L'Odissea Dell'Animo [Completa]

Capitolo 32 - Appartenersi

"Difficilmente si incontrano uomini il cui animo, reso acciaio dall'armatura impenetrabile della risolutezza, è pronto a combattere fino in fondo una battaglia perduta."
JOSEPH CONRAD

Morgan

Non ero mai stato con una donna così sensibile e passionale. Era sempre disponibile e generosa quando si trattava di fare l'amore. Ma c'era qualcosa di distaccato in lei, come se la maggior parte delle volte solo il suo corpo partecipasse ai nostri attimi di quotidianità. Era sfuggente e questo, allo stesso tempo, mi attraeva e mi rendeva insicuro. Solo nell'intimità, con la testa reclinata all'indietro, gli occhi chiusi, il respiro affannoso, ero completamente certo che mi appartenesse. 

Mi occupai del suo piacere e del mio fino a quando le forze non vennero meno e mi distesi al suo fianco esausto, ma appagato. Era insaziabile e l'adoravo per questo. Ma non solo. Adoravo ogni singolo attimo passato insieme e averla in giro per casa, con le sue abitudini e il suo disordine. 

Si voltò verso di me e rimirai le sue curve mozzafiato, portandola a sorridere maliziosamente. Mi aveva in pugno e lo sapeva.

Eccome se lo sapeva la mia piccola e arguta Dea.

Non era scappata dopo che le avevo parlato di mia moglie e me ne sorpresi, ma in realtà non avrei dovuto perché Carmen era un enigma affascinante quanto imprevedibile.

La guardavo e per quanto potessi sostenerne la sua appartenenza a me, ero più che convinto che possederla sarebbe stato quasi impossibile. Mi ricordava un animale selvatico, impossibile da addomesticare e impossibile da trattenere se la sua volontà sarebbe stata quella di spiccare il volo per terre lontane.

Era lei ad avere le carte in mano ed era lei a dirigere il gioco, mentre a me non restava altro da fare che seguirla. Il suo animo era così puro da aver curato il mio. C'era una bellezza e un'originalità in lei da lasciare senza fiato ma non sembrava quasi esserne al corrente.

Dopo la perdita di Cathy, avevo ritenuto quasi impossibile ricostruirmi interamente con un'altra donna, eppure erano bastati alcuni mesi con lei per ritornare in vita più forte di prima e non potevo che esserle grato per questo. La paura di perderla mi aveva impedito di affrontare il mio passato, così come il suo o meglio il suo rapporto con Edward, perché semplicemente temevo di conoscere la verità. Lei d'altro canto, aveva avuto paura di conoscere la mia e gliel'avevo letto in faccia.

Non sapevo come interpretarlo. Ma mi piaceva pensare che anche lei, per non perdere quello che stavamo costruendo, avrebbe preferito non sapere quanto avrebbe potuto ferirla. 

La fissai cercando il coraggio dentro di me per affrontare una piccola parte del discorso. Sapevo però, che aprendo bocca, avrei potuto rovinare il momento ma ero intenzionato a correre il rischio. «Chi era quell'uomo, Carmen?»

I suoi occhi azzurri si incastrarono ai miei. «È l'unica cosa a cui riesci a pensare dopo aver fatto l'amore? Non devo aver fatto un buon lavoro allora.»

«Sono serio», dissi, cercando di non apparire imperatorio ma il confronto con quell'uomo alla galleria non mi era piaciuto affatto e le sue allusioni su di lei ancora meno.

Si distese supina con lo sguardo davanti a sé. Ne seguii i lineamenti e le onde perfette della sua chioma bionda. «Non so chi sia, era venuto alla galleria per comprare un quadro.»

«E la sua frase che cosa voleva sottintendere?»

Quella "donna dal passato interessante" continuava a risuonare nella mia testa, infastidendomi.

«Non sei l'unico con un passato travagliato, Morgan» mi prese in contropiede. «Tu mi conosci come la donna in carriera senza problemi e senza paure. Una donna da ammirare e da andare fieri di avere al proprio fianco. Per molti incarno la perfezione e tutto ciò che qualcuno possa desiderare, ma la verità è che mi piace farlo credere.» Sospirò. «Non so se mi sto spiegando bene, ma ci voglio provare e il perché ormai lo sai. Sei diventato importante per me e se dovessi non guardarmi più allo stesso modo non potrei sopportarlo.»