Capitolo 2

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Jenny
<Mamma sto bene, le lezioni ed il lavoro vanno alla grande>, parlo a raffica e sono esasperata.
Sono queste le cose che le interessano, ma sono sicura che chiamasse per poi parlare con le sue amiche di me. Sono come una specie di trofeo da sfoggiare. Come se quasi fossi del tutto sua.
<Va bene tesoro, a domani>.
Le sue telefonate si concludevano sempre così; non si faceva sentire per giorni e poi sbucava così dal nulla e mi riempiva di domande. Chiede anche di Carla a volte.

<Jenny posso entrare?>.
<Si>.
Carla entra con un'aria del tutto strana.
<Cos'è successo?>, chiedo quasi spaventata.
<Nulla di che, penso che non andrò al concerto>, si sdraia sul letto e guarda il soffitto.
<Cosa? Ma se poco fa eri stra felice di andare>.
<Si ma se tu non vieni, con chi ci vado?>. Dalla disperazione si sta per strappare quasi i capelli.
Siamo qui da un mese ma non avevamo conosciuto altre persone. I ragazzi dei nostri corsi sono tutti strani. A causa dei nostri lavori usciamo poco e questo non va a nostro favore. Siamo sempre state dell'idea che avere tanti amici solo per fare numero era inutile e senza senso.
<Ti ho promesso che appena finisco ti raggiungo>, la consolo.
<Era questo quello che volevo sentirmi dire>, balza contenta.
<Ti voglio bene Jenny>.
<Anche io ruffiana>, dico lanciandole un cuscino.

La settimana passò velocemente, tra compiti e università le cose iniziavano a farsi dure. Erano anche iniziati i primi esami e Carla era andata fuori di testa. Prima di ogni esame studia giorno e notte, è ansiosa anche se è molto brava.
Venerdì arrivò senza che ce ne accorgessimo e andare al lavoro era l'unica cosa che mi faceva togliere qualche piccolo pensiero.

<A che ora pensi di finite?>, chiede Carla mentre si prepara per andare al concerto.
<Non saprei, penso il solito orario>.
Sto cercando di piastrare i capelli biondi in modo perfetto. Non voglio sembrare una ragazza uscita dalle caverne.
<Allora poi raggiungimi, me l'hai promesso>.
<Tu più che altro non presentarti con nessun ragazzo>, la derido.
<Farò del mio meglio>.
Il Moon non è molto lontano da casa ma preferisco sempre andare in macchina per non tornare a piedi dopo. New York è sempre molto movimentata ma non si sa mai chi si può incontrare per strada. Meglio essere prudenti.

Sono le nove e il locale è già pienissimo.
I ragazzi si rifugiano sempre qui a fine settimana, sembra quasi una specie di abitudine per loro.
<Ciao Jenny>.
<Ciao Max>.
Lui è il figlio del proprietario. Ha quasi trent'anni ed ormai lo gestisce lui il locale. La prima volta che mi sono presentata qui mi disse che quel posto non era adatto ad una come me, ma gli ho detto di darmi una possibilità e da lì non mi ha più lasciata.
<Come va l'università?>, chiede lavando qualche bicchiere.
<Davvero vuoi saperlo?>.
<Solo una domanda di cortesia>, ride lui.
<Quanto sei idiota?>.
Ride di gusto e si dirige dietro il locale per prendere altre birre e altre bevande.
La serata passò velocemente, tra canzoni, birre, vodka e qualche mio piccolo balletto da dietro il bancone. Mi facevo prendere dalla musica e andava così.

02:30.
Il locale era ancora pieno, tra mezz'ora avrei finito il mio turno e sarei andata da Carla. Chissà cosa stava combinando.
Conoscendola combinerà qualche casino.
<Una birra>, ordina un ragazzo.
<Subito>.
<Grazie>.
Sono queste le uniche parole della serata, sembro quasi un robot.

Eccone un altro...

<Ciao, cosa ti porto?>, chiedo mentre do una pulita al bancone.
Alzo la testa e lui mi guarda senza dire nulla.
<Non ho ancora deciso>, dice lui.
Non l'ho mai visto qui.
Di solito ho una buona memoria visiva e lui non era nel mio sistema.
Gli occhi di un verde/grigio mi guardano senza emozione. Freddi.
<Allora mentre tu scegli io servo altri>.
Dieci minuti dopo se ne sta ancora lì e a volte si passa frustato le mani nei capelli come se dovesse prendere qualche decisione importante.

Ad Un Passo Dal CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora