Capitolo 1 - L'Estraneo

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Quando mancano i savi bisogna arrangiarsi coi pazzi.
Proverbio

Miranda

Uscii dal locale e mi misi in strada. L'aria fredda mi sferzò il viso e mi strinsi nel cappotto di due taglie più grandi. Mi sollevai il cappuccio sul capo, prima di incamminarmi lungo la tetra via. C'era solo silenzio attorno a me e qualche ubriaco barcollante che tentava di reggersi in piedi in uno dei quartieri più malfamati e poveri della città.

Avevo trovato un lavoro notturno per portare a casa qualche soldo in più visto che quello che guadagnavo come cameriera al pub della cittadina non era sufficiente a pagare l'affitto. Purtroppo, mia madre non era mai stata in grado di tenersi un lavoro per più giorni e, vivendo sole, avevo dovuto trovare il modo di mantenerci in qualche modo. Non conoscevo mio padre e probabilmente non avrei nemmeno voluto, non a questo punto. L'unica mia preoccupazione era di provvedere alla mia piccola sorellastra e a mia madre: erano le catene che mi legavano indissolubilmente a questo posto e che forse mi ero scelta.

Stavo quasi per svoltare l'angolo, quando sentii un uomo urlare qualcosa d'incomprensibile. Feci l'errore di voltarmi e mi accorsi che erano in due e che stavano sghignazzando tra loro. M'irrigidii e il mio battito accelerò. Affrettai il passo.

«Dai, tesoro, ti abbiamo vista uscire dal locale» urlarono.

Gettai una rapida occhiata attorno e mi accorsi di un uomo fermo a fumarsi una sigaretta, contro il cofano della sua auto, e proseguii per paura di peggiorare ancora di più la mia situazione. Incrociai il suo sguardo solo per un secondo, ma bastò per percepire una strana sensazione addosso. Lo distolsi in fretta e girai nel vicolo che mi avrebbe condotta sulla strada principale e poi verso casa mia. 

«Piccola, non ti vogliamo fare niente di male», dissero, e dei brividi mi ricoprirono la pelle dal terrore, quando mi accorsi di uno dei due pararmisi davanti in fondo alla via. Fermai così la mia avanzata e mi guardai alle spalle, trovando l'altro viscido avvicinarsi. Il mio respiro aumentò e mi sentii in trappola sotto i loro sguardi predatori. «Non lasciarla scappare, amico.»

Mi guardai attorno alla ricerca disperata di una via di fuga, sentendo il panico salire. Ma non ce n'erano. Infilai così la mano in tasca e tirai fuori il coltellino che da tempo mi portavo dietro per difendermi.

Uno dei due rise divertito, costringendo l'altro a fare altrettanto. «Ha tirato fuori le unghie la ragazzina.»

Una ragazzina che non avrebbe esitato a piantarglielo in corpo se solo avesse osato avvicinarsi.

La paura tendeva ad accendere la parte peggiore di me ma non avevo molte alternative per provare a essere migliore, non avevo mai avuto nessuno al mondo. Avevo dovuto sempre arrangiarmi da sola. L'unico problema era che erano in due e per quanto avessi potuto lottare alla fine mi avrebbero sovrastata e prevedevo, vedendo i loro sguardi, che non sarebbe stato per niente piacevole.

«È la bionda che ti avevo indicato... Non l'avevo riconosciuta con questi orrendi vestiti» parlò al suo amico che sghignazzò in risposta, ma non mi voltai di certo per guardarlo visto che i miei occhi erano tutti per il verme che mi stava di fronte. Indietreggiai per avere un'angolazione che mi permettesse di vederli entrambi e loro avanzarono in risposta, accerchiandomi. «Ok, ora basta giocare. Se farai la brava, sarà veloce.»

Vedendo il sorriso sinistro che gli comparve sulle labbra, strinsi tra le dita con più forza la mia piccola arma. Piccola, ma tagliente. Un po' come la sottoscritta. Erano fatti ed ubriachi, quindi probabilmente più lenti nei riflessi ma non così tanto come mi aspettavo; infatti, quando il primo mi venne addosso, scattai ferendolo a un braccio e sgusciai, sfuggendo alla sua presa prima di finire prigioniera dell'altro uomo che, dopo avermi afferrata per la felpa, mi trascinò contro di lui tenendomi stretta per i capelli. Mi prese il braccio in cui impugnavo il coltello, storcendomelo e portandomi così a lasciare la presa. Digrignai i denti e, immobilizzata dalla sua presa ferrea, guardai l'altro avvicinarsi. La sua espressione mi terrorizzò, soprattutto quando ghignò vittorioso. Mi colpì al volto ma non emisi un fiato mentre mi piegavo su me stessa. L'uomo alle mie spalle mollò la presa su di me, spintonandomi, e mi ritrovai così a terra. Qualcuno mi colpì all'addome, stordendomi e persi un attimo contatto con la realtà poi, come se il tempo stesse andando a rallentatore, sentii qualcuno urlare nel vicolo qualcosa che mi giunse ovattato. Sputai un grumo misto sangue e saliva prima di guardare i miei aggressori darsela a gambe lungo la via. Alzai lo sguardo sull'uomo al mio fianco che mi stava tendendo la mano in un tacito invito ad aggrapparmici. Lo fissai per diversi attimi e lo riconobbi come l'uomo che prima era perso nei suoi pensieri. Non avevo badato al suo aspetto e in questo momento potei soffermarmici. Era un uomo sulla trentina, castano e dalla mole imponente, ma esitai ancora quando mi soffermai sulle sue iridi che non avevano smesso un attimo di scrutarmi con attenzione, come per assicurarsi che stessi bene. Ci guardammo dritto in faccia, prima che mi alzassi in piedi con alcune difficoltà e senza servirmi del suo aiuto. L'uomo ritirò la mano e la posizionò lungo il fianco prima di stringerla in un pugno e distenderla subito dopo come offeso dal mio rifiuto.

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora