1. Un fiore improvviso

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-ATTENZIONE: questa storia è un sequel. Prima passa da Mr Kim!

-Imagine your face say hello to me, than all the bad days there's nothing to me with you. Winter Bear.-

Gennaio era finito e ora l'estate sembrava più vicina di quanto non lo fosse mai stata, anche se mancavano ancora tre mesi abbondanti di freddo e neve ghiacciata. Asciugando con la manica della giacca il finestrino appannato della macchina nuova di Jimin, Mi-Yeun si strinse nelle spalle guardando il paesaggio passare veloce e sparire con altrettanta rapidità. Il suo cuore era leggero e una vaga speranza lo colmava dall'interno, e ciò era causato da quello che era successo qualche giorno prima a casa sua. Taehyung l'aveva accompagnata perché, troppo ubriaca, a un certo punto non era più riuscita a tenersi in piedi. Lui era arrabbiato per quella situazione, geloso osava dire Mi-Yeun, e mentre aveva tentato di buttarla sui cuscini anche lui ci era caduto e si erano ritrovati a pochi centimetri dall'altro. Erano successe tante cose, o meglio avevano provato molte cose, ma più di tutto i due si erano fissati negli occhi e Taehyung non era riuscito a nascondere il desiderio di tornare insieme a lei, di renderla sua una volta ancora e di fidarsi dei suoi sentimenti. Se n'era andato via quella sera, ma era temporaneo perché non poteva nascondere a lungo l'amore che provava per lei.
«Ah Jimin, ma cosa ti ha detto Taehyung quando abbiamo mangiato tutti insieme? Siete stati fuori per parecchi minuti.» gli chiese Mi-Yeun rompendo il silenzio e distraendolo per un po' dalla guida.
Jimin si voltò a guardarla, poi con gli occhi di nuovo sulla strada sorrise sistemandosi gli occhiali da sole sul naso con una mano.
«E a te cosa importa?»
«E dai! Dimmelo!»
Parcheggiò l'auto di fronte l'edificio dove i due lavoravano, si slacciò la cintura di sicurezza e si mise addosso la felpa blu.
«Mmh, da quando sei diventata così curiosa?» domandò e un rossore familiare riscaldò le guance di Mi-Yeun, che timida abbassò gli occhi sulle sue mani piccole e calde grazie alla stufa che aveva riscaldato la macchina del suo migliore amico.
«Da quando le situazioni riguardano Taehyung.» ammise.
Jimin mormorò un "mmh" malizioso prima di scendere e Mi-Yeun lo imitò mentre prendeva dalla borsa le chiavi del portone e si avvicinava velocemente a lui.
«Non me lo dirai?»
«Continuerai a tormentarmi finché non te lo dico, vero?»
«Sì, decisamente.»
Jimin rise portandosi sulla testa gli occhiali da sole e sistemandosi i vestiti da sotto il camice bianco intanto che si avvicinava alla sua postazione e si metteva a sedere pronto a lavorare.
Mi-Yeun si voltò a guardarlo sempre più curiosa.
«Niente di ché comunque. Sai quante paranoie si fa, e stava male perché l'ultima volta che gli ho chiamato non mi ha risposto perché era rammaricato da ciò che era successo con te, e mi ha chiesto scusa.» le spiegò ora serio «a dire la verità sto male anch'io per lui. Insomma, gli ho detto di non crearsi così tanti problemi per cose da niente e che i momenti "no" possiamo averli tutti.» aggiunse Jimin appoggiando la faccia sulle piccole mani. «Però i suoi occhi sono rimasti tali e quali. Hanno perso il bagliore brillante che gli aveva dato la relazione con te.» concluse.
Mi-Yeun sospirò sentendo il cuore diventare piccolo. Notava che quando erano insieme, anche se non nel modo in cui lei avrebbe voluto, ritornava a essere quello di un tempo. La litigata in macchina, quando i due avevano tentato di fare ingelosire l'altro, ne era un esempio, perché Taehyung era almeno sembrato divertito da quella situazione. Però sapere che in sua assenza i suoi atteggiamenti erano diversi la feriva.
«Se solo riuscisse a perdonarmi.» fu l'unica cosa che riuscì a dire e portandosi le braccia al petto inclinò la testa per guardare Jimin senza vederlo, persa nei suoi pensieri.
«Penso che tu non abbia fatto niente di così grave, solo che i punti di vista possono cambiare a seconda di ciò che una persona ha passato. Credo che Taehyung dentro di sé ti abbia già perdonato, ma non ha ancora trovato il coraggio di dirtelo perché ha paura di soffrire. È una cosa brutta quando gli echi del passato intaccano il tuo presente.» disse.
Mi-Yeun annuì pensando che non ci fosse nulla di più vero e mentre si legava i capelli in una coda si incamminò verso il suo ufficio con mille pensieri per la testa.
«Credo tu abbia ragione.» rispose prima di chiudersi dentro e lasciare quella conversazione fuori dal suo piccolo spazio di comfort.
La sua testa viaggiava lontana dal suo corpo. Avrebbe tanto voluto prendere per mano Taehyung e cancellare per sempre quei dubbi che lo tormentavano, ma se lui non era ancora disposto ad allungare il braccio cosa poteva fare per aiutarlo? Era la persona che amava e quella situazione per lei stava diventando agonizzante. Voleva che lui fosse felice, che dormisse sereno.
Mentre distratta guardava il muro un rumore di bussi la distrasse per un momento da lui. Si riprese voltandosi verso l'entrata dove era appena comparso Hyunjin, uno dei pazienti che frequentavano l'edificio da più tempo.
«Buongiorno Hyunjin.»
«Buongiorno dottoressa Jung.»
Dopo di che i due si misero a sedere e Mi-Yeun aprì l'agenda scribacchiando il suo nome sopra.
«Ti vedo felice questa mattina.» commentò perché un sorriso da orecchio a orecchio gli illuminava il volto.
«Dice?»
«Dico sì! Come è andata la sua settimana?» chiese e nel frattempo accavallò una gamba sotto il tavolo allontanando completamente i pensieri di prima, concentrandosi sulle parole di Hyunjin.
«Direi benissimo. Ho conosciuto una ragazza fantastica.» rispose e s'inoltrò nel racconto di quella novità che rese felice Mi-Yeun.
Vedere quel ragazzo, che da un sacco di tempo aveva ormai perso qualsiasi tipo di entusiasmo nei confronti del mondo con una nuova serenità nello sguardo, le aveva fatto bene. Significava che c'era ancora speranza, che tutti alla fine avrebbero avuto ciò che meritavano e che Taehyung quasi sicuramente, alla fine di tutta quella storia, si sarebbe accorto che la vita è troppo breve per lasciare i rancori e il passato rovinare dei momenti che avrebbero solo dovuto essere motivo di felicità, e sperava davvero con tutto il cuore che ne accorgesse presto.
«Cosa pensi adesso della felicità? Quando te lo chiesi per la prima volta mi rispondesti che è solo un utopia che esiste solo nelle nostre teste.» disse quando il ragazzo concluse.
Hyunjin alzò gli occhi al cielo pensieroso e si portò un dito sotto al mento mentre rifletteva.
«Credo di aver cambiato idea. Forse non è una cosa difficile da raggiungere.»
«La felicità va cercata nelle piccole cose. Non saremo mai in grado di trovarla in quelle grandi e fino a quando non accettiamo noi stessi, con le nostre mille sfumature, difetti e pregi, allora sarà la grande utopia di cui parlavi tu. Ma quando ci accorgiamo che uscendo dalla nostra zona di comfort c'è gente pronta a darci il loro affetto e il loro amore, allora sì che quella dannata utopia l'abbiamo raggiunta.» E di quelle parole ne era sicura e voleva che anche Taehyung ne venisse a conoscenza perché, fino a quando per colpa della paura sarebbe rimasto chiuso in se stesso, non si sarebbe accorto della bellezza che popola il mondo.
Hyunjin andò via poco dopo e lasciò con se una grande dimostrazione di perseveranza di cui Mi-Yeun aveva bisogno; proprio come lui non si sarebbe arresa e avrebbe fatto di tutto per raggiungere quella spensieratezza e allegria insieme al ragazzo da lei amato.
Mentre sistemava i fogli nella cartella di Hyunjin altri bussi sulla porta la distrassero.
«Avanti.» disse senza alzare lo sguardo, quando la porta si aprì. «Prego.» aggiunse e spalancò gli occhi quando vide Jin con un fiore in mano oltrepassare la soglia. Sembrava un flahback, un incubo di cui quella volta non voleva cadere vittima.
«Passavo di qui e mi son detto che dovevo venire a trovarti.» sorrise e Mi-Yeun sperò con tutta se stessa che quella situazione non andasse a finire come con Chan, poi sorrise impacciata quando un odore maschile molto familiare le invase le narici.
«Sono qui per una psicoanalisi. Potresti gentilmente lasciare questa stanza se non hai motivo di essere qui?»

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