🎀 48. Cache cache | parte 2

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"Non puoi sempre decidere cosa ti succede, ma puoi decidere come reagire"
Anonimo
Suggerimento di: Debrello

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Se fai così, Etienne, non riesco nemmeno ad arrabbiarmi con te.

La mano di Etienne circondò la guancia di Mimi e la spinse delicatamente per inclinare il suo volto. In quel modo gli risultò naturale avvolgerle le labbra con le proprie, in una carezza bagnata e tiepida, come la coperta stesa sopra un corpo infreddolito d'inverno. 

Era successo anche la prima volta al vigneto; in un istante sospeso tra di loro, si era racchiuso uno schiocco di bacio appena percettibile. Poi la passione: si erano spiati e i loro occhi si erano scambiati infinite domande, risolte nell'irrefrenabile riunione delle loro bocche. 

La mano di Etienne slittò dal volto di Mimi alla sua nuca. La resse mentre la baciava appassionatamente, ogni movimento della lingua era un grido d'aiuto mal trattenuto.

Ci stiamo solo facendo del male, Mimi, era quello che sembrava voler dire, senza però dimostrarlo nei gesti.

Mimi strinse gli occhi e unì le mani dietro il collo di Etienne. Inarcò la schiena, aderì completamente a lui, mentre girandole di pesci di cristallo vorticavano tutt'attorno. Sì, era vero, baciarlo le faceva male almeno quanto le faceva bene e non potevano di certo continuare ad abbandonarsi alla tentazione come se nulla fosse; era la prima buona regola di ogni sessione di Habit Reversal Training. Di certo la loro era diventata un'abitudine, una di quelle dannose, e se non l'avessero contrastata, sarebbero finiti per nuocersi.

«Etienne, basta» lo staccò a forza, sentendo che i suoi tic le si moltiplicavano addosso in una crescente onda di coinvolgimento. Non poteva, non potevano davvero. Dovevano smetterla di crogiolarsi nella facilità dei baci e iniziare ad affrontare la realtà, una volta per tutte.

«È successo un disastro con tua madre» gli disse, accarezzandogli il petto, e realizzando forse solo in quel momento quanto a fondo fosse caduta la loro nave.

Il naso di Etienne si arricciò in un tic. La guardò con un paio di occhi tanto profondi quanto preoccupati: «Lo so». 

«Lo sai?»

«Questa mattina sono andato alla clinica» rivelò, non abbandonando quella forte apprensione nei suoi confronti e nei confronti delle sculture tutt'attorno. «Ho parlato con Michelle e mi ha raccontato della sua recente chiacchierata con mamma, mi ha messo in allerta riguardo a qualcosa di brutto che avrebbe potuto combinare per fermarci. Scusa, un istante rubato.»

Beh, ottimo tempismo, dottoressa.

«Quindi in tutto questo tempo in cui tu avresti dovuto parlare con tua madre, sei stato invece alla clinica per parlare con Michelle?»

Etienne scosse la testa: «Ci sono andato dopo. Probabilmente non ci siamo incrociati per un soffio» accennò all'orsacchiotto tra le sue mani.

«Non capisco. Se non sei andato da tua madre e sei andato dopo alla clinica, allora che cos'hai fatto nel frattempo? Dove sei stato?»

Etienne abbassò il capo, l'espressione ricolma di senso di colpa.

E lei capì immediatamente.

Le aveva promesso che avrebbe preso il coraggio a due mani e affrontato Yvette, ma all'ultimo aveva avuto una crisi e l'unico rifugio in cui si nascondeva, durante le sue crisi, era dentro un piccolo cilindro colorato, talvolta di blu, molto più spesso di arancione.

Eau de TouretteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora