🎀 9. C'era una volta un gossip

4.6K 382 575
                                    

La pasticceria era così affollata che non c'era nemmeno un posto per sedersi, ma le natiche di Mimi ed Etienne erano troppo provate per tornare a rintanarsi sul furgoncino

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La pasticceria era così affollata che non c'era nemmeno un posto per sedersi, ma le natiche di Mimi ed Etienne erano troppo provate per tornare a rintanarsi sul furgoncino. Fu il ragazzo, allora, a proporre un posto alternativo.

Trascinò controvoglia la povera Mimi per circa mezzo chilometro, i loro viveri ben accartocciati nel sacchettino da asporto, fino a che non giunsero al famoso Centre Pompidou, dall'aspetto quasi abbandonato in quella grigia giornata novembrina.

«Andiamo» le fece strada, costringendola a salire per due interminabili rampe di scale.

«Sicuro che si possa?»

«Ci vengono i teppisti a spacciare, non posso andarci io a fare merenda?»

Mimi scosse la testa e seguì Etienne fino a metà di una lunghissima galleria, tutta tubi e colori brillanti. Quel centro raccoglieva molti padiglioni dedicati alle esposizioni e alle conferenze, ma non era certo al suo interno che si sarebbero rifugiati: sarebbe stato troppo normale. Infatti, il ragazzo scelse un punto totalmente a caso lungo le gallerie esterne, guardò in basso e poi decise: «Qui è perfetto» quindi si sedette sul pavimento e si sistemò a gambe penzoloni sui tetti di Parigi.

«Ok, non dirò per l'ennesima volta che sei pazzo, ma sappi che lo penso ogni singolo secondo che passo insieme a te» commentò lei, sbattendo le palpebre con orrore.

«Dai, baguette, non dirmi che da piccola non ti sei mai sporcata le mani per un po' di avventura.»

«Io volevo solo mangiare i biscotti di Pain de Sucre, non darmi all'avventura.»

Il ragazzo ridacchiò e si passò il palmo sul naso un paio di volte, l'espressione vivace. Di solito quando aveva i suoi tic era molto nervoso, ma in quel posto così aperto sembrava essere nettamente più di buon umore: «Dai, siediti per un secondo. Da vecchia rimpiangerai il tuo essere una stakanovista timorata di Dio; la tranquillità non ha prezzo».

Mimi scosse la testa e si arrese alle iniziative del folle, prendendo posto accanto a lui: «Mi sa che rimpiangerò anche l'essermi seduta sull'acciaio congelato, da vecchia».

«Vuoi che ti scaldi io? Conosco vari modi, tra cui versarti in testa la cioccolata bollente oppure abbracciarti e poi spingerti accidentalmente nel vuoto, giusto perché sono un pazzo».

E Mimi, ovviamente, alzò una mano come una diva offesa: «No, grazie. Meglio morire di freddo».

Il ragazzo se la rise mentre stappava il suo cioccolato da asporto: «Francine dovrà vendere la boutique, se noi due andiamo avanti così. Ah, cazzo...» mormorò quando una goccia di bevanda bollente gli ferì la mano a causa di un ennesimo spasmo incontrollato. Mimi vide che la cioccolata aveva bruciato la piccola cicatrice non ancora guarita, quella che portava per il taglio dell'"incidente" al magazzino.

Si sentì in colpa e abbassò lo sguardo. Si impose di fare finta di nulla; le riusciva sempre molto bene e per fortuna sotto di loro si stagliava un panorama che poteva giustificare la sua sfuggevolezza. Si trattava della famosa fontana di Stravinsky, una vasta distesa di acqua bassissima da cui spuntavano assurde statue rappresentanti le composizioni del musicista. Erano talmente strane, ambigue e fuori luogo che a Mimi venne spontaneo associarle al carattere di Etienne.

Eau de TouretteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora