Capitolo 14

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Jenny
<Quindi ragazzi, preparatevi bene per gli esami. Vogliamo vedervi pronti e sicuri>.
Bene, la lezione è finalmente finita.
Come sempre i prof ci ricordano che l'università non è uno scherzo o un gioco, ma è un impegno che abbiamo deciso di prendere e come tale dobbiamo prenderlo sul serio.
Dalla prossima settimana non avremo più lezioni, e avremo due settimane per prepararci ai tanto attesi esami. Sono leggermente in ansia, penso sempre di non farcela; bisogna solo impegnarsi il più possibile e i risultati si ottengono sempre. Il mio motto: mai mollare.
Esco dall'aula e vedo gente che parla animatamente vicino la biblioteca.
Vado verso di essa, dove mi devo incontrare con Carla e da quel gruppetto sento nominare Owen e Rob.
I due ragazzi del mistero.
Non so come facciano loro a sopportare i continui bisbigli alle loro spalle, e non capisco nemmeno perché questi quattro stupidi debbano per forza sparlare di loro, come se fossero chissà quale celebrità. Lasciateli in pace.

<Ciao Carla>, la saluto sedendomi.
<Ciao amica mia>, sorride lei tornando subito a scrivere non so cosa.
<Rob non ti fa compagnia?>, chiedo io.
Lei scuote la testa.
<Come mai? Di solito non vi staccate nemmeno per andare al bagno>, la prendo in giro.
<Ah ah ah, molto simpatica>, risponde ironica lei.
<In realtà non è qui oggi, e nemmeno Owen. Dovevano fare delle cose>, risponde lei.
Capito.
Riguarda il loro piccolo segreto.
<Ecco perché si parla di loro oggi>, rifletto io.
<Si, ma per il motivo sbagliato>, risponde lei bevendo un po' d'acqua.
<Cioè?>.
<Nel senso che non sanno il vero motivo, o se lo sanno è sbagliato lo stesso>.
Si, ho capito alla perfezione.
Molto esplicita lei eh.

Ore: 12:30
Gli occhi mi fanno male a furia di tenerli sul libro.
Guardo Carla che si è praticamente addormentata su uno di essi. La scuoto leggermente e lei ritorna nel mondo dei vivi.
<Non stavo dormendo>, si giustifica lei.
<No, stavi solo osservando da vicino quelle colonne vero?>, chiedo ridendo.
<Sono stanca Jenny, torniamo a casa>, dice lei sbadigliando.
<Oggi vai a lavorare?>, mi chiede lei mentre mette i libri nello zaino.
<No, Max ristruttura il locale>, dico uscendo dalla biblioteca.
<Menomale, allora puoi prepararmi quella torta con la panna stasera>, dice lei.
E giuro che posso sentire già il suo stomaco brontolare.
<Vedremo>, rispondo vaga.
<Allora è un si? Invito anche Rob>, dice subito prendendo il telefono.
Praticamente fa tutto da sola.

"Esci in cortile. Solito posto"
Owen.
Strano che mi abbia scritto. Pensavo che non fosse qui.

<Rob è qui fuori>, esclama lei correndo in cortile.
È matta.
Completamente matta.
Io cammino con tutta calma, tanto non penso che Owen sia così tanto in attesa di vedermi. Può aspettare qualche minuto.
Da lontano vedo Rob e Carla che si scambiano saliva, come sempre, e il lupo solitario seduto con in mano una sigaretta. Appena rientro nel suo campo visivo, butta la sigaretta e poi scendendo dal muretto la spegne con il piede.
<Quando ti ho scritto non pensavo di aspettare dieci minuti>, inizia lui.
<Ciao anche a te>, rispondo evitando le sue parole.
<Ti ha scritto?>, chiede Carla incredula e con uno strano sorriso sul volto.
<Ok, ferma lì. Non pensare tra te e te>, la avverto.
<Che sta dicendo la matta?>, mi chiede Owen.
<Sta zitto burbero>, gli fa la linguaccia lei.
<Noi andiamo a prendere un gelato, venite?>, chiede Rob.
<Si, ho fame>, dico subito andando verso la mia macchina.
<No, non veniamo>, risponde Owen dal nulla.
Mi volto.
Lui mi guarda.
<Si che vado>, dico decisa.
<Rob, voi andate. Vi raggiungiamo tra poco noi>, continua lui.
<Ti devo chiedere un favore>, dice Owen grattandosi la fronte.
<Ti serve il mio aiuto>, dico io sorridendo in modo ironico.
Lui mi guarda e poi sbuffa.
<Sei l'ultima persona a cui vorrei chiedere aiuto>, dice lui.
<Beh allora vai a chiederlo a qualcun altro no?>, dico andando verso la mia macchina.
Apro la portiera e lui la richiude veloce.
<Se chiedo a te è perché nessuno mi può aiutare non credi?>, chiede nervoso.
Alzo gli occhi al cielo.
<Sono tutta orecchi>, dico guardandolo.
<Mi servirebbe una torta>, inizia lui.
<Vai a comprarla>, dico ridendo e riaprendo la portiera.
Lui la richiude.
<No, a questa persona piacciono solo quelle fatte in casa>, risponde lui.
<Devi fare colpo su una ragazza?>, chiedo curiosa.
Scuote la testa.
<Per quando ti serve?>, chiedo.
<Per domani mattina>.
<Ci penso su>, dico rimanendo sul vago.
<Alla frutta>, precisa lui.
<Mi devi due giri sulla moto>, dico aprendo di nuovo la portiera.
<Hai la mia parola>, dice lui.
<Devo scriverci qualcosa sulla torta?>, chiedo.
Non sia mai che poi non gli piacesse e avessi fatto il lavoro per niente.
<Si, solo b..>, viene interrotto.
<Pensavo che ti avessero rimesso dentro>.
Un ragazzo con i capelli blu scuro e i piercing su naso e lingua si ferma a pochi passi da noi.
<Pensavi male>, risponde Owen guardandolo come se volesse farlo sparire.
<Beh, eri in caserma vero? Con Rob>, continua il ragazzo.
<Farti i cazzi tuoi ti sembra troppo complicato?>, chiede Owen andandogli troppo vicino.
Cazzo.
Chiudo la portiera per l'ennesima volta e vado verso di loro.
In questo modo la mia auto avrà i giorni contati.
<I cazzi tuoi se li fanno tutti>, continua il ragazzo facendo schioccare la lingua sul palato.
<Senti coglione, ti conviene sparire e chiudere quella bocca>, risponde Owen.
<Ok basta adesso>, mi intrometto prendendo Owen per un braccio.
Il ragazzo mi guarda e sorride come se chissà quali pensieri gli fossero passati per la testa.
<Un tempo non ti facevi difendere dalle ragazze>, continua lui.
Owen strattona il mio braccio e si avvicina ancora di più a quel ragazzo.
<Non mi serve nessuno per difendermi, penso che tu lo sappia bene no?>, chiede Owen.
<Hai avuto solo fortuna>, ribatte il ragazzo.
<La fortuna non è mai stata mia amica>.
Detto questo Owen si volta e va verso la moto.
Mi guarda come se io avessi fatto qualcosa di male, come se quello che è successo fosse tutta colpa mia.
<Owen aspetta>, dico mentre gli corro incontro.
<Chiariamo questa cosa che non ti devi mettere in mezzo alle mie cose>, dice lui mettendo il casco.
<Non mi sono messa in mezzo a niente, volevo solo evitare che tu facessi cazzate>, dico agitando le mani.
<Non faccio cazzate, so quando fermarmi>, dice lui come se la colpa fosse mia.
Nemmeno mi guarda.
<Certo, come quando stavi per picchiare Cole. Ma sai che c'è? Vai al diavolo Owen>, dico andandomene.
Metto in moto l'auto e quando esco dal cortile, lui è ancora lì sulla moto.
Torno a casa e mi butto sul letto.
E adesso gliela devo fare questa cavolo di torta o no?
E dire che ieri le cose andavano bene, più o meno. Più meno che più, ma almeno non c'eravamo mandati a quel paese.
Vado in cucina e preparo questa benedetta torta: se la vorrà bene altrimenti la mangeremo io e Carla.
Dopo due ore la torta è in frigo a riposare.
Non sapendo cosa scriverci sopra l'ho ricoperta di frutta, per renderla ancora più colorata e bella da vedere.
Il pomeriggio lo passo a studiare e a ricopiare metà appunti.

<Sono a casa amichetta>.
Carla entra in casa come se fosse appena stata al parco giochi.
<Come mai così felice?>, chiedo ridendo.
<Merito di Rob>, dice lei aprendo il frigo.
<Hai fatto una torta? Ne prendo un pezzo>, esclama con gli occhi a cuoricino.
<Non ti azzardare, non è per noi>, la blocco prima che tiri fuori il vassoio dal frigo.
<E per chi allora?>, chiede lei prendendo un pezzo del mio toast.
<Per quello stronzo di Owen>, dico.
<Tempesta nell'aria?>.
<L'ho mandato a quel paese. Praticamente stava discutendo con un ragazzo e gli ho detto di fermarsi e andarcene e lui mi ha accusato di mettermi in mezzo>, le spiego.
<No, ma ci rendiamo conto? Non sta bene questo ragazzo>, concludo con un mio parere personale.
<Per chi è la torta?>, chiede.
<Ti pare che me lo diceva? Ma secondo me per una ragazza>, dico dubbiosa.
<No, Rob mi ha detto che non gli piace nessuno>, dice lei alzando le spalle.
<Ma è per qualcuno sicuro>.

La serata passa tra chiacchiere, film, pop corn e gelato.
La mia serata preferita.

La sveglia suona.
È sabato.
L'ho impostata alle dieci.
Vado in cucina e Carla sta già facendo colazione.
Apro il frigo e mi ricordo di Owen.
Sbuffo.
<Se non decidi cosa fartene di quella torta me la mangio io, ti avviso>, dice lei.
<Che devo fare?>, chiedo un suo consiglio.
<Fai una cosa, scrivigli un messaggio e se ti risponde gli dici della torta>, dice lei.
Prendo il telefono e vado nella sua chat.

"Ciao"

Gli scrivo solo questo.

<Oppure posso chiedere a Rob se mi dà l'indirizzo di casa loro, così gliela porti direttamente senza perdere tempo>. Le si è accesa la lampadina.
<Abitano insieme no?>, chiedo.
<No, abitano praticamente porta a porta. In un palazzo ma non so la via>, mi spiega lei.

Vado in bagno a fare una doccia.
Metto un pantaloncino e un top, con ovviamente le scarpe da ginnastica.
Speriamo almeno di trovarlo in casa e di non finire per dargli la torta in faccia.

Metto sul telefono la via di casa sua.
Non è molto lontana.
Solo dieci minuti.
Arrivo di fronte ad un enorme palazzo in vetro.
Wow.
Sembra molto costoso a vederlo da fuori.
Il portone è aperto.
Carla mi ha detto che lui abita al quinto piano, appartamento 10, quindi prendo l'ascensore.
È una delle cose che detesto in assoluto, ho sempre la tremenda paura che possa fermarsi da un momento all'altro.
Quando la porta si apre riprendo a respirare normalmente.
Con la torta in mano e l'ansia che cresce leggo i vari numeri sulle porte.
10, eccolo qui.
Già so che si incazzerà perché sono venuta qui.
Suono il campanello e aspetto.
Da dentro non si sente niente, avvicino l'orecchio alla porta ma non si sente nessun rumore.
Aspetto cinque minuti lì ferma ma nulla.
Controllo il telefono ma come pensavo non si è degnato di rispondere. Non ho nemmeno fatto caso se la sua moto fosse nel parcheggio o meno.
Risuono di nuovo, magari sta ancora dormendo.
La porta si apre.
Una donna identica ad Owen mi si para davanti.
Stessi occhi e capelli.
<Ciao>, mi saluta lei con un sorriso.

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