Capitolo 17

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Jenny
Le cinque arrivano presto.
Arrivo al pontile con l'umore a pezzi, non ho proprio voglia di parlare con Cole ma è la cosa giusta da fare adesso.
Scendo dalla macchina e lo vedo seduto su un muretto.

<Ciao>, lo saluto avvicinandomi.
<Ciao Jenny>, ricambia lui guardandomi mentre mi siedo.
<Pensavo che non avresti mai accettato di venire>, prende parola lui.
<Mi ha consigliato Carla di venire e penso che sia arrivato il momento di chiudere questa cosa una volta per tutte>, rispondo calma.
<Lo penso anche io>, afferma lui.
<Volevo dirti che mi dispiace, davvero>, continua lui.
<È un po' tardi per le scuse e i dispiaceri>, dico guardandolo.
Lui guarda fisso davanti a sé.
<Qualcuno mi ha detto che non è mai troppo tardi per le scuse>. Si riferisce a me.
Questa frase gliel'ho detta quando volevo a tutti i costi far funzionare le cose.
<Quel qualcuno si sbagliava>, gli rispondo.
<Cos'è che tra noi non è andato secondo te?>, mi chiede poi.
<Davvero me lo stai chiedendo? Le cose mi sembravano abbastanza chiare>.
<Si, te lo sto chiedendo sul serio Jenny>, dice voltandosi a guardarmi.
<Tante cose. Io per prima. Non ero quella giusta, non andavo bene>, dico.
<Ma se sei stata l'unica che mi capiva, l'unica a cui ho parlato di me, l'unica che ho cercato tante volte>, mi spiega lui.
<Appunto perché ti capivo che non facevo per te. Sai, ogni volta che te ne andavi io volevo solo vederti tornare, volevo sentirti dire che ti mancavo e che mi pensavi. E stranamente era così>.
<Quelle cose le dicevo perché erano vere e non per farti rimanere Jenny>, continua lui.
<Con le parole sei stato sempre bravo ma nei fatti non raggiungevi la sufficienza. Ogni volta che te ne andavi io mi allontanavo di un passo da te>, inizio.
<Te ne andavi, e io ti scrivevo. Tu non mi rispondevi mai, mi ignoravi. Ecco come mi sentivo, ignorata. Ti supplicavo di rispondermi e tu..tu niente>.
Guardo il mare come se potesse darmi la forza di continuare quella conversazione.
<Non volevo darti questa impressione>, si giustifica lui.
<C'erano troppe cose su cui sono passata sopra e c'erano troppe cose di me che non andavano. Sai come ci si sente quando il ragazzo che ti piace ti dice che dovresti essere come le altre ragazze, quando ti dice che le altre avrebbero fatto o detto altro al mio posto?>, chiedo mantenendo sempre un tono calmo.
<Penso che faccia schifo>, risponde.
<Abbastanza Cole. Quello che facevo o dicevo per te non era mai abbastanza. Ho sempre dovuto dimostrarti di essere abbastanza altrimenti non so, pensavo che te ne saresti andato prima o poi>, sorrido al ricordo.
<Mi dispiace..>, ripete lui.
<Poi mi hai detto che avevi fatto sesso con un'altra, e questo non potevo sopportarlo. Come avrei potuto quando mi dicevi che ti piacevo io?>, inizio.
<Ti ricordi cosa mi dicevi sempre?> chiedo a lui.
<Si, volevo che tu mi scegliessi tra tanti>, risponde lui.
<Esatto. E credimi se ti dico che ti avrei scelto sempre tra tanti, avevo accettato anche i tuoi mille difetti. Ma la differenza stava proprio in questo: io ti avrei scelto, ma tu no. Se fosse arrivata una ragazza migliore di me, saresti andato da lei>, rispondo.
Il rumore del mare riusciva in qualche modo a calmarmi e in questo momento è quello di cui ho bisogno.
<Ho sbagliato tanto con te, lo ammetto e sono stato un vero coglione. Volevo lottare di più per noi>.
<Avresti fatto male. Non lo volevi davvero. Te lo dice una che ci ha provato davvero a far andare le cose bene. Non sarebbe servito a niente; semplicemente non siamo mai stati fatti per stare insieme>, gli spiego. E tutta la rabbia che avevo accumulato in tutti quei mesi con lui è completamente svanita.
Scendo dal muretto pronta ad andare via.
<Mi vedo con una ragazza, si chiama Maggie. Mi piace, non rifarò gli stessi errori fatti con te>, mi spiega.
<Sono felice per te, davvero Cole>, gli sorrido.
Lui ricambia.
<E tu? Ti senti con quel ragazzo?>, chiede lui.
<Quale?>, chiedo non capendo a chi si riferisce.
<Quello che stava per picchiarmi quella sera>, mi spiega lui.
<No, non riusciamo nemmeno a salutarci che subito ci azzuffiamo>, rido.
<Ho visto come ti difendeva quella sera>, continua lui.
<Ha solo molta rabbia repressa che cerca di scaricare su chiunque>, lo correggo io.
<Se lo dici tu Jenny>.
<Adesso è meglio che vada, ciao Cole>, gli dico.
Scende dal muretto e viene ad abbracciarmi.
<Ciao Jenny>.
Scioglie l'abbraccio e lo vedo andare verso la sua macchina.
È stata una delle chiacchierate più stimolanti della mia vita.
A volte parlare con qualcuno e non tenersi le cose dentro fa bene, anche se quel qualcuno ci ha fatto del male.
Ho appena chiuso un capitolo della mia vita. Sono rilassata, tranquilla.
Spero davvero che con questa ragazza gli vada bene. Oggi ho capito che quando due persone dicono di volersi ma poi non sia trova mai un punto di incontro, è meglio chiudere. Come due pezzi di uno stesso puzzle che non si incastrano. Ed io e Cole siamo stati proprio questo: due pezzi incompatibili.
Salgo in macchina e mi dirigo verso casa.
Oddio.
Ci mancava solo lui adesso. Owen.
La sua moto è parcheggiata fuori casa.
Adesso che siamo ai ferri corti non posso nemmeno farmi i due giri, che palle!!
Metto la chiave nella serratura e la porta si apre.
Lui.
Ci guardiamo.
<Ciao>, sussurra lui.
Mantengo lo sguardo ma non ricambio il saluto.
Cerco di oltrepassarlo ma me lo impedisce.
<Sono venuto per te>, continua lui.
Adesso che lo guardo meglio noto come è vestito.
Giacca e cravatta?!
Sta andando a sposarsi per caso? Solo al pensiero mi viene da ridere.
<Mi vuoi parlare o no?>, chiede lui.
Continuo col silenzio.
Evito anche di guardarlo.
<Non me ne vado di qui finché non mi dici una parola>, continua lui.
Sposto il mio sguardo dalla finestra che dà sul piccolo vialetto a lui.
<Parola>, dico.
Voleva una parola? Eccola qui la sua amata parola.
<Mi prendi per il culo?>, chiede lui.
Con la mano lo spingo ed entro dentro.
Non fa nessuna opposizione e la cosa mi destabilizza, di solito è un ragazzo orgoglioso e poco accomodante.
<Allora com'è andata? Che ti ha detto? Il solito stronzo come sempre o ha sfoderato "sono bello e ci so fare con le ragazze"?>. Carla sbuca dalla cucina e le sue domande a raffica mi investono.
Sarà una lunga sera.
Vado in cucina a prendermi un bicchiere d'acqua e noto Rob vestito come Owen..cavolo, il tribunale.
Ecco perché sono vestiti così.
<Mi vuoi far crepare di curiosità?>, continua Carla venendomi dietro.
<Bene>, rispondo sedendomi.
Owen arriva in cucina e si siede comodo come se l'argomento gli interessasse.
<Solo "bene"? Hai parlato con uno stronzo colossale e sai dire solo bene?>, continua ancora.
Quasi quasi dovevo rimanere al pontile.
<Abbiamo parlato e chiarito>, spiego brevemente.
Gli occhi di Owen mi bruciano addosso.
<Invece che parlare con me con chi hai parlato di così importante?>, chiede la faccia da cazzo.
Lo guardo e lo ignoro.
<Lo stronzo che avrei dovuto prendere a pugni quella sera oppure Jay?>, chiede arrogante.
Continuo ad ignorarlo.
<E così che tu vuoi risolvere le cose?>, gli chiede Carla.
<Non pensavo che le parole di Cole fossero vere>, continua lui rivolgendosi a me.
Si riferisce a quando mi ha dato della poco di buono.
Non può dire sul serio.
Lo guardo e lui non ride, né sorride.
<Cosa ti ha detto?>, mi chiede Rob.
<Niente>, rispondo continuando a tenere lo sguardo sullo stronzo.
<Niente? Ti ha dato della puttana se ricordo bene>, risponde lui.
<Jenny..perché non me l'hai detto?>, mi chiede Carla.
<Ci ha pensato lui>, rispondo prima di alzarmi e andare in camera.
<Allora con chi dei due?>, insiste ancora lui.
Adesso basta.
Sono stanca di lui e del suo carattere.
<Owen perché non pensi ai tuoi di problemi invece che ai miei? Come te lo devo dire che non voglio avere a che fare con te? Come tu non mi vuoi nella tua di vita, io non ti voglio nella mia>, dico andandogli vicino.
<Con Cole>, dice lui.
<Hai parlato con Cole>, continua.
<Non mi sembra che siano affari tuoi con chi parlo o meno, vero?>, domando io.
<Tieni, ero venuto per questo>, dice dandomi le chiavi della moto.
<Credi che un giro sulla tua moto metterà a posto le cose?>, chiedo ironica.
<No, mantengo solo la parola>, dice lui.
Guardo Carla e Rob da dietro Owen che annuiscono all'unisono. Ok, fanno leggermente paura quei due.
Torno a guardare Owen che sta ancora lì con le chiavi in mano.
Le prendo e vado fuori.
Raggiungo la sua moto e penso che tra poco farò la cosa più bella della mia vita, o almeno una delle più belle.
<Aspetta principessina>, urla Owen raggiungendomi.
Salgo sulla moto e metto il casco.
Cavolo, che adrenalina e ancora non ho messo in moto.
<Portamela senza un graffio>, mi avvisa.
<Questo non te lo posso promettere>.
Metto in moto e parto via.
È una sensazione stupenda quella del vento che quasi oltrepassa il corpo. Vedere le cose muoversi attorno molto velocemente e l'adrenalina nel corpo.
Una sensazione assurda.
Però questo non metterà le cose apposto, poco fa mi ha dato della poco di buono.
Torno a casa e lo trovo fuori, seduto sullo scalino di casa.
Si alza e mi viene incontro.
<Tutto bene?>, mi chiede.
Annuisco soltanto.
<Jenny aspetta cazzo>.
Mi giro e lo guardo.
<Cosa vuoi? Offendermi ancora? Darmi della puttana?>, chiedo.
<Non volevo prima, ho sbagliato e ti chiedo scusa. Ma solo per quello>, mette in chiaro lui.
Certo.
Si scusa per questo ma non per l'episodio della torta: quello lo voleva davvero.
<Non mi servono le tue scuse false>, gli rispondo andando verso la porta di casa.
<Jenny..>, mi richiama lui.
<Ero venuto per chiarire>, continua lui.
<A quanto pare non ti è riuscito bene>.
<In tribunale oggi..>, inizia lui.
<Non voglio saperlo Owen>, lo interrompo io.
<Oggi siamo tornati liberi, completamente>, mi informa lui.
<Sono contenta per Rob>, rispondo io.
<E per me? Ti faccio così schifo adesso?>, mi chiede lui arrabbiandosi.
<Perché non mi dici cosa ti ha dato tanto fastidio quel giorno invece che stare lì muta come se le persone potessero entrarti in testa?>, continua avvicinandosi.
<Cosa mi ha dato fastidio? Mi hai fatta sentire come un problema, come qualcosa in più che non andava bene. Ed io le persone che mi fanno sentire in meno di quello che sono le taglio fuori dalla mia vita>, gli spiego.
<Nessuno ti ha detto di venire a casa mia>.
<Se tu avessi risposto a quel messaggio a quest'ora magari non eravamo a questo punto>, dico.
<E per me? Non sei contenta per me?>, chiede ancora cambiando discorso.
Senza rispondere torno dentro casa.
Prendo il telefono e gli invio un messaggio.

"Sono contenta".

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