"Vi conoscete?La preside interruppe quell'imbarazzante silenzio che si era creato. Non ci potevo credere. Erano passati così tanti anni... Pensavo di non rivederlo mai più. Speravo, di non rivederlo mai più. Averlo affianco aveva riaperto la profonda ferita che avevo fatto rimarginare duramente. Con un solo sguardo, il dolore era tornato tale e quale al primo momento in cui se ne era andato.
Prima di rispondere esitai. Stessa cosa fece lui.
"No."
Dissi poi.
Lui continuava a guardarmi."Mi sembrava avesse pronunciato il nome..."
"Mi sarò sbagliata"
Dissi brusca interrompendo la donna.
Lui era lì. Inerme. Non diceva niente e questa cosa mi faceva solamente imbestialire ancora di più."Mi scusi"
Dissi, accorgendomi di essere stata troppo maleducata con una signora che non c'entrava nulla.
"Sedetevi, che vi spiego."
Presi posto nella prima sedia davanti alla scrivania della preside. Con dei movimenti alquanto robotici, fece la stessa cosa anche lui.
Probabilmente era sotto shock quanto me."Allora, vi abbiamo fatto chiamare perché i bambini hanno avuto una piccola lite... Non so bene come sia andata, ma la piccola Elettra ha dato un morso a Nicodemo... Il bimbo si è messo a strillare perché lei non mollava la carne, così li abbiamo divisi e fatti uscire dalla classe... Erano troppo agitati per tornare in aula, quindi abbiamo preferito chiamarvi. Comunque non é niente di grave... Il morso non ha lacerato profondamente la pelle."
" Mi dispiace tanto... Di solito è una bambina tranquilla... Non so che le sia preso... "
Per la prima volta Niccolò parló, rivolgendosi alla donna difronte a noi.
" Non si preoccupi, per fortuna non si sono fatti male. Ora potete portarli a casa"
"Certo"
Dissi.
Strinsi la mano alla preside, che a sua volta strinse la mano a Niccolò.
Poi, mentre stavo per andarmene, mi accorsi di avere lo sguardo della donna addosso. Probabilmente non le pareva molto educato andarmene senza salutare il padre della bambina che aveva azzannato mio figlio."Arrivederci anche a lei."
Dissi stringendo la mano con indifferenza a Niccolò.
Quel contatto però non mi fu per niente indifferente. Una scossa attraversò tutto il mio copro, ma cercai di mantenere la calma. Non dovevo mostrarmi debole. Non gli avrei dato questa soddisfazione.Uscii velocemente dalla stanza.
"Vieni Nico, andiamo"
Dissi prendendo la mano di mio figlio e trascinando fuori dalla scuola.
Lo feci salire in macchina e mi posizionai pronta per guidare."Mamma!"
"Cosa c'è amore?"
"Ho dimenticato il giubbotto dentro!"
"Cavolo! Aspettami qui che vado a prenderlo."
Riscesi dalla macchina e furtivamente entrai nella scuola. Speravo se ne fosse già andato.
Quando constatai che della bambina di prima non c'era traccia, mi sentii più libera.
Afferrai con disinvoltura la giacca di mio figlio dall'attaccapanni, ma proprio quando stavo per andarmene una mano mi fermò prendendomi il braccio.Mi girai di scatto.
I suoi occhi erano fissi su di me.
Non diceva nulla. Mi guardava e basta."Che cosa vuoi ancora?"
Dissi con disprezzo.
"Marghe..."
"Lasciami!"
"Aspetta!"
"Ma cosa vuoi ancora dalla mia vita? Non ho già sofferto abbastanza per te?"
Dissi guardandolo dritto negli occhi. La sua presa si allentó. Probabilmente avevo colpito in pieno.
"Non avevo scelta"
Disse guardando il pavimento. La sua voce era roca, ma calda come me la ricordavo.
"Invece ce l'avevi. Potevi parlarmi. Avvisarmi della tua scelta. Invece sei scappato. Come un vigliacco. E adesso lasciami, voglio tornare da mio figlio."
Detto questo, con un brusco strattone mi liberai dalla sua presa. Uscii dalla scuola velocemente. Subito dopo crollai. Mi appoggiai a un muretto e cominciai a piangere. Perché faceva ancora così male? Pensavo di averlo dimenticato, invece... Era un dolore enorme, ma dovevo essere forte. Mi asciugai le lacrime e andai verso la mia auto.
"Ecco qua tesoro"
Dissi, appoggiando la giacca nel sedile di fianco al mio.
"A casa mi racconti tutti, va bene?"
"Si"
Disse soltanto. Passammo il resto del viaggio in silenzio, cullati solo dalla leggera musica della radio e dai mille pensieri che affollavano la mia mente.
NICCOLÒ POV
Probabilmente avevo appena subito lo shock più grande della mia vita. Mai mi sarei aspettato di riincontrarla, soprattutto in una scuola. Suo figlio era in classe con la mia bambina. Quanto era bastardo questo destino? L'avevo sempre saputo. Il fato ce l'aveva proprio con me. Era stato difficilissimo ripartire da zero. Ci avevo messo anni per provare a dimenticarla. Quando peró avevo capito che non ce l'avrei fatta, avevo solo imparato a convivere con i rimorsi. Gli anni passati negli Stato Uniti erano stati un grande casino. Avevo vissuto insieme a Federica e Tommaso e l'avevamo cresciuto insieme. Sapevo di non amarla, ma come uno stronzo continuavo a usarla. Dovevo colmare il vuoto che aveva lasciato Margherita. Una notte ci andai a letto. Poi lei scoprì di essere nuovamente incinta e il mio destino fu segnato. Dovevo prendermi la responsabilità delle mie azioni. Avrei passato il resto della mia vita con quella donna. Con Federica e con i miei bambini. Con la mia nuova famiglia. Con una donna che non amavo.
Vivemmo in America per dieci anni, poi decidemmo di tornare a Roma. Federica aveva perso il lavoro e io avevo una grande opportunità con una casa discografica. Tornare a Roma era stato molto doloroso, ma anche in quel periodo avevo imparato a colmare il vuoto. Sembrava andare tutto "bene". Fino ad oggi.
Era bellissima come sempre. I suoi occhi azzurri su erano posati sui miei. Avevo perso la testa.Cercai di tornare in me ed entrai in macchina, dove mia figlia Elettra mi stava aspettando.
"Andiamo a casa dalla mamma, piccola?"
"Si papà!"
Nonostante avessi fatto un sacco di sbagli nella mia vita, Elettra e Tommaso erano gli errori più belli.
"Perché hai dato un morso a quel bambino?"
Chiesi ad un certo punto, con l'aria più severa del solito.
"Mi ha fatto molto arrabbiare!"
Disse inarcando le sopracciglia e facendo spuntare due piccole rughe sulla sua fronte.
"Te l'ho detto tante volte. Non si risolve niente con la violenza!"
Mise il broncio ed incroció le braccia sul petto, girandosi verso il finestrino.
"Elettra?!"
"Uffa! Va bene, ho capito!"
Disse con aria scocciata. Era proprio una testona.
Proprio come me.
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IL CAPOLAVORO CHE È IN ME 2 // ULTIMO
FanfictionDopo vari anni Margherita, ormai sposata e con due figli, é costretta a tornare a Roma. Fra mille casini, rincontrerà quello che è stato il casino più grande della sua vita. Alla fine della storia ho aggiunto un piccolo "scambio di idee" fra tutti i...