2. CHARLOTTE

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Una volta recuperate le sue valigie, Charlotte si avviò velocemente verso l’uscita dell’aeroporto.
La prima volta che aveva messo piede a Los Angeles, non sapeva se ci fossero degli autobus che l’avrebbero portata nel cuore della città e così aveva fatto la terribile scelta di chiamare un taxi che le era costato un occhio della testa.
Ormai sapeva che poteva tranquillamente raggiungere a piedi la fermata dell’autobus e aspettare il numero trentatre che l’avrebbe accompagnata a qualche isolato dall’appartamento che aveva preso poche settimane prima.
Un appartamentino non troppo grande ma molto luminoso con un affitto abbordabile.
Aveva versato la caparra solo qualche giorno prima, mancava solo la firma del contratto che sarebbe avvenuta quello stesso giorno.
Sull’autobus non trovò nessun posto quindi dovette eliminare l’idea di continuare a leggere il suo libro.
Per tutta la mezzora di tragitto, non aveva fatto altro che maledirsi per essersi comportata in quel modo con Liam Logan. Ma cosa ne poteva sapere che si trattasse del figlio del suo capo?
La casa editrice era grande, si disse, quante possibilità c’erano che si sarebbero incontrati?
La sua fermata era la prossima. Si lego i capelli in una coda e si preparò a scendere.
Camminò a piedi per qualche centinaio di metri e finalmente arrivo davanti al grande palazzo in cui si trovava il suo nuovo appartamento.
Il padrone di casa le aveva detto che si sarebbe fatto trovare davanti all’ingresso principale a mezzogiorno in punto. Erano quasi l’una e dell’uomo non c’era ancora nessuna traccia.
– Signorina Gayle? – urlò un uomo che stava correndo nella sua direzione.
Aggrottò la fronte – Si, sono io.
L’uomo si piegò un po’ in avanti appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato – Sono Mark Green, il proprietario.
– Il proprietario? Ma io pensavo che…
L’uomo si fece scuro in volto – Purtroppo mio padre è venuto a mancare qualche giorno fa.
– Oh, mi dispiace – sussurrò lei sinceramente dispiaciuta.
L’uomo scrollò le spalle – Era gravemente malato, sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto.
Charlotte non aveva voglia di indagare sulla malattia del signor Green.
– C’è qualche problema con il contratto? – chiese lei preoccupata.
– No, assolutamente. L’esecutore testamentario ci ha annunciato che mio padre ha lasciato a me questo appartamento e sapendo che avevate già preso accordi in precedenza ho pensato che non fosse il caso di rifare un nuovo contratto.
Sospirò per il sollievo – Allora posso firmare? Sono un po’ stanca, vorrei sistemarmi il prima possibile.
L’uomo annuì e le porse una cartelletta con il suo contratto. Di norma si sarebbe presa un po’ di tempo per leggerne i termini ma era così stanca che non aveva voglia di perdere altro tempo.
Mise la sua firma e gli restituì il contratto.
L’uomo tirò fuori un’altra cartelletta e gliela porse – Questa è la sua copia. Per qualsiasi cosa non esiti a chiamare. Ho annotato il mio numero di telefono su un bigliettino.
– Grazie mille!
– Grazie a lei e benvenuta a Los Angeles Signorina Gayle.
Charlotte gli fece un sorriso gentile ed entrò nel palazzo. Salì di corsa sull’ascensore e pigiò il tasto dieci.
Non era tanto entusiasta di andare a vivere in un palazzone così ma era l’unico che avrebbe potuto mantenere con il lavoro di stagista.
Aprì la porta dell’appartamento e rimase sbalordita.
Era molto più luminoso di quanto ricordasse.
Trascinò la sua valigia fino al corridoio e aprì la porta della prima camera a destra.
Non era una delle migliori stanze che avesse mai visto in vita sua ma era più carina e luminosa di quella di fronte.
Dopo aver aperto tutte le finestre della casa per far cambiare l’aria, tirò fuori il cellulare dalla borsa.
Come previsto non aveva ricevuto nessuna chiamata.
Inviò un sms a Jessica per avvisarla che era appena arrivata nell’appartamento e che la stava aspettando.
La sua amica rispose dopo un paio di minuti.
Tra un’ora sono in pausa. Pranziamo insieme? Le scrisse la sua amica.
Charlotte le rispose che doveva portare lei il pranzo perché avrebbe fatto la spesa il giorno dopo e la sua amica le rispose con un pollice all’insù.
Tirò fuori alcuni vestiti comodi e si diresse verso il bagno.
Non sembrava molto pulito, come il resto dell’appartamento. Il proprietario le aveva detto che era rimasto chiuso per più di un anno e questo bastò per incitarla a dare una pulita prima di mettere piede nella doccia.



ROOMATES - Una Spiacevole ConvivenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora