🎀 46. In questo mondo

3.5K 387 339
                                    

L'istante occupa uno stretto spazio fra la speranza e il rimpianto, ed è lo spazio della vita.
Marcel Jouhandeau
Suggerimento di: lindetta1980

🎀

Non avrebbe saputo dire come, ma incredibilmente Mimi riuscì ad arrivare allo studio di Francine. Il posto si trovava in un quartiere vicino alla boutique, in un palazzo dal sapore sofisticato e rinascimentale, che ospitava altre distinte personalità della moda e della vita pubblica francese.

Entrò nella struttura, camminò lungo il corridoio in moquette e si affacciò alla porta dell'ufficio.

Lo trovò aperto, ma con nessuno al suo interno, quindi si introdusse prendendo un profondo respiro, ricco d'ansia e d'aspettativa. Si sentiva allo stesso tempo sollevata e terrorizzata: l'idea di trovarsi nei pressi di Francine le dava un senso di protezione, di rifugio, ma d'altra parte, c'era ancora quell'incomprensibile minaccia nell'aria. Yvette era sembrata piuttosto intransigente sull'argomento, ma Mimi faticava a credere che esistesse davvero una Francine Fontaine intenzionata a licenziarla per vendetta.

Si lasciò cadere nella poltroncina di fronte alla scrivania. La finestra era aperta, il venticello primaverile entrava assieme al sole e al profumo di Parigi, ma lei comunque sembrava non percepire più nessuna emozione.

Era frastornata, scombussolata... non stava nemmeno realizzando gli avvenimenti di quelle ultime ore. L'orsacchiotto le sedeva in grembo come un ricordo lontano di serenità.

Si voltò con fare boccheggiante quando udì il famoso rumore di tacchi riecheggiare nel corridoio. Non appena il suo capo si palesò sullo stipite, si scambiarono uno sguardo non interpretabile. Francine indugiò qualche secondo sopra un paio di occhiali da vista che non indossava mai, poi li tolse e raggiunse la poltrona dalla parte opposta del tavolo.

Premette qualche tasto al computer, compilò una carta che le stava di fronte, la penna che luccicava assieme al suo collier con una grossa madreperla al centro.

Mentre la gola di Mimi era annodata più di un fiocchetto stretto da Jean-Jacques, Francine allungò un braccio verso un cassetto, lo aprì, estrasse due fogli e li allungò quasi distrattamente verso di lei, cedendo anche la sua penna.

Così, come se niente fosse.

La ragazza lesse e per poco non svenne. Erano loro. Erano veramente i documenti per le dimissioni. Si sentì davvero male, si portò una mano al petto che stava già palpitando, alzò lo sguardo su Francine ma non incontrò il suo.

Stava lavorando concentrata su altro, e non le aveva ancora detto una parola, mentre lei, lì, viveva uno dei momenti peggiori della sua intera esistenza.

Gli occhi di Mimi iniziarono dolorosamente a pizzicare. Chi diavolo sei, tu? Chi è la donna che ho davanti? Con chi ho lavorato per nove mesi? 

Decise di non darle soddisfazione in nessun modo. Non fece una scenata, ma nemmeno obbedì agli ordini; si limitò ad incrociare le braccia e gettarsi indietro sullo schienale. Dopo qualche secondo passato immobile in quella posizione, Francine finalmente decise di prestarle attenzione.

«Devi firmare su quelle carte.»

«Lo so benissimo che cosa devo fare» la sovrastò Mimi, il tono duro. «Ma non muoverò un muscolo finché non avrò delle spiegazioni.»

«Credevo che Yvette ti avesse-»

«Da te» sottolineò la ragazza. «Le voglio da te.»

Francine sospirò nervosamente e a lungo, continuando a crearsi lavoro pur di dare l'impressione di avere faccende più urgenti del licenziamento di una sua dipendente.

Eau de TouretteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora