Non c'è base d'unione più comune di una incomprensione reciproca.
H. JamesNove anni prima
Erano passati alcuni giorni e le nostre vite sembravano essere tornate alla normalità. Rick si era prodigato per sistemare la stanza bruciacchiata senza badare a spese. Era come se non fosse mai successo niente e mia madre emanava gioia da tutti i pori per la costante presenza in casa nostra di un uomo di cui, in realtà, sapevo ancora molto poco: quest'ultimo sembrava essersi trasferito nella sua camera a tempo indefinito e per quanto la cosa mi facesse innervosire, la sua presenza portava mia madre a volersi mostrare la donna e madre quale non era mai stata.
Rick era solito accompagnare mia sorella a scuola prima di recarsi al lavoro e alla sera tornava con regali per tutte. Ogni tanto, se era di strada, veniva a prendermi al termine del turno e si divertiva a portarmi a qualche mostra o spettacolo. Alcune sere portava a cena fuori mia madre, lasciandoci la casa tutta per me e la mia sorellastra che ne approfittavamo per recuperare un po' di tempo perduto. E quando facevano ritorno dalle loro uscite, mi chiudevo in camera mia con le cuffie nelle orecchie per non doverli sentire mentre si rotolavano tra le lenzuola.
Ormai era la quotidianità e ogni tanto mi chiedevo, fino a quando questo equilibrio precario sarebbe durato.
Mi svegliai infastidita dai raggi del sole che inondavano la stanza e uscii dalla mia camera ancora assonnata con tutta l'intenzione di scendere in cucina a fare colazione ma una certa conversazione attirò la mia attenzione. Mi avvicinai alla camera di mia madre e sbirciai attraverso la porta socchiusa. Rick si stava vestendo con giacca e cravatta, quasi pronto per andare al lavoro, mentre mia madre lo fissava adirata dal letto. «Perché la devi illudere? Sembro essere l'unica realista qua dentro.»
Mi tesi, sentendomi tirata in causa. Rick sospirò. «È molto brava, Sara, ed è quello che vuole fare.»
«Lo so che è brava. Sono sua madre e proprio per questo so che non può ballare e tu non dovresti incentivarla in questa follia.»
«Non esagerare» la rimproverò.
Mia madre buttò all'aria le coperte, avvicinandosi ai piedi del letto. «Non sto esagerando. Non può farlo perché il suo ginocchio non è più in grado di reggere simili sforzi e nessuno la prenderà, sapendolo. La sua carriera è finita e prima lo accetta e meglio è.» Persi un battito nel sentire la triste verità. «Le si spezzerà il cuore se glielo lasci fare. Non reggerà di nuovo e la colpa sarà tua, io me ne lavo le mani.» Si alzò e s'infilò dentro il bagno. E io scesi le scale prima che qualcuno si accorgesse di me. Arrivata in cucina, mi preparai la colazione. Mi sentivo scombussolata e ferita, non dalle parole di mia madre, ma dal fatto che probabilmente avesse ragione.
Non volevo arrendermi. Non ancora.
Percepii una presenza dietro di me che mi sfiorò. «Tutto bene?» chiese. Annuii sovrappensiero, anche se avrei voluto urlare che in realtà niente andava bene. «Lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa, vero?» insistette.
Lo guardai presa in contropiede dalla sua disponibilità, ma fu solo questione di secondi, poi riacquistai sicurezza. «Sì, lo so. Ora scusami, ma devo andare al lavoro.»
Fuggii desiderosa di uscire da quella casa il prima possibile, sentendomi quasi soffocare per il peso che mi gravava sul petto. Mentre varcavo la porta, lo sentii dire: «Ti passo a prendere al termine del turno.»
***
Lavorai come al solito, cercando di mettere tutta me stessa, ma la realtà che mi era stata sbattuta in faccia mi aveva lasciata spossata.
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L'Odissea Dell'Animo [Completa]
Romance*Contenuti forti e scene esplicite adatte a un pubblico adulto *Storia autoconclusiva *Completa ¦Estratto¦: «Lascia che ti illumini sulla donna da cui al momento ti senti così coinvolto. All'inizio c'è sempre quando la vuoi, romantica, passionale...