Alec

582 35 22
                                    




La stanza dove lo avevano portato era simile a una sala interrogatoria dei telefilm. Alec era seduto su una delle due sedie e aveva davanti un tavolo vuoto seguito poi da una sedia su cui si sarebbe dovuto sedere Magnus a momenti. Lydia e Andrew erano alle sue spalle, divisi da una barriera trasparente che usavano i poliziotti per analizzare l'intero interrogatorio. Nonostante Alec apprezzasse il loro tentativo di proteggerlo, non si sentiva per niente sicuro. Magnus non era ancora arrivato e Alec aveva perso ogni traccia di determinazione. Sentì l'impulso di uscire dalla stanza e di prendere aria lontano chilometri dall'Istituto quando sentì aprire la porta. Da dietro uscì un uomo identico a quelli che proteggevano suo padre. Alec si chiese per quale motivo li scegliessero tutti simili tra di loro. Pochi attimi dopo vide Magnus con la testa china che oltrepassava la soglia. Alec riuscì a sentire solo un fischio nelle orecchie e gli sembrò che il mondo intero si fosse fermato l'attimo dopo che Magnus fosse entrato in quella stanza. Non sentì nemmeno l'agente sbattere la porta e i suoi passi rimbombare lungo il corridoio mentre si sedeva davanti a lui. Inizialmente, Alec non vide nessuna reazione in Magnus, e quando questo iniziò a ridere in modo irrefrenabile, temette che quel poco tempo di prigionia lo avesse già fatto impazzire.

"Hanno trovato il modo di farmi parlare"

Scrutò Alec da cima a fondo come per accertarsi che fosse davvero lui, poi gli rivolse un sorriso disinvolto.

"Ciao Alexander"

Alec si fece forza per dire almeno una frase di senso compiuto facendo finta di non aver sentito la voce con qui Magnus lo aveva chiamato, come se veramente gli fosse mancato pronunciare il suo nome.

"Non sembri sorpreso di vedermi qui"

"Non so perché, ma sentivo che il Clave avesse preso anche te, purtroppo. E mi dispiace perché non hai niente a che vedere con questa gente"

Alec si irritò per il tono saccente di Magnus. Quella che lui definiva "questa gente" era la sua gente che cercava di capire chi fosse il colpevole di quelle morti. Tentò di evitare quel senso di fastidio sullo stomaco provando a non sputarlo nelle parole.

"Non mi hanno preso. Ci sono entrato spontaneamente una volta che mio padre me lo ha chiesto"

Magnus ricominciò a ridere, ma quella risata non aveva niente in comune con le risate genuine che gli rivolgeva sempre quando stavano insieme.

"Tuo padre. Avrei dovuto immaginarlo che la persona che ti ha cacciato di casa anni fa sia lo stesso che ha contribuito alla sparizione di migliaia di innocenti. Un membro del Clave"

"Come fai a sapere che fossero innocenti?"

"Perché molti li conoscevo, e avrei preso il loro posto mille volte"

Aveva parlato senza alzare la voce, ma in ogni parola che pronunciava si sentiva il suo rancore e disprezzo verso il Clave. Le emozioni di Alec erano in giro su una giostra che a tutta velocità sterzava violentemente nella direzione opposta in cui doveva andare. Se il giorno prima era determinato ad eseguire ogni singolo ordine del Clave, ora non sapeva più che indicazioni seguire per non perdere se stesso e ciò in cui aveva sempre creduto. Spostò lo sguardo su Magnus temendo di leggere sul suo viso la stessa collera che aveva versato nelle parole, ma lui lo stava fissando così teneramente che Alec quasi provò disagio quando i loro occhi si incontrarono.

"So cosa provi Alexander e non è colpa tua. Non penso che anche se volessi potresti fare qualcosa. Non hanno pietà per quelli come me"

Il cuore di Alec ebbe un sussulto appena realizzò ciò che Magnus stava tentando di dirgli.

Solo Due SatellitiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora