Capitolo 103- Ci sono corde nel cuore umano che sarebbe meglio non fare vibrare

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"Poiché tutta nelle tenebre la vita si travaglia."
Tito Lucrezio Caro

Sei anni prima

Ripresi conoscenza. Deglutii e mi sembrò di avere la gola scorticata. Dietro le palpebre socchiuse intravidi il cupo grigiore che illuminava la stanza. Dunque, era giorno. Gli occhi si aprirono prima che avessi il tempo di domandarmi se fosse una buona idea e mi resi conto così di essere ancora sdraiata sul freddo pavimento: mia madre mi aveva lasciata nella stessa identica posizione in cui ero crollata. Non me ne stupii. Mi alzai a sedere sentendo mille lame trafiggermi la schiena. Gemetti dolorante, mi piegai su me stessa e abbassai lo sguardo sulle mie vesti, il sangue che vi si era rappreso fu un pugno allo stomaco. La realtà mi piombò addosso.

Un altro era morto. Un nemico, un amico. Non ne avevo idea. La linea tra l'uno e l'altro era così sottile che era fin troppo facile sorpassarla.

Feci vagare il mio sguardo nella stanza e mi accorsi non esserci nessuno. Di mio figlio non vi era traccia. Rimasi seduta per un minuto intero, ancora incredula da quanto avevo fatto.

Venire era stato un errore. E lo era stato perché la verità era più dolorosa del previsto: qui ormai avevano una vita di cui io non facevo più parte.

Le tende erano ben tirate, ma dall'esterno arrivavano i soliti rumori che animavo il quartiere.

Tutto era come lo avevo lasciato, solo io ero cambiata. E non in meglio.

Cercai il coraggio di alzarmi e affrontare la discussione che mi attendeva e lo trovai quando gli occhi mi caddero su un vecchio carillon. Ricordai subito i miei sogni di bambina. E poi, come attratta da una forza maggiore, mi sollevai su due gambe alquanto traballanti e mi diressi verso la scrivania, lo presi tra le mani e lo aprii. La ballerina all'interno iniziò a danzare su poche e stonate note. Si bloccò e lo ricaricai, fermandomi a fissare con sguardo perso il regalo che mi era stato fatto anni addietro. E tristemente riconobbi che fosse stato davvero il regalo perfetto per me.

Una ragazza intrappolata in una scatola. Danzava solo quando qualcuno glielo permetteva. Si apriva la scatola e tutti la amavano fino a quando non si la rinchiudeva e la solitudine l'avvolgeva senza lasciarle via di scampo.

La ballerina continuò a girare su sé stessa senza poter fare altrimenti.

Ogni giorno venivano strisciando nell'ombra a rubarsi un pezzo di me finché non ne sarebbe rimasto niente, mentre io stupidamente continuavo a ballare al ritmo che decidevano per me.

Richiusi il cofanetto in un gesto secco e la musica si interruppe, mi avviai verso l'armadio e mi sfilai il vestito. Lo gettai in un angolo e indossai una mia vecchia tuta, mi era un po' stretta ma ero dimagrita di parecchio.

Scesi le scale. Raggiunsi la sala e mi fermai contro lo stipite della porta per osservare mia madre e mio figlio abbracciati sul divano a guardare la televisione. La gelosia e le colpe insorsero, poi alla luce del giorno mi persi a rimirarne i lineamenti e fu un pugno allo stomaco. Era lui in miniatura. Un minuscolo, dolce Edward. Bruno, con gli occhi chiari e brillanti.

Inspirai a fondo per cercare di mantenere il controllo. Evitando di corrergli incontro per stringerlo tra braccia più calme e consapevoli della notte passata. Per dimostrare a me stessa che si era trattato solo di un errore.

Doveva sapere chi ero. Non doveva avere paura di me.

Quando mia madre percepì la mia presenza, mi diresse un gelido sguardo. Si alzò prendendo in braccio Massimo, che le si aggrappò curioso, e si avviò verso di me. Per un attimo mi illusi, ci sperai. Ma alla fine mi passò a fianco, concedendomi solo un fugace occhiata al bambino che teneva tra le braccia. Il suo profumo mi invase e i suoi occhi vispi mi fissarono, riscaldando il muscolo che avevo nel petto. Poi lo fece scendere dalle sue braccia e lui si diresse subito verso i suoi giochi.

L'Odissea Dell'Animo [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora