MARGHERITA POV.
Uscii velocemente dal supermercato piena di borse. Ne portavo due in una mano e una nell'altro braccio. Quando facevo la spesa cercavo di comprare il più possibile, così da non dover tornare nei negozi i giorni seguenti. Per una settimana eravamo a posto con tutto quello che avevo comprato.
Arrivati davanti al parcheggio in cui avevo lasciato la mia auto e appoggiai le pesanti borse ricolme di cose buone ai miei piedi. Cominciai a frugrare fra le mie tasche del giubbotto in cerca delle chiavi. Proprio quando le mie mani sfiorarono il freddo metallo delle chiavi, una furia mi arrivò addosso. Successe tutto in un attimo. Delle mani fredde come il ghiaccio mi si posarono sugli occhi tenendo salda la presa su di me. Ero in panico. Non avevo neanche avuto il tempo di reagire che un'ondata di alito caldo mi arrivò all'orecchio."Stai attenta a quello che fai"
Un uomo.
Era la voce di un uomo.
Ma non la conoscevo.
In quel momento stavo solo cercando di liberarmi da quell'orrenda presa. Avrei voluto urlare, ma una delle sue sudice mani era scesa sulla mia bocca, impedendomi ogni rantolìo o urlo straziante. Più cercavo di dimenarmi, più lui stringeva la presa su di me, avvicinando il suo corpo schifoso al mio. Avevo tanta paura. Il cuore mi batteva all'impazzata. Una parte di me sapeva che non avrebbe potuto farmi del male lì, in quel momento, in un luogo pubblico e molto affollato. Ma se in quel parcheggio non c'era nessuno? Sarebbe stato facile per lui porre fine alla mia miserabile vita. Ma che avevo fatto di male per meritarmi tutto questo? La voce, sempre sussurrando al mio orecchio in una maniera terribilmente fastidiosa continuó il suo discorso:"Ti teniamo d'occhio. Sempre."
Marcó l'ultima parola molto di più delle altre. Il messaggio era chiaro. Mi tenevano d'occhio. Ma per cosa? A quale scopo? E soprattutto, perché?
Sono a mano a mano che il battito del mio cuore accelerava vedevo nella mia mente i tanti tasselli del puzzle prendere posto. Ma certo, Manuel, il mio ex marito, l'aveva detto. Mi teneva d'occhio. E l'uomo che ora mi stringeva fino a mozzarmi il fiato era sicuramente una delle sue spie, uscita allo scoperto per ricordarmi che non mi ero liberata di lui. Non finisce qui aveva detto. E infatti non era finita.
Fin dove voleva arrivare? Se voleva uccidermi ero pronta. Accogliervo la morte a braccia aperte. Nonostante non avessi mai fatto nulla di male nella mia maledetta vita, sentivo questa ritorcermisi contro ad ogni mio passo. E forse la fine era vicina. Speravo solo che i miei figli crescessero bene anche senza di me, tanto sarei sempre stata al loro fianco. Dentro al loro cuore. E anche se non li avevo salutati bene per l'ultima volta, mi portavo anche io nel cuore i loro volti felici e spensierati. E mentre sentivo la presa dell'uomo farsi ancora più pesante da sopportare, sapevo che non sarei riuscita a resistere per molto. Il fiato cominciava a mancarmi e la mancanza d'aria mi rendeva ancora più vulnerabile di quanto già non lo fossi. L'uomo rideva nel mio orecchio. Una risata terribile, malefica e soprattutto poco sana. Si, era una risata di una persona pazza, da rinchiudere per sempre dentro ad un manicomio. Ed io personalmente ero sempre stata contro i manicomi. Pensando a come si sarebbero potuti celebrate i miei funerali, mi accorsi parzialmente della presa che cominciò ad allenatarsi su di me. A mano a mano che i miei polmoni ritornavano a prendere aria, il mio cervello tornó ad essere lucido e a ragionare pienamente. Solo pochi istanti dopo mi resi conto di essere a terra. Ero stesa sul cemento freddo, ai piedi della mia macchina e a fianco alle borse della spesa, dove le avevo lasciate. La prima cosa che feci fu stropicciarmi leggermente gli occhi. Erano stati tenuti chiusi duramente per qualche minuto e un po' mi facevano male. O almeno, pensavo che fosse qualche minuto. In realtà avevo perso completamente la cognizione del tempo in quegli attimi di paura. Cominciai anche a mettere in dubbio la relatà di quell'aggressione, ma ben presto capii che la paura creatasi dentro di me e la voce di quel misterioso uomo erano troppo reali per essere solo un frutto della mia immaginazione. Era successo tutto realmente. Ma perché? Cosa voleva da me quel tizio? Era esplicitamente una minaccia del mio ex marito. Dovevo stare attenta a me e ai miei figli. Non poteva portarmeli via e soprattutto non potevo permettere che gli facesse del male. A costo di sacrificare la mia vita, avrei fatto di tutto per proteggerli."Signorina tutto bene? Vuole una mano?"
Ancora mezza intontita alzai lo sguardo verso la provenienza della voce. Un uomo anziano, sulla sessantina, era chino verso di me. Non era lui l'aggressore. Probabilmente era fuggito subito dopo avermi lasciata andare. Il suo scopo non era quello di uccidermi o farmi male seriamente, voleva solo spaventarmi il giusto affinché lasciassi pista pulita al mio ex marito. Ma non avrei mai ceduto. Poteva picchiarmi, ferirmi, disprezzarimi, ma non gli avrei permesso di toccare i miei bambini, i figli che amavo più di me stessa e che mettevo prima di ogni altra cosa al mondo. Un poco la mia mente si rilassó e tirai un sospiro di sollievo alla vista di qualche persona amica, che voleva soltanto aiutarmi e non farmi del male. Ancora però la mia mente doveva collegare tante informazioni, per questo non risposi subito all'uomo, che dovette ripetere la domanda.
"Vuole una mano? Si sente bene?"
Finalmente mi scossi e con voce tremante riuscii a rispondere al mio soccorritore, che in quel momento mi sembrava un'apparizione divina.
"I-io... Si grazie."
Afferrai la salda mano dell'uomo, che mi aiutó a rimettermi i piedi. Un po' traballante riuscii a muovere qualche passo.
"Mi scusi, vuole che chiami qualcuno? Non mi sembra che stia molto bene..."
"No, non si preoccupi, ho solo avuto... Un mancamento."
Lo liquidai.
Gli ero grata di avermi soccorsa, ma non potevo scendere nei dettagli neanche con lui, figurarsi con i medici dell'ospedale, che avrebbero sicuramente riferito tutto alla polizia mettendo in grave pericolo la vita dei miei figli.
Ringraziai e Salutai cordialmente l'uomo e mi misi in macchina, cercando di sfuggire da quel posto maledetto.
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IL CAPOLAVORO CHE È IN ME 2 // ULTIMO
FanfictionDopo vari anni Margherita, ormai sposata e con due figli, é costretta a tornare a Roma. Fra mille casini, rincontrerà quello che è stato il casino più grande della sua vita. Alla fine della storia ho aggiunto un piccolo "scambio di idee" fra tutti i...