Capitolo 37

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Ci sono momenti in cui non pensi.
Ci sono momenti in cui la parte razionale del tuo corpo non funziona,non ragiona. Questo perché è stata scossa.
Ci sono momenti in cui hai solo un obiettivo nella vita e devi raggiungerlo a qualunque costo. 
Mi alzai barcollando dal tavolo. 
Sentivo delle fitte allo stomaco e al bacino.
Guardai Louis per qualche secondo. 
Stava seduto sul divano a fissare il soffitto,a pensare a chissà cosa.
Con lo sguardo assente,mi incamminai verso la porta d’uscita senza dire nulla.
“Dove cazzo vai?” Disse Louis.
Mi voltai lentamente verso di lui ma non risposi. Lo guardai trasmettendogli tutta la tristezza e tutto il dolore che avevo dentro. 
Corrugò la fronte e inclinò leggermente la testa.
Evidentemente,non si era reso conto di quello che mi aveva fatto. Non si era reso conto di quello che avevo passato,di come mi ero e come mi sentivo tutt’ora. Non si era reso conto che erano bastate le sue parole a trafiggermi il cuore e a mandarlo in frantumi.
Mi sentivo uno zombie,un vegetale,un parassita.
Non gli diedi ascolto e mi voltai nuovamente aprendo la porta e cominciando a camminare lungo il corridoio. 
La prima cosa a cui pensai fu quella di andare in bagno e cercare quell’oggetto che tanto mi faceva felice. 
Non mi auto lesionavo da tanto tempo; lo avevo fatto per Scar,per la mamma e soprattutto per il mio Harry.
Sorrisi amaramente pensando ai suoi occhi,ai suoi ricci. 
Chissà come avrebbe reagito se avesse saputo che mi tenevo in vita soltanto per lui. Magari,si sarebbe sentito in colpa. 
Ma non era colpa sua. Era una decisione mia. Odiavo “vivere”,se così potevo definire l’ammasso di giorni che erano passati dal giorno in cui ero nata. 
Trascinai mogiamente il mio peso da un piede a un altro e pochi secondi dopo,mi ritrovai davanti alla porta del bagno. La aprii ed entrai lentamente. 
Svuotai due,tre,quattro cassetti per poi trovare,finalmente,la lametta. Mi sedetti per terra e alzai una manica della mia felpa. 
Appoggiai la lama fredda dell’oggetto sul mio polso,premetti leggermente e la spostai verso sinistra marchiando la mia pelle,facendo comparire un graffio.
E poi un altro.
E un altro.
E un altro ancora.
Avrei continuato se solo qualcuno non avesse aperto la porta.
Sobbalzai e sentii il cuore salirmi in gola. Alzai lo sguardo e vidi Louis.
Non appena mi vide,schiuse le labbra e sgranò gli occhi incredulo,confuso,spaventato. 
Puntai i miei occhi contro i suoi senza lasciar cadere per terra la lametta. Il sangue,gocciolava sui miei vestiti. 
“H – hai sangue.” Balbettò Louis decisamente spaventato. Non sapeva cosa fare,non sapeva come dominare la situazione. Era lui adesso quello vulnerabile.
“E allora? Che cazzo vuoi?” Canticchiai alludendo a quello che mi aveva detto tempo prima lui.
Deglutì e si appoggiò allo stipite della porta portandosi una mano alla bocca.
“Sei debole di stomaco,Tomlinson?” Domandai alzandomi.
“D – devo chiamare tuo fratello.” Balbettò.
Spalancai gli occhi e appoggiai un dito sulle mie labbra,per fargli cenno di stare in silenzio.
“Ognuno di noi due ha qualcosa da nascondere,Louis. Io non dico ad Harry che mi violenti,che mi maltratti,che mi usi,che mi chiami puttana quando sai esattamente che mi hai tolto tu la verginità,senza il mio consenso. Mi picchi,mi urli contro.” Lo guardai con disprezzo. Lui respirava affannosamente e continuava a tenersi allo stipite della porta,incapace di tenere in mano la situazione. “E tu …” Continuai “ … tu non devi dirgli che mi taglio.”

Alzò lo sguardo e mi fissò per qualche secondo: “Ti fai del male. E’ pericoloso.”
“Non credo siano affari che ti riguardino.” Dissi indicandomi la guancia.
“Ti ho già chiesto scusa mille volte per quello schiaffo …”
“Quegli schiaffi.” Lo interruppi “Erano più di uno.”
Abbassò lo sguardo,non sapendo cosa dire. 
“E le tue scuse non possono guarirmi.”
“Ti sei comportata male.” Sussurrò.
“Scusami.” Dissi retoricamente.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo. Io fissavo lui,lui fissava me.
“Adesso devo andare.” Dissi sciacquando la lametta. 
La posai dove l’avevo presa e uscii dal bagno. Tremavo e sentivo brividi percorrermi il corpo. Sentivo come se la morte fosse stata vicina,a un passo da me. Le ferite bruciavano brutalmente e il sangue macchiava le mie mani e i miei vestiti. Ne stavo perdendo parecchio,ma sapevo che si sarebbe fermato. Non ero poi andata così a fondo.
Scesi le scale a fatica,appoggiando piano un piede e l’altro. La testa girava e la vista si faceva sempre più appannata. 
“Dove vai?” 
Sentii la voce di Louis in cima alle scale. Non mi voltai,non risposi. Mi fermai per un millesimo di secondo ma subito dopo,continuai a camminare per il corridoio, fino a quando non arrivai fuori casa.
Cominciai ad avviarmi in mezzo alla nebbia,fitta e spaventosa.
Non riuscivo a vedere nulla e i miei occhi appannati dalle lacrime non mi aiutavano. Me li strofinai con la mano pulita e sospirai guardando attentamente avanti a me,prima di riprendere a camminare.
In realtà,non avevo una meta,una destinazione. Quello che volevo fare,era uscire da quella cosa e andare lontana da Louis.
Mi ripiegai in due dal dolore.
Il suono dolce del suo nome,procurava mille brividi in me. Era una lama affilata e tagliente che si insinuava nel mio stomaco e risaliva fin quando non arrivava in sola. 
Mi lasciai cadere appoggiando le ginocchia per terra,mentre stringevo forte le braccia sul mio stomaco,per placare quelle fitte assurde che mi erano venute.
Le ferite bruciavano sempre di più e non riuscivo a sopportare tutto quell’ammasso di dolori che prepotenti e violenti si erano impossessati del mio corpo.
A cosa mi serviva tagliarmi o farmi del male? Mi bastava pensare a Louis per sentirmi male,per sentirmi morire. 
Peccato che lo avevo realizzato troppo tardi. Alzai nuovamente la manica della felpa mostrando ai miei occhi,quasi increduli,i graffi sul polso. 
Mi sdraiai sulla neve soffice e ghiacciata,appoggiando il polso e cercando di placare il bruciore delle ferite. Sospirai,quasi confortata e mi rannicchiai su me stessa per darmi conforto da sola,per non sentire troppo freddo.
Qualche secondo dopo,cominciò a nevicare. Lo capii perché un fiocco di neve si insinuò fra le mie labbra screpolate.
Mi guardai attorno: non si sentiva nessun rumore se non il fischio leggero del vento. Non riuscivo a vedere nessuna casa il lontananza,nessuna luce.
Quello che stavo facendo era una grandissima pazzia. Mi avrebbero mai trovata? Risposta negativa. Allora sarei morta,avrei lasciato Harry.
Pensai alle ipotetiche “morti” che mi attendevano. Sarei potuta morire di freddo,sepolta dalla neve. La mattina dopo non avrebbero trovato neanche il mio cadavere. Oppure,un lupo avrebbe potuto assalirmi. Beh,delle due preferivo morire di freddo. Scossi il capo cercando di convincermi che non sarei morta … ma era inutile sperare. Ormai,era fatta. Louis se ne sarebbe altamente fregato della mia “fuga”,avrebbe detto agli altri che non mi aveva vista e magari,si sarebbe sentito in colpa per il resto dei suoi giorni.
Mi scese una lacrima. Si ritrasse nella mia mente la figura di mio fratello. Anzi,che dico? Lui non era mio fratello. Era molto di più. 
La mia vita era appesa ad un filo da quando mamma era morta. Avevo sempre avuto bisogno di un’asta che mi reggeva in piedi. Ecco,Harry era quell’asta. Harry era l’unica cosa che mi teneva in vita. 
E poi c’era Louis. Louis era il vento che soffiava per far cadere giù la mia vita,Louis era il temporale,la tempesta. Ma cosa sarebbe una vita senza le tempeste?
Avrei voluto alzarmi ma avevo perso troppo sangue,non avevo forza in corpo. Non potevo alzarmi,non potevo spostarmi neanche di un millimetro.
Non credo il mio così debole corpo avrebbe resistito a lungo. Dunque mi addormentai,pensando di morire tranquillamente. Non volevo più soffrire,non ce la facevo più.
“Ti amo Lou.” Furono le mie ultime parole prima di addormentarmi definitivamente.

Better Way || Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora