Capitolo 94 - Rumore Bianco

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Le ferite nel corpo
con il tempo guariscono...
Le ferite nell'anima
con il tempo ti cambiano.

Sei anni prima

Dovevo aver perso completamente il senno. Una folle tra i folli. Costretta, per rendere sopportabile la realtà, a tenere viva questa pazzia.

Maledizione a te, Evans!

Girai l'angolo e mi diressi verso il primo bar lungo la via. Guardai l'orario: l'una e trenta del pomeriggio. Avrei preso parte allo stordimento pomeridiano degli altri derelitti come me.

Rovistai in tasca alla ricerca di un altro Vicodin e lo tenni in mano pensando di prenderlo con la prima sorsata di scotch.

Mi era stato prescritto per attenuare il dolore, ma ormai me ne servivo per ben altro o meglio per un altro tipo di dolore.

Quando aprii la porta del bar, non riuscii a vedere nulla: il passaggio dalla luce solare al buio del tugurio in cui ero entrata mi resero cieca. Poi i miei occhi si abituarono e riuscii a scorgere un uomo curvo a un angolo del bancone. Il barista, un giovane mingherlino con lunghi capelli e piercing al naso, mi fece un cenno di saluto con la testa e ripulì il ripiano in legno.

«Scotch, doppio» chiesi.

«Non ti conosco», disse lui, dandomi un'occhiata.

Mi sedetti su uno sgabello. «Sai già tutto quello che devi sapere. Scotch. Doppio» ripetei.

«Te lo sto preparando» mi rassicurò. Ingoiai la pastiglia con lo scotch che mi servì. Detestavo attendere che la vista mi si annebbiasse. Bevvi in fretta, per accelerare l'ebbrezza che purtroppo sarebbe arrivata lentamente.

Evans mi aveva assicurato che Lucas si sarebbe fatto vivo in giornata e io non avevo smesso un attimo di tenere il cellullare a portata, in attesa di una sua chiamata. Non ero sicura che quest'ultimo valesse il prezzo che stavo già iniziando a pagare ma avevo bisogno che rimanesse tutto intero.

Ordinai un altro scotch e ingoiai il secondo Vicodin. Iniziai a vedere doppio. Il barista fece scivolare una coppa di noccioline di fronte a me e tutto ad un tratto mi venne una fame da lupi. Ne divorai una manciata e poi alzai gli occhi e vidi che mi stava guardando. «Non ho pranzato» fece. «Se vuoi, ordino un paio di sandwich qui a fianco.»

Scossi la testa. «Sto bene così.»

«Non si direbbe.»

«Sono ubriaca e ho fame. Sai che roba.»

«Senti, mi sono offerto di aiutarti per risolvere il problema fame. Potresti lasciare che te lo offra.»

«Non vengo a letto con te» sbottai.

«Bene.» Prese il telefono e fece l'ordinazione. Quando riagganciò, si versò una birra. 

«Ok, allora sei una specie di angelo custode. Mi farebbe proprio comodo.»

Sorrise. «Che cos'altro posso fare per te? Il tuo conto non lo pago, quindi non esprimerlo nemmeno quel desiderio.» 

«Quanti desideri posso esprimere?»

«Solo uno, pensaci bene.»

«Beh, non è facile.» Mi persi a scrutare l'espressione del barista: mi stava ascoltando. «Vorrei poter vedere crescere mio figlio.»

Sotto l'effetto dell'alcol riprovai il piacere di pensare liberamente senza dover fare attenzione alla costrizione della logica.

«Magari lo farai» suggerì.

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora