Capitolo 4 - Le Lacrime Di Freyja

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Innanzi tutto, l'emozione! Soltanto dopo la comprensione!
Paul Gauguin


Carmen

Un critico d'arte mi stava sommergendo di domande quando, gettando un'occhiata alle sue spalle, scorsi Morgan

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Un critico d'arte mi stava sommergendo di domande quando, gettando un'occhiata alle sue spalle, scorsi Morgan. Non sarei stata in grado di spiegare a parole la sensazione nuova ogni volta che lo vedevo. Eccitazione forse? C'era qualcosa di misterioso in lui, come se fosse distante, nascosto dietro il suo sorriso. E desideravo dentro di me raggiungerlo e scoprirlo.

Mi scusai con il mio interlocutore e mi avviai nella sua direzione. Morgan si accorse di me e il suo sguardo si intensificò. Mi sorpresi di trovarlo intento ad ammirare uno dei quadri più apprezzati della mostra e in particolare dalla sottoscritta tanto che, senza riuscire a trattenermi, iniziai a decantargli le sue doti. «La leggenda della Dea Freyja ha ispirato quest'opera Le lacrime di Freyja realizzata da Anne Marie Zilberman, pittrice contemporanea francese. Suo malgrado, però, è diventata famosa per l'erronea attribuzione del dipinto da lei realizzato, a Gustav Klimt, subito smentito. Ma verosimilmente accaduto per l'assonanza di stile e in particolare per l'utilizzo della foglia d'oro impiegata per simboleggiare le lacrime che versa la protagonista del quadro, anche però per quell'intrinseco fascino sensuale e sognante che sprigiona il dipinto e che è presente anche nelle opere di Klimt.» Sentii il suo sguardo addosso ma continuai con il mio monologo. «La leggenda ha le sue radici nella mitologia nordica e nella religione tradizionale precristiana dei popoli della Scandinavia, era considerata la dea della fertilità, della guerra, della seduzione e dell'amore, della bellezza e dell'oro, nonché delle virtù profetiche. La leggenda narra che ogni volta che il marito Odur si allontana per dedicarsi ai propri doveri, la splendida Elfa piange lacrime d'oro, per amore, tingendo l'alba dei suoi colori vividi. E, anche quando i due amanti si ricongiungono, al calar del sole, il pianto colora l'orizzonte di caldi toni dorati...» Mi voltai verso di lui per incastrare i miei occhi nei suoi neri pece che mi fissavano con interesse. Deglutì. Eccolo il segnale. Era appena diventato una vittima come tante altre. La caccia aveva portato i suoi frutti, il mio pane quotidiano da una vita intera, per campare e per riscattarmi dai miei fallimenti. Schiacciai il bocciolo appena dischiuso della pietà da cui avrebbe potuto germogliare quel sentimento più elevato e perfetto, che era l'amore, e gli sorrisi con malizia. «Ti va di andare via?»

«Adesso?» domandò, sorpreso.

Non m'importava niente della mostra, volevo solo andarmene con lui. Perciò, annuii. E lui sorrise, per poi seguirmi verso l'uscita. Mi porse il suo braccio e mi ci aggrappai perché era lì che volevo stare.

Salimmo in auto e ci avventurammo in un giro per la città, solo per poter passare un po' di tempo assieme lontano dal caos cittadino, immersi nel nulla. Il sole stava tramontando e tran po' sarebbe stata ora di cena, ma nessuno dei due sembrò badarci.

Fermò l'auto. Il silenzio ci avvolse. Colsi la sua esitazione. Abbassai lo sguardo sulla mano che agitava nervosamente sul volante e vedendo la fede qualcosa si scosse dentro di me. «Sai, mi sono rimaste impresse le parole che mi hai detto la prima sera che siamo usciti: avevi detto che forse un giorno avresti trovato la forza di toglierla...» Mi guardò dritto in faccia. «Ma forse non è così che deve andare. Non è così che la devi vedere. Non devi toglierla perché non dovresti e non potresti sostituirla: è parte di te, era tua moglie. Nessuno ti chiede di cancellarla, e di certo non lo farò io» sperai di non essermi azzardata troppo.

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