Alec girò in tondo in cerca di una luce bianca come quella che li aveva guidati fino a quei vicoli. Era già al dodicesimo vicolo, ma di Jace nessuna traccia. Tutte le strade erano buie e ad un tratto ad Alec venne in mente che non per forza la luce della spada angelica di Jace doveva essere attiva. In tal caso, non poteva sperare di trovarlo se non facendogli sentire la sua voce.
"Jace! Jace!"
Le sue urla rimbombavano tra le mura di tutti i vicoli che aveva attraversato. La luce angelica che aveva in mano gli aveva illuminato tutto l'ambiente intorno, ma Jace sembrava non essere lì. Ad Alec venne in mente di cercarlo in mezzo ai quei demoni riuniti che avevano visto lui e Simon. Appena uscì da quei vicoli lunghi e stretti, l'aria fresca newyorkese lo fece rabbrividire. Senza essersene accorto, in quei vicoli aveva iniziato a sudare e quello spiffero di vento lo aveva fatto rabbrividire. Aveva preso una scorciatoia per affacciarsi direttamente sulla strada principale. Appena uscì pensò di essere sbucato dalla parte sbagliata perché i demoni che aveva visto dei minuti prima non c'erano più. Eppure era una delle poche vie illuminate di quella zona e i cartelloni pubblicitari erano gli stessi. Hodge gli aveva suggerito di osservare attentamente il luogo di battaglia perché avrebbe aiutato alla concentrazione e all'orientamento in caso di scontro. Sperava di non arrivare a tanto e allo stesso momento di trovare Jace in tempo. Si mise al centro della strada principale di Brooklyn per avere una prospettiva migliore e un'illuminazione che gli permettesse la visuale di tutta la via. Riuscì a scorgere in lontananza un puntino veloce che si muoveva. Mentre correva sentiva il battito cardiaco rimbombargli le orecchie ma allo stesso tempo il petto leggero e libero nella corsa. Mano a mano che si avvicinava notava che una figura umana si muoveva velocemente in tutte le direzioni e appena Alec fu a un kilometro riuscì a scorgere anche una seconda figura più piccola ma decisamente non umana. Da lontano avrebbe potuto ricordagli una mantide religiosa e non solo per la sua forma ma anche per la velocità con cui si muoveva e si distanziava dall'altro. Più Alec si avvicinava più era convinto che fosse Jace e di conseguenza affrettò il passo più che poteva. Mentre Alec si avvicinò sempre di più, vide Jace colpire la creatura con un oggetto ricurvo e girarsi ad un tratto verso di lui. Dopo che ebbe percorso due metri perse l'equilibrio e si accasciò a terra. Intanto quella creatura si stava rialzando e qualsiasi cosa gli avesse tirato Jace gli era rimasta attaccata al cranio senza nuocergli. Alec affrettò ancora di più la sua corsa e senza neanche pensarci estrasse la spada angelica che fino a quel momento non aveva mai usato se non per illuminare la via. Se avesse mantenuto una velocità costante secondo i suoi calcoli, sia lui che il mostro sarebbero arrivati da Jace contemporaneamente. Il suo cuore aveva aumentato i battiti ma Alec era ancora lucido per via dell'adrenalina che gli scorreva il corpo. Fortunatamente, l'oggetto ricurvo del mostro lo aveva rallentato, tuttavia stava guadagnando terreno alla parte opposta di Alec. Non sapeva se urlare a Jace di spostarsi da lì, ma temeva che un movimento da parte sua avrebbe messo in allerta il demone e avrebbe aumentato il passo. Anche se le gambe gli stavano già bruciando per lo sforzo, aumentò la velocità perché ogni secondo in più che impiegava per raggiungere Jace poteva essergli fatale. La sua vista si stava offuscando per via della stanchezza e per il sudore che gli colava dalla fronte e che non aveva il coraggio di togliere perché gli servivano le braccia per prendere lo slancio nella corsa. Ormai si trovava ad un metro da Jace e sembrava che il mostro fosse leggermente a pochi centimetri distante da Jace. Alec lo vide chinarsi davanti e poi saltare. D'istinto alzò la spada angelica e la dirizzò verso il demone che aveva deciso di attaccare Jace dall'alto, ma poi attese che arrivasse a terra prima di attaccare. Alec doveva contare sulla precisione e la velocità perché il demone avrebbe potuto attaccarlo saltandogli addosso e Alec doveva prevenirlo assolutamente. Allo stesso tempo, doveva stare attento perché un centimetro in più avrebbe potuto uccidere Jace. Riuscì ad escogitare il piano in un millimetro di secondo mentre il demone era in punto di azzannare Jace. Appena Alec lo vide vicino a lui la spada angelica si illuminò tra le sue mani procurando un bagliore ancora più forte di quello di Simon. A quel punto Alec attuò il suo colpo che fu deciso e calcolato nella forza come gli aveva insegnato Hodge. Il mostro gemette e in pochi secondi si disintegrò come aveva già fatto il demone che Simon aveva ucciso. Nel mentre Jace non aveva prodotto nessun suono ma Alec per sicurezza gli aprì la giacca per controllare che stesse bene e che non avesse colpito anche lui. Né sulla pancia né sul petto colava del sangue. Controllò anche il battito cardiaco e gli sembrò che fosse regolare. Se aveva combattuto tutti quei demoni doveva essere svenuto per la stanchezza. Rovistò le tasche della sua giacca e vi trovò il suo cellulare. Andò in rubrica e digitò il numero di Clary, sperando che anche lei lo avesse con sé. L'effetto dell'adrenalina in circolo doveva essere finito perché le mani gli stavano tremando e per un pelo non gli cadde il cellulare. Dopo neanche un bip, qualcuno rispose.
"Alexander?"
Alec riconobbe subito a chi appartenesse quella voce colma di preoccupazione e risentirla lo aiutò a calmarsi.
"Sono sulla via illuminata di Brooklyn. Jace è qui ed è svenuto"