Buoooongiorno a tutti!
Scusate il ritardo. Questo periodo è stato una montagna russa di emozioni.
E... beh, ecco, la novità è che mi sposo. Quindi immagino mi possiate perdonare... e possiate capire l'immensa emozione che provo nello scriverlo qui, una fanfiction iniziata da ragazzina che... beh, ha visto numerose fasi della mia vita. Alcune spiacevoli, altre meravigliose.
E' come se Lily, James e tutti gli altri siano vecchissimi amici. Persone reali, che mi hanno vista crescere, mi hanno vista sbagliare, cadere e rialzarmi.
Sempre qui, sempre presenti.
Quindi per oggi, il mio ringraziamento ed i miei omaggi vanno a loro. Per esserci stati sempre, anche se solo dentro la mia testa.
Vi lascio al capitolo e mando a tutti un grande bacio.
Ps. c'è un pezzo preso dal libro "Il Fabbricante di Lacrime".
Sarah
"Non per immischiarmi in affari che non mi riguardano..."
Remus Lupin si fermò a pochi passi da lei, voltandosi con edulcorata e cortese attenzione.
Lemon si mordicchiò un labbro. Il sentiero a ridosso del recinto dei draghi era poco più che un viottolo fangoso pieno di pozzanghere, e a metà del percorso si erano inzaccherati già buona parte delle calze.
"... Ma come mai il Prefetto di Grifondoro sta accettando di aiutarmi in un'impresa così rischiosa?"
I ramoscelli caduti le schioccavano sotto le scarpe e la pioggia di quella notte sgocciolava fra i rami. Aveva la costante sensazione di essere osservata e, sebbene non ci fosse nulla a suggerirle che la sua impressione potesse essere qualcosa di più concreto del semplice nervosismo, non riusciva a scrollarsi di dosso l'assurdità di quella situazione.
Remus Lupin, Prefetto di Grifondoro e nientemeno che membro di quella sottospecie di casta elitaria che erano i Marauders a scuola, si stava infangando le scarpe - prima immacolate - su un sentiero che non solo aveva messo a dura prova la sua già scarsa forma fisica di quei giorni (a quanto pare era di nuovo ammalato, cosa che da quanto si sapeva capitava spesso) con una serie interminabili di incantesimi di occultamento che aveva dovuto sfilacciare uno a uno, ma che portava dritto nelle fauci di creature che avrebbero fatto fuggire a gambe levate qualsiasi persona dotata di cervello.
E Lupin di cervello ne aveva parecchio.
Il ragazzo si limitò a stirare un sorriso quasi rassegnato.
"Me l'ha chiesto Tonks." si limitò a dire, con un'alzata di spalle.
"Oh." Lemon incespicò in una radice ma riprese dignitosamente l'equilibrio prima che lui potesse porgerle cavallerescamente un braccio - cosa che stava già facendo. "Non ti facevo così..."
Si bloccò rendendosi conto di star dando troppa aria alla bocca ma il Grifondoro scoppiò a ridere. Aveva una bella risata. Leggera.
"...Così sottone, dici?"
La ragazza avvampò fino alla radice dei capelli giallo paglierino e si maledì mentalmente in mille lingue. Sospetti o no, era chiaro che Lupin le serviva!
"No! E' solo che..." balbettò, cercando un modo per tirarsene fuori. "...Insomma, non è un favore che... voglio dire, non stiamo mica parlando di prestarsi un libro o aiutarsi con una lezione... e non vi si vede in giro assieme da molto...cioè, non fraintendere, siete carini assieme ma..."
Si zittì mentre lui la invitò con gentilezza a camminare.
"In verità, ci conosciamo da un po' più di tempo." disse solo, laconicamente. "Ma capisco che tu sia sospettosa. Posso solo dirti che... beh, non è la prima impresa pericolosa che mi si presenta davanti."
Aveva un senso... se pensava a cosa significasse avere un amico come Potter. Un giorno il leader dei Marauders era arrivato in Sala Grande reggendo come trofeo la zampa putrefatta di quello che sembrava essere senza ombra di dubbio un tipo di ragno gigante che si trovava solo nella Foresta Proibita. E all'epoca aveva solo tredici anni!
Forse quei tizi erano feticisti dell'adrenalina o cose del genere...
"E non mi dispiace distruggere gabbie." aggiunse lui. Ora nella sua voce c'era qualcosa di più freddo, di tagliente.
"Anche se contengono pericolosi draghi che potrebbero divorarti?" indagò la Tassorosso, stringendo gli occhi.
Il profilo del Malandrino era rigido. Gli occhi lontani anni luce da lì.
"Nessuno merita di stare in catene." mormorò, lapidario.
Il brusco cambio di atteggiamento catturò la sua curiosità ma il ragazzo si fermò di colpo.
"Qui?" domandò.
Erano arrivati alle siepi. Il giardino, sebbene fosse completamente recintato, si snodava per diversi chilometri lontano da casa, frutto senza dubbio di incantesimi edilistici di pregio. Lì non si vedeva praticamente nessuno e gli unici segni di presenza umana in quella che sembrava ora una specie di piccola brughiera incolta era un capanno degli attrezzi chiuso da un pesante serraglio di ferro e un archetto di mattoni che si affacciava sullo sterpeto pieno di cespi di alloro e felci brune. C'era un'atmosfera ancora più cupa lì, tra i tralci di edera non potata che coprivano come un sudario i vetri a piombo delle finestre e il silenzio imposto con la magia.
La prima volta Lemon aveva dovuto chiamare a raccolta tutto il suo coraggio per strisciare sotto quel piccolo cunicolo tra le sterpi. Si era sentita come una lepre pronta a farsi fare arrosto.
"Puoi rispiegarmi il piano?" mormorò stuzzicandosi il labbro inferiore. "Di chi hai detto che era quell'indovinello?"
Rem ridacchiò.
"Non lo sappiamo. Potrebbe anche essere una trappola. Non resta che scoprirlo!"
Ok, quello era abbastanza sconsiderato.
Quando il tizio aveva preso fuoco, nella sala del ricevimento, il Prefetto Lupin l'aveva condotta silenziosamente in un bagno dove aveva trovato una Tonks così eccitata che aveva sbattuto due volte contro il lavello.
"Abbiamo un piano!" aveva esclamato, e poi le aveva afferrato la faccia tra le mani con un'espressione concentrata e un tantino inquietante.
Un istante dopo, con un malizioso occhiolino, quella squinternata aveva assunto il suo aspetto - preciso al centimetro, o per meglio dire, al poro! - e si era fiondata fuori dal bagno prima che il suo domestico potesse venire a cercarla.
Il ché era magnifico, stupefacente, se non fosse che tutto quello che avevano in quel momento era una parola d'ordine ricevuta tramite un misterioso bigliettino comparso a caso sul comodino di Tonks!
"Tanto per amor di precisione, mettiamo il caso che la parola d'ordine sia giusta. Come pensi di evitare l'inevitabile squadrone di guardie che ci piomberà addosso non appena partirà un allarme che di sicuro sfonderà le mura di casa?"
"Hai dato un'occhiata ai corridoi dei Malfoy?" disse Rem all'improvviso, acquattandosi tra i rovi e cominciando a gattonare.
"Che hanno i corridoi dei Malfoy?"
"Polvere. E crepe nello stucco."
"E quindi?"
"E quindi, devono avere usato un incantesimo casalingo in fretta e furia, e di bassa qualità."
Non riusciva a cogliere il punto.
"C'è un po' di polvere, e allora?"
"Secondo te perché hanno assunto dei mocciosi mezzosangue inesperti come domestici per questo evento?"
"Perché sono degli schifosi classisti?"
"Anche. Ma anche perché... non hanno soldi a sufficienza per assumere abbastanza personale. Per Porfiria Malfoy le apparenze sono tutto. È evidente che le finanze abbiano scarseggiato di recente, ma non avrebbe mai permesso che alla sua festa annuale gli altri Purosangue lo notassero. La decadenza non s'addice ad un Malfoy."
"Non che non se lo meriti, ma che ha a che fare tutto questo con quello che dobbiamo fare?"
"L'ultima cosa che serve a Porfiria Malfoy è un altro scandalo." spiegò paziente Remus, aggrottando le sopracciglia concentrato. Lo faceva spesso anche a lezione, quando seguiva un ragionamento. "Per questo, quando i draghi scapperanno, ancor prima di inviare rinforzi, la sua principale preoccupazione sarà quella di creare incantesimi di disillusione che ne tengano gli ospiti all'oscuro. E' per questo che i draghi sono stati lasciati in balìa di loro stessi, prigionieri di blandi incantesimi di occultamento e indovinelli piuttosto che da guardie fisiche. Non hanno abbastanza fondi e, inoltre, l'obbiettivo principale è nasconderli, non proteggerli: da cosa, poi? Non c'è nessun nemico qui, solo ricchi bambocci viziati e un gruppetto di marmocchi. L'unica vera minaccia, in effetti, eri tu, con i tuoi contatti fra i magi-Ranger. Per questo ti avevano messo sotto sorveglianza. Pensavano che sarebbe bastato questo, ma ti hanno sottovalutata. E grazie a ciò, noi avremo tutto il tempo per liberarli e tornare indisturbati all'evento!"
Lemon lo fissò stupita. L'odore di zolfo ora permeava l'ambiente, pizzicando i loro nasi.
"Sai... ragioni in modo davvero logico e intuitivo, Prefetto Lupin. Non è... una qualità molto frequente nei Grifondoro. Di solito loro sono un po' più... impulsivi."
"E' un modo carino per dire babbei incoscienti?"
"Dipende da cosa intendi per babbei..."
Lui inarcò un sopracciglio e sorrise.
"Non hai peli sulla lingua, eh?"
"Decisamente no, scusa!"
"Questo invece è decisamente tipico dei Tassorosso. Siete estremamente onesti!"
"Non voleva essere un insulto. E' che... semplicemente, non sempre sembri un Grifondoro."
Il maghetto rise divertito. Quando lo faceva la sua faccia si intesseva di luce. Iniziava a capire il modo adorante in cui lo fissava Tonks... sembrava davvero un principe delle fiabe!
Con un braccio spostò un ultimo arbusto e, proprio mentre apriva la parete di foglie davanti a loro, uno dei draghi emise una voluta di fumo dalle narici così intensa da sembrare una nuvola scura che gli si arricciò attorno ai contorni, definendoli e stilizzandoli in un'aura tenebrosa.
"Disse lei, guardandomi accanto a dei draghi selvatici." ironizzò.
Si erano rintanati in un'aula vuota. Senza quasi parlarsi.
Per qualche strano motivo, nessuno dei due aveva la benché minima intenzione di andare da Madama Chips.
Avrebbe fatto domande e... cosa? Pensò confusamente Lily. Perché le sembrava quasi di barare, nello spifferare tutto? Era come se avessero lasciato Liu su quel pavimento per sempre. Qualsiasi ulteriore commento in proposito sarebbe stato superfluo.
Ciò nonostante, nell'aria fra loro c'era qualcosa. Che bruciava, che gelava.
Il braccio di James sanguinava, ma non sembrava grave. Certo, non era nemmeno una passeggiata di salute.
Potter si era seduto su un banco e fissava un punto lontano. Quando Lily gli si avvicinò con delle piccole pezze di cotone imbevute di idromilla e gliele tamponò delicatamente sul taglio, sobbalzò come se fosse stato appena stato risucchiato alla realtà da un sogno molto vivido.
Sussultò anche Lily, e si scambiarono uno sguardo quasi allarmato.
Arrossirono entrambi, in imbarazzo.
"Grazie." mormorò James, lasciando che lei lo medicasse come meglio poteva e voltando lo sguardo.
Sembrava essersi reso conto solo in quel momento che gli fosse piombato un vaso addosso.
Era colpa sua.
La Grifoncina si morse il labbro inferiore, tormentandoselo. Una morsa le strinse lo stomaco.
Se non fosse stata così maledettamente impicciona. Se solo... si fosse fidata.
"Non ti tormentare, Evans!" lui trovò la forza di ridacchiare, grattandosi la nuca e sdrammatizzando con un ghigno. "Vederti fare l'infermiera ripaga un misero taglietto, te lo assicuro!"
Lily rialzò il viso. Il suo sguardo frantumò il sorriso del Marauder. E la domanda cadde fra loro come una mannaia.
"James. Cosa è successo tra te e Liu al quinto anno?"
Ecco, pensò amara. Ora hai toccato veramente il fondo, Lily Evans.
Una vera e propria scenata di gelosia. Niente di più banale, un classico cliché.
Non avrebbe dovuto importarle. Era successo prima che lei e James scoprissero di appartenersi, quindi che valore aveva? Nessuno.
James aveva avuto un sacco di storie con un sacco di ragazze. Avrebbe dovuto esserci abituata.
Eppure...
Eppure, quel pensiero non le dava pace. Quegli sguardi, quei sottintesi, quello strano filo mai interrotto fra di loro. Ma era soprattutto... l'idea che Liu potesse conoscerlo meglio di lei. Sapere cose di lui che lei non sapeva. Vedere lati di James che a lei erano preclusi.
Era come se le sue mani fossero ancora addosso a lui, non avessero mai smesso di stringerlo. Riusciva quasi a vederle. Piccole, pallide, attorno alla sua gola.
"I Marauders erano e sono un perverso casino."
Quell'idea si aggrappò alle sue insicurezze e le torse le viscere.
James la guardava con una strana espressione, indecifrabile. Per la prima volta da quando lo conosceva, sembrava che non sapesse cosa dire.
Questo fu ancora più doloroso.
Espirò piano e scosse la testa.
"Puoi dirmelo." soffiò in un filo di voce, amara. "Tu puoi dirmi tutto. E' quando scegli di non farlo che mi ferisci."
Le sue pupille si allargarono appena.
"Lily..."
Improvvisamente quella vicinanza le fece estremamente male, e si alzò di scatto.
"S-scusa, io... abbiamo tante cose da fare..." balbettò, voltandogli le spalle e quasi correndo verso la porta.
Una fuga da vera codarda. Umiliante. Tuttavia, per una qualche ragione, non riuscì ad aprire quella dannata porta e a uscire.
Rimase lì impalata, come se qualcuno le avesse fatto un Pietrificus.
Dimmi qualcosa.
Ti prego.
Non chiudermi fuori. Non chiudere fuori più nessuno.
"Puoi... fidarti di me." si strinse nelle braccia lasciandosi nuda. Lasciando parlare la sua gracilità. "Se... se non vuoi parlare di Liu, allora non chiederò. Qualunque cosa vi abbia legati in passato, che non riesci a dirmi... io lo accetto." deglutì piano. "Non dubiterò di te. Ma vorrei che... tu facessi lo stesso. Che ti sentissi libero di parlarmi. Di essere sincero. Io... non me ne andrò via! Te lo prometto! Lasciami solo..." strinse il pomello della maniglia con forza. "Lasciami solo la possibilità di vedere ciò che hai fatto vedere a lei."
Non riusciva a voltarsi perché sapeva di avere in viso l'espressione più arrendevole del mondo. E non sopportava l'idea di mostrargliela. Tentò di sorridere, ma era un bene che non si fosse voltata, perché la sbavatura amara dietro le sue iridi verdi rese quel sorriso davvero patetico.
"Torniamo di là." mormorò all'ennesimo silenzio, abbassando la maniglia e aprendo la porta.
Pochi centimetri. Un filo di luce.
Bam.
Una mano si abbatté sul battente sopra la sua testa e lo richiuse con un colpo secco.
Fu inaspettata la vicinanza di James. Fulminea. Il tempo di un flebile fiato trattenuto sulla lingua con uno strano sussulto soffocato.
Il suo respirò le sfiorò la nuca. L'altro braccio le scivolò sulla vita, l'ancorò all'altezza dell'ombelico in una morsa gentile, ma ferma.
Aveva corso fino a lei ed ora... tutto rallentava.
James se la schiacciò contro con un'esasperante lentezza.
Il soffice strofinio del suo avambraccio contro la sua camicetta, delle sue dita che si stendevano contro il suo ventre premendo sulla pelle... quelli sembrarono gli unici suoni al mondo.
Lo sentiva. Ogni volta che l'abbracciava... il legame tra lei ed il suo Famiglio diventava vivido, reale, palpabile...
Sentì il petto caldo premersi contro la sua schiena, le sue spalle avvolgerla.
Non si era mai accorta di quanto fossero larghe e solide. Di quando quell'eterno bambino stesse in realtà diventando un uomo.
Lily non si mosse, incastrata nel suo calore, il rossore che le correva da una guancia all'altra salendo per il naso, gli occhi sgranati dalla sorpresa, l'epidermide ricoperta di brividi.
La mano di James risalì lungo il suo gomito in una carezza morbida, il suo naso premette contro la sua spalla.
Che fosse giusto o meno, l'intensità di quell'attrazione gravitazionale era... piacevole. Unica. Impossibile da resistere.
Il silenzio di quel momento fu così forte da rompere ogni cosa.
Poi, sentì la sua bocca muoversi contro la scapola.
"Ti amo da quando avevo undici cazzo di anni."
La voce roca di James fu un sussurro sottile...che le trapassò la carne. Spezzò i silenzi, il tempo stesso. Il suo tono era dolce, rassegnato.
Guardami, le diceva. Guardami. Mi hai sconfitto.
La sua bocca risalì vicino al suo orecchio come se quelle parole fossero un segreto inconfessabile. Lily non riusciva a girarsi verso di lui. Fissava ad occhi sgranati una screpolatura nell'intonaco della porta, le mandibole serrate ed il cuore che le tremava in modo dolce. Non stava nemmeno respirando.
"Ho cercato di impedirlo in ogni forza. Ma tu non mi hai dato tregua. Hai sfondato tutto. Ti sei presa ogni cosa di me, e ti ho odiata per questo. Ho cercato te in tante altre ragazze, ma nessuna aveva mai abbastanza libri sotto al braccio, nessuna aveva i tuoi capelli rossi, o gli occhi abbastanza verdi."
La liberò i centimetri sufficienti affinché potesse delicatamente farla girare verso di lui, ma non la baciò. Le sfiorò le gote con le mani prendendole il viso tra i palmi e appoggiò la fronte contro la sua ad occhi chiusi.
C'era una leggera ruga a comprimergli l'incavo delle sopracciglia, come se qualcuno gli avesse appena inferto una ferita cruda, bruciante.
"Non c'è niente fra me e Liu." sospirò. "Solo l'ennesimo, grande rimpianto di uno che ha fatto troppo a lungo il figlio di puttana con i sentimenti degli altri. Vuoi vedere ciò che ha visto lei? Lei vede una parte di me che mi fa venire la nausea, Lily. Una versione di ciò che sarei potuto diventare. Qualcosa da cui ho sempre desiderato fuggire."
"E... ci sei riuscito?" sussurrò Lily, con il cuore in gola. "A fuggire. Ce l'hai fatta?"
"Se non divento quel tipo, io... io non sarò abbastanza forte. Non sarò in grado di proteggerti..."
Lui non rispose. Il ricordo di quel tramonto sotto al glicine ancora vivo dentro di loro.
"Quel giorno mi hai risposto che mi saresti stata accanto qualunque fosse il nemico." sussurrò. Incrociò il suo sguardo, lo sostenne con tutto ciò che era. "Che cosa faresti, se il nemico fossi io?"
Lily allungò finalmente un braccio, che fino a quel momento aveva lasciato a penzolare lungo il fianco in un modo un po' buffo. Gli sfiorò uno zigomo, e tutto quello che vide fu quel bambino pieno di sole che aveva tirato un calcio dritto in faccia ad un sostenitore dei Mangiamorte grande il triplo di lui che la stava infastidendo dentro il Piede di Porco. Quel ragazzo che si era lanciato dal tetto della torre di Astronomia solo per afferrarle la mano. Che si era quasi fatto fare a brandelli da un Lupo Mannaro per salvarle la vita. Che, quando lei era sotto Imperius e stava per ucciderlo, l'aveva baciata.
Loro erano polarità e, ovunque fossero andati, la metà di lui avrebbe sempre trovato quella di lei.
Ti amo.
Diglielo. Diglielo Lily. Digli quello che senti. Pensò disperatamente.
"James..."
Le parole le bruciarono in gola.
"I-io..."
Ti amo, James. Ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo.
"... Io mi sono allenata per anni a farti diventare il mio nemico." sospirò con un sorriso rassegnato. "Quanto potrà mai essere difficile fare il contrario?"
Nulla da segnalare.
Il ché era... semplicemente strano.
Non che si aspettasse una rivoluzione a una delle ennesime feste da borghesia gozzovigliante dei Malfoy. Di solito là dentro si stipulavano noiosi accordi politici, al massimo qualche matrimonio. Ci si fronteggiava, si indossavano belle maschere dietro le quali si cercavano di scoprire i punti deboli del proprio nemico, le strategie, la zona di carne più cedevole dove poter infilare la lama.
Quelle feste fra nobili erano una specie di embargo, una zona neutrale e protetta dove misurarsi a vicenda. Ogni tanto ci scappava un pugno - l'ultimo era stato quello di Fleamont Potter e aveva fatto scalpore per giorni - ma finiva lì. I Malfoy erano, poi, molto bravi a rimanere sul confine tra i due poli, perlomeno in apparenza.
Doveva ammetterlo, nessuno batteva i Malfoy quanto a indossare la propria immagine come un bel vestito. Quale che fosse la fazione vincitrice nello scontro, quella gente cadeva comunque sempre in piedi. Aveva sempre un piede in ambo le staffe.
Lestrange scese con un sensore di malessere all'altezza dello stomaco che decise saggiamente di dimenticare bevendosi l'ennesimo goccio del liquore della sera prima - che era esattamente ciò che gli aveva distrutto lo stomaco ma hey, ognuno ha i suoi vizi e tutto il resto - e si portò la fiaschetta alla bocca con un gesto quasi intimo. Una breve sorsata seguita da un sospiro di puro piacere.
Di solito non si tratteneva, ma qualcosa gli suggeriva che avrebbe dovuto rimanere lucido. Più del solito, perlomeno. Era come un sesto senso, un pizzico fastidioso dietro la nuca.
E invece, trovò la sala da pranzo soffocata da conversazioni assonate. Per la maggior parte, gli ospiti erano appena scesi dal letto e avevano ancora indosso i cattivi odori della sera prima. Pelle intrisa di sudore, fumoso sigaro, l'alito pervaso dal puzzo alcolico. Parlavano sottovoce e si muovevano lentamente; personaggi di porcellana pieni di screpolature.
Nulla di nuovo. Solo il solito schifo.
Narcissa non c'era, analizzò brevemente. Il pulcino tremolante dei Black, Regulus, nemmeno.
Aveva visto entrambi particolarmente sbronzi, rintanati in una suite a dividersi dello scotch, Regulus con l'aria sconvolta e allucinata e Narcissa apatica e alienata come sempre.
Dubitava che li avrebbe rivisti in pubblico, quel giorno. Parevano aver entrambi concordato di aver esaurito i loro compitini sociali e di doversi giustamente riprendere dai loro nuovi e freschissimi traumi, cosa che era ormai di prassi per chiunque di loro, hey, grazie tante famiglia Black, ecco un nuovo stronzissimo livido sulla mia anima da dover annacquare con l'alcool, datemi solo qualche giorno per potermi dimenticare perfino che esisto e poi tornerò ad essere il vostro prezioso burattino.
Ognuno sceglieva la propria personale fune di fuga, d'altronde. Represse un brivido leggero quando ripensò a quale avesse scelto Bellatrix Black.
La rabbia. La follia. Il caos.
E un fanatismo di cui si fregiava lo spirito instabile come se fosse una corona. Lo stesso cieco ardore, per certi versi, che aveva visto negli occhi di...
Il gesto del portarsi alla bocca la fiaschetta rimase a metà. Gli occhi di Lestrange si assottigliarono.
Ecco, pensò. Ecco cos'era quel sentore.
Era lo sguardo di Ninfadora Tonks ad avergli messo addosso la sensazione che, quella, non sarebbe stata una festa tranquilla.
Dov'era?, pensò, scivolando fra gli invitati. Le Signorine quella mattina avevano il permesso di dormire fino a tardi, anche se nessuna l'avrebbe mai fatto. Ed infatti, erano già tutte giù, pronte e agghindate come poiane da fiera a starnazzare con il figlio del politico di turno.
Dubitava che la ragazzina fosse una di quelle a cui interessava particolarmente stringere chissà quali alleanze, per cui era probabile che fosse l'unica ad aver accolto l'invito a dormire fino a mezzogiorno, però...
Quel dannato sentore.
Fu in quel momento che la sua attenzione fu attirata dall'altro target di quel week end, la mocciosa con i capelli gialli figlia di un gioielliere che aveva pericolosi contatti con quegli strani hippy estremisti che stavano dando parecchie grane a tutti i bracconieri della Gran Bretagna.
Non era suo compito tenerla d'occhio, anche se sarebbe stato meglio, visto che il domestico che le avevano assegnato era un coglione.
E infatti, il modo in cui Lemon Pendragon inciampò nei suoi stessi piedi fu come un campanello acutissimo dentro il cervello.
Una lieve smorfia che increspava l'angolo di un labbro fu tutto ciò che Lestrange si concedeva in termini di sorrisi, quelli veri.
Oh, e così volevano far evadere i draghi.
Si chiese, divertito, se dovesse in qualche modo mettere la regina oca, Porfiria, al corrente del putiferio che di lì a breve si sarebbe scatenato.
Ma poi ricordò a sé stesso, inseguendo la Metaformagus nel corridoio centrale, che lui aveva compiti ben precisi e che quello non vi rientrava.
Ma, dopotutto, si stava annoiando.
Ninfadora Tonks si sistemò per l'ennesima volta il fiocco tra i capelli gialli. Oramai non contava nemmeno più le volte in cui il suo domestico l'aveva costretta a isolarsi nel corridoio vuoto per sistemarsi quello o quell'altro orpello. I fiocchi continuavano a disfarglisi addosso, i vestiti le si sporcavano per le cadute e le scarpe continuavano ad allargarsi facendola inciampare più di quanto già non facesse di solito!
O meglio, erano i suoi piedi a rimpicciolirsi!
Si sentiva strana, quella mattina. Da quando era svenuta, il giorno prima, i suoi poteri di Metaformagus sembravano impazziti.
Riuscire a tenere le sembianze di Lemon si stava rivelando più difficile del previsto, e già dopo pochi minuti si sentiva la schiena fradicia di sudore.
Non si era mai sentita così, pensò con frustrazione. Che accidenti le prendeva?! Era come se ogni singola particella del suo corpo le si ribellasse!
Il graffio sulla mano le bruciava, si sentiva debole, fiacca, qualsiasi incantesimo sembrava consumarle il doppio dell'energia e per la prima volta il trasformarsi in qualcos'altro, cosa che aveva sempre fatto in modo naturale e istintivo - un po' come quando si raccoglie ossigeno nei polmoni o si battono le palpebre - la sfiancava come se stesse correndo.
Si voltò verso l'uomo che la stava accompagnando. Quel giorno era il domestico di Eris Malfoy a doversi occupare di Lemon, e quel tizio era se possibile ancora più intransigente di tutti gli altri!
Continuava a sbuffare e a trascinarla lontana dagli altri ospiti per risistemarle i capelli o i vestiti, cosa che faceva anche con una bella dose di bruschezza.
"Allora, come sto?" sbottò irritata, arrendendosi a tenere quel dannato fiocco storto.
Lui la guardò con disgusto. Aveva le labbra lucide di saliva, labbra da pesce o da rospo. C'era un ché di viscido in lui.
"Sembrate a malapena umana, un vestigio di una specie estinta rimasta sperduta fra le pieghe dell'evoluzione."
"Un semplice 'da schifo' poteva bastare!" replicò tra i denti Tonks, mentre lui le infilava di malomodo gli artigli nelle ciocche raddrizzandole i nastri per la ventesima volta.
Probabilmente i criteri di selezione per diventare maggior-stronzissimo-domo dei Malfoy si basavano su quanto uno sapesse essere velenoso e snob nel modo più raffinato possibile!
"Si può sapere cosa le prende stamattina? E' disdicevole il modo indecoroso in cui vi state presentando." le sibilò l'uomo, ignorando con eleganza i suoi lamenti per la cute in fiamme. "Non fate altro che cadere e rendervi ridicola. Siete ubriaca o cosa?"
Avrebbe voluto taaaanto tanto rispondergli per benino ma non voleva in nessun modo mettere nei guai Lemon più di quanto non stesse già facendo, così si limitò a scoccargli un'occhiataccia.
"E questi capelli." lui scosse la testa con una smorfia. "Starvi dietro questa mattina è la cosa più difficile della mia intera carriera, e non aggiungo altro!"
"Perchè allora non si prende una pausa?" Tonks colse la palla al balzo. Si sforzò di sorridere ma i suoi occhi lanciavano saette. "Non ha mai voglia di giorni liberi?"
"Giorni liberi!" lui risputò la frase come se fosse un boccone disgustoso che gli si fosse incastrato in gola. "Riposo! Vacanze! Puah! Desideri di plebaglia senza talento né decenza. E' per colpa di certe assurde pretese che quegli schifosi Elfi Domestici ci hanno rimpiazzato così bene nelle case nobiliari!"
"Ma... ma...! Insomma, pensi... lei, un buon bicchiere di vino davanti al caminetto..."
Le sue lusinghe cinguettanti si scontrarono con due occhi gelidi e un tono di voce lapidario.
"Io non bevo."
"Ma avrà pur bisogno di dormire!"
"Dormo comodamente cinque ore al giorno, ed è più che sufficiente."
"Non vuole farsi... una passeggiata? Mangiarsi una fetta di torta...che ne so, dedicarsi a un suo hobby...?"
"Hobby? Mi ha preso per un Hippie?"
"Insomma, non mi dirà che stare dietro ai miei capelli è la sua massima aspirazione della giornata!"
"Preferirei ascoltare per dieci ore una Mandragola piuttosto che dover sopportare ancora un solo secondo quel colore di capelli." sibilò quello tra i denti. "Ma, fortunatamente per lei, IO sono un professionista. E non sono diventato capo Maggiordormo di una delle più importanti famiglie di Purosangue 'coltivando hobbies'."
Una voce si levò alle loro spalle.
"No, lo sei diventato pugnalando alle spalle e leccando il culo."
"Forse. Ma sempre rimanendo professionale." ribatté il Maggiordomo con sussiego, voltandosi verso Lestrange che avanzava verso di loro.
Tonks si irrigidì. I punti dove le sue mani l'avevano stritolata durante il ballo avevano ancora i lividi freschi, che parvero pulsare alla sua sola vista.
Per un istante di puro panico, le sembrò che i suoi capelli stessero per assumere una sfumatura rosa e lo stomaco le si contrasse mentre si sforzava come non mai di tenerli com'erano.
Accidenti!
"Posso esserle di aiuto, signor Lestrange?" il maggiordomo alzò il lungo naso appuntito.
Lui sembrava divertito.
"La signorina qui presente è richiesta dalla padrona di casa."
"La padrona di casa... richiede Lemon Pendragon?" il maggiordomo sembrò perplesso e scettico, come se fosse impossibile che Porfiria Malfoy si abbassasse ad avere a che fare con un tale esempio di sciatteria e disgrazia.
Sfortunatamente per Tonks, poche persone al mondo avrebbero avuto la capacità di resistere alla luce inquietante che comparve negli occhi annacquati di Lestrange.
"Sei per caso sordo, servo?"
Quello arrossì e si sgonfiò come un tacchino infilzato da un forchettone.
"N-no, mi perdoni Signor Lestrange. La condurrò il prima possibile dalla Padrona se ha la gentilezza di indicarmi dove si..."
"La porterò io a destinazione. Sei congedato." tagliò corto Rodolphus, afferrandole un braccio e stringendolo in una morsa ferrigna.
Tonks sussultò, esattamente come il maggiordomo, che li guardò confusamente.
"Lei?" ripeté come un allocco, strozzandosi con la saliva. "Signor Lestrange, sono qui apposta per..."
Ti prego, ti prego, ti prego! Pensò Tonks. Insisti! Non lasciarmi con questo tizio!
"Signor Lestrange." provò di nuovo il servitore, abbassando un po' la voce. "Devo informarla che la Signorina qui presente è sotto sorveglianza speciale per via di... lei sa cosa... e mi è stato affidato il compito di..."
Rodolphus stirò uno dei suoi sorrisi che puzzavano di alcool e violenza, perfettamente finti e terrorizzanti.
"So perfettamente come gestire una ragazzina, Edmund. La ringrazio."
La trascinò via ignorando il fatto che Tonks stesse puntando i piedi opponendo resistenza.
Cavolo, cavolo, cavolo!
La Grifoncina si guardò attorno da tutte le parti cercando una via di fuga. Fortunatamente, nel suo riflesso visto di sfuggita in un vaso la sfumatura rosa nei capelli era sparito!
"Senta..." azzardò, cercando di ridacchiare ciarliera. "Non so davvero cosa possa volere la signora Malfoy da me ma..."
Lui si fermò di colpo, affondando le dita nel suo braccio fino a farle sfuggire un lamento.
"Pensa che sia un dilettante, signorina Black?"
Lei ruotò in un turbinio di forza, cercando di aumentare i muscoli nel suo braccio per colpirlo ma i poteri le sfuggirono via dalle mani. Lestrange le afferrò l'altro polso e glielo torse fino a che non la costrinse a cadere in ginocchio urlando.
La spinse all'indietro con una rapidità sorprendente e le puntò la bacchetta in faccia.
Era corta e tozza come un pugnale, di un legno dalle venature scure che sembravano macchie di sangue rappreso.
"Revelio." sibilò solo.
Bastò questo. I suoi poteri sembrarono venire risucchiati via come se la stesse spogliando.
I capelli le si allungarono, il rosa tornò prepotente così come l'acquamarina dei suoi occhi lacrimanti. Il naso le si affinò, la bocca diventò più gonfia e piccola, le gambe più corte...
Cercò di trattenere disperata ogni particella di sé, quasi stringendola fra mani invisibili, ma il graffio sulla mano bruciava e bruciava e bruciava... e lei non ebbe più il controllo di niente.
Il suo potere impazzì.
Lestrange osservò i riflessi di colore schizzare come stelle sulle pareti che li circondavano, come piccoli raggi riluccicanti. Creavano sul suo volto luce e ombre, rendendo ancora più aspro il suo disgusto.
"Abominevole."
La voce con cui lo disse fu crudele. La guardò come se Tonks fosse uno scarafaggio repellente.
"Come hai fatto?!" scattò lei con rabbia, ma non riuscì a sollevarsi sulle gambe. Si sentiva instabile. "Nessun Revelio potrebbe mai...!"
Lui le fu addosso in un secondo, stringendole le mandibole tra pollice e indice e sollevandole il viso con uno scatto.
"Ahi!"
"Pensavi davvero che avrebbero consentito a una piccola, spregevole Metaformagus di varcare la porta di casa come se nulla fosse?"
Fu allora che il bruciore sulla sua mano divenne acuto, come se acquisendo un senso avesse anche acquisito più energia nel farle male. Gli occhi di Tonks vi sfrecciarono pieni di orripilante consapevolezza.
Le avevano fatto qualcosa! Quando era svenuta! Quel graffio anestetizzava i suoi poteri!
"Bingo." Lestrange sorrise, godendo del suo smarrimento. "A dire il vero, Narcissa ha un po' esagerato. Doveva solo neutralizzarti, ma a quanto pare le è scappata la mano. Avrebbe potuto ucciderti, sai? E invece, grazie a me, sei solo... questo."
Lo vide fissare qualcosa nel suo volto, e poi sugli schizzi di luce che stavano incendiando il pavimento tutto attorno a lei.
"Metaformagus. L'ennesima empietà."
"Lasciami!" Tonks scattò all'indietro, perché quel biasimo e quel disprezzo le stavano iniziando a dare sui nervi. "Che accidente di problema hai?!"
Non si era mai vergognata di sé stessa ma... il modo in cui la squadrava... la stava mettendo a disagio.
"Davvero non ti accorgi di quanto tu sia contro natura, tesoro?" Lestrange scosse il viso. "L'emblema di uno spreco abominevole e scandaloso, non trovi? Il prezioso e purissimo sangue dei Black mescolato a quello di un Babbano... fino a creare questo. L'egoismo di tua madre è stato a dir poco blasfemo."
Tonks riuscì a risollevarsi sulla ginocchia, ritrovando un minimo di dignità. Non si sarebbe lasciata intimidire così!
"Non so di cosa parli." replicò asciutta.
"Ah no?" lui sorrise. "Siete tutti così ciechi, hm? Pensate che unirvi a dei Babbani non abbia conseguenze, ma tu sei l'esempio perfetto di quanto in realtà noi in fondo abbiamo ragione. Sei un errore genetico, ragazzina! Non saresti nemmeno dovuta esistere!"
"Voi non... cosa?!" era così scioccata e indignata che non sapeva nemmeno come replicare!
"Tua madre ha mischiato uno dei sangui più puri della Gran Bretagna con quello di un umano senza poteri... ed ecco il risultato. Sei nata tu. Una Metaformagus. Un'impurità."
La sua spina dorsale scattò ritta, i suoi polmoni si contrassero, il cuore prese a pompare più in fretta.
"Io non... io non sono un'impurità!"
Non sapeva come, ma si era ritrovata ad urlare. Era balzata in piedi, stringendo i pugni contro i fianchi. Ma tu guarda quello... quello stronzo!
"E mio padre... non ha rovinato niente! Lui...è la persona migliore del mondo!"
"Non è forse un'impurità magica, questo? Guardati." lui le prese le spalle e la costrinse a voltarsi alla sua sinistra. C'era uno specchio attaccato alla parete... e le rimandò la sua immagine. "Quando noi maghi emettiamo magia... è lineare. Ordinata. Canalizzata nella sua massima potenza all'interno di un bacchetta. Un sistema organizzato, preciso e pulito. Guarda invece la tua magia. Guarda il caos che ne deriva."
La voce di Lestrange era un sussurro letale e ammaliante al suo orecchio. Tonks sentiva come un peso sullo sterno che la opprimeva, la schiacciava contro il suolo. La gola le si chiuse.
"Lo sai? Tantissimi Metaformagus impazziscono." continuò lui, dolcemente. Implacabile. "Povera cara. E' assurdo non sapere qual è il proprio vero aspetto. La propria identità. Deve essere psicologicamente devastante poter diventare chiunque, poter ESSERE chiunque. Alcuni di voi... si perdono."
"I-io... io so perfettamente che..."
"Ne sei sicura? Sei davvero sicura che questa sia la tua vera faccia? Guardati, puoi cambiare ogni parte di te a tuo piacimento fin da quando eri bambina... e quando perdi il controllo, i tuoi poteri assumono il comando e fanno quello che vogliono, quindi mi domando... come fai a sapere davvero chi sei? Come fai a dire che questo non sia un errore genetico, una storpiatura?"
La lasciò davanti a quello specchio, mettendole le mani sulle spalle con un atteggiamento quasi paterno. E ciò che disse la gelò.
"E nonostante tu sia così incasinata, nonostante la tua esistenza sia un insulto verso la magia stessa, loro sono comunque disposti a tenerti. A trovarti un posto."
"E' questo... che vogliono." sussurrò Tonks, continuando a fissarsi a occhi sgranati. "Vogliono... Sirius. E... e anche me."
Rodolphus sorrise. Sembravano due amici che si raccontavano segreti.
"I Black devono stare con i Black."
"I Black devono stare con i Black..." ripeté la ragazzina in un mormorio basso. Lestrange parve soddisfatto del suo essere sconvolta.
"Sono disposti a proteggerti. Sono disposti a dimenticare l'esistenza di tua madre. Quella sciocca strega che pur di stare con un babbano ha calpestato il suo stesso sangue, imprigionandolo in una gabbia, nascondendolo al mondo per anni. Non le è bastato generare un'empietà ma ha anche manipolato i tuoi poteri fino a ferirti in modo irreparabile, fino a comprometterti nel profondo. Ma qui non parliamo solo del tuo equilibrio... no, questo è niente. Li ho visti i tuoi incantesimi, sai? Pensi di non avere talento, di essere una strega mediocre... sappi che in realtà non è colpa tua. E' solo il modo in cui la tua natura, la tua genetica influisce sul tuo potenziale magico, frenando e indebolendo la tua bacchetta. I Black possono aiutarti a diventare una strega molto migliore di quella che potresti mai essere. E... beh, per tua madre... inutile dire che la salveresti da un destino infame. Non potrà nascondersi per sempre, lo sappiamo entrambi. La guerra arriva. Di certo faresti molto più per lei di quanto lei non abbia mai fatto per te."
Fin troppo facile, pensò Lestrange vedendola abbassare il mento fino a che i capelli non le oscurarono il volto.
"Prima e ultima offerta, bambina. Prendere o lasciare."
Tonks rialzò il viso. I colori correvano nei suoi occhi come schegge abbaglianti e per un istante, Lestrange ne fu accecato.
Il tempo sufficiente per ricevere una poderosa gomitata nello stomaco.
"IO SO PERFETTAMENTE QUAL E' LA MIA VERA FACCIA!"
L'intera figura di Tonks parve allungarsi e sollevarsi, fino a ché non si ritrovò a fissarlo dritto negli occhi.
"E' QUESTA!" sbottò, indicandosela con il pollice. "E vuoi sapere come lo so? Perché L'HO SCELTA IO!" la voce le salì di qualche ottava fino a diventare un grido. "Perché questa è la faccia che ha fatto ridere la mia mamma! E' la faccia che rende felici le persone! E... quel giorno... mia madre non avrebbe mai sorriso così se fossi assomigliata anche solo un po' a coloro il cui solo ricordo le rendeva le notti un inferno! Coloro da cui ha sempre cercato di proteggermi! Voi...voi non fate altro che... che vestirvi di nero! Ma io voglio rendere il mondo un posto bellissimo e pieno di COLORI! Non mi importa quanto pensiate che sia ridicolo! Non mi importa quanto pensiate che sia strano! Io renderò felici le persone che amo e sarò chiunque loro vogliano che io sia!"
Accompagnò ogni parola con un passo ben piazzato in avanti e uno sguardo pieno di promesse battaglie. I suoi capelli le esplosero tutto intorno come un ventaglio di tanti serpentelli multicolor, fluttuando nell'aria mentre a turno le ciocche si accorciavano o allungavano.
"Per cui IO LASCIO!" esplose come un tuono. "Non ci sarà mai niente al mondo che mi farà mai dire di sì a gente come voi! Perché a differenza dei Metaformagus che impazziscono, io so perfettamente chi sono!"
Finì, ansimando e preparandosi a fronteggiarlo, ma Rodolphus non fece una piega.
Semplicemente, annuì e si accese una sigaretta.
Nell'esatto momento in cui una parte lontana del giardino, fuori dalla finestra, esplose in un vortice di fuoco.
Creando il caos.
I draghi erano stati sistemati in quella che sembrava una specie di tempio in rovina. Probabilmente lì prima c'era una vecchia cappella privata. Nonostante la vegetazione che ricopriva quasi tutto, poteva scorgere i profili di alcune colonne doriche spezzate, alcune molto alte e altre molto corte, disposte ai quattro lati dello spiazzo e sotto i piedi, oltre la corte di muschio e terra, compariva a tratti un pavimento di terracotta.
Le gabbie erano piccole e strette e posizionate in malomodo per terra formando un cerchio attorno ad un palo di legno altissimo al centro. Sulla sommità c'era una piccola lanterna.
Remus si fermò a distanza di sicurezza. C'erano cinque esemplari, alcuni erano grandi come mastini. Uno fra tutti svettava tra loro, molto più grosso e nero come petrolio. Aveva membranose ali violacee e occhi gialli... che li fissarono pieni di odio.
"Quando apriremo quei lucchetti, dovremmo correre." stabilì, sentendo un lungo brivido giù per la schiena. "Gli altri sono piccoli, ma quel bestione laggiù potrebbe rivelarsi un serio problema se decidesse di volersi vendicare sui primi che passano."
"Non mi faranno del male." asserì Lemon con convinzione. Rem inarcò un sopracciglio.
"Per quanto siano stati abituati al tuo odore, per quanto tu li possa aver trattati bene quando erano nelle uova, loro sono comunque stati imprigionati dall'uomo. Forse perfino torturati. Ci ucciderebbero senza batter ciglio una volta liberi. Dobbiamo solo sperare che siano indeboliti a sufficienza e troppo impegnati a volarsene via per badare a noi."
"Perché li tratti come creature oscure senza controllo né raziocinio?"
Per qualche motivo, Remus si sentì irritato.
"Perché tu li tratti invece come se potessero andare oltre la loro natura?" rimbeccò, piccato. "I draghi SONO Creature oscure. E seguono il loro istinto, come tutte le bestie selvagge. Non si scappa da certe cose."
Lemon sostenne il suo sguardo con una fermezza disarmante. Quella tizia era proprio strana...
"Non mi faranno del male."
Ed esasperante, pure! Il Marauder alzò gli occhi al cielo.
"Ok, come vuoi, ma ti scoccerebbe fare comunque quello che dico, per sicurezza? O vuoi fermarti a far loro le coccole?"
"Perchè te la prendi tanto?" Lei lo fissava incuriosita.
Già, perché se la prendeva tanto? Remus si morse il labbro.
"E' solo per la nostra sicurezza..."
No, non era quello, pensò. Era perché Lemon aveva una visione sbagliata di ciò che non era umano.
Lui invece, sapeva perfettamente cosa frullava nella testa di quei bestioni.
Fame. Odio. Caos.
Perché erano le stesse, identiche cose che frullavano nella testa a lui, quando c'era la luna piena.
Perché Remus era come loro. Una Creatura Oscura. Un lupo affamato che avrebbe ucciso chiunque senza pietà se non fosse stato per la Pozione Anti-lupo e per la presenza di James e degli altri.
Il modo di ragionare di Lemon era pericoloso. Pensare che esseri del genere manifestassero sentimenti come affetto o che avessero una coscienza non poteva che portarla a fare una fine terribile, prima o poi.
Ed era... Remus sapeva perfettamente che era lo stesso, identico modo di ragionare di Tonks. Lo stesso candore, la stessa innocenza snervante.
"So quello che pensi... " La ragazzina gli passò accanto. "Non è colpa tua. Sei cresciuto in una società che ti ha inculcato nella testa, fin da piccolo, certe credenze. Tu non credi che loro abbiano un'anima. Forse, nel profondo, credi addirittura che certi esseri meritino di vivere rinchiusi."
"No, certo che no. Non li voglio vedere rinchiusi." sospirò il Grifondoro, scuotendo la testa. "Cerco solo di essere obiettivo."
"Ma se questi draghi, nella via di casa, decidessero di attaccare un mago... lui morirebbe per colpa nostra. Allora che ne sarebbe delle nostre, di anime, dico bene?" Lo sguardo dolce di lei si fece penetrante. "Te lo stai chiedendo fin dall'inizio di questa faccenda, non mentire! Non ti sto giudicando. E' normale avere questi pensieri quando non si conosce qualcosa."
"E tu? Sei sicura di conoscere davvero ciò che c'è di selvaggio in questo mondo?"
"Sì." rispose lei senza alcuna esitazione. Poi sorrise di fronte alla sua incertezza. "Non mangeranno nessuno, comunque. Torneranno nelle loro tane il più velocemente possibile. Al massimo qualche pecora lungo la strada."
"Speriamo..." si lasciò sfuggire Rem, con un sospiro.
"Tranquillo, Prefetto Remus! Fuori dalla tenuta Malfoy è pieno di Magi-Ranger pronti ad entrare in azione. Li seguiranno passo per passo!"
La streghetta scoppiò a ridere di fronte al suo stupore.
"Ma allora, perché... sei tremenda, sai?! Capisco perché a Tonks piaci tanto!" sbottò Lunastorta, ma lei rise ancora di più.
"Scusa, scusa, ti ho lasciato macerare nei dubbi di coscienza solo perché volevo capire come la pensavi!"
"Beh, non ti conviene sapere cosa sto pensando adesso..." borbottò lui, stizzito, tirando fuori il bacchetta e iniziando ad armeggiare con alcuni incantesimi sonori per cercare di fare meno rumore possibile.
Era così concentrato sul suo lavoro che improvvisamente si ritrovò fin troppo vicino ad uno dei draghi.
Sì bloccò di colpo quando il suo naso percepì il suo odore.
Sapeva di zolfo... e di potenza. Non riuscì a fare a meno di fermarsi a guardare quell'esemplare.
Era di un candido bianco perla, e aveva un muso affusolato come quello di un gatto.
Lo trovò carino fino a che quello non aprì lentamente gli occhi e gli piantò lo sguardo addosso.
L'istinto di lupo gli urlò a pieni polmoni di voltargli le spalle e correre a gambe levate. Ma l'essere umano che c'era in lui si immobilizzò, affascinato e attratto.
Era uno sguardo... decisamente profondo. Come se potesse scrutare dentro di lui, scavargli dentro.
Era bellissimo, non c'erano dubbi. Ma anche mortale. Anche senza essere un Lupo Mannaro lo si capiva.
Era quello, l'effetto che lui faceva a chi gli stava attorno? Riuscivano a sentirla, quella fame che aveva dentro? Tonks... nonostante le occhiate che a volte gli rivolgeva, quelle che gli toglievano il respiro, quelle che lo facevano sentire come se un treno lo stesse stirando sotto le sue rotaie... nonostante quella luce unica e speciale che aveva quando guardava lui e soltanto lui... sentiva anche, nel profondo, che c'era qualcosa di sbagliato e malvagio dentro il suo cuore?
Lemon gli batté una mano sulla spalla, affiancandolo e fissando il drago a sua volta.
"Ti preoccupi molto per la tua anima, eh?" la sua voce era eccitata a qualcosa. Stava guardando il cuore del drago battere nel petto come se potesse vederlo. Il momento si dilatò troppo. Lui avrebbe voluto dire qualcosa, fare qualcosa, ma quella che forse era stata pensata come una battuta ironica l'aveva colpito dritto nello stomaco. Il sapore delicato della bocca di Tonks gli corse dentro la gola, risalendo sulla lingua in un ricordo fatto di latte e fragole.
"Neanche lontanamente quanto dovrei."
Non le lasciò il tempo di analizzare la sua espressione. Non aveva senso perdersi in quei ragionamenti.
"Stai pronta a correre."
Avrebbe portato via da lì Tonks subito dopo aver liberati quelle bestie. E avrebbero ripreso la loro normale vita scolastica. Avrebbe prestato più attenzione, d'ora in avanti. Remus sapeva di avere un'anima perché alcuni dei Dissennatori che avevano gravitato attorno ad Hogwarts di recente, ogni tanto avevano alzato la testa verso di lui, e avevano annusato i suoi sentimenti prima di venire reindirizzati lontano dagli Auror di pattuglia. E sapeva anche che non gli importava molto se questa veniva rovinata.
Ma dell'anima di Tonks gli importava molto, invece. E l'avrebbe protetta assieme a tutto il resto che le apparteneva.
Anche se stava diventando estremamente difficile.
La parte d'ogni drago che mai è nel cielo, che può solcare oceani e rimanere asciutta.
"Ombra." dichiarò a voce alta nel silenzio. "La parola d'ordine è Ombra."
Niente.
Remus batté le ciglia. Una, due volte. Le gabbie rimasero chiuse.
"Ombra!" ripeté Lemon. Poi a voce sempre più alta e allarmata quando quei lucchetti non si mossero. "Ombra! Ombra! Oh cielo, non funziona!"
Merda.
Remus fissò i draghi come se potessero risolvere quell'enigma, ma loro lo guardarono indifferenti e gelidi.
Era così preso da quei discorsi che... non aveva minimamente riflettuto che quel bigliettino potesse rivelarsi una vera e propria fregatura.
Perché diavolo mandare quell'indovinello, allora?
"Remus... che facciamo? Tra poco sarà ora di ripartire..." Lemon si morse il labbro inferiore, guardando da una parte all'altra. "Forse dobbiamo dirlo in un'altra lingua?"
"Lasciami pensare..."
Le provarono tutte, ma dopo un considerevole numero di tentativi si ritrovarono sudati e con in mano un misero pugno di mosche.
L'agitazione prese il sopravvento e Remus iniziò a fare avanti e indietro, seguito a ruota da Lemon che si mordeva le unghie fino all'osso.
Doveva pensare! C'era forse un'altra soluzione all'indovinello? Uno schema da seguire? Doveva dire un sinonimo, un anagramma, la parola al contrario o in latino...?
Il drago nero, quello più grande, emise un sordo ringhio di avvertimento quando gli passò troppo vicino.
Remus si fermò così di botto che Lemon gli si schiantò addosso. Lei lo vide fissarlo intensamente e fece per parlare ma...
"Non ha senso." lei lo sentì mormorare.
"Cosa non ha senso?"
"Perché dovrebbe esserci una parola d'ordine per aprire le gabbie dei draghi?" Lupin si grattò il mento. "Chi mai sentirebbe la necessità di aprirle? Insomma, per quale motivo dovrebbero farlo? E' chiaro che vadano trasportati così come sono, legati e imbavagliati."
"Non saprei." Lemon si morse il labbro. "Forse per eventuali cure veterinarie?"
"Forse."
Lupin non sembrava convinto. Fissava insistentemente le spesse catene attorno alle loro zampe. Alcune scaglie traslucide erano imbrattate di sangue secco, laddove il ferro aveva stretto di più.
"Lemon... come facevi a sapere che serviva una parola d'ordine?"
La domanda cadde fra loro come una mannaia. Così come il sospetto.
L'occhiata che Lupin le lanciò fu carica di improvvisa diffidenza.
"C-cosa?"
"Come facevi a sapere che per sbloccare le gabbie serviva una parola?"
Lei rimase in silenzio a lungo, mortificata.
Fu in quel preciso istante che Remus intuì che nascondeva qualcosa. La sua mano si strinse alla bacchetta, dietro la schiena.
Idiota.
Si erano fidati ciecamente di Lemon ma in fondo, cosa sapevano davvero di lei?
La Tassorosso parve intuire i suoi pensieri perché sgranò gli occhioni e deglutì nel panico.
"Io..."
"Lemon, come diavolo facevi a saperlo? Ti hanno passato l'informazione i Ranger? E loro come l'hanno ottenuta?"
Non sapeva perché, ma cercò di imboccarla a dare una risposta che poteva benissimo essere una scusa. L'idea di essere stato tradito così...
"N-no, io..."
"Non mi dirai che te l'ha detto un Malfoy!"
"NO. Non me l'hanno detto i Malfoy!" Lei avanzò di un passo, disperata.
"E allora chi? Parla!"
La ragazza guardò i draghi. Remus batté di nuovo le ciglia.
Stava...
"Lemon..."
Stava scherzando.
"I draghi?!" esplose, incredulo. "Te l'hanno detto i draghi?!"
"Senti, lo so cosa stai pensando... ma...!"
"Oh, no, tu non sai AFFATTO cosa sto pensando!" tuonò Lupin, al limite della pazienza. Non era sua abitudine urlare addosso a una ragazza, ma era stanco e malato e quel week end era stato un dannato inferno. "Ma lascia che ti tolga ogni dubbio! Sto pensando che sei fuori di testa!"
"Lasciami spiegare!"
"Sei fuori di testa e hai messo in pericolo non solo me, ma anche Tonks!" Lupin la indicò con il dito e doveva avere un'aria particolarmente minacciosa perché la ragazza arretrò, impallidendo. "Hai una vaga idea di che razza di pericolo sta correndo, vero?! E' una dannata Black e l'ho lasciata sola in mezzo a quegli stronzi per seguire le stramberie di una che dice di parlare con delle fottute lucertole!!!"
"Non ho detto di parlare con loro! Non... non in quel senso, almeno!"
"E come, usate il codice morse?! O i segnali di fumo?!"
"Puoi degnarti di ascoltarmi?! Argh!"
Lemon era arretrata talmente tanto che si era scontrata contro una colonna ricoperta di licheni... e qualcosa si era mosso con un cigolio.
Il terreno tremò. E, improvvisamente, con loro sommo orrore, partì un allarme così forte da sfondare i timpani.
"No!" gridò Lemon, orripilata.
I draghi uggiolarono, cercando di rannicchiarsi ancora di più perché quel rumore assordante stava ferendo loro le orecchie.
E anche quelle di Remus, che gemette coprendosele con le mani prima di afferrare un polso della ragazza.
"Lemon, dobbiamo andarcene!"
"Aspetta!" strillò lei, divincolandosi. "Ti prego! Non possiamo lasciarli qui!"
"Tra poco sarà pieno di guardie!"
Lui prese a trascinarla di peso. Era malato in quei giorni, ma lei era pur sempre una ragazza.
E seppur suonata come una campana, non aveva la minima intenzione di lasciarla lì.
Aveva una sensazione di sconfitta dentro lo stomaco che non gli dava tregua. Cercò di non guardare i draghi in gabbia.
Doveva salvare la ragazza. E poi... poi pensare.
Forse aveva ancora qualche minuto prima che qualcuno venisse a controllare. Forse poteva farcela a... fare qualcosa. Qualsiasi cosa, accidenti!
"Non vinceranno."
"Non vinceranno."
Quel suono era acuto, ma non così tanto da raggiungere villa Malfoy. Sembrava, in effetti, uno di quei suoni fatti apposta per stordire i draghi - o incattivirli nel caso dei combattimenti illegali.
Lemon piantò i piedi in una radice e riuscì a dare uno strattone sufficiente per sbilanciarlo. Il suo polso gli scappò di mano, e Remus barcollò contro la colonna che la ragazza aveva colpito prima.
Di nuovo un cigolio.
Remus alzò gli occhi.
C'era un piccolo specchio impolverato, con un sostegno in ferro che gli permetteva di ruotare.
Qualcosa si mise in moto nel suo cervello. Un pensiero, un... sospetto.
Afferrò l'edera e la strappò via fino ad arrivare alle radici, scoprendo la colonna e anche una parte di pavimento. Si chinò a carponi, affondando le mani nella terra e grattandola via dalle lastre di terracotta.
"Che stai facendo?" ansimò Lemon, alle sue spalle.
Il suono era finito, ora sostituito dai ringhi dei draghi e dal loro scuotersi poderosamente - per quanto le catene glielo permettevano - dentro le gabbie.
Ma Lupin non prestò loro attenzione. Sotto lo specchio, alla base della colonna, c'era una grossa nicchia.
Prima non ci aveva fatto caso perché era ricoperta di muschio.
Una statua di drago sembrava dormire dentro di essa. Aveva le ali avvolte intorno al corpo, gli occhi chiusi.
Remus fece scivolare la mano lungo tutto il suo profilo fino ad arrivare al pavimento.
Non sentiva nemmeno più i draghi o il respiro intervallato della Tassorosso.
Si massaggiò la base del naso, cercando di ragionare... facendo scivolare la mano lungo la pietra come se potesse rivelargli i suoi segreti.
Riaprì gli occhi solo quando arrivò al pavimento e sentì sotto i polpastrelli delle incisioni.
Piccole righe quasi a zig zag.
"L'edera." stabilì allora. "Aiutai a strapparla via."
"Che? Hai scoperto qualcosa?"
"Forse."
Lui sradicò un arbusto a mani nude, rivelando un altro pezzo di terracotta sbeccata.
"Aspetta." Lemon si chinò vicino a lui e tirò fuori la bacchetta. "Stai indietro. Ardemonio!"
Le foglie e le radici schioccarono quando furono colpite dalla sua fiamma controllata. Quella risalì come un lungo filamento incandescente lungo tutto il tappeto vegetale, fino alla cima delle colonne, disintegrando qualsiasi cosa di verde che le ricoprisse.
"Guarda!" ansimò la biondina, senza fiato. In tutte e sette le colonne, c'era la stessa identica statua di drago. "Pensi che siano un indizio?"
"Statue di drago nel posto dove sono stati rinchiusi i draghi. E' troppo strana come coincidenza." rifletté Remus. "Aiutami a trovare qualcosa. Qualsiasi cosa che sia utile... un sasso fuori posto, un incantesimo... Revelio!"
Tastò e recitò incantesimi su tutte e sette, ma sembravano tutte assolutamente identiche e senza nulla di strano.
La frustrazione minacciava di farlo diventare matto!
Si sedettero sotto una di esse, passandosi una mano fra i capelli con un gesto stizzoso.
"Merda! Merda, merda, merdaccia!" sbottò Lemon, tirando un calcio ad un sasso.
"Ok, calma, ragioniamo." Remus chiuse gli occhi e respirò piano per cercare di controllare il respiro. Lo faceva sempre quando non arrivava ad una soluzione. "Ci sono sette colonne. Sette statue. Cosa hanno di particolare?"
"Niente, a parte il fatto che sono rotte e sporche. Ah, e di dimensioni diverse. Doveva essere un vero schifo, prima. Il tempio più scoordinato ed instabile della storia dei templi." borbottò controvoglia lei.
"Sette colonne, sette statue... aspetta, cosa hai appena detto?!"
"Che... il tempio doveva fare schifo? Insomma..." indicò le colonne. "Non ce n'è una che è alta o larga come le altre..."
"Esatto." Gli occhi del Prefetto si riaprirono lentamente. "Ma... perché?"
Abbassò le palpebre e le ciglia lunghe gli sfiorarono le gote mentre chinava la testa. Sul pavimento le linee stilizzate correvano lungo crepe e mattonelle sbeccate creando uno strano disegno che assomigliava a...
"Sono le onde del mare..." sussurrò tra sé. Lemon sussultò e girò la faccia con uno scatto così veloce che temette per il suo collo.
"L'ombra dei draghi... può solcare oceani e rimanere asciutta." replicò, sbalordita. Entrambi fissarono le statue. Le loro ombre, con il sole del mattino, arrivavano a malapena al primo gradone della base della colonna.
Remus balzò in piedi, colto da un'improvvisa eccitazione.
Le colonne erano tutte di dimensioni diverse perché...
Una nuvola scivolò pigramente nel cielo. Oscurò il sole per un attimo, e dopo liberò di nuovo i suoi raggi.
Gli specchietti, montati alla cima di ogni colonna, scintillarono in risposta riflettendo la luce. Seguì il loro collegamento invisibile come se potesse vederlo.
Come aveva fatto a non notarlo prima?
Il suo sguardo corse dalle colonne fino al centro, laddove svettava il palo di legno con la lucerna, che scintillò come un gioiello.
Era così logico, accidenti. Perché montare un palo di legno con una lanterna sola?
"Che cosa amano i draghi più di ogni altra cosa?"
Lemon seguì il suo stesso ragionamento e sorrise.
"Gli indovinelli." rispose. "E, ovviamente, l'oro."
Lo stesso, esatto materiale di cui era fatta la lanterna. Era così piccola e in alto che non ci avevano fatto caso.
Malgrado l'incazzatura, Remus ricambiò il sorriso e la ragazza urlò di gioia, balzando in piedi e sollevando il pugno al cielo in segno di vittoria.
"Mi lasci l'onore?" saltellò eccitata e fu così maldestra che quasi le cadde la bacchetta dalle mani.
"Prego. Fai pure." stava per rispondere Remus. Ma poi un drago scoprì i denti, richiamando la sua attenzione.
Era il piccolo drago bianco che l'aveva tanto affascinato. Era stato tranquillo e mansueto, anche quando gli si erano avvicinati così tanto.
Il sorriso di Rem scivolò via. Lentamente.
Quegli occhi profondi e indifferenti che gli avevano sondato l'anima ora erano cerchiati di rosso. Sgranati, con la pupilla dilatata e piena di odio.
L'animale scopriva i denti cercando di dimenarsi per quanto gli permettessero lacci, museruole e catene.
Riusciva a vedergli battere il cuore attraverso la parte morbida del petto. Non più calmo e lento. Era un battito cardiaco feroce, rapido, fuori controllo.
"Perché dovrebbe esserci una parola d'ordine per aprire le gabbie dei draghi? Perchè qualcuno dovrebbe volerle aprire?"
"Aspetta." sussurrò, colto da un improvviso presentimento.
Troppo basso perché la Tassorosso potesse sentirlo.
Aveva già la bacchetta sollevata contro lo specchietto della colonna più corta.
"Lumos!"
La luce colpì il vetro e, come un lungo nastro scintillante, corse nell'aria solcando ossigeno e anidride carbonica fino ad arrivare al secondo specchio. Da lì, tagliò una curva netta formando una linea a zig zag che schizzò da una colonna all'altra... fino ad arrivare all'ultimo palo.
Quello in legno con la lanterna d'oro... che si accese e brillò come il più puro dei gioielli. Il tipo di chincaglieria che un drago custodisce a costo della vita nella propria tana.
Ci fu uno stridio, e le statue dei draghi iniziarono a ruotare sui loro piedistalli, attirate dall'oro.
"Funziona!" esultò Lemon, quando quelle aprirono gli occhi... e spalancarono le ali di pietra.
Le loro ombre, ora allungate dalla luce di quella lanterna luminosissima, si distesero sul pavimento, solcando le onde dell'oceano che qualcuno vi aveva inciso sopra... e arrivarono a toccare la base di ogni singola gabbia.
Alle spalle del Prefetto, la vegetazione si mosse. Il piccolo cunicolo tra le siepi che aveva permesso loro di gattonare fino a lì... si richiuse.
I lucchetti delle catene, delle museruole e delle gabbie scattarono tutti nello stesso momento con un tintinnio secco.
Quella parola d'ordine non era stata creata per liberare i draghi.
"Remus! Funz..."
Era stata creata per chiudere dentro con loro chiunque avesse tentato di farlo.
Era una trappola.
"STAI GIU'!" Ruggì Lupin, buttandolesi addosso... un secondo prima che una bomba di fuoco esplose dalle fauci dei draghi impazziti.
L'odore di zolfo intossicava l'aria, resa densa dalle fiamme. Gli stendardi verde-argento dei Malfoy venivano ripiegati su loro stessi da una coltre di vento...no, non semplice aria.
Ali.
Ali che sbattevano.
"Lupin!"
Qualcuno lo stava chiamando, ma la sua voce appariva ovattata, come sotterrata da un lungo fischio. La terra, resa arida e secca, mulinava attorno alla sua faccia in un turbinio, appiccicandosi in modo sgradevole alla pelle improvvisamente sudata.
Quel posto si era surriscaldato in meno di un minuto. L'aria stessa sembrava bollente. Sentiva già la bocca screpolarsi.
"LUPIN!"
E dire che volevano fare una cosetta rapida e silenziosa. L'esplosione aveva rimbombato in ogni angolo del giardino, provocando una nube di fumo e detriti.
Merda.
Avevano meno di tre minuti per filarsela da lì prima che quel posto brulicasse di maghi.
Remus si sollevò sui palmi escoriati, digrignando i denti...fino a quando nel suo campo visivo comparvero due maestose zampe insanguinate. Le avvertì ancor prima di vederle, pesanti e terrificanti, come una viscerale vibrazione che gli corse su per il corpo raggomitolato a terra facendogli tremare le ossa.
E quando alzò il viso... si ritrovò di fronte a due enormi occhi gialli.
Odio. E antichità.
Non riuscì a muoversi. Fu come essere colpiti dallo sguardo di un dio.
Il sangue gli si cristallizzò nelle vene e il respiro smise di funzionare.
Il drago più grande era a pochi centimetri da lui. Il suo fiato incandescente gli sfiorò le palpebre socchiuse, bruciando.
Libero dalla sua prigione, e libero dal morso che gli stringeva le fauci impedendogli di aprire la bocca, quell'essere mostruoso spalancò le ali membranose sollevando fiumi di fuliggine tra di loro.
Era stato facile per lui togliersi la museruola, una volta liberi gli arti.
Ed ora lo guardava, immobile, mentre i suoi compagni più giovani si libravano nell'aria in un orgia di fiamme e ruggiti che fendevano il cielo come una tempesta.
Aveva le scaglie più nere del carbone, un nero cupo e polveroso su cui nemmeno il colore del rogo sembrava riflettere. Il rosso vivido di piccole lacerazioni spiccava sul suo corpo come se le gocce di sangue fossero file di rubini, mischiandosi alle intense gradazioni di viola che parevano risucchiare la luce.
Remus osò a malapena sollevare la testa, inginocchiato a terra come un umile servo.
L'animale lo soppesava. Sentiva il suo odio scivolargli addosso, più denso e soffocante del suo odore ceroso.
Il drago spalancò la bocca, proprio davanti a lui. Remus si specchiò in un inferno di denti grandi come tagliole.
"E' la fine..."
In fondo a quella gola, iniziò a germogliare come un bocciolo un nucleo di fuoco vivo.
"Tonks." Un ultimo pensiero. Solo uno. Che gli dei gli concedessero almeno quello. Un ultimo, disperato e tremendo atto di sincero egoismo. "Ti amo."
Qualcuno si frappose fra lui ed il fuoco.
Riconobbe un paio di consunte scarpette di velluto bianco, a pochi centimetri dal suo naso. Erano sporche di fango e cenere.
Porfiria Malfoy si sarebbe incazzata parecchio.
"NO!"
Cercò di afferrare una caviglia di Lemon, di spostarla ma qualcosa gli solleticò la mano facendogliela ritrarre con uno scatto... come se fosse stato toccato da invisibili ali di farfalla che brulicavano.
I capelli gialli e stopposi della ragazza le ondeggiavano attorno agli zigomi. Aveva un sorriso sereno.
Lo fissò con la coda dell'occhio... e gli fece l'occhiolino.
Fu come spezzare il tempo. Fermarlo.
Il suo campo visivo si era ristretto... sui contorni di quella ragazzina, stagliata imperturbabile contro quella bocca di inferno lustra di denti e fiamme, le mani protese in avanti.
Fu in quel momento che Remus Lupin... assistette ad un miracolo. Ancora una volta, le sue certezze parvero vacillare... e si ritrovò di fronte alla canna di fucile dell'impossibile.
Perché la strega aveva buttato a terra la bacchetta. Ma dalle sue mani, dai pori della sua pelle... luce.
Non era possibile.
Sembravano fiamme... ma non lo erano. Erano... bianche, lattiginose. Morbide e tiepide.
Era magia. La riconobbe all'istante, perché faceva parte di loro, di tutti loro.
Perché era la stesso, esatto bagliore che compariva sulla punta delle loro bacchette quando pronunciavano un incantesimo... ma ora non era più una lucina, non aveva la dimensione di una lucciola. No, ora era immense lingue di luce che lambivano, docili, la figura della loro padrona, mentre la bacchetta giaceva dimenticata a terra.
La magia era libera.
L'avvolsero come un bozzolo, parvero prendere vita, forma, anima. Le accarezzarono i contorni, la riverirono.
Poi, piano e dolcemente, lambirono il drago, le sue fiamme incandescenti, i suoi occhi impazziti.
L'essenza stessa di una strega contro l'animale più antico del mondo.
No, non uno scontro.
Una carezza.
Sgranò gli occhi Lupin, inchiodato a terra dal terrore e dalla meraviglia, quando Lemon Pendragon chiuse gli occhi e accarezzò il muso del drago.
La creatura chiuse gli occhi di rimando, accettando quel tocco.
La specie più feroce e potente della storia... domata come un docile micetto.
La magia accarezzò le sue scaglie, le sue ali, si riversò in alto dove gli altri cuccioli, resi folli dall'allarme stregato, stavano sciamando come un nugolo impazzito di ombre e fiamme.
Si calmarono tutti.
Nessuno escluso.
"Ora potete andare." sussurrò Lemon tranquilla. "I miei compagni sono la fuori, che vi aspettano."
La gola del drago più grande gorgogliò appena. Il fuoco si era spento, come se avesse sentito il richiamo del proprio padrone e si fosse rintanato di nuovo dentro la sua gola.
Si percepiva soltanto il suo caldo furore nell'aria, come un fantasma che li accarezzava in un profumo di zolfo e cenere.
Il drago aprì le ali, le scrollò per togliersi di dosso il peso della prigionia... e in una vampata piacevole, si sollevò in aria assieme a suoi fratelli.
E così finì.
Lemon rimase ancora un po' a fissare lo sciame che si allontanava tra le nubi, prima di voltarsi verso di lui con un sorriso ironico.
"Non ti facevo il tipo che piange di commozione!"
Remus si portò le mani agli occhi, sorpreso di trovarli bagnati. Calde lacrime avevano scavato righe rosee nella fuliggine che gli aveva ricoperto la pelle delle guance.
Quella magia... aveva toccato anche lui. E... per la prima volta nella sua vita, si era sentito... non sapeva nemmeno come descriverlo.
Capito. Connesso. Parte di qualcosa.
Sapeva che Lemon, ora, lo conosceva nel profondo. Aveva scoperto il suo segreto. Ma non aveva paura di lui. E lui... non aveva paura di lei.
"Non lo dirò a nessuno." gli bisbigliò, teneramente. "Non lo dirò a Tonks. Tranquillo."
"Perchè?" la voce parve uscire da molto, molto lontano. "Tonks è tua amica..."
"Lo sei anche tu!" Lemon lo aiutò ad alzarsi. "E so che non le faresti mai del male."
"Cos'era?" Dovevano levarsi da lì al più presto, ma non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. La magia si era ritirata dentro di lei silenziosa così com'era uscita. "Come hai fatto? Cosa... sei?"
"Una strega. Esattamente come te!"
"Nessun mago riuscirebbe mai... senza bacchetta..."
Qui non si trattava di filastrocche magiche o piccoli trucchetti fatti da bambini senza il controllo del proprio talento. Quello era vero e proprio potere magico.
Ordinato e disciplinato... senza l'ausilio di nient'altro che le proprie mani.
"Hai mai pensato... alla possibilità che il caos originale non sia affatto caos, ma un forza ordinata all'interno di un vuoto che vive, e respira..." Lemon si stiracchiò. "Magia, Prefetto Lupin. Quella che connette tutte le cose viventi. Ci hai mai pensato? Di non essere poi così diverso da me?"
"Mi è sempre stato insegnato che arrivare a quel nucleo di magia pura è... insomma, una pratica di stregoneria oscura. Qualcosa che estremamente pericoloso. Che solo le bacchette riescono ad incanalare e controllare quel potere instabile."
"Solo se lo si prende nel modo sbagliato... e con le intenzioni sbagliate." asserì la Tassorosso. "La magia non è qualcosa che creiamo noi. E' su questo che si sbagliano i Malfoy, i Mangiamorte... tutti quanti. La magia è viva! Ci sente, ci percepisce, ha una sua intelligenza, una sua coscienza. I druidi mi hanno insegnato come poter attingere da quella fonte pulsante senza ferirmi, senza ferire. Non la prendiamo per accrescere il nostro potere o per usarla ma per... connetterci con ciò che ci circonda. E lei ce lo lascia fare. Questo... deve avere un senso, no? Questo deve essere il modo giusto. La società vede noi Magi-Ranger come dei tizi strambi, una setta di hippies con una strana fede ma... oh, Remus, dovresti vedere quanto è bello! Quanto sono belle tutte le Creature, anche quelle Oscure. E se ci fosse un modo per comunicare? Per... insomma, convivere tutti assieme? Forse, il solo motivo per cui c'è tanta guerra tra noi è semplicemente perché stiamo usando la magia nel modo sbagliato. Gli esseri umani pensano di essere in cima alla catena ma non si è mai trattato di catene. E' un cerchio, in cui siamo tutti uniti."
Un mondo... in cui tutto era connesso. Attraverso la magia. Poteva quasi vederlo.
Una bellezza in qualche modo rincuorante.
Ora capiva perché avevano ordito quella trappola per Lemon e per il suo gruppo. Non si era mai trattato di vendere draghi.
Volevano eliminare quelle persone perché... perché non riuscivano ad accettare che avessero ragione.
Perché accettarlo significava scendere dal loro piedistallo macchiato di sangue, scardinare le fondamenta stessa della Società Magica e non potevano sopportarlo.
Non potevano sopportare che... un Lupo Mannaro... potesse essere uguale ad un essere umano. Che potesse perfino... amare uno di loro.
Lemon si inginocchiò accanto a lui e gli mise una mano sulla spalla.
"Tu hai un'anima, Prefetto Lupin. Ed è uguale alla mia. L'ho vista!" gli sorrise dolcemente, con pietà e compassione, scavandogli una voragine nel petto. "E so perfettamente dove vuole essere ora. Lo sai anche tu, no?"
Sì, pensò Remus. Sapeva perfettamente dove voleva andare.
"Smettila di combatterlo. Arrenditi e basta."
E Remus iniziò a correre.
Nei corridoi di Villa Malfoy c'era un fottuto casino.
Tutti correvano, urlavano, davano ordini e nonostante i camerieri lanciassero incantesimi di disillusione a tutto spiano, ormai il panico era generale.
Le carrozze si accalcavano nell'atrio e vide parecchia gente spintonarsi in modo decisamente poco elegante per entrarci per primi e levare le tende.
Nessuno sapeva cosa stava succedendo.
Un'esplosione nel giardino, dicevano. Ché in tempi come quelli, in case come quelle, poteva voler dire niente... ma poteva anche voler dire tutto.
Era tutti così presi dal darsi alla fuga che nessuno fece caso alla sua camicia lacerata dalle fiamme o alla fuliggine sul suo viso.
Anzi, ci fu perfino qualcuno che cercò di urlargli qualche ordine da maggiordomo che Remus ignorò bellamente.
Aveva chiuso con quelle stronzate.
Era ormai pomeriggio inoltrato, ed il sole stava quasi tramontando.
Si tornava a casa.
Quando aprì la porta della loro stanza, non fu l'immenso caos che vi regnava dentro a fermargli i piedi.
Non i mobili che, avendo preso vita, sgambettavano in giro, gli abiti tutti per aria, i pouf che combattevano fra di loro come se fossero cani, libri e pergamene che sbattevano le pagine come se avessero le ali e volevano a mezz'aria.
No, furono... le bolle di sapone.
Erano ovunque, nell'aria. Una breve occhiata e capì che stavano venendo generate senza sosta da grossa saponetta che si stava divertendo un modo a infilarsi sotto il getto d'acqua del rubinetto della cucina, per poi tuffarsi a bomba nella pozza che si era creata nel lavabo, schizzare tutto intorno e ripetere tutto da capo.
Rimase in silenzio, Lupin. A fissare quel delirio perché non aveva il coraggio di posare lo sguardo sulla visione che c'era al centro.
Perché solo guardandola di sfuggita si era sentito rapire il fiato dai polmoni.
Era per terra. Si era tolta, o per meglio dire, strappata di dosso, i ridicoli abiti e orpelli dei Malfoy per infilarsi una camicetta da notte sottile. Così sottile che intravedeva l'ombra del profilo del suo corpo controluce, invitante e tentatrice.
Le bolle di sapone scintillavano dei suoi colori impazziti, abbaglianti.
Aveva i capelli lunghi, Tonks. Che si muovevano, si allungavano ed accorciavano e fluttuavano attorno a lei come lingue madreperlacee.
Erano bianchi, ma dentro le ciocche c'erano sfumature dai colori pastello che andavano dal rosa all'azzurro, dal verde acqua al violetto, fino all'argento. Questi colori si inseguivano tra di loro continuamente, creando un effetto quasi olografico.
Era come guardare la luce riflettere sulla superficie interna di una conchiglia, o sulle pareti di un diamante... e venire risputata fuori in tante scintille, che rimbalzavano sulle bolle di sapone che la circondavano facendole brillare come infuocate. Così veloci erano quei colori che generavano luce, muovendosi come onde sulle pareti, sulle tende, ovunque.
Scie vive di un gioiello estremamente prezioso.
Tonks alzò il viso e lo guardò negli occhi. Nelle iridi, i colori correvano impazziti nello stesso, identico modo.
Il suo sguardo lo investì dolcemente, le lentiggini multicolore scintillarono come una cipria di diamanti sui lineamenti fini e gentili e le sue labbra spiccarono tra quei colori come un castigo proibito. Lo guardò in quel modo così suo, da ninfa indifesa, da farfalla sottile, con un'innocenza che gli spezzò il respiro. E Remus si rese improvvisamente consapevole del tessuto sottile di quel pagliaccetto reso quasi trasparente da quei giochi di luce.
Distolse in fretta lo sguardo, sentendosi bruciare. Il tormento gli chiuse le labbra a doppio filo e il povero lupetto sentì il bisogno di sottrarsi a quella visione.
Furono solo le sue lacrime a riportarlo su di lei.
Gli occhi perlacei di Tonks erano sgranati e pieni di lacrime, un pianto silenzioso, sconvolto e sperduto, come quello di un bambino.
Se li asciugò in fretta, e un rossore policromatico fece brillare le sue guance ancora di più.
"Stavo solo cercando di rendermi utile..." mormorò, in imbarazzo. "Ma... i miei poteri... non riesco a controllarli, in questo momento. Non hanno mai fatto così..." Si prese la testa fra le mani, cercò di concentrarsi, ma non ebbe alcun risultato. Continuava ad avere quell'aspetto. "Gli incantesimi che ho fatto... sono stati un disastro. Volevo solo aiutare... non volevo che sistemassi tu, non dopo quello che hai dovuto fare..."
Avevano mandato un bigliettino a Tonks immediatamente dopo aver liberato i draghi, per rassicurarla che era andato tutto bene. Si erano accordati per rivedersi in stanza dopo un ragionevole tempo, aggirando il giardino per il lungo, per non destare sospetti e non farsi beccare dalle guardie.
Lui e Lemon si erano separati a metà strada, quando erano sicuri di essere ormai fuori pericolo.
Pensava di trovarla traboccante di gioia, e non in ginocchio in un casino magico e... con...
Con le sembianze di una fottuta dea.
Lupin scosse il capo. Tonks stava piangendo.
Concentrati.
Era difficile riuscire a mettere in fila un discorso logico. Era... paralizzato.
Era la cosa più bella che avesse mai visto.
"Narcissa mi ha graffiato la mano..." continuò Tonks, mogia, interpretando il suo silenzio come shock. "... e mi ha fatto qualcosa che ha mandato il mio lato Metaformagus fuori controllo. Però dovrebbe passare a breve... riesco a controllarlo un pochino di più. Ma... scusami, Remus, ho fatto un disastro..." un singhiozzo la scosse nel profondo e lei parve rattrappirsi su sé stessa. "... volevo solo aiutarti e ho fatto un disastro come al solito...!"
Lui si precipitò davanti a lei. Cadde in ginocchio, le prese le mani.
"Non importa! Davvero..." balbettò, inebetito. "T-Tonks, cosa...?"
Lei stirò una smorfia, cercando di bloccare le lacrime.
"Sono fuggita in camera cercando di farmi vedere il meno possibile. Non è orrendo? Sono riusciti a... farmi vergognare di quello che sono."
Remus rimase in silenzio. Non riuscì a pensare ad una sola frase di senso compiuto.
Vergognarsi... perché? Non capiva. Era... era meravigliosa.
Il modo in cui i colori correvano sotto la pelle alabastrina. Il modo in cui le lentiggini scintillavano, come una cipria di diamanti.
Tonks splendeva come una stella.
Alzò la bacchetta ed i mobili impazziti si fermarono. I libri caddero. La saponetta smise di divertirsi.
Rimasero solo le bolle. Sembravano enormi lucciole colorate.
Tonks le fissò per un po', prima di riprendere a parlare.
"Un nonno da abbracciare a Natale. Una zia con cui prendere un té nelle domeniche pomeriggio. Avrei voluto... " la Grifoncina si sforzò di fare una vacua risatina. Le lacrime le grondavano dalle guance grosse come pietre. "Avrei voluto solo una famiglia normale. Lo so che è stupido, però..."
Non riuscì a finire la frase e si strinse nelle spalle.
Sorrise.
Sorrise con occhi addolciti e quieti, come il vento che le smuoveva i capelli. Lo guardò ancora con quel suo solito e innocente modo di fare, da cerbiatto nel bosco.
"Grazie." accennò ai mobili. "Il mio senso dell'equilibrio è così matto. Sicuramente cadrò da qualche parte in mezzo a questo casino."
Lo disse con leggerezza. Come se fosse una battuta.
Il suo corpo era stato spezzato così tanto a lungo. Il suo dono di Metaformagus storpiato e ridotto ad una gabbia soffocante per così tanti, lunghi anni.
Smettila di sorridere. Il pensiero si formulò nella testa di Remus come un lampo, un flash accecante. Smettila di cercare sempre di sorridere mentre stai piangendo.
Invece, disse solo, con voce piatta: "I maggiordomi avevano il compito di creare un prodotto di toeletta per le signorine. Ho creato questo per te."
Gli occhi di lei si allargarono stupiti quando tirò fuori una piccola scatolina. Era stato uno dei primi compiti che avevano assegnato ai ragazzi Mezzosangue. Forse come sfregio.
La scelta era libera, purché si trattasse di un ninnolo di lusso, un prodotto femminile.
Creare un profumo che non avrebbero mai potuto annusare. O una cipria, un ombretto, un piegaciglia, o...
"Oh." La sorpresa fermò le lacrime sulle ciglia di Tonks. Anche quelle erano piene di colori diversi. "E' un... lucidalabbra!"
... O rossetti, stesi su bocche che a loro erano proibite.
Aveva aperto il piccolo contenitore ovale, simile ad un portagioie fatto di intarsi d'argento. Al suo interno, perfettamente liscia nella conca, una sostanza densa che aveva il colore delle fragole.
"C'è un piccolo laboratorio nel corridoio al secondo piano... Porfiria Malfoy sta progettando una sua linea di cosmetica. Quasi tutti hanno preparato un profumo, perché era più facile, ma..."
Ma niente al mondo dovrebbe mai coprire il tuo odore.
Si schiarì la voce, diventata improvvisamente roca, reprimendo quel pensiero.
"... L'ho preparato io scegliendo una tonalità adatta al tuo colore di pelle."
Un regalo... da Remus?
Tonks strinse tra le mani il cosmetico. Era stato un compito affidato a tutti, però...
"Che bel colore..." pensò. L'aveva scelto per lei.
Per... la sua bocca.
Il cuore le impazzì nel petto. Fin quasi a farle male.
Sollevò il viso, scontrandosi negli occhi di Remus. Fissava le sue ciglia, le lacrime che vi erano ancora appese ma che si stavano asciugando. Il viso dall'espressione indecifrabile.
Le prese il rossetto dalle mani e lo fissò a lungo. Poi, delicatamente, ci posò sopra un dito.
"Permetti?" sussurrò.
Le lacrime pizzicavano. Tonks chiuse le palpebre, strizzandole appena, ma non riuscì a riaprirle perché il Marauder le aveva appena preso il mento con dolcezza, sollevandoglielo alla luce. E poi aveva sentito il suo dito posarsi sul suo labbro inferiore con la dolcezza e l'impercettibilità del velluto, del miele.
Il polpastrello di Remus ticchettò appena il rigonfiamento della bocca, stendendo il trucco con precisione. Avrebbe voluto baciarglielo, baciargli la punta di quel dito con tutta la tenerezza di cui era capace.
Quando aveva visto il suo potere fuori controllo, non si era schifato come Lestrange.
No... Remus la stava guardando con una luce negli occhi che non gli aveva mai visto. Qualcosa che la stava facendo tremare come una foglia sotto quel suo tocco gentile.
Qualcosa che le impediva di riaprire gli occhi.
Lentamente, lui passò anche al labbro superiore. Quando arrivò agli angoli, il ragazzo si fermò.
"Apri... leggermente la bocca."
La sua voce arrochita era bassa, a malapena un respiro. Una carezza sulla pelle.
Tonks dischiuse appena le labbra. Di pochi millimetri. Ricevette silenzio.
Immobilità.
"...Ancora."
Sentì la stanza pulsare come il ticchettio di un orologio, il conto alla rovescia di qualcosa di imminente. Di incombente.
Le sue labbra si aprirono ancora un po'. Come lo schiudersi di un fiore.
"... ancora..." Remus glielo disse sospirando, questa volta, con un'arrendevolezza dolce, disperata, tremante. Come per esorcizzare quello che provava, ma non servì a niente. Non ci furono rimorsi, coscienza, niente che potesse placare quel sangue che aveva preso a galoppargli nelle vene, arrestare quell'urgenza che gli mosse le mani, facendogli scivolare le dita attorno al viso di lei.
La bocca di Tonks aprì di più. Sempre di più. Luccicante. Invitante.
Sua.
La senti, la mia anima?
Tonks era sua.
"... ancora..."
Smettila di combatterlo e arrenditi.
E Remus Lupin, finalmente, si arrese.
E affondò la bocca in quella di Ninfadora Tonks.
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M.A.R.A.U.D.E.R.S.
FanfictionNell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l...
