L'Odissea Dell'Animo [Completa]

capitolo 88 - Una scelta obbligata

Quando tu giuri che sei sua,
Con brividi e sospiri
E lui giura che la sua passione è
Infinita, immortale -
Signora, segnatelo:
Uno di voi mente.
Dorothy Parker

Sei anni prima

Mi lasciai cadere tra le lenzuola e abbracciai il cuscino. Un fastidioso tremore mi colse e cercai di nasconderlo, stringendo le braccia a me. «Ma tu...» Lucas allungò una mano verso la mia intimità, lo fermai. Il freddo mi avvolse e temevo di sgretolarmi da un momento all'altro.

«Non importa, Lucas.» La mia voce mi uscì flebile. «Tienimi la mano.» 

Mi abbracciò e non esitò a stringerla, intrecciando le mie dita alle sue. Chiusi gli occhi e provai ad aggrapparmici per non precipitare in un buco nero. 

Non volevo ammetterlo o darlo a vedere, ma forse ero più traumatizzata del previsto. Sotto ogni punto di vista. La paura, l'ansia, il panico mi coglievano nei momenti meno opportuni e all'improvviso, come un temporale da cui non sarei riuscita a proteggermi. Percepivo solo un immenso vuoto; non mi avevano lasciato niente, solo un involucro con cui avrei dovuto imparare a giostrarmi nella vita di tutti i giorni.

«E' come se non avessi più un'anima» mi aprii, sorprendendo anche me stessa.

Era la prima volta che lo facevo e sarebbe stata anche l'ultima ma, per guarire da questo male, avevo bisogno di parlarne con qualcuno e per adesso Lucas era il nemico minore.

«L'anima... un modo elegante di chiamare il nostro sé», disse. «E' il tuo sé che devi ricostruire: quello che ti fa sentire parte di una vita, di qualcosa, con dolori, gioie, ambizioni, condivise e condivisibili. Ciò che in altre parole ti rende possibile vivere.» Mi strinse più vicino. «Il problema, Miranda, è che quello che ti è successo ti ha fatto perdere la comune capacità di sentire. Non sai più ridere di ciò che tutti ridono, non gioisci di ciò che tutti gioiscono, non riuscirai nemmeno più a soffrire per una qualunque ragione per la quale tutti soffrono. Quella che tu chiami anima ti ha fatto questo. Per proteggersi e per proteggere te. Ti ha anestetizzata, ha alzato una barriera di difesa da tutto ciò che ti circonda e ti circonderà da adesso in avanti» mi sussurrò. «L'ho capito quando ho posato gli occhi su di te.»

«Sono vergognosamente un libro aperto per chiunque» ammisi, tristemente.

«No, tutto il contrario. Ma la gente che ti circonda ha le tue stesse paure, ha traumi alle spalle, un passato che vorrebbe dimenticare, compromessi che non avrebbe voluto accettare e forse anche il desiderio di una vita diversa. In parte condividiamo un dolore simile quanto contorto e, forse, è solo qui che potrai trovare un po' di comprensione» si premurò di avvertirmi. «Al di fuori di questa realtà saremmo sempre come reietti se fai l'errore di mostrargli chi sei davvero. Qui almeno sei libera, nessuno ti condannerà mai, però c'è sempre un prezzo. Un prezzo che qualcuno è costretto a pagare più caro di altri.» Provai a sentirmi in qualche modo al sicuro tra le sue braccia senza riuscirci. Me la sarei dovuta cavare da sola, avrei dovuto trovare la forza di uscirne come sempre. «Mi dispiace per quello che è successo. Forse non saprò mai i dettagli, ma mi dispiace. Sei libera di credermi o meno.» 

Mi sfiorò l'incavo del collo col suo fiato, prese ad accarezzarmi la spalla, la pelle, tentando di tranquillizzarmi. Le sue dita scivolarono sulla mia pelle ma non le percepivo, era come se il mio corpo non mi appartenesse più.

Stavo precipitando sempre più a fondo e nessuno mi avrebbe teso la mano.

«Perché non c'è niente da sapere. Non è mai avvenuto niente e così rimarrà. Evans ha avuto il posto che meritava e a me è stato ricordato quale fosse il mio. Niente è cambiato e niente cambierà», dissi quanto l'intero universo doveva capire, perché non avevo alcuna intenzione di dire ad alta voce quanto avevo subito per mano di colui che avrebbe dovuto proteggermi.