Capitolo 128 - Le possibilità si assottigliano, i rimpianti crescono

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Anche la follia merita i suoi applausi.
Alda Merini

Agente Porter

Mi levai in piedi. Il mio collega chiuse la chiamata e mi si rivolse: «È sparita. Sono passate ore e ancora non abbiamo niente. L'auto che ha lasciato la proprietà si è rivelata un buco nell'acqua.» Abbassai il capo sconfitto. «Hanno vinto.» Batté il fascicolo sulla scrivania. «E la tua ragazza ci ha fregati. Dovevi arrestarla quando potevi. L'ha massacrato come un animale e i suoi uomini la staranno scuoiando da qualche parte. Nessuno vince. Nessuno ci guadagna. Non abbiamo nessun caso in mano e la colpa è tua. Ti sei fidato, le hai creduto. Ma quella... questi "dei" con una mano danno e con l'altra prendono» commentò a bassa voce. «Credeva di essere immortale.» Rise e camminò nella stanza con il volto paonazzo. «Lo sapevo che non avremmo dovuto rilasciarla finché restava l'unica testimone» tuonò. «Adesso questa faccenda finirà su tutti i giornali.» Mi lanciò una lunga occhiata. «Alcuni ci combatteranno.»

«Fa in modo che perdano» ribattei. 

Fece un bel respiro. «E di quelli che vogliono le nostre teste che ne facciamo?»

«Fa che non sia un problema.» Ci guardammo, poi gli ordinai: «Trovala. Portami qualcosa.»

«Dove pensi che la porteranno?» domandò, poco prima di lasciare l'ufficio. 

«Non lo sappiamo ed è questo il punto.» Sentii la frustrazione insorgere dentro di me perché avevo fallito. L'avevo persa. E il solo pensiero che la stessero torturando a morte mi debilitava lo spirito.

Tornai a sedermi e mi dedicai alle scartoffie. Scorsi le email. Tutti volevano incontrarmi. Il procuratore distrettuale voleva fare il punto. Il giornale della città voleva un'intervista scritta. Inviai risposte anodine a tutti, soffocando di dir loro che quello che volevano e quello di cui avevano in realtà bisogno erano due cose ben diverse. 

Quando fece sera, arrivò la svolta. Una telefonata. «Hanno trovato un corpo lungo il canale. Se vuoi venire a dare un'occhiata, faccio in modo...»

«Arrivo!» proruppi. Feci un passo indietro e cominciai a correre.

Arrivato sulla scena del crimine, andai incontro all'agente della scientifica che non aveva esitato a contattarmi. «Dov'è la persona che l'ha trovata?»

«In un'ambulanza con i paramedici» mi informò, mentre insieme ci dirigevamo verso la tenda.

«Quanto ci vorrà per stabilire la causa della morte?», domandai senza mezzi termini. 

«Mi serve l'autopsia», rispose in fretta, poi aggiunse: «Le hanno sfigurato il volto e tagliato le dita, non sarà facile fare il riconoscimento.» Era la solita ruotine ma al solo pensiero che stessi per vederla mi portò via la mia solita lucidità. «Il gonfiore del volto e i segni del collo potrebbero indicare uno strangolamento, e la clavicola sinistra è fratturata», disse, muovendo la mano protetta da un guanto di lattice. «Ci sono lacerazioni sui polsi, il che potrebbe indicare che aveva le mani legate, ma in acqua le braccia erano libere. Ha anche dei lividi sulla nuca e ci sono lacerazioni gravi sui talloni.»

«E' stata trascinata a piedi nudi?»

Lui confermò prima di farmi strada all'interno del laboratorio che era stato allestito per conservare le prove. Una barella metallica era accostata nel senso della lunghezza alla parete della tenda. La ragazza morta era nuda, a parte i brandelli di un vestito strappato e infangato intorno alla vita. Gli occhi, l'unico tratto lasciato intatto, erano spalancati in un lattiginoso sguardo di morte, i capelli biondi lunghi coperti di foglie e di detriti raccolti in acqua. Mi fermai a poca distanza dal cadavere e sentii lo stomaco ribaltarsi, domai la nausea. «La riconosci?»

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora