Capitolo 123 - Prendi più mosche con il miele che con l'aceto

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Ciò che comincia con una bugia, finisce con un inganno.

Quattro anni prima

Agente Porter


«Non ha accettato, vero?», le chiesi.

«Oh cavolo, no. È troppo vigliacco. È il suo segreto oscuro. Per questo annienta chiunque possa rivelarsi una minaccia, perché ne ha terrore. E adesso ha terrore di me.» Carmen giunse con forza le mani. Era chiaramente euforica.

Come potevo dirle che il suo momento di trionfo, la sua vendetta finale, fosse una bugia?

Si girò verso di me. «Eravamo solo noi, come avevi previsto. Mi sono seduta di fronte a lui. Ho detto a Evans: La tua vita è nelle mie mani, bastardo. Posso distruggerti schioccando le dita

«Cos'ha risposto?»

«Oh, il solito. Mi ha dato della pazza. Ma è stato lo sguardo nei suoi occhi... aveva paura di me. Ha iniziato a strisciare, a supplicarmi.» La sua risata amara risuonò nell'abitacolo. «Sai cosa gli ho detto?»

Voleva chiaramente una risposta. Dovetti deglutire prima di chiedere: «Cosa?» 

«Mi sono piazzata davanti alla sua faccia, l'ho guardato dritto in quegli occhi da imbroglione e gli ho detto: «Ho vinto.» Batté il pugno sul cruscotto, provocandomi un sorriso. «Vaffanculo, Evans. Ho vinto.»

Arrivammo al rifugio che lei non aveva ancora smesso di crogiolarsi nella sua vittoria. Vederla sorridente e speranzosa mi ricordò che fosse solo una ragazza. Ne stavo vedendo sfumature che di solito celava e il pensiero mi portò a rifletterci su. 

Forse avevamo sbagliato con lei.

Gettai un'occhiata dietro di me e individuai il paio di uomini assoldati mettersi in posizione. Mi tranquillizzai e la seguii all'interno della piccola abitazione.

«Hai intenzione di restare?» Carmen mi lanciò un'occhiata, seccata.

«Starò qui a intrattenerti un po'.»

«Non hai una vita a cui tornare?»

«No.»

«Non mi stupisce.» Mi diede le spalle, sorrisi e poi risi.

Sapeva essere pessima e provocatoria come poche.

Mi liberai dello zaino che avevo con me. «C'è dei documenti da firmare e pratiche da sbrigare.»

«Che ne dici di dare a quel tuo grande cervello una piccola pausa prima di ricominciare?» propose. «Dobbiamo festeggiare. Ce lo meritiamo dopo oggi.»

«Sono in servizio», dissi, e mi stupii di doverlo precisare.

«Non lo saprà nessuno, alleato

Sorrisi, o quasi, e dovetti distogliere lo sguardo. Mi sedetti al tavolo che aveva già assistito a parecchie confessioni e presi a sbrigare delle pratiche non badando a lei o alle sue folle idee. E stavo per appuntarle al quaderno che avevo con me, quando una bottiglia di scotch mi comparve davanti.

Mi chiesi dove l'avesse trovata.

Alzai gli occhi su di lei che mi guardò con una maliziosità contagiosa. Si riempì due bicchieri senza insistere, uno però lo lasciò sul tavolo, per poi indietreggiare intenzionata a sprofondare tra i cuscini del divano.

Guardai i fogli, poi lei. L'idea che assecondarla mi avrebbe regalato un vantaggio mi passò per la mente. Non ero nuovo del mestiere: fingersi accondiscendenti con gli informatori erano le fondamenta. Farseli amici portava solo guadagni e allora decisi di approfittare della situazione che aveva costruito lei stessa.

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora