Capitolo 31

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Owen
Quando arriviamo dalle ragazze guardo Jenny aggiustare la sua valigia in macchina.
<Vuoi una mano principessina?>, chiedo scendendo dalla macchina.
<No, ce la faccio>, risponde lei chiudendo il cofano.
La solita testarda.
<Dai, partiamo o facciamo tardi>, ci intima Carla salendo in macchina di Rob.
Non voglio stare in macchina con loro due e vederli scambiarsi saliva ogni due per tre.
<Guidi tu o io?>, chiedo a Jenny.
<Come scusa?>, chiede lei alzando un sopracciglio.
<Pure sorda adesso>, brontolo io prendendola in giro.
<Non vieni con me in macchina, vai con gli altri>, risponde lei indicando la macchina dietro di lei.
<E guardare loro che lo farebbero anche in macchina? Potrei restare troppo traumatizzato>, faccio il finto offeso.
<Oh poverino, sei molto delicato tu>, mi prende in giro lei mettendosi sul sedile del guidatore.
<Sei cattiva lo sai?>, dico io entrando in macchina.
<La cintura>, mi ordina lei.
Santa cintura benedetta.
Alzo gli occhi al cielo e molto lentamente la metto.
Mette in moto e segue Rob.
La osservo.
Tiene una mano sul volante e un'altra sul cambio anche se la sua macchina è automatica.
La osservo quando si sposta una ciocca dietro l'orecchio e la osservo anche quando sbuffa perché non le piace una canzone che passa in radio.
<Quanto è lontano?>, chiede lei non lasciando gli occhi dalla strada per nessun motivo.
<Circa dieci ore>, spiego io accendendo una sigaretta.
<Così lontano?>, chiede lei agitandosi.
<Perché ti agiti?>, chiedo.
<Non ho mai guidato così tanto>, spiega lei cambiando di nuovo canzone.
<Quando sei stanca ti do il cambio se vuoi>.
Lei annuisce soltanto.
<Come sta tua mamma?>, chiede lei di punto in bianco.
<Bene>, rispondo semplicemente.
Con mia mamma ho sempre avuto un buon rapporto. Anche quando in casa le cose non andavano bene, lei non mi ha mai fatto sentire un peso. Non mi ha mai fatto sentire sbagliato.
Ha sempre cercato di non farmi vedere che soffriva e stava male, ma io lo vedevo.
La sentivo piangere in piena notte e non le usciva un fiato quando quella specie di padre le metteva le mani addosso.
Anche quando sono andato in riformatorio, veniva a trovarmi sempre, ogni giorno, e rimaneva fino all'ultimo secondo a disposizione.
Lì la vita non è facile.
Per fortuna avevo con me Rob, mi ha tenuto lontano dai guai lì dentro.
Non mi ha fatto fare cazzate, anche quando la rabbia era tanta.

Dopo due ore e mezzo di viaggio ci fermiamo per fare benzina.
Scendo dalla macchina e vado a prendere qualcosa da mangiare e bere, mentre Jenny va al bagno seguita da Carla.
<Non ti fa guidare eh?>, mi chiede Rob mentre fa benzina.
<Cocciuta com'è no>, sorrido io.
<Owen cerca di goderti questi giorni e non pensare alle cose che abbiamo lasciato a New York>, dice lui salendo in macchina quando vede tornare le ragazze.
La questione di mio papà ancora non è conclusa. I poliziotti mi stanno dietro come cani da segugio.
Spero solo che quell'uomo si rimangi il mio nome, oppure dovrò tornare in tribunale. A volte penso che dovevo colpirlo più forte, mentre a volte penso che avrei dovuto solo denunciarlo e far fare tutto alla giustizia. Ma in certi momenti non si ha la lucidità necessaria per pensare.
Entro in macchina con qualche sacchetto e delle bibite.
Jenny si rimette alla guida molto silenziosa.
<Vuoi qualcosa?>, chiedo io indicando il sacchetto sulle mie gambe.
<No, grazie>, risponde lei.
<Sicura?>, chiedo continuando a mangiare.
<Non posso togliere gli occhi dalla strada Owen>, replica lei.
È troppo tesa e troppo concentrata.
<Prendi qualche patatina almeno>, insisto io.
<Owen no>, replica lei quasi indispettita.
Evito di insistere o finiremo per litigare su qualche cazzata e non mi va sinceramente.
Sono le 13:28.
Ancora manca qualche ora per arrivare e Jenny è stanca.
Lo noto da come sbadiglia e dal fatto che stringa il volante troppo forte.
Dobbiamo fare cambio, non sia mai che facessimo anche un incidente.
Invio un messaggio a Rob.

"Fermati il prima possibile".

"Sono Carla, perché cos'è successo?".
Risponde lui poco dopo.
O meglio "lei".

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