🎀 47. Cache-cache | parte 1

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E quando ti farà paura il futuro tu tienimi presente.
Gio Evan✍
Suggerimento di: Tiziebasta

🎀

Il cellulare di Mimi squillava e squillava da ore, ormai.

Tutti avevano provato a cercarla. Confiance, Joujou, persino Ignacio. Ma lei non rispondeva. Non voleva parlare con nessuno. Non voleva vedere nessuno.

Dopo il confronto con Francine, aveva sfiorato l'ipotesi di irrompere nella boutique e spaccare tutte le boccette, per poi correre nel suo appartamento e piangere coccolando Chanel come un figlio, e poi ancora farsi le valigie e scappare in Occitania, dai suoi.

Ma non era riuscita a fare niente di tutto ciò.

Si era limitata a salire in metro, passiva, e lasciarsi trasportare dove voleva il caso.

Era ancora vestita bene per l'appuntamento che avrebbe avuto sulla serra con Etienne, ma ormai i vestiti si erano sgualciti, i capelli spettinati e il nodo dei suoi mille fiocchetti allentato. Non era da lei girare a Parigi così malconcia, ma ora non le interessavano nemmeno più le apparenze. Non le interessava di nulla.

L'ennesima chiamata le fece vibrare l'interno della borsa. Sollevò il cellulare per inerzia e lesse il nome sul display.

Etou 🎀

Ok, bravo, almeno non sei morto.

Era già la quarta chiamata che riceveva da lui. Dopo la seconda a cui non aveva risposto, le aveva mandato dei messaggi per chiederle scusa, perché quella mattina mentre era sulla strada per andare da sua madre, gli era mancato il coraggio e ci aveva rinunciato. Come le tre volte precedenti, Mimi lo ignorò di nuovo, premendo la cornetta rossa. Quando l'applicazione si chiuse, venne mostrata la lista delle chiamate, da cui selezionò l'ultima e modificò il mittente in rubrica.

Etienne Gautier, lo rinominò, e lo preferì in quel modo. Con il cognome di suo padre ben in vista, dato che molto probabilmente, aveva ereditato da lui la codardia da cui era sempre stato caratterizzato.

Mimi fu costretta a scendere quando la metro giunse al capolinea. Si ritrovò ad una fermata affollata e uscì in una delle tante, vaste piazze della capitale. La bella giornata di sole e il chiacchiericcio dei turisti nemmeno le fecero effetto.

Lo avevano fatto le parole di Yvette e Francine. Avevano sopito tutta la sua gioia di vivere e nonostante desiderasse solo sottoporsi DBS per spegnere il cervello, ormai avevano innescato in lei una serie di inarrestabili idee. Aveva aperto gli occhi su una verità di cui era sempre stata a conoscenza, ma che aveva cercato ingenuamente di giustificare. 

Etienne era una vittima, certo, ma non una vittima della Tourette, o di suo padre, o di sua zia, o di sua madre, o delle maledette pastiglie. Etienne era la vittima di se stesso. Nel suo costante farsi governare da agenti esterni, non era mai stato capace di prendere una posizione, di delineare e perseguire un obiettivo, di decidere per sé.

Ed era vero, Yvette era squilibrata, Francine smidollata e di certo questo non l'aveva fatto crescere in un ambiente sano. Ma lui? Lui aveva trent'anni e un'intelligenza sopra la media, eppure l'aveva delusa più di loro due messe insieme. Aveva preso il peggio di suo padre e poi il peggio di ciascuna delle sue madri, nella perfetta dimostrazione del detto "tali genitori, tale figlio".

Michelle l'aveva avvertita, un giorno. Il difetto di Etienne era la sua remissività; era sempre stata la causa dei suoi malumori, ma anche un rifugio comodo tanto quanto l'ignoranza in cui Mimi viveva all'inizio. E se lei ce l'aveva fatta a superare quell'ostacolo, mettendosi d'impegno, lui invece no, non ci aveva nemmeno provato. Si era rifiutato di combattere, nonostante lei avesse cercato con tutta se stessa di dargli un motivo per farlo, uno scopo nella vita e soprattutto qualcosa da perdere.

Eau de TouretteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora