Capitolo 62- Gli scheletri ballano nell'armadio (Parte 2)

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"La bellezza di una donna aumenta con il passare degli anni.
La bellezza di una donna non risiede nell'estetica, ma la vera bellezza in una donna, è riflessa nella propria anima. È la preoccupazione di donare con amore, la passione che essa mostra."
Audrey Hepburn

Diglielo che non sei in grado di amare nessuno e contemporaneamente amare chiunque ti degni di un minimo di attenzioni

Le parole di Evans continuavano a tornarmi alla mente. A tormentarmi. Mi riempii il bicchiere di Gin e fissai la bottiglia sul tavolo ormai mezza vuota. 

Ero appena rientrata a casa e le forze erano venute meno. Ero crollata nella tanto beata solitudine, dove potevo essere finalmente me stessa. 

Il marmocchio non ti conosce, non rovinare la sua felicità come hai fatto con quella di tutti gli altri

Buttai giù un altro sorso. Guardai fuori dalla finestra e il buio ormai era calato sulla città. Accesi un po' di musica per colmare il silenzio e cancellare così le voci nella mia testa. Mi fermai a guardare le foto di Massimo che avevo sparpagliato sul tavolo e distolsi lo sguardo rabbiosa. 

Non sarei mai riuscita a stare con lui. 

Non riuscivo più a controllare le mie emozioni né lo volli. Piansi. Lacrime amare bagnarono il mio viso perché ammetterlo, ancora una volta con me stessa, mi dilaniò nell'animo. 

Se l'ora di Evans fosse stata agli sgoccioli, lo sarebbe stata anche la mia. Ormai eravamo legati. Lui aveva fatto in modo che lo fossimo. Proteggendomi a modo suo per proteggere sé stesso. Lui non aveva osato confermare né negare le mie constatazioni, ma ci avevo visto giusto. Era nei guai. 

Alzai il volume della musica e chiusi gli occhi per seguire il ritmo. Ballai per ritrovare il controllo. Dovevo assolutamente farlo. Avevo fatto l'ennesima scelta che mi avrebbe condannata. Non si poteva servire due padroni e io era da troppo tempo che non facevo altro. Dovevo scegliere e lo avevo fatto, ma avrei dovuto rinunciare a quanto di più caro avessi.

Qualcuno suonò, ma non risposi. Continuai ad agitarmi nel mio ballo sfrenato fino a quando non bussarono alla porta. Abbassai la musica e andai alla porta. Aprii. Alzai gli occhi e m'immobilizzai. Guardai Edward, credendo che fosse un miraggio o che l'alcol avesse finito per darmi davvero alla testa. Persi un battito e anche la ragione perché lo fissai incapace di reagire.

Edward era l'incarnazione di ogni cosa, ogni desiderio, ogni sogno infranto, ogni passione nascosta. Edward mi faceva male agli occhi e al cuore. 

Si drizzò vedendomi

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Si drizzò vedendomi. Gli occhi turchesi ancora più concentrati su di me. Non lasciargli il tempo di parlare, mi dissi. Chiedigli che cosa diavolo gli è passato per la testa, come non può mai fare a meno di abbandonarmi a me stessa. Non riuscii a proferire parola. Non seppi far altro che guardarlo negli occhi e augurarmi che un qualche grosso oggetto cadesse dal vecchio edificio e mi concedesse il dono dell'oblio. Stetti ferma e attesi che fosse lui a cominciare. Sarebbe stata dura. Avrebbe detto cose che non sarei mai riuscita a dimenticare, proprio come in passato.

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