CAP 15

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Non riuscivo a parlare. Ero come bloccata. Le parole erano congelate all'interno della mia bocca e non riuscivo a farle uscire. Erano lì, ma non volevano scongelarsi. Il mio corpo cominció leggermente a tremare. Per la paura? Per l'aria fredda che entrava dalla porta ancora spalancata?
Probabilmente la seconda era la risposta giusta.

"Che fai? Non mi fai neanche entrare?"

Mi guardava.
Era reale.
Non era un miraggio. Non era un sogno, anzi un incubo.
Era lui.
In carne e ossa.

"Tu...."

Un lieve sussurro mi uscì dalle labbra. Le mie corde vocali non collaboravano, come il mio autocontrollo.

Lui scoppió a ridere.
Cosa c'era ora da ridere?

"Eddai, fammi entrare"

Disse cercando di passare dallo spiraglio che avevo lasciato fra la porta e il mio corpo.

"No."

Riuscii a dire fermamente, sbarrandogli la strada. Finalmente ero riuscita a reagire.

Diventò tutto d'un colpo serio, assumendo quell'aria da duro che mi faceva tanta paura anche quando eravamo a Milano.

"Che cosa ci fai qui?"

Chiesi con voce tremante.

"Non posso venire a trovare la mia ex moglie? È vietato?"

Ma era serio?
Non poteva essere così stupido.

"Io non voglio più avere niente a che fare con te"

Un'altra risata che mi fece sobbalzare riempì lo spazio tra noi, rimbombando nelle mie orecchie.

"Su, non fare così"

Disse, accarezzandomi con il dorso della sua sudicia mano una guancia.
Quel gesto mi fece imbestialire.

"Non mi devi toccare, Manuel. Dimmi perché sei venuto oppure vattene."

Per la prima volta avevo pronunciato il suo nome dopo tanto tempo. Quando ce ne eravamo andati da Milano, avevo perso tutti i contatti con il mio ex marito(fortunatamente) e non l'avevo più rivisto ne sentito. Ora era ripiombato nella mia vita come un fulmine a ciel sereno.
Gli diedi un leggero schiaffo sulla mano.

"Come sei suscettibile oggi marghe..."

Sospirò, poi rimise quella mano sul mio viso e continuó a parlare.

"Si da il caso che tu te ne sia andata da Milano e che abbia portato via con te i miei figli."

Non capivo dove volesse andate a parare. Nonostante questo, il suo tono non mi piaceva per niente.

"Mi sono stati affidati legalmente."

"Oh, certo."

Continuava a strisciare quella manedetta mano sulla mia guancia, sul punto che tante volte aveva colpito con cattiveria.

"Allora tu eri quella perfetta, io quello sbagliato, che non sarebbe riuscito a prendersi cura di loro."

"Non ero io a essere perfetta. Eri tu a essere un estraneo ai loro occhi. Quanto tempo hai passato con loro eh? Quanto? Si. Tu non eri in grado di prenderti cura di loro."

La sua mano scese suo mio braccio e cominció a stringere forte il mio polso.

" Hai detto bene. Io non ero in grado. Adesso quella a non essere in grado sei tu, mia cara. "

" Cosa vuoi insinuare? "

" Ho i miei informatori, sai? Non ho mai smesso di seguire i tuoi passi. Mai. Sapevo i tuoi spostamenti, dove fossi, cosa facessi, e a volte anche cosa mangiassi. "

A quelle parole mi arrivò una forte fitta al cuore. Mi aveva sempre seguita, o se non era lui erano i suoi informatori. Era uno stalker. Cominciai a sentire una sensazione strana, come di oppressione. Come essere in gabbia. Non mi sarei mai liberata di lui.

"E in questi giorni sono venuto a conoscenza di qualche fatto."

Continuó il suo discorso.

"Partiamo da Nicodemo?"

Non risposi.

"Lo prendo come un si. Dov'eri l'altro giorno, quando si è provocato un taglio sul braccio? Il tribunale non sarà felice di sapere che te ne vai a spasso e lasci i miei figli a casa da soli."

Come faceva a saperlo? Era stata solo una sera. Una stupida sera dove mi ero sentita libera, dopo tanto tempo mi ero sentita una vera donna con Fabrizio. Uno stupido errore.

" E Luce? Stamattina ti è scappata ed è andata con persone sconosciute chissà dove. E guarda il risultato? È all'ospedale."

Le lacrime minacciavano di uscire. Ero davvero una madre così pessima? D'altronde era stato il suo punto forte far sminuire le persone. Quando vivevo con lui, oltre fisicamente, riusciva a ferirmi soprattutto menatlmente. Mi sminuiva così tanto da distruggermi. Ma io non ero così. Io non ero la donna che voleva farmi credere.

"Non è vero"

Sussurrai.

"Oh, si che è vero. Eccome. Me li porteró via."

Non poteva dirlo seriamente.
Oltre che a rovinare la mia vita, portandomi via le mie gioie, avrebbe rovinato anche la loro. Non volevo che passassero quello che avevo subito io, non per niente avevo tenuto nascosto a tutti e due le aggressioni che subivo da quel maledetto uomo.

"No! Non lo farai!"

"Invece si."

Lo spinsi con tutta la forza che avevo in corpo. Sfortunatamente lo spostai di soli pochi centimetri. Non ero forte e massiccia come lui. Lo feci solo imbestialire.
Mi fermó per i polsi e mi tiró uno schiaffo in pieno viso. A causa del colpo abbassai lo sguardo, ma anche se le lacrime scendevano sulle mie guance arrossate sia per il colpo sia per l'imbarazzo di essermi fatta di nuovo mettere i piedi in testa, lo rialzai subito e lo fissai dritto negli occhi. Non provava nessun sentimento? Probabilmente no. Quando stava per scagliarne un altro, qualcuno lo tiró da dietro e lo fece finire per terra. Poi gli tiró un pugno sullo zigomo e uno sul naso, dal quale cominció a scendere un rivolo di sangue.

"SEI SOLO UN PEZZO DI MERDA! MA CHE RAZZA DI UOMO SEI? VATTENE IMMEDIATAMENTE"

Manuel, che sapeva quando era il momento di filarsela, si alzò di scatto, tamponó velocemente il sangue che era sceso sulle sue labbra con la manica della camicia e si giró per andarsene. Prima di sparire peró mi avvertì:

"Non finisce qui."

Poi sparì nell'oscurità della notte.
La guancia mi pulsava.
Le lacrime scendevano ininterrottamente.
Era successo di nuovo.
Mi ero ripromessa di non farmi più umiliare così.
Ma era successo di nuovo.

"Marghe... Come stai?"

Piangevo.
Ad un certo punto dimenticai tutta la rabbia che avevo in corpo nei confronti del mio salvatore, la rabbia che mi portavo dentro da tanti anni.
Mi aveva salvata.
Ancora.
E adesso avevo solo bisogno di un abbraccio.
E forse si, avevo bisogno di un suo abbraccio. Già da tanto tempo.

"Niccolò..."

Sussurrai fiondandomi fra le sue braccia.
Inizialmemte rimase spiazzato, ma poi ricambió subito.
Eravamo lì, abbracciati.
Come tanti anni prima.

 IL CAPOLAVORO CHE È IN ME 2 // ULTIMO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora