33. Presentazioni

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𝐌𝐢𝐚

Gli occhi di mio padre mi scrutano, felice di vedermi.
È dimagrito un po' e le rughe sembra siano più accentuate sul suo volto.
"Non mi fai entrare?" mi dice entusiasta di riabbracciarmi.

Io presa dalla confusione, scuoto le spalle e con il gesto del braccio allungato alla mia destra gli faccio cenno di entrare in camera, presa alla sprovvista.

Mi sento totalmente in imbarazzo. Damon è ancora sul mio letto, evidentemente confuso e quasi spaventato direi.

"Oh, non sei sola.." l'espressione corrucciata di mio padre mi intimidisce, spero non faccia una scenata qui davanti a lui.

"Si, ecco..stavamo cercando di studiare qualcosa.." interviene Damon. "Buonasera comunque, signor Tate" si rimette composto e si alza in piedi Dam.

"Studiare eh? Alle dieci di sera?" domanda col sopracciglio alzato.
"Beh, l'università è impegnativa papà" sorrido nervosa. "Magari faremo il tutto domani.." dico a Damon, che annuisce e decide di andare via.

"Una..una buona serata allora!" indeciso sul da farsi se salutarmi con un bacio o meno, Damon stringe la mano a mio padre e dopo avermi fatto un cenno con lo sguardo  scappa immediatamente, aggiungerei, evitando qualche altro saluto.

Chiudo la porta, paurosa del probabile interrogatorio che sorbirò. Ma nella stanza regna il silenzio.

"Non dovevi arrivare domani?" domando per rompere il silenzio con mio padre.
Sbatto la mano in fronte mentalmente per aver fatto una domanda così stupida e facendo intendere altro secondo me.

"Qualche problema con il mio arrivo adesso? Avevi altro da fare?" ecco appunto.

"No, non fraintendermi. Solo che.."
"È un  bravo ragazzo?" mi interrompe sorprendendomi.

"Beh" dico presa alla sprovvista "..alquanto difficile, ma con fin'ora non si è comportato male.. " dico omettendo tutti i litigi che abbiamo passato.

"Amico?" chiede ancora.
Non rispondo. Accidenti non lo so neanche io papà.  Due amici non si baciano. Due amici non provano quello che proviamo quando siamo insieme.
Due amici non starebbero nella nostra condizione precedente, completamente presi l'uno dall'altra.

Rimango in silenzio.
"Bel casino figlia mia!" ridacchia.
Ma è mio padre?
Niente sgridata uso ragazzina di 14 anni?

D'altronde penso che tu abbia superato quell'età.

"Sta attenta però, solo questo ti raccomando. Hai una bella età per prenderti le tue responsabilità, quindi.." si accomoda sul mio letto mentre pronuncia le sue parole 'sagge'.

"Cosa devi dirmi?" sospetto che ci sia altro sotto per tutta questa sua bontà d'animo.
"A parte le mie scuse per il gran casino successo qualche tempo fa? Niente. Non ho più visto tua madre se vuoi saperlo. La paura di averti perso mi ha allontanato da lei.." mi confessa sorridendo amaro.

"Non avresti potuto perdermi papà.." dico sincera. L'avrei perdonato prima o poi. È mio padre. Colui che ha fatto di tutto per me.
Non avrei potuto ignorarlo, specialmente se lo avessi visto felice.

"Mi dispiace Mia. Pensavo di aver ritrovato quell'amore in tua madre, ma tu sei molto più importante." dice con le lacrime agli occhi.

Mi avvicino per abbracciarlo e succede. Lo abbraccio forte, come non facevo da tempo.
Mi è mancato.

"Penso sia arrivato il momento di mettere fine a questa storia. Devo chiarire i miei rapporti con lei, che sia chiuderli definitivamente o riprovarci, ma devo giungere ad una conclusione.  Indipendentemente dalla mia decisione, voglio che tu sia felice. Mi ha messo al mondo, non mi ha fatto da madre, ma per la tua felicità e per la mia serenità potrei anche tollerarla. Devo chiarire prima io con lei però.." spiego serissima, stanca di tutta questa storia che porta solo altro rancore.

"Sei proprio diventata una donna matura!"
Mi abbraccia per un tempo indefinito, godendo di questo momento padre-figlia, momento che mi era mancato e non passavo da tempo.

__________

La sveglia suona ininterrotta. Vorrei tanto distruggerla, ma rifletto che senza di essa non sarei capace di abbandonare il mio letto la mattina. Così, con la tutta la voglia di rimanere  a letto al caldo, mi alzo controvoglia, andando immediatamente verso il bagno.

Una cosa positiva di questa dannato college è che tutte abbiamo un bagno riservato in camera. Niente corridoi freddi e affollati di prima mattina.

Sto sotto l'acqua calda, beandomi del suo colore. Oggi le temperature sono più basse, ma non dovrei sorprendermi, mi trovo a New York, quasi nel mese di dicembre.

È per questo motivo che decido di indossare dei jeans e una felpa grigia insieme alle air Force bianche. Mascara e sono pronta.

Ho piuttosto fame e con mia grande delusione la mia coinquilina, nonché migliore amica, è già uscita di capo mattina a fare colazione con Connor  sicuramente, lasciando il letto imparato ed ordinato.

Sistemo velocemente anche il mio e il resto delle cose e alle otto e mezzo in punto mi dirigo verso la caffetteria per fare colazione velocemente e andare a psicologia.

Lo squillo del mio cellulare mi fa rallentare però.
"Pronto."
"Se volessi fare colazione con te mi cacceresti?'

Sorrido come una stupida.
"Offri tu?" dico spavalda.
"In effetti ho cambiato idea." e riattacca.

Ma..in quale senso?
Prima che cominci a sparare a raffica insulti su insulti per il poco tatto e per una cosa così superflua, il ragazzo dagli occhi rossi si presenta davanti il mio viso con due cappuccini e due muffin.
"Ho pensato di comprarla già prima la colazione" mi fa l'occhiolino e baciandomi la guancia.

"Stavo per condannarti. Sul serio Damon. Menomale che non sei quel tipo di ragazzo!" ridacchio mordendo il mio muffin.

"Il fatto che me la fossi presa per la colazione e la tua richiesta? Nah, la offro a tutte!" dice gagliardo.

Quasi sputo il muffin per la sua superbia.
"Dovresti camminare coi piedi per terra!"
Lui ride sonoramente notato il mio fastidio.

"Andiamo, arte ci aspetta!" mi trascina via verso l'aula di Thompson.

"Fai tanto il gagliardo con me, ma con mio padre in camera non sembravi tanto spiritoso " lo derido, ricordando la sua reazione di ieri sera.

Lui si fa serio. E a me viene soltanto da ridere il tutto questo. "Non puoi mettere a confronto tuo padre con delle ragazze. Tuo padre mi spaventa da morire.. pensavo mi avrebbe sotterrato con la sua stessa valigia."

Sembra proprio intimorito da mio padre, eppure mangia ancora i coco pops con la tazza di topolino.
"Pensa che l'ho fermato dal volerti venire a cercare. Pensa che tu mi abbia costretto a fare cose sconce.." fingo, neanche tanto bene.
Ma il ragazzo vicino a me ci crede più di quanto pensassi, dal momento che spalanca gli occhi.

Siamo di fronte l'aula di arte e lui non si azzarda a muoversi.
"Damon? La lezione inizia fra due minuti."
"Tuo padre mi vuole uccidere?" chiede con un' espressione davvero buffa.

Scoppio a ridere. "No in realtà, ma dopo ti racconto, andiamo da lui. Ha preso una stanza in albergo qua vicino, in centro." Lo afferro per entrare in aula, dato che sembra abbia solo peggiorato la sua situazione.

Il ragazzo dagli occhi di fuoco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora