Capitolo 9

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Jenny
Venerdì sera.
Carla è appena uscita con Rob; è passata a prenderla e credo che l'avrebbe portata a mangiare qualcosa, niente di troppo elegante però. A Carla non piacciono quei posti e penso che lo stesso sia per Rob.
Io sono appena arrivata al Moon e la gente che c'è fuori fa già pensare che la serata sarà molto lunga.
Vado subito al bancone, dove Max sta preparando alcuni cocktail.
<Brutta giornata?>, mi chiede vendendomi.
<Solo una brutta settimana>, preciso io.
<Su col morale>, mi dà una piccola spinta con il braccio.
Va subito dopo in magazzino e poi a servire quei cocktail.
La serata trascorre troppo lentamente.
I ragazzi all'una sono già ubriachi persi e non voglio nemmeno pensare a come torneranno a casa.
<Un analcolico>.
Mi volto di scatto.
Anche qui??
<Possibile che ti incontro dappertutto?>, chiedo disperata.
<Mi stai seguendo>, dice lui serio.
<Secondo quale logica?>, chiedo ridendo.
<La mia>.
<Beh fattelo dire, hai un bel modo di ragionare>, dissi ironica.
<Grazie>, risponde lui fiero di sé.
<Ciao bellezza>, dice un ragazzo palesemente ubriaco.
<Una birra e il tuo numero, grazie>, biascica.
<Ecco la birra e il mio numero te lo sogni>, dico sorridendo falsamente e dandogli la birra.
<Ti ci vorrebbe una bella scopata per far passare tutta quella rabbia>, afferma Owen non appena il ragazzo se ne va.
<Non sono arrabbiata, tu mi fai arrabbiare>, dico guardandolo.
<Me lo porti o no questo analcolico? All'amarena>, specifica lui.
Quindi gli è piaciuto. Se glielo dicessi non lo ammetterebbe mai.
Dopo averglielo dato guardai l'ora, perfetto il mio turno è finito.
Mi tolgo il grembiule e lo poggio sul bancone.
<Te ne vai?>, chiede Owen.
<Si, addio>, dico agitando la mano.
Arrivo subito a casa, mi cambio e mi metto a letto.
Carla mi ha detto che avrebbe fatto tardi ma la cosa non mi preoccupa. È con Rob.
Suona il campanello.
Guardo l'orario sul telefono e vedo che sono le due.
Ma chi diavolo è?
Scosto le coperte e controvoglia vado alla porta.
Dallo spioncino vedo che è Owen.

<Che vuoi?>, chiedo aprendo la porta.
<Bel pigiama principessina>, dice lui guardandomi dall'alto in basso.
Il mio pigiama consiste in un pantaloncino e un top che lascia scoperta la pancia.
Cavolo.
Potevo coprirmi.
<Che vuoi?>, chiedo ancora ignorando la sua frase.
<Mi servirebbe quella pomata miracolosa>, dice guardando da tutte le parti tranne che me.
Ha messo da parte l'orgoglio ed è venuto a chiedermi aiuto.
<Deve farti davvero male se sei venuto fino a qui>, dico ridendo.
Siamo ancora alla porta.
<Vuoi darmela o no?>, chiede infastidito.
<No>, rispondo decisa guardandolo negli occhi.
Sono davvero belli, quando mi guarda è come se potesse vedermi attraverso. Come se riuscisse a capirmi. A volte a mensa ci ritroviamo a guardarci per minuti e poi litighiamo subito dopo.
Sembra quasi la quiete prima della tempesta.
<Il pronto soccorso lavora 24 ore al giorno, servizio no stop>, dice lui ironico.
<Non mi pare che tu sia in un pronto soccorso>, dico io.
<Tu sei un'infermiera no?>, chiede mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni.
<No, studio ancora>.
<Ma non puoi lasciare un paziente privo di vita senza fare niente, non è contro la vostra etica?>, chiese ancora. Si è appoggiato sotto l'asse della porta, con un piede dentro casa.
<Non mi pare che tu sia in fin di vita, hai solo un polso slogato>, dico seria.
<Lo terrò presente quando ti servirà qualche referenza per il lavoro, ciao Jenny>, dice lui staccandosi dalla porta e andando verso la moto.
<Torna indietro idiota, ti aiuto solo perché mi hai chiamata per nome>.
Lui si volta.
<Era una tattica>, dice venendo verso di me.
<Accomodati pure, torno subito>, aggiungo chiudendo la porta alle nostre spalle e andando in bagno.
Lo trovo seduto al tavolo.
Il giubbotto di pelle è sul tavolo e lui guarda in basso.
<Eccomi>, dissi raggiungendolo.
Come l'altra volta si gira con la schiena al tavolo in modo da poter lavorare meglio.
Tolgo piano piano la benda e il polso non è messo bene. È tutto arrossato e un po' gonfio, penso che l'abbia forzato molto.
<Avresti dovuto tenerlo a riposo invece che forzarlo>, dico muovendolo piano piano.
<Cazzo>, grugnisce lui facendo una smorfia e aggrappandosi con l'altra mano al pantaloncino del mio pigiama.
Sussulto.
Lui toglie subito la mano e fa finta di niente.
Respira Jenny.
<Jenny mi stai facendo male>, dice lui mentre io continuo a muoverlo piano piano.
Purtroppo dovevo fare così.
<Lo so, scusa ma devo fare così>, rispondo io dispiaciuta.
Piano piano la sua smorfia inizia a rilassarsi, segno che le articolazioni si stanno sgonfiando.
Adesso posso mettere la pomata.
Sento il suo sguardo addosso come se fosse fuoco e io quando mi sento osservata vado subito in agitazione.
<Perché mi guardi così?>, chiedo spalmando bene la pomata.
<Così come?>, chiede lui continuando a guardami.
<Non lo so..così>, dico poco decisa.
<Sai spiegarti molto bene devo dire>, risponde sorridendo.
<Vuoi sapere cosa ho notato?>, chiede lui.
<Si>, rispondo.
<Bel segno sulla guancia, sembra uno schiaffo o qualcosa di simile>, dice lui.
Mi fermo.
<Lo è>, sussurro.
<Ok, fatto. La fascia non te la metto così puoi muoverlo piano piano>.
Voglio cambiare discorso.
Lui rimane seduto come se non volesse andarsene.
<È stato Jay?>, chiede.
<No, cosa te lo fa pensare?>, chiedo lavandomi le mani.
<Il fatto che passate tanto tempo insieme>, risponde poggiandosi al tavolo.
<Non è come pensi tu, non stiamo insieme>. Meglio mettere le cose in chiaro.
<Non siete fidanzati quindi>, dice pensieroso.
<Non iniziare a fare quelle tue solite battute>, metto in chiaro io.
<Lo faccio solo per farti arrabbiare>, ammette lui.
<Quindi lo fai apposta? Sei più idiota di quanto pensassi>.
<Mi mancava una tua offesa stasera>, si alza dal tavolo e si mette il giubbotto.
<È stata mia mamma>, dico dopo aver aperto la porta di casa.
Lui esce fuori, si gira e mi guarda.
Ci guardiamo.
<L'hai fatta arrabbiare?>, chiede lui.
<No..cioè si ma anche io sono arrabbiata con lei>.
Non so perché ne sto parlando con lui ma ho la necessità di parlarne con qualcuno che non sia Carla.
<Cosa hai fatto da spingerla a darti uno schiaffo?>, chiede lui avvicinandosi.
<Niente di che>, risposi guardando la sua moto.
<Conoscendoti non credo che sia niente>, dice lui.
<Non mi conosci>.
<Qualunque cosa tu abbia detto non penso che si aggiusti tutto con uno schiaffo>.
<Appunto, è tutto rovinato>, ammetto.
<Per questo passi tanto tempo con Jay? C'entra qualcosa il fatto che tua mamma stia con suo padre?>, chiede lui.
<Si questa cosa andava avanti da un anno e noi lo abbiamo scoperto adesso. I miei ovviamente divorziano e mia mamma va ad abitare col padre di Jay>.
Dico quelle parole con un tono triste e deluso.
Delusa da una persona che non pensavo potesse agire così alle mie spalle.
Come ho fatto a non rendermi conto di quello che stava accadendo?
<Hai fatto bene ad incazzarti, un anno di menzogne. Ti sei sentita presa in giro>.
Mi ha capita perfettamente.
Sono le stesse parole che mi disse Carla quella notte.
<Non pensavo fossi così profondo>, lo prendo in giro.
<Non mi conosci>, alza le spalle.
<Penso che nessuno ti conosca veramente, a parte Robert ovviamente>, dico guardandolo.
<Cosa te lo fa pensare?>, chiede ricambiando lo sguardo. È così che va sempre.
Ci guardiamo senza sorrisi di circostanza.
<Non sembri un tipo loquace>, rispondo.
<Infatti non lo sono>, conferma.
<Allora cosa hai detto a tua mamma? Devo saperlo>, continua lui.
<Beh, le ho detto cosa avrebbero pensato le sue amiche se avessero saputo che andava a letto con un altro uomo che non fosse mio padre e che la faceva venire sulla scrivania di un ufficio>.
<Avrei voluto esserci>, ride lui.
<Non prendermi in giro faccia da cazzo>, lo rimprovero.
<Hai fatto bene Jenny, io avrei fatto di peggio>.
Si stacca dalla porta e va verso la moto.
<Metti la pomata Owen>, dico prima che se ne andasse.
<E tu metti un po' di ghiaccio sulla guancia>.
Sfreccia via.

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