Capitolo 14 - La Realtà Supera La Fantasia

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Ci sono ferite che non guariscono, quelle, che a ogni pretesto ricominciano a sanguinare.
Oriana Fallaci

Nove anni prima

Ero distesa e annoiata sul divano a casa mia. Guardai mia madre aggirarsi per la casa, mentre parlava con una delle sue amiche al cellulare e non riuscii a capire se la mia emicrania fosse dovuta per la notte pessima che avevo avuto, o per il fatto di essere costretta a sorbirmi i suoi discorsi. «È fantastico, Barbara», disse. «No, no, non siamo ancora a quei livelli. Ci stiamo solo divertendo.» Stese il bucato. «Sono tutti uguali e lo sai bene, servono solo a una cosa e devo ammettere che in quello è parecchio bravo.» 

Rise e mi alzai disgustata. Andai in camera mia per provare a esercitarmi per il provino e, passando davanti alla stanza della mia sorellastra, aprii la porta per guardarla dormire. Le rincalzai la coperta che aveva cacciato in fondo ai piedi e le lasciai una veloce carezza sulla nuca, per poi uscire chiudendomi la porta dietro di me.

Mi allenai senza badare al tempo che scorreva e quando scesi, era già ora di pranzo. Trovai mia madre in cucina a preparare da mangiare e me ne stupii. Mi sedetti, restando in silenzio. Il suo telefono squillò, ma lei lo ignorò. «Rick?» 

«È da un po' che non lo vedo.» Alzò le spalle. Il telefono squillò di nuovo e lo chiuse.

«Chi è?» chiesi. 

S'irrigidì. «Nessuno.» Mi porse il piatto di pasta che aveva preparato e uscì dalla stanza, per poi salire verso la sua camera. 

Quando la sentii chiudere la porta, mi alzai e fissai le scale in attesa di sentirla scendere nuovamente, ma non lo fece, e non appena il cellulare prese a suonare mi ci avvicinai. Numero sconosciuto. Lo sollevai e non so perché lo feci, ma risposi senza sapere che farlo mi avrebbe cambiato la vita. «Pronto?»

«Sara?» 

Non riconobbi la voce dall'altra parte della linea. «No, sono sua figlia. Chi parla?» 

«Sei Carmen? La primogenita?» 

«Sì, sono io.» Gettai un'occhiata su per le scale, ma ancora non c'era traccia di mia madre. L'uomo sospirò sollevato, mentre io ero sempre più confusa.

«Ho bisogno di vederti. Vieni a trovarmi a questo indirizzo ma non dire niente a tua madre, perché t'impedirebbe di venire.» 

«Chi sei?»

«Sono tuo padre, Carmen», disse. «Vieni da me e ti spiegherò tutto.» 

Chiusi la chiamata sotto shock. Riposai il telefono nella stessa posizione prima di tornare a sedermi sulla mia sedia con la mente e il cuore in subbuglio. Sentii mia madre scendere e passarmi a fianco senza emettere un fiato, per poi riempirsi un piatto e sedersi di fronte a me. Alzai gli occhi su di lei con rabbia, ma lei non incrociò il mio sguardo. Notai che aveva pianto.

Mio padre. Lei era in contatto con mio padre e non mi aveva mai detto niente, anzi mi aveva anche impedito di avere rapporti con lui! Era una scelta che non spettava a lei, eppure l'aveva presa al mio posto. Mio padre voleva vedermi e per tutto questo tempo era stato a poca distanza dalla sottoscritta senza che ne sapessi nulla. Mi trovai in guerra con me stessa. Non sapevo se fosse giusto parlargliene. Se fosse giusto andare all'appuntamento. Ma per quanto sentissi dentro di me che non lo dovessi fare, ci sarei andata perché era pur sempre l'uomo che mi aveva messa al mondo.

Quando ebbi finito di pranzare, uscii e mi incamminai verso l'indirizzo indicatomi. Guardai il telefono per potermi orientare e dopo una buona mezz'ora di passeggiata raggiunsi la sua abitazione. Fissai incredula la villa che mi apparve davanti e varcai il cancello d'entrata, per poi avviarmi verso il portone. Suonai e venne ad aprirmi una giovane donna tutta in tiro. «Tu devi essere Carmen.» 

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora