Cap. 120 - Laddove la verità è impossibile occorre approfittare delle menzogne

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Questo è ciò che significa l'amore vero. Lasciare che una persona sia ciò che è realmente. La maggior parte delle persone ti ama per quello che fingi di essere, esibirsi. Puoi amare la tua finzione. È vero, siamo chiusi in un'immagine, un atto, e la cosa triste è che le persone si abituano così tanto alla loro immagine, si affezionano alle loro maschere. Amano le loro catene. Dimenticano tutto di chi sono realmente. E se provi a ricordarglielo, ti odiano per questo, sentono come se tu stessi cercando di rubare il loro bene più prezioso. 
Jim morrison

Edward 

Lasciammo l'ospedale due giorni dopo. Carmen insistette per andare al suo appartamento e io non me la sentii di contraddirla. Varcammo la porta, trovandola manomessa, e l'occhio mi cadde subito sul putiferio creato. Avanzò tra le mura di casa sua riordinando tra una smorfia e l'altra. Non esitai a dire: «Lascia stare, faccio io.»

Mi ascoltò e andò in cucina a riempirsi un bicchiere d'acqua. Mi sembrò così piccola e stanca da farmi tenerezza, mentre china su sé stessa contemplava il bicchiere come se sul fondo potessero esserci tutte le risposte che stava cercando da una vita.

Si liberò del bicchiere e si avviò fuori dalla stanza. Mi sporsi dal corridoio per vederla rintanarsi in bagno. Poi mi guardai attorno e l'occhio mi cadde dietro il divano piazzato in mezzo alla sala. Sulle macchie di sangue che coloravano il parquet. La pelle mi si accapponò. Mi imposi di reagire, non ero qui per farmi prendere dal panico.

La raggiunsi e sulla porta la guardai togliersi i vestiti e lasciarli cadere sul pavimento con una lentezza sofferta. Si analizzò davanti allo specchio ferita dopo ferita, strappandosi via i cerotti e le garze come ci si liberava di cose vecchie. Provò a occuparsi delle lesioni sulla schiena ma lo sforzo che fece mi costrinse a intervenire. Mi avvicinai e finalmente mi dedicò attenzione, fingendo che non fossi stato tutto il tempo a osservarla in silenzio. Cercai di essere il più delicato possibile. Le accarezzai la pelle con le dita e il calore che si irradiò al suo contatto mi arrivò dritto al cuore. Sentii il suo sguardo bruciarmi addosso, attraverso lo specchio, ma non ci badai. Tutto intento a studiare con analitica preoccupazione le ferite che le erano state inferte. I segni stampati su di lei che non facevano altro che ricordarmi che cosa avessi rischiato.

«Dovresti andare da Massimo, c'è rimasto male quando ci ha visti andare via senza di lui», disse, tutto a un tratto.

«Non ho intenzione di lasciarti da sola.»

«Edward...»

«Non lo farò di nuovo, Carmen.» Si voltò e mi resi conto di essere stato troppo brusco. «Scusami.» Sorrise cupa e da lei trapelava una tensione che non era dovuta solo alla preoccupazione per quel bambino. Non che la biasimai per questo. C'erano stati fin troppi orrori in questi giorni. «Lo chiameremo prima che tua madre lo metta a letto e domani mattina andremo da lui.» Se ne rimase in silenzio, poi mi diede di nuovo le spalle. Abbassò il capo e si perse nei suoi pensieri a cui non voleva che avessi accesso. «Non vuoi più parlarmi?»

Alzò gli occhi e attraverso lo specchio vidi un guizzo luminoso attraversarli. Alla fine, però, non abboccò. «Ha bisogno di te.»

«Anche tu» ribattei. «Sono qui per te.»

«Non voglio che tu stia qui.»

«Se tornerà...»

«Non tornerà. Non lo farà» sussurrò.

«Ti ho lasciata sola per poco più di mezz'ora e ti stava quasi per mandare al creatore.» E tutto perché sua madre era arrivata prima del previsto. «Poi ha chiamato me e io...»

Si girò per guardarmi dritto in faccia. «Che ti ha detto?»

«Stupidaggini che solo un folle poteva dire.» Le accarezzai il volto. I lividi che le circondavano il viso e i tagli mi fecero sprofondare nelle mie paure. «Credevo» fu come se una diga si rompesse dentro di me, lasciando sgorgare tutti i sentimenti che aveva cercato di soffocare, dal dolore, al terrore, all'amore. Mi inondarono, riempiendomi gli occhi di lacrime e irrigidendomi i muscoli. L'attirai a me con delicatezza. «Dio, Carmen» sussurrai, la bocca tra i suoi capelli. «Dio.» Non c'era altro da dire, la paura vissuta mi si era annidata sottopelle. La sua vicinanza e il poterla stringere mi diedero la forza di farmi coraggio. «Se ti avessi persa» non finii la frase che rimase sospesa tra noi, una promessa e una supplica. Lei alzò il volto per guardarmi e quasi sussultai, il cuore mi finì in gola. Restava solo il desiderio; un desiderio così intenso che il mio corpo pareva volersi fondere con il suo. Tutto quello che volevo, pensai con disperazione, era un'altra notte con lei. Tutti le notti a venire, a dire il vero. Prima che fosse troppo tardi. Per un istante vacillai spaventato da me stesso, quasi come dal terrore che percorreva l'oscurità, poi cedetti. Avvicinai il mio viso al suo. 

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora