fuoco. Ci sono molte persone in gioco qui, e non lo dico per egoismo. Io sono preparata a incontrare il mio Creatore in qualunque giorno della settimana, solo preferirei che non fosse oggi".
I

nspiro profondamente ed espiro con lentezza. "Ti faccio sapere cosa decido".
Chiudo la telefonata prima che provi di nuovo a farmi cambiare idea.
Appoggiando il cellulare sulla scrivania, fisso la cambiale che ha dominato ogni singolo momento dei miei ultimi sei giorni. La cambiale che mi trasformerà in una puttana per pagare il debito di quel bastardo traditore del mio defunto marito.
Una risata isterica e gorgogliante mi sfugge dalla gola.
È cosi assurdo: non ho mai creduto che la vita debba essere giusta, ma certo non è giusto che mi sia stato scodellato questo guaio.
Ripenso al momento in cui ho sentito per la prima volta la voce di Mount, quando era qui.
Parlava con Brett, ora realizzo. Non era la data in cui avevamo firmato la cambiale, questo è certo. È successo dopo. Forse discutevano del pagamento?
Se fossi stata più brava a origliare, forse ora avrei qualche arma in più per affrontare il diavolo nella sua tana.
Tutto ciò che riesco a ricordare è il sussurro della voce di Brett e la rabbia nel tono di Mount, e questo non mi aiuta per niente.
Bene ora ho il nome di un bar e una parola d'ordine: mi va venire in mente le rivendite clandestine di alcolici nell' area di New Orleans
all' epoca del Proibizionismo, quando il mio bisnonno vendeva whiskey di contrabbando per sfamare la famiglia.
I Kilgore hanno sempre fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità per sopravvivere, e quel tratto distintivo è arrivato fino a me.
Ma in questa circostanza sopravvivere significa aspettare un altro giorno, o andare a stanarlo?
Mi sistemo la borsa sulla spalla ed esco dal mio ufficio, ancora incerta sul da farsi.

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