Capitolo 117 - Hai firmato la nostra condanna

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La vita è come gli scacchi.
Il Re può muoversi una casella
alla volta, mentre la Regina
fa un po' come le pare.
Anonimo

Quattro anni prima

Rick Evans


«Dove stiamo andando?»

Le spire della nebbia ci avvolgevano, diminuendo la visibilità. «Te l'ho detto. Ce ne andiamo da questo mondo.» Le lasciai il tempo di pensare alla situazione, di rifletterci, e accettarla bene. Poi sarebbe toccato a me spiegarle come la vedevo e quali avrebbero potuto essere le conseguenze.

«Ma come? C'è il rischio di essere sorvegliati. Sono ai ferri corti con la polizia. Non posso lasciare la città» mi ricordò. «Questo vita è una trappola e dovresti saperlo meglio di me.»

«Ma non il cielo» mi lasciai sfuggire. Saldai le mani al volante e attraversai un incrocio, per poi sfrecciare lungo lo via che ci avrebbe portati a destinazione. «Con l'agente come va?» domandai, volendo trovare una scusa per parlare con lei.

«Non ha funzionato. Credo di averlo perso» mi confessò. 

«Ma non hai perso il tuo potere verso di me.» Fui onesto visto che ero lontano dal ruolo che aveva iniziato a starmi stretto. Sentii il suo sguardo su di me ma non mi voltai, lasciandola sulla brace come lei si divertiva a fare con me.

«Che diavolo ti sta prendendo? Sinceramente preferisco l'Evans gelido e spietato», sbottò.

«Voglio solo essere sicuro di fidarmi di te», le dissi, con noncuranza.

«E io vorrei sapere se questo, per me, è un viaggio di sola andata.»

Fischiai. «Caspita. Non hai per niente una buona considerazione di me.»

«Beh, scusa. Se non ti concedo facilmente la mia di fiducia» rispose.

«Dopo tutto quello che abbiamo passato, credevo che almeno» mi interruppi. «Pensi che io abbia tradito la tua fiducia? Beh, la verità è che anche tu hai tradito la mia. So di essermi comportato in modo deplorevole in passato ma... tu mi hai cambiato. E quando quell'auto mi ha colpito, ho rischiato di morire. Sarei dovuto morire. Ma finalmente avevo qualcosa per cui vivere.» Cercai i suoi cristalli azzurri e la loro freddezza mi disarmò. Non mi lasciai scoraggiare. «Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso. E tu, mia cara, sai essere tutto questo.»

«Oh, mio caro.» Rise di me. «Devi averla sbattuta davvero forte la testa. Sei bravo, ma non sei tu.»

«Ma certo che sono io.»

«Ci credi persino tu.» La sua voce si tinse di sadico stupore. «Vuoi farmi credere di provare qualcosa?»

«Non voglio farti credere niente, è così. Non me l'aspettavo ed è successo anche a te o non saremmo qui. Perché sei venuta con me? Che significa?»

«Avevo davvero scelta?» mi rinfacciò. «Non posso andarmene, non posso restare. Perciò eccomi qui.»

«Avanti, puoi fare di meglio.» L'occhiata che le gettai sperai che servisse a farle ammettere il vero. Volevo vederci chiaro. Volevo capirla, ma ormai era un'impresa piuttosto ardua. Le mura di Gerico che aveva innalzato erano diventate troppo alte persino per il sottoscritto, anche se non avrei mai smesso di riuscire a comprendere il suo animo e che cosa lo alimentava.

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora