Anno 1971. King Cross Station.
In quel posto c'era un chiasso infernale.
Il vapore che si sollevava dai fumaiouli delle locomotive formando gonfie nuvole bianche si accompagnava a fischi tremendi, volteggiando pigramente sopra una folla di teste della peggior specie di babbani: gli impiegati pendolari.
Impomatati, frettolosi, e fasciati in abiti perlopiù grigi come le loro facce.
Tra spintoni, fronti sudate e telefonate fatte ad alta voce, bisognava dire che sembravano davvero tutti uguali e che nulla spiccava di più di un bambino di undici anni che stava seduto a cavalcioni sopra un grosso baule dall'aspetto quanto mai bizzarro e antico, affiancato sul carrello da una gabbia dove un enorme gufo dorato dagli occhi rossi come il sangue
sembrava solo sperare che qualcuno passasse abbastanza vicino da poterlo mordere.
L'animale emise un verso che superò pure i fischi dei treni e che fece voltare spaventata un'anziana nonnnina, la quale affrettò il passo strabuzzando gli occhi.
"E dai, Vento, porta pazienza!" ridacchiò il bambino, con il naso affondato in una grande mappa consunta. "Giuro che appena passati ti faccio uscire! Ora fa il bravo e torna imbalsamato."
La bestia gli lanciò uno sguardo sdegnoso ma obbedì, immobilizzandosi meglio di una statua tanto da sembrare finto.
Il bambino ghignò di nuovo.
Sorrisetto da teppista, pantaloni larghi da skater, grandi occhi svegli e una zazzera scompigliata di capelli neri.
Avesse potuto parlare, la bestia gli avrebbe comunicato che anche in quella sua condizione da statua di sale risultavano comunque troppo appariscenti per i Babbani.
Bisognava forse parlare della scopa, del calderone che spuntava fuori dal telo e della bacchetta con la quale il suo padroncino si stava allegramente grattando il naso? E delle fotografie e degli adesivi appiccicati un po' dappertutto sulle sue cose?
Fotografie e adesivi...che si muovevano!
E che catturarono naturalmente l'attenzione degli unici membri della comunità babbana che avevano una sorta di sensibilità a qualsivoglia dettaglio magico.
Due gemelle sui cinque anni di età si staccarono dai loro lecca-lecca per puntare il nasino su Albus Silente, che dalla cornice della figurina fece loro l'occhiolino.
Una delle due, bionda e riccia, agguantò la gonna della madre, avvocatessa, che parlava al telefono con una certa frenesia.
"Mamma, le foto di quel ragazzo si muovono." Disse, con occhi brillanti di innocente curiosità.
"Sì, tesoro...Non ora." Rispose la donna distrattamente, fasciata in un tailleur grigio perla.
La bimba si rivolse allora alla gemella, dagli stessi identici ricci, però color cioccolata.
"Lo vedi anche tu?" cinguettò.
"Sì!" Acconsentì la brunetta, scuotendo la testa in un cenno d'assenso con eccitazione. "Mamma, guarda!"
"Scusa Jecky." Sospirò la donna. "Le mie figlie mi stanno dando il tormento! Resta in linea."
Poggiò il telefono nella borsetta e si voltò verso le due bambine con occhi infuocati.
"Si può sapere che volete?!" sbottò, piuttosto seccata. "Sto parlando con una manager importante!"
Le gemelline indicarono all'unisono il ragazzino dal baule strambo e la donna assottigliò gli occhi.
"Non siete troppo giovani per infatuarvi?" indagò, minacciosa, scoccando al marmocchio una breve analisi.
"Che vuol dire infatuarvi?" chiese la biondina.
"Lasciate perdere." Sospirò la madre, massaggiandosi le tempie. "Perché cavolo quel moccioso se ne va in giro da solo con una scopa sul baule? La gente è strana forte!"
"E le foto si muovono." Aggiunse la brunetta, eccitata, ma la donna aveva già distolto l'attenzione.
Si riconcentrò sul telefono sorridendo.
"Jecky, tesoro? Ci sei ancora?"
E dire che avevano sempre la magia sotto il naso, considerò James Potter, balzando giù dal baule. I Babbani erano proprio cretini!
Si appoggiò con tutta la sua forza al carrello grosso il doppio e sbuffando appena incominciò ad avviarsi nel punto indicato dalla mappa, avendo cura di non far cadere la sua meravigliosa Comet fiammante.
Quella meraviglia era il motivo per il quale era lì da solo.
Sapeva che i manici di scopa non erano permessi al primo anno di Hogwarts ma quella era la sua bambina, ultimo modello, iperveloce, e classificata come la cosa più preziosa e cara che aveva.
Aveva rotto così tanto le palle a sua madre fino al punto di morderle le dita quando la sciagurata aveva osato provare a levargliela, così che quella, esasperata, aveva deciso di mollarlo lì davanti con in mano la cartina blaterando un qualcosa come "Se ti espellono già dal primo giorno vedi di trovarti una famiglia adottiva, moccioso, perché sappi che a casa non ci torni!" e poi, voltandosi verso suo padre, che con un sorrisetto fumava paciosamente una sigaretta appoggiato al muro, "E tu non ghignartela così! So benissimo che sei stato tu a dirgli che la McGranitt avrebbe gradito il suo talento a Quidditch e avrebbe chiuso un occhio!"
"Ed è la verità." aveva ammesso calmo lui, beccandosi un'occhiataccia. "Quella donna è troppo fanatica e James è semplicemente troppo bravo. Non si lascerà mai sfuggire un'occasione così ghiotta."
La voce penetrante e profonda, l'avvenenza con cui fumava e abiti babbani casual ma costosi quanto una porche avevano già attirato le attenzioni di alcune bigliettaie che se lo mangiavano con gli occhi.
"E comunque, credo che sia meglio che vada da solo." aveva sospirato, gettando il mozzicone e ignorandole. "Tu ed io daremmo troppo nell'occhio e il pivello arriverebbe tardi."
In effetti, una coppia di maghi si era già fermata a poca distanza da loro, fissandoli con occhi a palla per ben altri motivi.
"Non chiamarmi pivello!"
"Ti ricordo che si vede lontano un miglio che è un Potter." aveva berciato Euphemia, piazzandosi le mani sui fianchi e scuotendo la chioma arruffata che come sempre sparava da tutte le parti. "Ed è già stato rapito una volta!"
"Ed io ti ricordo che ce l'hanno restituito dopo solo venti minuti implorandoci di tenercelo. La prima volta nella storia che è stato il malintenzionato a pagare il genitore per riprendersi l'ostaggio..." aveva ghignato Potter senior, il cui vento tra i capelli stava dando il colpo di grazia alle bigliettaie. "Ma se ti preoccupa l'imprevedibilità delle tue visioni, lascerò Vento a difenderlo per il viaggio."
"Quand'è che avrò un Famiglio tutto mio?" aveva cinguettato amabile il bimbetto, accogliendo Vento che sembrava tutto meno che contento di dovergli fare da baby sitter.
"Mai. Lo faresti schiattare dopo due secondi." aveva tubato amabilmente il padre, inginocchiandosi davanti a lui e arruffandogli la chioma con la sua grande mano destra, quella piena di cicatrici. "Ti ricordi il tragitto che ti ho insegnato?"
"Guarda che non sono più un bambino! Tu piuttosto, ricordati la promessa che mi hai fatto! Quando torno per le vacanze, mi dirai il segreto!" aveva rognato James, e forse l'età in queste cose gioca davvero brutti tiri, perché non si era accorto minimamente del brusco cambio di atmosfera. Gli occhi d'oro cupo di Fleamont Potter avevano scintillato in modo strano, la mandibola si era serrata rigida.
"Forza, moccioso, ci hai già fatto sprecare fin troppo tempo!" si mise in mezzo Euphemia, tossicchiando e piantandogli le mani sulle spalle un po' più forte del necessario. "Su, smamma! Dio solo sa da quanto ho aspettato il momento di toglierti dai piedi!"
"Guarda che non te l'ho mica detto io di partorire!" rimbeccò quello, schivando il pugno in testa con la proverbiale velocità e guardando la mappa. "Hey, qui c'è scritto binario nove e tre quarti! Come faccio a trovarlo?"
Il viso fiero di sua madre si era aperto in un ghigno all'apice del sadico.
"Schiantatici." aveva detto solo, piantandolo lì.
Ma se sperava di beccarlo a frignare come uno scemo davanti ai binari si sbagliava di grosso, rifletté James osservando il divisorio in mattoni tra i numeri Nove e Dieci.
Aveva scoperto il trucco pagando due scellini d'argento a Tom il Barista, il giorno prima.
E inoltre, non aveva mai avuto paura di farsi male.
Prese la rincorsa e ci si tuffò contro senza esitazione...il problema fu, però, che non aveva minimamente calcolato cosa avrebbe potuto esserci dall'altra parte, alla fine della sua corsa!
SBAM!
Il fischio di uno scintillante treno rosso fuoco coprì il fracasso dello schianto, dei bauli che venivano sbalzati via, del grido oltraggiato di Vento e dell'imprecazione per nulla adatta ad un bambino che uscì dalle labbra di James quando si ribaltò oltre alla sua roba accartocciata con un volo di mezzo metro.
Nemmeno mezzo secondo per riaprire gli occhi che un altro bambino gli franò addosso infilandogli una bacchetta dritta nel naso, mentre il suo baule cadeva loro sopra.
"Ma che accidenti fai?!" Sbottò una vocetta incazzosa, mentre James lacrimava vedendo tanti piccoli puntini davanti agli occhi.
"Perché stavi davanti all'entrata?!" balbettò, balzando a sedere e piazzandosi le mani sul naso.
"Perché tu ti sei messo a correre?!" sbottò Sirius Black, massaggiandosi un bernoccolo grande quanto una casa sulla fronte.
Il futuro migliore amico di James era vestito interamente di nero. Anzi, ogni sua cosa era nera, a partire dai bauli dall'aria lussuosa che ora erano rovesciati qui e là fino alla bacchetta che gli aveva conficcato in una narice.
Occhi duri e imperiosi, uno sguardo che s'addiceva poco alla sua età. Volse uno sguardo alle sue spalle e impallidì, imprecando tra i denti e guardandosi attorno come un gattino in trappola.
"Cavolo!" sbottò, improvvisamente spaventato.
James allungò lo sguardo alle sue spalle, curioso.
Una famiglia spiccava fra la folla di maghi, al cui passaggio sembrava crearsi un varco. Erano tutti in nero come ad un funerale e sembravano cercare qualcuno. Che brutte facce!
"Ma ce l'hanno con te, quelli?"
"Devo nascondermi!" sbottò quello di rimando, cercando una via di fuga - inutilmente visto che erano alla fine della banchina.
Senza nemmeno avere il tempo di riflettere, James tirò giù dal carrello un vecchio mantello e glielo buttò addosso.
"Ma che accidenti...!" Protestò quello, beccandosi un calcio negli stinchi.
"Sta fermo!" ammonì Potter giusto in tempo, prima di sentirsi addosso uno sguardo glaciale a dire poco.
Sollevò gli occhioni con sfacciataggine, mentre un uomo dall'aria terrificante analizzò il colore delle sue iridi con il viso che si tramutava in odio puro.
"Un Potter." mormorò freddamente, mentre una donna dalla stretta crocchia gli si faceva accanto. Lei era ancora più agghiacciante, perché il suo sguardo aveva un qualcosa di folle, di crudele frivolezza. Alla sua gonna stava attaccato un marmocchio più piccolo, timido e paffuto.
"Allora, l'hai trovato?" sibilò furente, prima di accorgersi di lui, lì a terra e aprirsi in un sorriso goloso. "Oh, hai trovato di meglio a quanto pare..."
Ma che cavolo volevano, quelli?! Il maghetto si indispettì non poco e balzò in piedi, fronteggiandoli.
"Beh? Serve una foto o cosa?" sbottò, indisponente.
"Non credevo che l'avrebbero mandato ad Hogwarts." ridacchiò la donna, per nulla intimorita dalla sua irriverenza. "Dopo quello che è capitato a loro...che dire, una bella fortuna..."
"Walburga." l'ammonì improvvisamente il marito. "E' pieno di testimoni."
"Oh..." la donna si chinò su di lui con un sorriso, allungando una mano. "Lo sai che ho i miei metodi per fare le cose senza dare nell'occhio..."
Ma improvvisamente, proprio quando era ad un passo dal toccarlo con le sue unghiacce – su cui aveva messo uno smalto velenoso - la mano le si bloccò a mezz'aria.
Vento aveva cominciato a fare di nuovo lo strano, pensò James confusamente. Quel pennuto lo metteva sempre in imbarazzo!
L'animale aveva infatti iniziato a tremolare e ad emanare tramite gli occhi una luce simile ad una lingua di fuoco.
Anche la donna lo fissava, e si raddrizzò con velocità, allontanandosi di un passo.
"Ah, mi sembrava strano." commentò tra sé, con sprezzo.
"Ho già perso troppo tempo." sbuffò Orion, prendendola per il braccio. "E qui è fin troppo pieno di schifosi mezzosangue. Sirius sarà già sul treno. A meno che tu non lo abbia visto..."
"No." rispose gelidamente James, senza distogliere lo sguardo. Non sopportava il modo in cui si atteggiavano quelli.
Sorrise di nuovo, Orion Black, mentre osservava la sua incoscienza ingenua. Un ghigno da demone, che deturpò i suoi lineamenti eleganti.
"Grifondoro." commentò solo, allontanandosi. "Sei il degno figlio di tuo padre, eh?"
"Salutaceli tanto!" rise con cattiveria la moglie. "D'altronde abbiamo passato così tanti bei momenti assieme!"
Non trovando nulla da rispondergli, si limitò a guardarli mentre diventavano sempre più lontani, con una smorfia.
"Come hanno fatto a non vedermi?" chiese il ragazzino al suo fianco uscendo di nuovo allo scoperto e facendolo sussultare. Si era dimenticato di lui!
"E' un mantello dell'Invisibilità!" si vantò, dandogli la mano.
"Figo." mormorò Sirius, atono. "Che gli è preso al tuo Famiglio?"
"E' il Famiglio dei miei. Ogni tanto fa così, penso abbia qualche rotella fuori posto!" rise James, mentre Vento alzava letteralmente gli occhi al cielo di fronte a tanta ingratitudine.
"Beh, ha spaventato mia madre..."
"Tua madre?! Quella era tua madre?!" Potter strabuzzò gli occhi. Sirius gli rivolse uno sguardo gelido.
"Sì. E quindi?"
"Condoglianze, amico. Tua madre è una stronza!"
Quello parve stupire il giovane Sirius, che spalancò gli occhi. Non aveva paura di lui? Non aveva ancora capito chi era? E com'è che aveva chiamato sua madre?
Lo sguardo freddo lasciò spazio ad un'espressione divertita.
"Mi chiamo Sirius." gli tese la mano. James gliela strinse, ghignando.
"James. Piacere!"
"Forse dovrei dirti il mio cognome..." Il ragazzino vestito di nero lo guardò in modo strano. "Sono Sirius Black."
Ecco chi erano! Ora si spiegava tutto. Non fece in tempo ad avere una reazione particolare che un uomo si affacciò dal finestrino della locomotiva urlando loro addosso a pieni polmoni.
"Ma che accidenti state aspettando, voi due?! Il treno sta per partire!"
"OH, ACCIDENTI!"
Erano in mostruoso ritardo!
Non ci fu nemmeno il tempo di dire altro: i due bambini si guardarono in faccia sbiancando per mezzo secondo e subito dopo si affrettarono a caricare le loro cose sui carrelli.
Un Potter e un Black che giocavano di squadra con la faccia paonazza per rimettere gli enormi bauli al loro posto era una visione ben strana, ma erano così in panico che non si accorsero nemmeno degli sguardi allucinati degli altri maghi e iniziarono a correre come pazzi, urlando "ASPETTA-ASPETTA-ASPETTA!"
Riuscirono a salire per un soffio quando era già in movimento, e quando Sirius inciampò all'indietro rischiando di cadere fuori, senza pensarci due volte Potter gli tese la mano riacciuffandolo all'ultimo secondo.
Rimasero lì ad ansimare fin quando una voce strascicata non fece alzare loro il viso.
"Eccoti qua, Black!" frecciò velenosamente un bambino coi capelli biondi e il viso cadaverico. "E dire che stavo scommettendo dieci galeoni che ti fossi finalmente dato alla macchia!"
"Che diavolo vuoi, Malfoy?" ringhiò Sirius scattando in piedi, mentre un gruppetto di Serpeverde del Secondo anno si piazzò di fronte a loro.
"Tuo padre si voleva assicurare che tu venissi nel giusto scompartimento." replicò susseguioso quello, sollevando il mento. "Mi ha incaricato di portartici."
"Hai iniziato a drogarti, per caso?! Pensi di essere il mio baby sitter?!"
"Mi sarei già sparato in quel caso..." sospirò freddamente il biondino, che a dirla tutta non sembrava molto felice di dovergli fare da lacchè.
"Bene, allora levati dai piedi e fammi passare, prima che lo faccia calpestandoti!" sibilò secco Black, superandolo con una spallata. "So arrivarci da solo allo scompartimento, grazie!"
Per tutta risposta, quello prese la bacchetta e gliela puntò addosso.
"Io sceglierei con molta cura le parole d'ora in avanti, sai? Qui non sei più a casa tua e le convenzioni valgono solo fino ad un certo punto!" i suoi occhi grigi e gelidi si strinsero con aria ben poco amichevole. "Quindi ti conviene iniziare a portare rispetto!"
"Non ti ho mai rispettato a casa e non lo farò qui, Malfesso!" si schifò Black, facendolo avvampare di rabbia. "Prova anche solo a spararmi una fattura di primo livello e non mi servirà la bacchetta per prenderti a calci nel sedere!"
"Non sei in condizione di minacciarmi!"
A quel punto James tossicchiò, catturando l'attenzione del gruppetto. Non era abituato a venire ignorato in quel modo, e poco gli piaceva di certo!
"Direi di finirla." Disse annoiato, alzandosi.
Bastò un battito di ciglia sugli occhioni d'oro per far fare a tutti istintivamente un passo indietro.
"Un Potter!" sorrise invece Malfoy. "Un Potter ad Hogwarts!"
I Serpeverde dietro di lui parvero a disagio.
"Ma allora è vero?"
"E' il figlio di Fleamont Potter?"
"Quelli che hanno sconfitto Grindelwald assieme a Silente?"
"Non fare caso a loro." Il biondino si fece avanti e porse la mano come un perfetto gentiluomo. "Siamo tutti Purosangue, qui." chiarì, come se fosse importante specificarlo. "Lucius Abraxas Malfoy."
James fissò la sua mano senza stringergliela.
"Oh!" fece Lucius, guardando da Sirius a James. "Non ti preoccupare di lui. Stavamo solo discutendo. Ti consiglio di starci alla larga...è un nobile purosangue, ma porta vergogna a tutta la sua famiglia da quando è nato."
Sirius, alle spalle di James, fece per saltargli al collo, ma il braccio teso del piccolo Potter lo fermò.
E disse una frase...che sarebbe stata ripetuta, molti anni dopo.
"So scegliermi da solo le amicizie, grazie." tubò amabile. "Sparisci, su!"
Fu come se Malfoy fosse stato schiaffeggiato.
Sirius lo guardò stranito ma quando tutto parve precipitare, una donna comparve alle loro spalle, spingendo un carrello di dolciumi.
"Tutto a posto, cari?" chiese, sospettosa.
"Tutto a posto." Ringhiò Lucius furente, poi girarono sui tacchi e sparendo in un altro vagone.
"Cavoli!" esclamò Sirius, alle sue spalle. "Nessuno aveva mai zittito Malfoy a parte me..."
"Figurati...gente del genere non la sopporto!" si girò James, con un mezzo sorriso.
"Gente come me, intendi?" chiese Sirius a tradimento, cambiando letteralmente espressione. "Come mai un Potter mi rivolge la parola?"
James lo fissò stranito.
Cioè, un minuto prima gli sorrideva e un secondo dopo...ma che, era lunatico?!
"Rivolgo la parola a chi mi pare!" Ribatté vivacemente.
Sirius lo fissò, aggrottando le sopracciglia.
"Hn...non ragioni da Potter."
"Hai mai conosciuto un Potter?"
"E tu, l'hai mai conosciuto un Malfoy? Stacci attento a quelli, volevano solo un pretesto per odiarti."
"Oh, me la caverò!" sghignazzò James, barcollando appena quando il treno prese velocità. "Ops! Ci conviene trovare un posto a sedere!"
E aprì a caso una porta scorrevole...facendo il più grosso errore di quella giornata.
Perchè lo scompartimento...era occupato dalle più pericolose creature che gli fosse mai capitato di incontrare.
Cinque ragazze del Quinto anno, due Tassorosso, una Corvonero e una Grifondoro si girarono in sincrono.
La lunghezza delle loro gonne arrivava a malapena alle cosce ed unita a procaci reggiseni di pizzo che spuntavano senza pudore da camice allacciate troppo larghe sul davanti, assieme a pose scomposte che sfioravano i limiti della decenza, bastarono a far ammutolire i due marmocchi per parecchi secondi.
Una fece esplodere un grosso chewingum, due si affrettarono a nascondere quella che aveva tutta l'aria di essere una cartina piena di erba e la Tassorosso tirò giù i piedi dal sedile davanti.
Una volta notati i due nanerottoli, si guardarono le une con le altre e si aprirono in sadici sorrisetti che presagivano nulla di buono. Si sa, i viaggi per la scuola sono lunghi e, dopo il primo anno, pure noiosi: che male c'era a divertirsi un po'?...
"Ma tu guarda che bimbetti carini!" miagolò una, con gli occhi accesi in un modo che li fece sudare freddo.
"Carne fresca!"
"Capitati proprio al momento giusto! Mi stavo rompendo!" ghignò come un demonio la Grifondoro. "Allora, ragazze, che gli combiniamo?"
"A-abbiamo sbagliato..." balbettò Sirius, senza essere calcolato di striscio.
"Voglio mettere fiocchetti nei capelli a quello imbronciato!" ridacchiò una Tassorosso. "E' così grazioso, sarà il mio bambolotto!"
"Come vi chiamate?"
"Vi riempiremo di baci!"
"Ti scoccia se ti metto lo smalto?"
"Volete sedervi qui con noi?"
"Che cariiiniii!"
I due si scambiarono una occhiata stralunata e a fatica riuscirono ad avvicinarsi tra loro mentre quelle sottospecie di Banshee fecero per accerchiarli.
"Che facciamo?" bisbigliò Sirius nel panico.
James ponderò la questione con un rapido calcolo mentale.
"L'unica cosa possibile! GAMBEEEEEE!"
Le ragazze guardarono con soddisfazione la loro fuga: ah, i primini, come era facile prenderli in giro...
"Che facciamo, li spaventiamo ancora un po'?"
"Massì, così passiamo un po' il tempo!"
Avevano immaginato mille volte il proprio primo viaggio ad Hogwarts: ma ritrovarsi a correre per tutto l'Espresso inseguiti da quelle del Quinto anno al fianco di uno che avrebbe dovuto essere il peggior nemico non rientrava nemmeno nei sogni più reconditi!
"CORRI SIRIUS, CORRI!"
"MA CHE GLI PRENDE A QUELLE PAZZE?!"
"DOV'E' VENTO QUANDO SERVE?!"
Alle loro spalle si udirono risate sguaiate e l'inconfondibile rumore di tacchi a spillo in corsa.
"Potter! Queste non ci mollano!" gridò Sirius, voltandosi.
Il ragazzino si guardò indietro, deglutendo a vuoto.
Quando furono in fondo al corridoio, senza via di scampo, si guardarono negli occhi, col petto che si abbassava e rialzava veloce come quello di un canarino.
L'unica salvezza...era quell'ultimo, sperduto vagone...
"QUI DENTRO!"
"SBRIGATI ACCIDENTI!"
"NON SPINGERE!"
"AAAAARGH!"
Le scarpe di James slittarono contro il tappetino. Dire che irruppe nello scompartimento è un eufenismo: ci franò letteralmente dentro.
Qualcuno squittì, mentre lui gli cadeva addosso senza poterci fare niente...e dire che si stava pure impegnando per non farsi espellere! E invece, cinque minuti da solo e aveva già sfiorato una rissa, rischiato di perdere il treno, di fare da cavia da laboratorio ad un gruppo di psicopatiche e aveva travolto qualcuno per la seconda volta!
Che cavolo, sua madre avrebbe almeno potuto avvisarlo! Se la immaginava, quella sciagurata, a farsi grasse ghignate dall'alto delle sue visioni mentre lui rischiava il collo!
E cos'è che gli aveva detto, quella mattina prima di partire?
Si puntellò sulle mani sbuffando come un toro, accorgendosi solo vagamente di...un profumo. Piacevole, dolce-amaro. Come un bocciolo...
Un guizzo rosso sul campo visivo, qualcosa di morbido sotto di lui. Troppo morbido per essere un ragazzo.
Cos'è, che gli aveva detto sua madre? Una cosa incomprensibile come suo solito...
"Ahia..."
"Ahi...!"
Qualcosa che aveva a che fare con il verde. Sghignazzava così tanto che le mancava il fiato.
"Ti... piacciono... i fiorellini... eh? Dio, se sarà divertente..."
"Ma che dici?"
"PUAHAHARGH! Sta attento al verde o ti farà secco, moccioso!"
"Al cosa? E che dovrebbe significare?!"
Aprì gli occhi, lentamente...
"Oh." disse solo, sentendosi come se il treno lo avesse appena preso.
In faccia.
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M.A.R.A.U.D.E.R.S.
Fiksi PenggemarNell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l...