38. Ricomincio da me

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𝐌𝐢𝐚

Non avevo mai ricevuto uno schiaffo da mia madre. Mai.
Ho sempre voluto una figura materna a riprendermi quando sbagliavo, a tirarmi contro una pantofola per le mie cazzate. Ma non era mai accaduto e di conseguenza cercavo sempre di essere il più responsabile possibile, per non dare ulteriori pensieri a mio padre.

Certo, anche io ho fatto le mie cazzate, ma mai così gravi da ricevere una tirata di capelli per comportarmi meglio.
E adesso, invece, che ha avuto il coraggio di tirarmi un ceffone per il poco rispetto che non ho mantenuto nei suoi confronti, provo rabbia. Rabbia e tristezza. Questi ceffoni sarebbero dovuti arrivare prima, non può fare la parte della madre adesso. È troppo tardi.

Non riesco a passarci sopra, mi dispiace. Lei non c'è stata,  forse neanche adesso manterrà la sua promessa. O forse sì. Non lo so, ma non riesco a fidarmi. Cosa posso farci? Ho imparato a vivere senza di lei, soffro per il passato, per quello che ho vissuto.  Ma adesso, adesso posso fare a meno di lei.

Forse un giorno vorrò arrivare ad una convivenza pacifica, un semplice rapporto da persone civili. Ma ora come ora, vederla, sentirla scusarsi mi reca solo dolore e brutti ricordi e non è questo quello di cui ho bisogno per diventare un'ottima persona.

"No, mi dispiace. Non voglio instaurare nessun rapporto per adesso" affermo sincera, perdendo tutta la rabbia per il ceffone di prima.

"Ma.." cerca di intervenire ma la interrompo. Non voglio neanche più alcuna discussione.
"No, ti prego. Non voglio che mi chiami, non voglio che mi cerchi, non voglio discutere con te. Io non voglio nessun rapporto con te adesso. Discutere, parlare, scusarsi..non serve a niente adesso. Mi riporti solo al passato ed io devo andare avanti. Un giorno forse saremo persone civili che hanno superato il dolore e convivono con la loro vita, tranquillamente. Ma non adesso."

Volevano che mettessi un punto e l'ho fatto. Ho messo un punto. È probabile che un altro capitolo si aprirà su di lei, ma più avanti, molto più avanti. Adesso penso al presente, al futuro.

Mia madre annuisce triste, rassegnata. Servirà anche a lei, ne sono convinta. Mio padre? Deciderà lui cosa fare con lei. Questa è la mia decisione, mentre la sua sarà solo sua. Non influenzerà né me né la mia decisione né il rapporto che ho con lui. Adesso ho la mia vita in mano.

Raccoglie la sua borsa e si dirige verso la porta d'uscita. "Spero che ci rivedremo, figlia mia." Esce dal dormitorio, lasciando in silenzio il luogo. La sala comune era già vuota di suo stasera, solo io, lei e Damon.

Damon che è rimasto accanto a me in silenzio. Mi guarda, cercando di capire una mia probabile reazione, ma mi viene solo da piangere.

Piangere perché ho preso questa decisione finalmente.
Piangere perché adesso sento che nella mia vita decido io cosa fare, con tutte le responsabilità e gli effetti collaterali delle mie scelte.
Piangere perché semplicemente voglio piangere.
E succede. Adesso. Con Damon. Scoppio a piangere davanti qualcuno dopo tanto tempo.

Damon mi afferra per poi stringermi forte al suo petto. Non proferisce parola. Spero capisca che non è un pianto disperato, non sono lacrime amare.

Sono lacrime che sgorgano per il semplice fatto che non piangevo in questo modo da tempo. Ho accumulato, accumulato e accumulato.  Finalmente sto buttando fuori tutto ciò che mi tirava a fondo, finalmente sento di aver iniziato la mia salita verso l'alto.

______________

La sveglia suona, fracassandomi i timpani. Non sono andata molto tardi a letto ieri sera, Damon ha cenato con me dopo il mio pianto liberatorio, non abbiamo parlato molto dell'argomento.. ma so che anche lui ha notato il mio sentirmi più leggera. Sollevata.

Stacco l'aggeggio infernale con la testa ancora sotto il cuscino, mentre Shelley si lamenta nel sonno. Stranamente ancora dorme e me ne sorprendo, dal momento che solitamente è sveglia e preparata molto prima di me.

"Perché la punti così presto, ieri sera ho fatto tardi" mugola con voce assonnata.
"Connor?" domando semplicemente, spingendomi con i gomiti sul letto.
Annuisce. "Quel ragazzo è così testardo" si lamenta mettendosi seduta.
"Detto da te è un complimento per quel povero ragazzo.." ridacchio.

"Cosa vorresti dire?" chiede infastidita. Rido ancora, più forte stavolta e le lancio il mio cuscino, prendendola perfettamente in faccia.

"Questa me la paghi Tate!" subito inizia una lotta di cuscini, che dobbiamo terminare per non fare tardi a lezione.
Non ridevamo da tempo in questo modo.
"Ho parlato con mia madre ieri sera" le dico prima che vada in  bagno. Lei si gira e mi guarda aspettandosi che le racconti ed infatti le parlo di come è andata ieri sera, di Jason, della reazione di mia madre,  della mia decisione.

Lei ascolta tutto attentamente, senza intervenire. Ed per questo che la adoro, perché ascolta senza interrompere, assimila ogni piccolo dettaglio.
Poi pensierosa dice:" Hai fatto bene. Anzi no, non lo so se hai fatto bene. Ma sei stata brava, sono fiera di te." mi abbraccia.

Le sorrido di ricambio e dopo questo strambo risveglio lei va in bagno, mentre io metto in ordine la camera. Un disastro. Maledetti cuscini.

Finisco giusto in tempo per entrare in doccia, dopo che Shelley ha finito.
L'aria è leggermente fredda, quindi appena finisco, indosso dei jeans scuri con un maglioncino nero a collo alto. Stivaletti neri e cappotto beige lungo. Farà sicuramente freddo al campus e le grosse nuvole nere non promettono niente di buono.

"Facciamo colazione insieme?" domando alla mia migliore amica che annuisce.
"Sai Shelley..ricordi la frase che ripeteva in continuazione..Blair?" pronuncio con cautela il nome della nostra defunta amica. Shelley sussulta ma si ricompone subito e annuisce. "Quella che ripeteva ogni santa volta che parlava di sé e del suo futuro.." ricorda ridacchiando tristemente.

"Dove l'ha presa?" chiedo curiosa.
"Non saprei" scrolla le spalle "forse in qualche libro. Non ricordo sinceramente se fosse davvero così.." dice pensierosa.  "Perché?"

"Perché Damon me l'ha ripetuta praticamente identica" confesso ripensando a ieri sulla panca.
"Davvero?" annuisco. "Sta studiando per diventare proprio quello.." mormoro. Ed io che ho rinunciato al sogno della mia migliore amica per essere una codarda. Il ragazzo che mi piace si sta specializzando in quella facoltà. E come di fatto, penso a lei ogni volta che penso a Damon ed ai suoi studi.

"Magari l'ha presa dalla stessa fonte da cui l'ha presa la nostra amica.." ipotizza Shelley. Annuisco lasciando cadere il discorso.

Arriviamo al campus, ma anziché del solito chioschetto all'aperto, data l'aria fredda di oggi, ci inoltriamo nel piccolo bar affollato e caldo. Cerchiamo un tavolo ma Shelley mi scuote per una spalla.
"Cosa?" domando.
Lei mi indica un punto ed io la seguo con lo sguardo. "Quello non è Damon?" Seguo la mano di Shelley e lo vedo, effettivamente.
I suoi occhi che non mi hanno visto ancora. Sorride, si sta divertendo. Una bellissima discussione. Davanti ad una bella tazza di caffè.
"Già è proprio lui."
Là in fondo, Damon ride con Victoria.

Il ragazzo dagli occhi di fuoco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora