🎀 58. L'oca Amélie

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Mimi sentì a malapena il telefono squillare e trascinò la cornetta verde non rendendosi nemmeno conto che stava ricevendo una videochiamata: «Pronto?»

Il suo flebile saluto fu sovrastato da un coro di voci energiche e festaiole, che le diedero una botta di realismo e la fecero risvegliare del tutto, in modo assolutamente traumatico. Erano solo le sei di sera, ma Mimi si era addormentata sul suo letto senza nemmeno disfarlo, con il vago ricordo di lei che diceva a se stessa: "Sì, dai, mi stendo qui solo cinque minuti..."

«Sacrebleu, cherie del mio cuore, non ricordavo che il fuso orario cambiasse da Parigi a Toulouse, che ore sono lì da voi? Le tre di mattina, tipo? Le quattro? No, perché qui sono le sei di sera e nessuno è preso come se si fosse appena risvegliato da un coma, tranne forse Ignacio, ma quello è un suo difetto di nascita.»

«Mmmh, Jean-Jacques...» Mimi si lamentò, guardandosi con sgomento nella miniatura della videochiamata e provvedendo per lo meno a sistemarsi la messa in piega selvaggia che le aveva lasciato il cuscino.

«Oh cielo. CIELO. Che cosa sto vedendo?! CHE COS'È QUELL'OBBROBRIO??» gridò Jean, puntando il telefono e beccandosi uno scapellotto da parte Confiance.

«Dico, vuoi piantarla di urlarmi nelle orecchie, cretino?»

«Por favor, Confiance, pégalo otra vez» supplicò Ignacio, chiedendo a Confie di ripetere il gesto.

«Scusatemi, ma non vedete anche voi quello che vedo io? Non vi rendete conto del dramma?!» insistette il giovane fronzoloso, indicando lo schermo da cui stavano assistendo alla chiamata. «Il mascara di Mimi è colato.»

«Almeno, a differenza tua, lei non ha sempre la faccia coperta di guano di pterodattilo» commentò Ignacio, con conseguente sospiro offeso di Jean.

«Quella è bava di lumaca, razza di sconsacrato!»

«Vi prego, signori, un po' di ordine, un po' di ordine» s'impose Francine, che grazie a Dio stava reggendo il telefono, prevenendo così che Joujou lo sbattesse sulla pelata di Ignacio. Da quando Mimi aveva lasciato definitivamente l'appartamento di Parigi, Jean si era definitivamente trasferito da Ignacio, anche se in via non definitiva era già da più di sei mesi che lo occupava.

«Come stai, Mimi?» le chiese Francine «Forse è la connessione, ma da qui ti vediamo un po'... sbattuta.»

«Sbattuta?» sbottò la ragazza, massaggiandosi il volto con una mano. «Il prossimo stronzo che canta allegramente "Nella vecchia fattoria" riceverà un pugno; la vita da agricoltore è il male. Non avrei mai creduto di potermi ridurre fino a questo punto.»

«Cherie» si accigliò Jean-Jacques. «Sei arrivata ieri.»

«Lo so, ed è questo il brutto» Mimi sospirò, mettendosi seduta composta e passandosi le dita tra i capelli scompigliati. «L'accoglienza non è stata affatto delle migliori, la prima cena di famiglia un inferno, ma credevo che proponendomi di dare una mano con l'azienda avrei quanto meno riguadagnato qualche punto. Ho avuto l'ok da parte dei miei per fare le consegne previste per oggi, quindi stamattina mi sveglio alle otto, gasatissima, mi lavo, esco in giardino e...»

«E?» chiesero tutti e quattro in coro, con pathos.

«E il pick-up non c'è già più» Mimi si sbatté una mano sulla coscia. «C'è solo mio fratello Xavier che mi ride in faccia dicendomi "Che cosa pensavi, principessina, che oltre a prepararti la colazione dovessimo anche aspettare il tuo comodo risveglio delle otto? Qui si comincia alle cinque"» Jean-Jacques ebbe un mini infarto e fu sostenuto da Confiance che lo fece rinvenire con dei sali profumati. «Sì, ho reagito anch'io allo stesso modo» confermò Mimi. «Mentre quello stronzo di Simon era in giro con il mio pick-up, io sono stata incaricata da Xavi di andare a prendere la legna. Io! La legna! Alle otto di mattina!»

Eau de TouretteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora