Capitolo 13

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Sono ufficialmente finite le lezioni e ora devo incontrare William dopo l'accaduto di ieri. Quella con Dylan non la considero una pace, più una tregua. Deve spiegarmi ancora tante cose. 

Mi dirigo verso il parcheggio e lo aspetto alla sua moto. Dopo qualche minuto lo vedo arrivare a passo lento come se volesse godersi quel momento, mi da un bacio a stampo e saliamo in sella <<un giorno guido io>> lo avverto <<sogna>> mi risponde. Arriviamo e scendo dalla moto per entrare in casa. Saluto Abuelita e seguendo Dylan mi dirigo verso l'ufficio del padre. La porta viene spalancata da lui e William mi fa segno di sedermi <<lo sai che quello che hai fatto è davvero pericoloso vero?>> Mi chiede <<se anche lei mi ha chiamato soltanto per dirmi questo, allora me ne vado>> rispondo; faccio per alzarmi ma Dylan mi blocca <<ma volevamo lo stesso ringraziarti, ci aiutato in un momento molto difficile. Avremmo perso molto denaro e qualche componente della famiglia se non ci fossi stata tu>> mi risponde << E avevo una proposta da farti>> conclude <<questo weekend siamo stati invitati ad una festa con persone davvero importanti e ci servirebbe l'aiuto di un'altra donna per riuscire a catturare il capo degli agenti che ci hanno attaccato ieri>> mi dice speranzoso <<No! Ti avevo detto di non farlo!>> inizia ad urlare Dylan <<Lo faccio io! Qual è il problema? Già è troppo per Grace, vuoi mettere anche lei in pericolo?>> finisce quasi senza voce <<Calmati Dylan! Ha del potenziale, lo vedo, ci può aiutare. E sono sicuro che non si farà nemmeno un graffio>> inizia ad alzare la voce pure il padre <<ci sto, lotto fin da quando sono bambina e so come usare le pistole, è un lavoro fatto per me>> concludo il discorso guardando Dylan furente. Si alza e se ne va lasciando in quell'ufficio solo me e William che continua il suo discorso <<ti daremo un vestito, un microfono, e degli auricolari. Sarete tutti collegati, potrete parlare e ascoltarvi l'un l'altro. Il tuo compito sarà quello di riuscire a portarlo in una stanza ben precisa che io ti mostrerò, dove saranno nascoste due persone armate che interverranno al mio via>> finisce <<non vedo l'ora>> dico seria. Esco dall'ufficio e  sono pronta alla scenata che Dylan mi farà. Apro la porta ed eccolo che mi viene addosso urlando <<ma che cazzo! Me lo avevi promesso!>> dice tirando un pugno al muro << non è vero, io non ti ho promesso niente, ti avevo avvertito del fatto che se sarebbe successo qualcosa del genere sarei intervenuta>> gli dico; un filo di sangue scorre lungo il suo braccio come quella volta...

Stavo per essere stuprata in quel bagno del locale, e nessuno sarebbe venuto a salvarmi. Sarei stata violata e umiliata e non avrei mai avuto il coraggio di farmi vedere da nessuno. Poi come uno spiraglio di luce che entra in una camera buia ecco il mio salvatore. Prende la sua testa con le mani e la sbatte contro il muro. Una scia di sangue tocca tutto il suo braccio <<grazie>> gli dico abbracciandolo come se fosse un miracolo caduto dal cielo. 

Non ce la faccio a sopportare tutte le sue sgridate, non sono una piccola bambina. Non capisco perché ogni volta deve fare tutte queste storie <<devi smetterla di riprendermi ogni volta come una cazzo di bambina>> gli urlo contro <<lo sei! Non li noti i tuoi atteggiamenti? Sei proprio una bambina>> mi dice <<dovresti riuscire a capire a gravità della situazione invece non ci riesci proprio>> conclude quasi senza corde vocali. Prendo un portapenne e glielo tiro contro <<vaffanculo>> gli dico offesa da queste sue parole. Durante tutto il nostro litigio gira per la stanza camminando avanti e indietro e si tira i capelli furiosamente. Ad un tratto si siede sul letto e tira un grande respiro <<non voglio che tu metta a rischio la tua famiglia come è successo alla mia>> mi dice continuando a tenere il tono di voce alzato <<cosa è successo?>> gli chiedo anche se sono sicura che non mi risponderà <<non è il momento, scapperesti>> mi dice <<la prima volta che abbiamo parlato ti avevo avvertita che saresti scappata e te lo ripeto ancora. Magari adesso mi stai vicino, ma tra qualche mese, tra qualche settimana, sono sicuro che non ci sarai più mio fianco>> mi dice deluso <<cosa te lo fa pensare?>> gli domando <<non sai ancora la mia storia, cosa ho vissuto, le sofferenze che ho passato, perché mi sono dovuto separare da tutto e tutti>> mi afferma rattristato <<parlami, sfogati>> gli dico mentre mi siedo sul letto accanto a lui <<non ti racconterò lo schifo che ho passato, non voglio che tu te ne vada. Sei stata l'unica cosa che è riuscita a risollevarmi, non voglio che tu lo faccia Chloe>> mi fissa con quegli occhi a cui non riesco resistere <<sono in grado di superare una cosa del genere Dylan. Se siete in pericolo sarò sempre pronta ad aiutarvi>> gli dico <<se fossi tu quella in pericolo, farei lo stesso>> mi risponde. Si alza, prendendomi di peso e mi carica in spalla; attraversiamo tutto il corridoio e scendiamo giù per le scale. Apre la porta di una stanza mai vista e mi mette a terra. È una palestra. Prende due fasce e se lega alle mani togliendosi gli anelli. Si toglie anche la maglietta, prende altre due fasce da un armadio, e me le attorciglia intorno alle mani. Ho capito che vuole fare a botte. Mi lego i capelli con un elastico che porto sempre al polso e lo guardo con aria di sfida <<sul serio?>> dico con un ghigno sul volto <<sul serio>> mi risponde lui passandosi una mano fra i capelli. Ci posizioniamo in una zona della palestra dotata di un pavimento più morbido e cominciano le danze. Gli sferro un pugno in pieno volto che lui schiva. Prova a calciare i miei piedi per mettermi a terra, ma io salto scattante. A questo punto ho davvero capito che il gioco si fa serio. Quindi con la mia tecnica gli afferro il braccio e lo faccio girare, per provare a metterlo giù ma lui mi stupisce a si rialza facendo cadere me <<ho imparato dall'ultima volta piccoletta>> e so benissimo a quando si riferisce...

IL PRATO DEI TUOI OCCHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora