Capito 63 - Non È Più Un Segreto

179 17 21
                                    

"Qualsiasi persona intelligente che legga un contratto, e poi lo sottoscriva, ne merita tutte le conseguenze."
Isadora Duncan

Sei anni prima

Ballare non mi era mai costato fatica. Era la mia vita e il mio sogno. Ma ora ballare davanti a dei completi estranei non mi dava più la soddisfazione di un tempo. Mi faceva sentire vuota. Senz'anima. Senza la mia anima creativa. Senza più il mio io interiore. I miei complessi, però, erano sconosciuti a chiunque si stesse godendo lo spettacolo.

Scesi dal palco e raccolsi le mance. Alcune mi furono lanciate addosso e mi rifiutai di raccoglierle. Sgusciai via verso la salvezza: il bar.

Avevo bisogno di bere qualcos'altro per affrontare la serata.

Mentre mi servivano quanto chiesto, feci vagare lo sguardo attorno. La mia attenzione fu attirata da una persona in particolare. Ridussi gli occhi in due fessure. Era il federale. Qui. Al locale. L'aggancio di Luna. Un sudore freddo mi colse. Controllai attorno, ma di Evans nessuna traccia.

Eravamo ai ferri corti. Mi evitava e m'impartiva ordini attraverso i suoi scagnozzi. 

L'agente era in compagnia di una bella donna bionda. Era qui in borghese, in veste non ufficiale. Alla ricerca di risposte e forse di me. Provai a non farmi prendere dal panico. Trangugiai il drink. Ne chiesi un altro. Qualcuno mi si affiancò e mi tesi. «Possiamo parlare?» Inspirai a fondo irritata dalla sua invadenza. Gettai un'occhiata alle telecamere e lui seguì il mio sguardo. «Privatamente.»

«Sono Fiore.» Gli sorrisi falsamente. «Le va di offrimi da bere prima?» Un angolo delle sue labbra si sollevò verso l'alto per assecondare la recita. Chiamò il barista, facendosi servire due drink. «Posso farle uno spettacolo privato a patto che non sia uno sbirro» civettai solo per dare l'impressione di intrattenermi con un cliente qualsiasi.

«Faccio quest'impressione?»

«Sì, un pochino.» Presi il mio bicchiere e lo invitai a seguirmi in uno dei privé. Lo fece. Gli uomini della sicurezza ci lasciarono passare tranquillamente. Ci chiudemmo all'interno e indicai i divanetti perché si sedesse. Non se lo fece ripetere. Iniziai a danzare. Mi aggrappai al palo in mezzo alla stanza.

«Non c'è bisogno. Non devi...»

«Non devo? È sicuro?» lo stuzzicai. Il mio sarcasmo non gli piacque. «C'è una telecamera in fondo alla stanza. Dica quello che deve dire e facciamo in fretta.»

«Ti ho appena beccata a prostituirti, lo sai vero?» sbottò, credendo di spaventarmi.

«Sì? Sa, mi sembra che non abbiamo ancora fatto niente» lo derisi. «Pensa di potermi arrestare?»

«Sì.»

«Non può fare niente» ribattei.

«Ah no?»

«No», dissi, sicura di me.

«Vieni qui. Siediti.» 

Indicò il posto al suo fianco e, dopo un attimo di esitazione, lo accontentai. «Devo chiamare un avvocato, agente

«Pensi che schioccando le dita un avvocato apparirà in questo privé?»

«Il locale ne è pieno. Ne conosco anche di parecchio bravi se per questo.»

Mi avvicinai a lui ma contrattaccò. «Non credo che a casa tua saranno felici di sapere che ti prostituisci.» Mi drizzai come scottata. «Sara Fox è tua madre, no?»

«Non so che cosa crede di sapere su di me. Ma mia madre si prostituiva nella camera affianco alla mia. Non mi venga a parlare di morale.»

«Non è però l'unica che deve restarne all'oscuro, vero?»

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora