66. Fucked Up World

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Remus Lupin scivolava nelle ombre.
Aveva dovuto attendere che Tonks crollasse prima di muoversi. Anche se la ragazzina aveva vivamente protestato e non voleva andare a dormire, le aveva strappato la promessa che avrebbero indagato insieme il giorno dopo.
Gli era pesato dirle quella bugia, ma... beh, Tonks non era propriamente 'discreta' quando si trattava di muoversi nel silenzio. E ne aveva decisamente passate fin troppe, quel giorno.
I corridoi erano deserti. E per un motivo ben preciso.
Nel cortile, scorse alcune delle carrozze scendere planando dolcemente verso i roseti, guidate da alati destrieri neri, cavalli simili a enormi pegaso della notte che facevano a gara fra loro per possanza e per magnificenza.
Storse il naso, riparandosi dietro una sottile tenda di lino quando la luna fece capolino fra le coltri tagliando l'aria in fasci squadrati di luce.
I domestici erano tutti indaffarati nell'accoglienza dei nuovi ospiti.
I primi membri della Nobiltà Magica che arrivavano per partecipare al galà. E per banchettare sulla carne fresca, pensò con un improvviso moto di repulsione. Accordi politici - e matrimoniali - si stipulavano in eventi come quello.
Non era solo la ricchezza materiale, quella che si ricercava. Ma linee di sangue quanto più incontaminate possibili.
Quei vecchi maghi vivevano per nient'altro che per trovare sangue puro con cui arricchire l'eredità magica delle nuove generazioni di eredi e mantenere alto il nome della propria stirpe.
Come se per far nascere maghi potenti servisse essere Purosangue, pensò Remus con una smorfia. Conosceva mezzosangue molto più in gamba di qualunque damerino pomposo avesse presenziato all'evento. Lily, per dirne una.
Ma certi pregiudizi erano duri a morire...
In ogni caso, molto meglio così. Poteva agire nelle ombre il più discretamente possibile.
Si insinuò fra i corridoi con la leggerezza di un soffio di vento, concentrandosi completamente sul proprio respiro. La notte divenne alleata. I sensi si erano completamente dilatati. Il pavimento stesso sembrava modellarsi sotto i suoi passi.
Sapeva bene che aspetto doveva avere in quel momento.
Lievemente accucciato, molto più veloce e silenzioso del normale, gli occhi accesi come braci ed il sangue che bruciava di una sorta di feroce desiderio, come se tutto quello fosse una parte di lui che reprimeva da troppo tempo.
Era come un lupo a caccia.
Chiuse gli occhi, scuotendo lievemente il capo.
"Concentrati, Remus."
Non doveva prevalere l'istinto.
Doveva trovare un modo per carpire i segreti di quella gente. Vagò lungo i margini di quel ritrovo della borghesia gozzovigliante fermandosi di tanto in tanto a cercare eventuali passaggi segreti, piccoli fori nei muri, meccanismi meccanici, residui di magia.
Anni e anni passati a scoprire i segreti con James, oramai poteva quasi fiutare le tracce degli incantesimi di occultamento, per quanto potenti potessero essere.
Nulla di nulla.
Quella casa sembrava immacolata!
E gli ospiti iniziavano ad aumentare, pensò frustrato. Ben presto i corridoi sarebbero stati di nuovo affollati!
Si fermò di nuovo alla finestra a fissare il viavai nel cortile. Rappresentanti di ogni tipo scendevano imbellettati seguiti da bagagli volanti e schiere di elfi.
L'opulenza che sfoggiavano aveva da tempo smesso di impressionarlo. Era solo... ricchezza.
Ma la vera potenza... probabilmente, aveva capito la differenza quando aveva incontrato i Potter per la prima volta.
Era rimasto folgorato da quel senso non solo di appartenenza, ma di vero e proprio comando. Era l'aura di sicurezza, del tipo che solitamente si accompagna al privilegio e a una posizione gerarchica ben precisa nei vertici del mondo magico, che in pochi riuscivano a replicare. Un profumo di istituzione, di forza, che permetteva loro di rivolgersi alle alte sfere con tanta naturalezza e sfrontatezza – perlomeno Euphemia Potter – tanto che sembravano eternamente giovani, degli adolescenti ribelli.
Solo un po' più grossi e in grado di incenerirti con un battito delle ciglia...
Perso in quei pensieri, improvvisamente si ritrovò davanti a una coppia di scalini.
Corrucciò la fronte, perplesso.
Era già passato di lì. E prima non c'erano.
Portavano ad una porta che puzzava tanto di incantesimi di occultamento da fargli girare la testa.
Quando si voltò, alle sue spalle non c'era più un corridoio dritto e lungo, ma una parete di pietra che svoltava ad angolo netto. Sporgendo il naso oltre quell'angolo, non vide altro che una cappa di impenetrabile oscurità.
Un portale segreto. Bingo.
Si riconcentrò sulla porta, che a parte essere antica non mostrava particolari indizi.
"Revelio." sussurrò, tirando fuori la bacchetta. Non ci fu nessuna vibrazione.
A quanto pareva i Malfoy erano abbastanza sicuri che non sarebbe stata trovata.
Probabilmente era uno di quei portali che agivano tramite l'ingegno, più che un occultamento fisico, il tipo di ingegno che ruotava ad esempio attorno alla Stanza delle Necessità di Hogwarts, l'unica che non erano mai riusciti a trascrivere sulla mappa perché non era propriamente un luogo "fisico" ma appariva all'occorrenza solo quando qualcuno ne aveva bisogno.
Probabilmente, quella era un tipo di porta che si poteva trovare solo per colpo di fortuna o se si era sovrappensiero. Bisognava stare cercando qualcosa, anzi, più probabilmente bisognava solo sapere che c'era qualcosa da cercare, ma senza avere quella meta precisa in mente.
A chi l'aveva creata probabilmente bastava liberare la testa e iniziare a camminare a casaccio in quel corridoio per trovarla... esattamente ciò che aveva fatto Remus, passando di lì senza saperlo per un puro colpo di fortuna.
Quando l'aprì, tuttavia, per un istante rimase di sale.
Un occhio lo fissava.
Strizzò gli occhi, arcuandosi per istinto – pronto a colpire – ma poi si fermò.
Davanti a lui c'era un grande caminetto, così immenso da coprire tutta la parete. L'occhio che lo fissava attraverso fiamme bluastre non era altro che un disegno intessuto in un grande quadro di tela su una parete, proprio dietro quelle fiamme, in un'altra casa.
Non si vedeva nient'altro che quello: un sottile nome argentato spiccava sopra una testa che qualcuno aveva dipinto e poi probabilmente incenerito, a giudicare dalla grossa macchia nera, ma la scritta era stata rovinata dal fuoco fino ad essere illeggibile.
C'era solo quell'occhio, ed era femminile e in qualche modo affascinante, gentile e saggio e... stranamente familiare.
Rimase a fissarlo inebetito fino a quando non sentì dei passi alle sue spalle.
Il sangue gli schizzò alle stelle nelle vene.
La stanza era circolare e piena di ombre e quando la porta si aprì, Remus si infilò in una di quelle ombre accanto alla porta, bloccando ogni singola particella del proprio respiro.
Il cuore diventò quasi immobile, la pelle si marmorizzò. Tuttavia la lucidità rischiò di sfuggirgli di mano quando Rodolphus Lestrange si sedette davanti al camino... e nientemeno che Nartrix Rosier comparve dall'altra parte.
Il comignolo era talmente grande che non si vedeva soltanto la testa, come di solito accadeva, bensì tutta la sua figura.
Nartrix era sottile e abbastanza bassa, ma tutto il suo corpo trasmetteva una strana flessuosità da giaguaro... e la stessa sensazione sanguinaria di ferocia.
La strega si sedette su uno sgabello identico a quello di Lestrange e accavallò le gambe fasciate in aderenti pantaloni di camoscio mentre si accendeva la sigaretta.
"Non hai ancora buttato quello stupido arazzo?" grugnì Lestrange, imitandola.
L'odore del fumo riempì la stanza.
"Suppongo che Walburga non gradirebbe." lei stirò un ghigno affilato, gettando un occhio alle sue spalle. "Dovrebbe venire a riprenderselo una volta sistemati i preparativi del trasferimento."
Le orecchie di Remus si tesero. Trasferimento? I Black volevano trasferirsi?
"Da quando sei diventata la galoppina di Walburga?"
"Suvvia, Lestrange caro. Fare un favore a tua cognata è pura e semplice buona educazione."
"Ti chiede anche di aiutarla con gli scatoloni?" ironizzò Rodolphus, velenoso, e lei scoppiò in una risata leggera che gli fece venire i brividi.
"Non essere così astioso con la tua adorata suocera."
"Non sei ancora mia suocera"
"Impaziente di mettere un anello al dito?" lo sguardo di Nartrix si fece crudele. "O temi forse un rivale in amore?"
L'atmosfera cambiò di colpo. Si fece tesa. Bruciante.
Natrix lo sapeva. Se ne beava.
Sembrava godere di quella sensazione. Quella di trovarsi davanti qualcuno che sta soppesando le mosse corrette per sezionarti la gola con una maledizione.
A quanto pare aveva toccato un tasto scoperto.
"Tranquillo..." La voce di lei si fece suadente, cantilenante. Come una mamma che sta consolando il suo bambino. Fece un effetto a dir poco agghiacciante. "D'altronde, sapevi com'era Bellatrix quando ti sei legato a lei, no? Oppure lo trovi forse ... inopportuno?" La voce cambiò drasticamente. Si fece gelida. Mortale.
Rodolphs si raddrizzò nelle spalle, buttando il fumo sul soffitto.
"La mia fedeltà va nella stessa direzione della vostra." mormorò, con occhi vacui. "Dovresti saperlo."
"Nel giardino dei Black sono da sempre passate tante farfalle." soppesò le parole l'altra, socchiudendo gli occhi a mezzaluna come se fosse annoiata. "Incantevoli e variopinte e con ali come il vetro. Bellatrix è sempre stata diversa, non trovi? Una falena nera dalle ali belle come velluto. Il pezzo forte della collezione, a prima vista. Se non fosse che anche solo lo sfiorare quelle ali comporti il morire avvelenati. Con certe creature è così: ci si uccide piano piano osservandone la bellezza, incapaci tuttavia di distogliere lo sguardo. Ma tu ne sei ben consapevole, non è vero? Tu quella sua follia la indossi come un vello. Il suo veleno per te è dissetante. Tuttavia... dovresti sapere che le falene sono attratte dalle cose che brillano."
"E Lui brilla così tanto da attirarci tutti." mormorò sorridendo di sbieco Rodolphus, fissando con occhi vacui la punta della sigaretta che si accartocciava fra le sue dita. C'era qualcosa di strano in quel sorriso, ma Remus non sapeva stabilire cosa. Non avesse avuto davanti quelle esatte persone, avrebbe pensato a una sorta di devastazione di fondo. Di disperazione.
Nartrix sorrise sagacemente, fissandolo divertita come un predatore.
"Non è quello che le farfalle hanno sempre cercato? Una fonte di luce che non carbonizzi le loro ali?"
"Ne sei così convinta, Rosier? Che questo volare frenetico non ci carbonizzi tutti?"
Seguì un lungo silenzio. Poi la donna ridacchiò piano.
"Oh, mio caro Rodolphus. Sei davvero in un bel guaio, eh?"
Lui non rispose.
"E che mi dici... della farfallina più colorata di tutte?" la donna continuava a ridacchiare e il suo occhio cadde sul viso bruciato dietro di lei.
Remus sentì l'aria sgonfiargli lo stomaco con una presa di piombo.
Tonks.
Parlava di Tonks.
Solo in quel momento si rese conto che Nartrix... era sua nonna. Erano talmente diverse che la sola idea aveva del ridicolo, non era nemmeno immaginabile, eppure era così. Il pensiero non l'aveva minimamente sfiorato.
"Fa la brava. Per quanto possa farlo la figlia di Andromeda." chiosò rapidamente Lestrange, con un'alzata di spalle. "E' ancora presto per avere una mia opinione in proposito."
"E Regulus Black? Ammaliato dalla bambolina di casa?"
"Bah. E' solo una marmocchia."
"Lo era anche Bellatrix per te. Eppure una bambina ha saputo mettere il guinzaglio a uno degli uomini più brutali tra gli alfieri dei Black."
"L'hai detto, no? Bellatrix è diversa. Anche se devo dire che Eris ha retto piuttosto bene la punizione con la cupola del tempo. Resilienza niente male per una marmocchia viziata. Per quanto io l'abbia ritenuta una mossa avventata... le voci girano e quella roba non è propriamente magia buona..."
"Non potevamo rischiare di fare altrimenti. Non sarà l'ultima volta che ci dovremmo servire di una cupola del tempo, a quanto pare. " La voce della donna era di nuovo cambiata, una traccia di sospetto e diffidenza che le fece vibrare il timbro. "Se perfino Lui ha dovuto concentrare tutta la sua attenzione sulle Giratempo, puoi capire quanto la situazione sia... preoccupante. Meglio non usarle, per ora."
Lupin si sporse oltre la colonna dove si era rifugiato. Di che accidenti stavano parlando?!
"Quindi è davvero così? Si stanno tutte... rompendo?" C'era incredulità genuina nella domanda di Rodolphus. E anche a Remus parve che qualcosa lo inchiodasse al pavimento.
Le Giratempo non si potevano rompere.
Era come dire che il sole aveva dimenticato di sorgere. Erano forse frasi in codice?
"Rodolphus, che ne dici di... chiudere la porta?"
Doveva uscire da lì.
Remus si tese e tutta la sua pelle si accartocciò come carta vetrata quando l'uomo buttò l'occhio proprio nell'esatto angolo dove si era nascosto. Se si fosse avvicinato, l'avrebbe scoperto senz'altro. Ma non aveva modo di sgattaiolare via proprio da sotto il suo naso.
"Ma prima, che ne dici di godere di quel Brandy di cui ti parlavo?" Nartrix era divertita come se stesse captando esattamente i suoi pensieri.
Non era possibile che lo vedesse da quella distanza, ma... quella donna era inquietante. Nulla vietava che non stesse giocando con lui come una serpe con il proprio pasto vivo.
Forse avrebbe dovuto combattere... Remus strinse la bacchetta fra le nocche. Le mani iniziarono a sudargli. Solo un po'.
Eppure, Rodolphus si girò di nuovo di spalle e andò, rilassato, dall'altra parte della stanza.
Ci fu un tintinnio di bicchieri e quello parve che sgolarsi l'alcolico fosse l'unica sua preoccupazione al mondo.
Non avrebbe avuto altre occasioni, lo sapeva.
Il suo respiro e il suo cuore divennero mortalmente lenti mentre, sinuoso, scivolò oltre la porta, gli occhi ben puntati alle sue spalle.
L'uomo non si voltò mai e Remus uscì... e niente riuscì a impedirgli di correre quando il portale si disattivò e lui si ritrovò di nuovo nel normale corridoio del Malfoy.
Si costrinse a rallentare il passo solo quando fu a debita distanza.
Doveva concentrarsi... non aveva scoperto nulla sui draghi ma a quanto pare, qualcosa stava bollendo in quel lurido pentolone che era la famiglia Black!
Il suo cervello iniziò ad arrovellarsi su ciò che aveva sentito fino a farsi venire il mal di testa. Ripeté parola per parola di quei discorsi, analizzò il cambio dei toni, le micro espressioni... ma era stato tutto troppo buio e troppo enigmatico, accidenti!
Che cos'erano quelle insinuazioni sul trasferimento...? E quegli strani messaggi in codice... le Giratempo...
Un'ondata di nausea lo percorse ma durò poco, solo un attimo. Ma... la debolezza lo fece barcollare.
Merda. Iniziava a stare male davvero.
Aveva bisogno di riposare...
Senza nemmeno sapere come, si ritrovò davanti alla loro stanza. Entrò piano, facendo attenzione a non svegliare Tonks.
La streghetta dormiva accanto alla finestra. La luce della luna le faceva risplendere la pelle. Remus cercò di non guardare lassù, in alto nel cielo, dove era quasi piena, ma non riuscì a resistere a quella tentazione.
Doveva essere per forza un messaggio in codice, quello. Le Giratempo non si potevano rompere...
Tonks mugugnò qualcosa, catturando di nuovo la sua attenzione. Vedere la luna riflettersi sul suo viso fu una dolorosa tortura, ma fu anche peggio quando una nuvola passò e le ombre di nuovo l'avvolsero, come a volergliela portare via. Di nuovo quella sensazione di impotenza, di ansia e di pericolo. Non vedeva l'ora di tornare ad Hogwarts, di saperla al sicuro. Lontana da quei bastardi, da quelle...
... Ombre...
Remus si bloccò di colpo.
Aveva appena trovato la soluzione all'indovinello.




Il sorriso di Nartrix era letale.
"Perché l'hai lasciato andare?" Rodolphus continuò a bere senza nemmeno guardarla.
"Non avevamo detto nulla di ché. E non mi andava di creare scompiglio durante questo evento uccidendo un ragazzino di Silente."
"Tu che rifiuti di versare del sangue... " soffiò l'altro, inarcando lievissimamente un sopracciglio, appena un movimento del muscolo.
Qualcosa era cambiato, in lui. Una maschera era appena stata buttata via.
Non più sardonico e irriverente, Rodolphus era tornato ad essere se stesso. Un sicario gelido, serio e impettito.
Un perfetto cane al guinzaglio.
Anche se era stato divertente vederlo recitare così bene, pensò Nartrix. Quell'uomo sapeva essere davvero camaleontico, bisognava ammetterlo! Perfino la sua voce era cambiata: ora era bassa e monocorde, senz'anima. Un uomo letale ma che Bellatrix aveva lentamente distrutto, smembrato pezzo per pezzo con il suo fascino... e ridotto al pari del più fedele dei loro segugi. Niente era mai davvero importato a Rodolphus Lestrange al di fuori di sua figlia. Se Bellatrix gli avesse ordinato di uccidersi, quell'uomo, per lei, l'avrebbe fatto senza esitare.
"Silente è partito, non lo sapevi? La sua vice, quella McGranitt, non è acuta quanto lui ma non ci metterà molto per fiutare la stronzata e fare una chiamata a mia figlia Andromeda per capire se la bambina si trovi davvero a casa con lei. Sempre che non l'abbia già fatto. E avere gente che viene a ficcanasare qui con un marmocchio morto da nascondere non è propriamente l'ideale, o sbaglio? Ci basta già quel bel carico di draghi che quella cretina di Porfiria ha tardato a fare partire. Tu, piuttosto, come mai ci hai messo così tanto ad accorgerti della presenza di quel moccioso?"
"Non me ne sarei mai accorto, se fosse stato nel pieno delle sue forze." L'uomo stirò una smorfia. "Quel lupo è fisicamente debole, al momento. Me ne sono accertato quando l'ho sbattuto a terra. Ma nel pieno delle sue energie, potrebbe diventare un problema."
"Non preoccuparti. C'è un piano anche per lui. C'è un piano per tutti. Basta solo aspettare la fine dell'anno scolastico..."
La golosità violenta della sua voce avrebbe gelato gli inferi. Aveva quasi l'acquolina in bocca alla sola idea di poter di nuovo spargere sangue e devastazione.
Rodolphus la fissò senza un'espressione, ma lei lo conosceva troppo bene.
"Voglio saperlo, Nartrix." mormorò infatti, piantando i suoi occhi spenti e piatti su di lei. "Cosa davvero succederà quel giorno."
Ma lei gli strizzò l'occhio piena di malizia.
"Oh, genero caro. Non possiamo mica dirti tutto, no?"







Due anni prima. Hogwarts.


"Io conosco il segreto dei tuoi occhi."
Liu Chang camminava per i corridoi della scuola. I capelli raccolti in boccoli che le ricadevano sulla schiena, gli occhi gonfi di lacrime.
Se li asciugò con rabbia. Tempo dopo, quegli stessi occhi sarebbero stati ricoperti di pesante trucco e avrebbero avuto tutt'altra espressione ma al suo quinto anno il suo volto era ancora pulito, innocente.
Un volto che iniziava a detestare... assieme alla sua maledetta parlantina, che l'aveva allontanata dall'unico essere umano decente che le avesse rivolto parola lì dentro.
Non che non avesse coltivato amicizie. Ma erano solo di convenienza. Era come essere soli. Anche se non era così male.
Liu Chang odiava quella scuola. Odiava gli studenti, le loro chiacchiere insulse, la sottile e perfida rivalità tra ragazze e ragazzi, e la loro debolezza, insulsezza...
Era stata cresciuta da un padre autoritario che le aveva insegnato che solo i potenti, coloro che erano davvero d'aiuto alle loro case, meritavano di essere considerati. E che l'aveva abbandonata in un orfanotrofio fino a quando Liu non aveva trovato un modo per rendersi degna di essere amata, utile alla famiglia.
Diventare onorevole, dicevano.
Un rito di passaggio di tutti i Chang. Ma lei a quei tempi era solo una bambina spaventata che si aggrappava alle gonne di sua madre supplicandola di non abbandonarla... e ogni tanto tornava ad essere quella bambina.
Stupida e bisognosa.
Per questo da quando James Potter l'aveva allontanata dopo che lei gli aveva detto quella frase odiosa, avrebbe solo voluto tagliarsi la lingua.
James era diverso dagli altri studenti.
L'aveva capito fin dal primo momento in cui l'aveva visto. L'aveva sempre osservato da lontano, come un insetto attratto dal sole che non osa volare fino a lì. Come faceva probabilmente chiunque altro, ma lei sapeva osservare meglio.
Quel maghetto era destinato ad essere leader, destinato ad essere degno d'amore e stima. Attraeva a sé la gente con una forza quasi gravitazionale.
Sembrava nato per questo, per modellare e piegare come metalli le persone. E riusciva in tutto con una facilità estrema.
James era semplicemente migliore degli altri.
Quando le aveva offerto la sua amicizia, quasi non ci aveva creduto. Era bastato che lei coprisse una sua fuga da un Prefetto, indicando con un dito la direzione sbagliata quando quello le aveva chiesto dove "accidenti si fosse cacciato quel demonio", e lui l'aveva notata.
Le si era avvicinato un pomeriggio con quei capelli sempre arruffati, come se si fosse appena alzato dal letto, e sulla faccia l'immancabile sorriso spensierato.
Bello come il sole.
L'aveva ringraziata e aveva cominciato a parlare a macchinetta. Di Quidditch, di incantesimi... Liu aveva ascoltato a malapena, impegnata a frenare i battiti ritmici del suo cuore impazzito. Pensava che quella di Potter fosse solo cortesia ma a quanto pare doveva essergli piaciuta, perché il giorno dopo James l'aveva avvicinata di nuovo.
"Woah! L'hai fatto tu?" aveva tuonato con gli occhi che splendevano, quando l'aveva beccata a dipingere. Liu era arrossita fin sopra la radice dei capelli e aveva cercato di nascondere il suo disegno. Era un dipinto di Hogwarts.
"Non è niente! Non è niente, io..."
Lui le aveva fermato le mani, con largo sorriso carico di meraviglia genuina.
Era bastato quello. Liu non aveva mai mostrato a nessuno la sua abilità nel dipingere. Trovava liberatorio farlo, era una parte di sé. Ma suo padre non gradiva vederla perdere tempo in qualcosa di così inutile, e a lungo andare quel suo piccolo hobby era diventato un segreto da nascondere con vergogna. Ma lui l'aveva guardato e... l'aveva visto con occhi diversi dai soliti. Non c'era biasimo, o sdegno, in quello sguardo.
A James... quella piccola e vergognosa parte di sé piaceva davvero.
"E' bellissimo! Hai un vero talento! Me ne fai uno del Campo di Quidditch?"
E fu così che quel giorno... lui le stette appiccicato.
E il giorno dopo ancora. E ancora...
Fino al punto in cui erano cominciati gli sguardi invidiosi delle altre ragazze perché era evidente a tutti che stavano iniziando a frequentarsi.
Ma non importava se certe tizie avevano iniziato a linciarla con gli occhi o a farle i dispetti. Quelle occhiatacce erano come delle carezze. James era migliore e aveva scelto lei, il ché significava che lei era migliore di loro. Che era degna di essere amata.
E non solo.
Con il passare dei mesi, si era resa conto... che forse, poteva anche essere degna di amare.
Non aveva mai conosciuto una persona che trasmettesse così tanto calore. La sua compagnia era come una calda marea che seppelliva ogni pensiero orribile. Si ritrovava a sorridere da sola ripensando alle sue battute, alla sua risata contagiosa, al modo in cui la faceva sentire.
James la faceva stare bene in un modo incredibile.
Ma quel giorno, quel dannato giorno, James aveva litigato con... l'altra. L'altra metà.
La ragazza che sembrava attirarlo a sé come una calamita.
Liu Chang sapeva osservare. E se da una parte iniziava a sentirsi degna di amare, dall'altra iniziava a provare anche l'esatto opposto... qualcosa di marcio e contorto cresceva dentro di lei quando guardava quella insulsa mocciosa dai capelli rossi osare contrastare James, l'unica a impedirgli di fare esattamente ciò che voleva, come e quando lo voleva, come se fosse in qualche modo una sua pari. Nessuno osava mai contrastare James. Nessuno era all'altezza di poterlo fare. Ma lei si permetteva di farlo comunque.
Faceva lo stronzo ogni tanto, e allora? Ne aveva tutto il diritto. Era il migliore, e i migliori potevano fare ciò che desideravano.
Per questo, quando lo vide così turbato per quello stupido bisticcio in cui – da quel che aveva capito – c'era stato di mezzo Severus Piton, aveva deciso di buttare le carte al vento e cercare un modo per fargli capire che lei gli sarebbe stata vicina più di chiunque altro. Che con lei, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa volesse.
Ma lui era stato scostante e distratto per più di tre settimane.
Tre settimane di silenzio, di solitudine frustrante, di... invisibilità. Non che fosse l'unica. Da quando era successo il litigio in riva al lago, tutti sembravano invisibili per James.
Solo che... si era illusa che lei poteva essere in qualche modo diversa dagli altri, per lui.
Anche se quando la vide entrare nella sua stanza il sorriso che le riservò fu sincero, e proprio per questo faceva ancora più male.
"Hey, Liu. Com'è andato il compito di Alchimia?"
"E' stato tre settimane fa." aveva replicato asciutta. Il suo tono un po' freddo lo spiazzò.
"Oh... giusto. Scusa. Non... non ci vediamo da un sacco..."
Era rimasto lì a grattarsi la nuca, impacciato. Era così adorabile che a Liu saltarono i nervi.
"Ti aspettavi che venissi io a cercarti?"
"Sono stato..." James si era strofinato la fronte. "Occupato. Stanco."
"Sul serio?" Liu fremeva di irritazione. "Viviamo nella stessa scuola."
"Lo so, ma... voglio dire, nemmeno tu mi hai..." si bloccò. "Non importa. Questo è... non facciamolo."
"Non facciamo cosa?"
"Noi non litighiamo mai, no? A me piace così." si strinse nelle spalle. "Con te è tutto più facile."
Già, pensò Liu, ricacciando in gola un boccone amaro. Sì, lei era molto facile da dimenticare. Da ignorare. Era tutto così dannatamente facile che non faceva alcuna dannata differenza che ci fosse o meno.
"Voglio dire, non è come con Evans." aveva aggiunto lui con una smorfia. "Sempre a bisticciare. E' fastidioso. Hai presente com'è, no?"
Sì, aveva presente com'era
Fastidioso.
Era quella la parola preferita per definire Lily Evans e il loro patetico tango cosmico?
Certo, Lily era così fastidiosa per lui. Così fastidiosa che, da quando aveva preso a ignorare ogni sua provocazione, lui vagava come un fantasma per i corridoi della scuola.
In quell'istante, era riuscita a vedere il rapporto fra lei e James ancora più lucidamente del solito. Lui era abituato a mettersi in competizione riuscendo al contempo a farsi adorare. La Evans non lo adorava di certo, ma fino ad allora l'aveva assecondato alla perfezione, riservandogli quel tipo di attenzione che gli dava la carica, lo aiutava ad essere sé stesso.
Ma ora qualcosa era cambiato, Piton si era eclissato dai radar e anche la neo Prefetto di Grifondoro sembrava non voler più avere nulla a che fare con nessuno dei due.
Ed era come se i due poli positivi e negativi dello stesso atomo si fossero appena separati... e nessun contrasto gravitazionale ora teneva assieme un nucleo che era di vitale importanza, perlomeno per lui.
Liu c'era ancora, però. Ma non importava.
Tutti quei mesi passati assieme, passati a frequentarsi, in modo così leggero – semplice – ma anche vuoto e superficiale... non importavano.
Perché, di nuovo, Liu era per Potter una persona verso la quale lui si sentiva neutrale.
Una a cui permettere di andare e venire a suo piacimento.
Non... non degna.
Aveva sbattuto le palpebre, serrando le mandibole. Non si erano mai nemmeno baciati. James ci aveva provato, una volta, ma erano stati interrotti da Peter Minus.
Era anche solo inutile provare una simile gelosia. Una simile rabbia.
Poteva solo... giocare al meglio le sue carte.
Farglielo capire.
Che quegli stupidi litigi erano nulla – nulla – al confronto di ciò che lui poteva diventare. Perchè uno come lui perdeva tempo ad essere la nemesi di una sciocca ragazzina impettita?
Quando, assieme, avrebbero potuto sfruttare appieno quel potere che lui invece sembrava a tutti i costi voler sopprimere?
E soprattutto... voleva farglielo sapere. Che lei lo capiva come nemmeno qualcuno dei Marauders avrebbe mai potuto fare. Come Lily Evans non avrebbe mai potuto fare.
Perchè Liu sapeva.
Si erano seduti assieme su un letto a mangiare Cioccorane, la Chang a pancia in giù e James incapace di stare seduto fermo per un solo secondo.
E mentre lui giocherellava distratto con i suoi capelli e le confidava quanto quelle "fossero state delle settimane di merda", di quanto si sentisse frustrato e incazzato, di quanto gli spiaceva di essere sparito dai radar... lei aveva alzato il viso su di lui e gliel'aveva detto.
"Io conosco il segreto dei tuoi occhi."
E lo sguardo che lui le aveva rivolto... non l'avrebbe mai scordato.
Le sue iridi erano diventate come stelle pulsanti di una luce che, invece di irradiare calore, bruciavano ora di gelo.
Un muro di fisica repulsione si era creato fra di loro. Improvvisamente, James l'aveva fissata come se fosse qualcosa di repellente, disgustoso, e si era sollevato di scatto come se desiderasse mettere quanta più distanza possibile da lei.
"J-James..."
Non l'aveva mai visto così nel panico. Il cambiamento era stato così brutale e improvviso che, stupidamente, Liu gli aveva afferrato la camicia senza nemmeno rendersene conto.
Perché non capiva? Non faceva altro che ripeterselo nella testa. Perché reagiva così?
"So che sei un Incantatore. E... so anche... quell'altra cosa. L'ho sempre saputo perché anche nella mia famiglia in Cina c'erano maghi con gli occhi d'oro. E camminavano come dei, James, erano venerati e amati e...ed io posso aiutarti a..."
"No." Lui le aveva afferrato i polsi, i grandi occhioni d'oro sgranati.
"Io lo so." continuava a ripetere Liu, così sinceramente sconvolta dal muro di ghiaccio che aveva appena eretto fra loro, dalla sua... rabbia. "Perché non capisci? Non c'è nulla di..."
"Sta zitta."
La rabbia che grondava dalla sua voce la fece arretrare di un passo. Per un istante, pensò che lui l'avrebbe colpita. Continuò a parlare solo con la forza della disperazione, perché quello sguardo le stava spezzando il cuore in milioni di piccoli frammenti. Fu allora che da adorante, il suo tono divenne stridulo.
"James, è un dono, non una maledizione! Voglio solo aiutarti a..."
"Stai zitta, cazzo!"
Potter aveva urlato... e i quadri appesi alle pareti erano franati a terra con uno schianto.
Li aveva guardati ansimando con gli occhi pieni di repulsione... ed era fuggito via.








Oggi. Hogwarts.


Liu Chang camminava ancora per quegli stessi corridoi. Le stesse rapide falcate, lo stesso disgusto verso ciò che la circondava... ma non più lacrime nei suoi occhi. Solo due immense aree scure sotto le palpebre, un luccichio straziato e ossessivo nelle iridi. Aveva i capelli in disordine, l'aria contorta, come se fosse lo spettro di sé stessa.
Gliel'aveva portato via. Di nuovo.
Aveva appena finito di fare le valigie. Durmstrang.
Quando le avevano proposto lo scambio culturale, all'inizio non aveva accettato.
Ma ora... quello sguardo che le aveva gettato James addosso.
Da quello sguardo voleva solo fuggire. Scappare il più lontano possibile da lì.
L'aveva perso. Di nuovo.
Aveva lottato tanto per cambiare. Per diventare più forte, meno piagnucolosa, meno timida. Il tipo di ragazza... degna di stare accanto a lui.
Aveva polverizzato ogni parte buona di sé per riuscire a... a riconquistarlo. Si era così tanto levigata e aggiustata e contorta che non sembrava più lei. Che non sembrava più niente.
Ma a lui non era importato. Anzi, quella nuova versione di lei l'aveva solo allontanato di più. La disprezzava.
Non era degna.
Cosa avrebbe detto, suo padre, sapendo che aveva bruciato ogni possibilità della sua famiglia di avere a che fare con un Potter?
Si era rintanata nella Sala Comune di Corvonero, aveva cacciato via le compagne e aveva devastato la stanza. E poi, ci si era barricata dentro, ubriacandosi fino all'alba, saltando le lezioni, grattandosi nervosamente le vene dei polsi con le unghie. Ogni tanto qualcuno, non sapeva chi, le lasciava un piatto di cibo accanto alla porta, visto che non intendeva scendere nemmeno per mangiare. Non aveva toccato cibo per tre giorni dopo che James l'aveva ripudiata.
Si era sentita un piccolo, sconfitto parassita... una nullità...
Fino a quel giorno. Fino a quel biglietto.
Un raggio di sole nel buio...
Ma avrebbe ancora potuto sperare?





Lily Evans fissava un grosso libro.
Era uno di quei manuali che la Umbridge aveva imposto loro di leggere.
Lo stava fissando da dieci minuti con aria assorta, seduta al tavolo di Grifondoro nella Sala Grande.
La tavolata era piena di fogli, fascicoli e scatoloni da riordinare in vista della partenza e dell'arrivo di vecchi e nuovi compagni, e delle elezioni. I Prefetti saltavano da un posto all'altro come api roboanti ma lei non riusciva a schiodarsi dal fianco di James, che fissava il muro con la sua stessa, identica espressione.
Non avevano detto a nessuno di aver appena visto il Dissennatore Rinnegato. Di nuovo. E di aver assistito al rompersi di una Giratempo. Come si spiegava una cosa così?
Avevano entrambi concordato che avrebbero aspettato il ritorno di Remus. D'altronde era il più razionale del gruppo.
E rifiutare istintivamente quello che avevano visto e cercare di fare finta di niente era stata la cosa più confortante che fosse venuta loro in mente di fare.
Ma la sensazione di essere sul punto di venire schiacciati da un momento all'altro da forze più grandi di loro non ne voleva sapere di sparire.
"Ma si può sapere che vi prende?" schioccò le labbra Sirius, piazzandosi le mani sui fianchi e lanciandogli un'occhiata acida. "E' da quando siete tornati da chissà dove che ve ne state in silenzio con lo sguardo allucinato. Sembrate due pazzi alienati. Cos'è, avete visto un fantasma?"
"Sì." risposero i due Grifondoro, in perfetto sincrono.
"Bene. Era Nick-quasi-senza-testa o il Barone sanguinario?" ironizzò Felpato, sollevando gli occhi al cielo. "Non ci farebbe male qualche mano in più."
"Ma se tu non stai facendo niente!" protestò Peter, immerso fino ai gomiti in nastri e scartoffie e beccandosi in faccia un ghigno da iena.
"IO sarei in crisi." e si indicò con il pollice.
"Ancora per Tonks?!" Minus alzò gli occhi al cielo. "Ma ti sei scolato dieci Burrobirre stamattina, non ti è ancora passata?!"
"No." scandì lapidario quello, e prese a ignorarli aprendosi l'undicesima.
A quanto pareva, Sirius risolveva i suoi problemi con un numero non ben definito di bottiglie alcoliche e canne, che aumentavano a seconda della gravità della situazione. O forse non voleva sporcarsi le regali manine con la polvere su quei papiri.
O un misto tra le due.
Lily ne grattò via un pochino dalla rilegatura del libro ministeriale che le avevano gettato davanti al naso, distraendosi di nuovo. Sbronzarsi e strafarsi non faceva per lei, quindi che altro poteva fare?
Si concentrò su quel manuale odioso come se fosse un enigma da risolvere.
Pensava che Silente ne avesse fatto piazza pulita ma evidentemente il vecchio mago non era per la censura, anche se si trattavano di emerite idiozie.
Posò il dito lungo la costa, ricordando la sensazione al tatto di altri libri, molto più piccoli; eppure il peso delle parole racchiuse tra quelle pagine faceva apparire insignificante il grosso volume del Ministero. Aveva la sensazione che, a dispetto delle dimensioni o delle apparenze, certi libri pesassero di più.
Ed era così anche per le persone, rifletté, sollevando lo sguardo sul tavolo dei Serpeverde.
Persone sature di potere, che ti davano la sensazione di poterne afferrare tangibilmente un pezzetto se gli passavi accanto.
E poi puntandolo su Cristhine, una mezzosangue così minuta, fragile; stava aiutando Sirius a sistemarsi la cravatta. Lui le sorrideva come non aveva mai fatto in sette anni.
Una ragazza che sarebbe passata inosservata ad un galà, nascosta tra un fiore e l'altro. Eppure, se Lily si fosse trasformata in un gigante e avrebbe preso tutti loro nei palmi delle mani, era certa che la mano che avrebbe sollevato Cristhine sarebbe pesata molto di più.
Guardò la pedana dove di lì a poco avrebbero eletto il Caposcuola.
Era per lei, ricordò a se stessa. Era per le persone come lei che lo stava facendo.
Istintivamente il filo di quei pensieri la condusse a guardare James. Non l'aveva mai visto così turbato.
E... si rese conto di quanto odiasse vedere quell'espressione sul suo viso.
Era una visione insopportabile.
Sospirando, gli sfiorò timidamente una spalla. Lui non sussultò – James non sussultava mai – ma i suoi occhi scivolarono su di lei con una strana espressione.
Sembrava... indeciso. Sulle spine. Come se avesse qualcosa che volesse dirle ma... senza trovare le parole giuste.
Lily gli si avvicinò... e, con immenso stupore di tutti, James compreso, gli sfiorò un angolo della bocca con la propria.
Immediatamente, Sirius e Peter saltarono sulle sedie e lanciarono loro un'occhiataccia, ma lei non ci fece caso.
Piantò i suoi occhi in quelli di James con una dolcezza non da lei, che gli fece sgranare gli occhi.
"Ti va di... fare una pausa e bere una cioccolata?" gli sussurrò, con un sorriso che sperò con tutto il cuore essere rassicurante.
Non ricordava di esserglisi mai rivolta in quel modo... con quel tipo di sorriso tutto miele. Non a lui.
Era tutto così nuovo, ora...
James la fissò ancora un momento, contemplandola in silenzio, prima di annuire. I suoi occhi si erano fatti più attenti.
Lily guardò il tavolo.
"Cioccolata." sussurrò piano, con gentilezza. E davanti a lei comparve una brocca fumante.
Si alzò dal tavolo cercando due tazze sbeccate dalla credenza dietro di loro, sentendo le pupille di James scivolarle lungo tutto il corpo.
"Ecco." emise con tono soffice, porgendogli la prima tazza e, delicatamente, rovesciandoci dentro il liquido, denso e dolce. James continuava a non dire niente. Sembrava particolarmente concentrato sul riverbero setoso della sua camicetta in controluce, all'altezza dei fianchi.
Poi il tavolò tremò sotto la pressione di una decina di piedi che scattavano in un unica direzione.
"Cioccolata! Ottima idea!"
"Una per me!"
"Un altro po', grazie!"
Nemmeno un istante dopo, e i Grifondoro arrivarono in massa su di loro con la bava alla bocca e il tipico modo di fare di una massa di elefanti che non mangia da settimane.
Lily si voltò di nuovo per prendere la seconda tazza, ma il ripiano si era svuotato nel giro di mezzo minuto.
"Ma che razza di modi!" sbuffò, fingendosi irritata – anche se in realtà era più una divertita rassegnazione. Cercò di arrivare al ripiano sopra e afferrarne una, ma si accorse che era troppo in alto per lei, pur allungandosi fin sulle punte.
Fissò le tazze corrucciata, fece per prendere la bacchetta e chiamarle con "Accio", ma il rumore di una sedia fece capolino dietro di lei.
Una mano le superò la spalla e lei si voltò verso James, che si era avvicinato, così vicino da sfiorarla.
Afferrò una tazza senza il minimo sforzo, prendendosi del tempo per osservarla dall'alto con un sorriso sardonico.
"Spilungone." borbottò Lily a mezza voce, con un sorriso. "Grazie."
Sentì gli occhi di James scivolarle sul viso, soffermarsi sulla bocca e sulle sue iridi grandi e splendenti.
La guardava... come se non l'avesse mai vista prima. Come se stesse vedendo qualcosa di meraviglioso, a cui assistiva per la prima volta.
Le porse la tazza con lentezza.
Lily allungò la mano ma ad un tratto lui sembrò cambiare idea. Con un movimento pigro la sottrasse dalle sue dita e se la portò dietro la schiena.
Lily lo fissò interdetta.
"James... posso averla?" ridacchiò, percorrendo il profilo delle sue braccia con i polpastrelli per cercare di raggiungerla. I suoi occhi scintillarono a quel tocco soffice e quando Lily non riuscì a prendergliela e tornò a fissarlo in viso, il suo sguardo era di nuovo... vivo.
Malandrino.
Era divertito.
Lily sorrise esasperata e lui chiese con uno strano tono basso: "La vuoi?"
Lily alzò gli occhi al soffitto con espressione ironica e indulgente.
"Sì, per favore, gradirei decisamente la mia tazza di cioccolata."
Tamburellò con i polpastrelli sul suo polso, ma James non accennò a concedergliela e se la portò sopra la testa con un braccio.
"Non mi dai qualcosa in cambio?" sorrise, malizioso, puntellandole un dito sul naso.
Il suo respiro era tiepido e invitante. La voce era stranamente roca.
Un brivido le percorse le vene, elettrizzandole l'anima.
Ma anche l'espressione d Lily si fece furbetta. Lentamente, afferrò la sua mano e se la avvicinò alla labbra senza smettere di guardarlo.
Le dita di James attorno alla ceramica mandarono lo strofinio di qualcosa stretto con lentezza. Per qualche secondo, Lily non sentì più il suo respiro accarezzarle il viso.
Il Marauder la guardava con occhi liquidi e profondi mentre Lily gli baciava il polpastrello del pollice che si era portata alla bocca con uno schiocco dolce, gli occhi nudi e sinceri piantati nei suoi. Il labbro le si arricciò un pochino sotto la pressione del dito, e gli angoli le si stirarono in un sorriso pieno di tenerezza contro la sua pelle.
L'altro braccio di James, quello che reggeva la tazza, si abbassò piano piano, come se avesse perso improvvisamente forza.
Fu improvvisamente chiaro chi dei due avesse vinto.
Era anche per lui, pensò Lily. Era soprattutto per lui, che lo stava facendo.
Lui rimase a fissarla come se volesse assorbire tutto di lei. L'innocenza di quel gesto che lo stava facendo impazzire, la sua purezza, ogni cosa... ma poi, un suono fortissimo li fece saltare per aria.
Il solito gufo mezzo ciecato gli si schiantò contro la testa, tubando di sdegno come se fosse colpa di James trovarsi in linea d'aria con i suoi artigli.
"Ma che cazzo, ancora tu!" sbottò quello, mettendolo sotto braccio e tappandogli il becco con una mano – visto che il pennuto stava strillando come un'aquila – e contemporaneamente con l'altra afferrando al volo Spyro, il suo boccino indemoniato – visto che si stava fiondando sul pennuto con tutta l'aria di volerlo uccidere.
C'era da ammettere che aveva dei riflessi impeccabili.
Un po' meno pronti i riflessi di Lily che si chinò in modo decisamente più sgraziato per impedire che la tazza che aveva in mano James – e che aveva lasciato andare di colpo per fare quella mossa da maestro-del-kung-fu – si sfracellasse a terra.
"Wah!"
Riuscì ad afferrarla con entrambe le mani ma inciampò sui suoi piedi e ruzzolò sul pavimento, e tutto ciò che riuscì a scorgere del bigliettino che James aveva tra le mani prima che lui se lo infilasse rapidamente in tasca fu "Sala Trofei, tra dieci minuti".
Un brutto presentimento le corse nello stomaco quando James evitò di ricambiare il suo sguardo.
"James... chi è?" mormorò, inquieta.
Lui le posò una mano sulla testa, accarezzandogliela. Poi l'aiutò ad alzarsi afferrandola da sotto le ascelle e tirandola su come un sacco di patate.
Continuò a non rispondere. E a non guardarla.
"Devo andare."
"James..."
Lui le posò improvvisamente una mano sulla guancia... e avvicinò la fronte alla sua.
"Non ti devi preoccupare." sorrise, rassicurante. Il ché ebbe il potere di non rassicurarla affatto.
"Che cosa sta...!"
Lui le tappò la bocca con un bacio. In maniera così intensa ma anche così trattenuta, che sembrava farsi violenza nel voler reprimere l'istinto di divorarle la bocca, di morderla, di non staccarsi più. Aveva di certo messo a dura prova i suoi nervi saldi, poco prima. Ma ora qualcosa lo stava di nuovo portando via. Si staccò da lei a malincuore e le sorrise di nuovo, accarezzandole la guancia e godendosi per un istante il fatto di averla ammutolita.
"Rimani qui. Io torno presto. Te lo prometto."
E si allontanò a grandi passi... lasciandole il cuore pieno di dubbi.





"Lasciare più margine di spazio ai Bucentauri? Assurdo."
L'uomo davanti a Lemon aveva un enorme naso a patata sormontato da enormi baffoni da tricheco e una pelata così lucida che ci si poteva specchiare. La ragazzina chiuse gli occhi, contando fino a dieci, prima di aggiungere timidamente: "Le coltivazioni di tarassaco in Bulgaria hanno eroso piano piano il loro territorio, se vogliamo avviare una pacifica convivenza con loro bisognerà pur stabilire delle..."
"Pacifica convivenza?" Il vecchio mago la guardò come se fosse matta. "Signorina Pembroke, parliamo di mostruose creature mezzo bue e mezzo umane, inferocite fino al midollo e non con un solo neurone che funzioni! Le loro incursioni stanno mettendo a dura prova i pozionisti di tutta la zona est! Perché mai dovremmo mettere in crisi un settore così importante per qualche capanna di fango?"
"Sono le loro case. C'erano prima loro in quelle brughiere...!"
L'uomo la zittì con una risata e un gesto di mano e il domestico che le era stato assegnato le affondò quegli artigli velenosi che aveva per arti nella spalla in segno di minaccioso avvertimento.
La ragazza si morse la lingua, frustrata, osservando uno dei Ministri degli affari esteri guardarla con fastidiosa accondiscendenza.
"Temo che questi siano argomenti estremamente tediosi per una così simpatica signorina. E francamente, io oggi non sono qui per lavoro, ma per accompagnare mio nipote. E' un ragazzo tanto a modo sa? Tim, saluta!"
E indicò fieramente un ragazzo dall'aria snob che la guardò dall'alto in basso con malcelata diffidenza. L'orologio di zecchino che portava al polso valeva quanto un intero stipendio di suo padre e la sua bacchetta era fissata a una custodia intarsiata di ametiste, strettamente fissata a striscia di velluto che gli fasciava la giubba sul petto.
"Incantato." le snocciolò con tono scialbo, facendole uno strascicato baciamano e fissandola da sotto sopracciglia arcuate verso l'alto in un'espressione annoiata.
"E' un piacere."
"La figlia di Pembroke, vero? L'artigiano di gioielli. Ne ho comprati alcuni proprio l'anno scorso..."
"Esattamente, nipote! Pensa, stavamo giusto considerando l'idea di... ops!"
Lo zio si scostò di lato ma non fu abbastanza rapido: Tonks inciampò sui propri piedi e rovesciò loro addosso del succo di mirtillo. Il nipote fece un versaccio stridulo, saltando all'indietro.
"Oh, no! Mi dispiace tanto!" pigolò la streghetta ai suoi piedi, mentre una brutta macchia bluastra imbrattava la sua immacolata camicia di seta.
Il portagioie di Tonks si era svuotato di qualsiasi Lucia praticamente da subito. Di sicuro, non sarebbe stata Signorina delle Delizie di quella stagione... né di nessun altra!
Lemon invece, era a buon punto. Aveva collezionato tre di quelle perline ... che però, stava rischiando di perdere perché quella mattina, in mezzo a tutti quei nobili che asserragliavano la sala principale divorando tartine e bicchierini di champagne e perdendosi in vuote chiacchiere, non riusciva proprio a mordersi la lingua e a trattenersi.
C'era troppo in ballo per essere caute, ma quell'accidenti di domestico le stava col fiato sul collo e quegli uomini erano insopportabilmente arroganti!
Non accettavano assolutamente consigli da una ragazzina, tantomeno se erano di buon senso!
"Oh, si è fatta male cara?" l'uomo la fissò, strabuzzando gli occhi quando notò gli assurdi capelli rosa di Tonks.
Lemon aveva cercato di mitigare il suo stopposo giallo limone con un intricato chignon, ma la Grifondoro aveva invece deciso di farseli crescere fino ai fianchi e dargli ancora più evidenzia.
Tuttavia, quando sollevò lo sguardo, la ragazzina adottò un'espressione da cucciolo mortificato assolutamente adorabile e l'uomo sbatté le palpebre, come folgorato.
"La sua camicia! Era così bella!" pigolò l'amica, sbattendo gli occhioni e mordicchiandosi le labbra, fissandolo dal basso con tutta la dolcezza del mondo.
A Lemon cadde quasi la mandibola per terra. Da quando Tonks faceva le moine?
"Oh cara, può succedere, non temere."
"Ti do una mano." borbottò il nipote, stizzoso... prima di osservarla bene e soppesarla con gli occhi.
Il damerino, che prima sembrava in procinto di volerla strangolare, sembrò rivalutare la situazione e le piantò le pupille addosso un po' imbambolato. Improvvisamente, fece cadere il fazzoletto che stava istericamente tamburellando sulla macchia fino a un secondo prima.
Tonks, che si stava sollevando da sola, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e, quando non lo vide piegarsi a raccoglierlo, si chinò di nuovo a prenderlo lei.
Si alzò con delicatezza, per una volta, e glielo porse con un sorriso gentile, senza essersi minimamente accorta che il tizio l'aveva osservata per tutto il tempo... con un'espressione che a Lemon non piacque affatto.
"Grazie..." sorrise lui lentamente, facendo vagare lo sguardo su di lei. "Sbaglio o sei la Black di cui chiacchierano tutti?"
"Sii cortese, Tim, vai a prendere un bicchiere d'acqua a questa graziosa signorina." ne approfittò immediatamente il ministro, scoccandogli un'occhiata obliqua. Poi si voltò verso il suo domestico. "Tu! Aiutami a trovare una stanza per cambiarci, invece! Questo maniero è un dannato labirinto!"
L'uomo alle sue spalle si irrigidì.
"Sono al servizio e vigilanza della Signorina Lemon..."
"Vigilanza? Sciocchezze!" sbottò quello, irritato. "Cosa vuoi che possa succederle qui tra di noi? Ed inoltre, mio nipote starà in loro compagnia fino a quando non torneremo, e sono sicuro che saprà assecondare perfettamente ogni richiesta."
"Suo... nipote?"
"Vuole forse mettere in dubbio la sua galanteria?" l'uomo lo fulminò con lo sguardo.
Impegnato com'era a cercare di non far scoppiare una tremenda offesa, il domestico digrignò i denti e afferrò uno dei lacché più giovani che girovagavano con i vassoi.
"Sta vicino a questi gentili ospiti fino al mio ritorno. Non perderli di vista." scandì lapidario a denti stretti, prima di allontanarsi insieme all'uomo.




"Hai visto come mi ha sorriso?"
"No... come ti ha sorriso?"
Remus non si voltò. Continuò a sistemare i sottobicchieri sul tavolino nell'angolo, con estrema lentezza, versando nel frattempo altro succo di mirtillo del bicchiere per Tonks. Due ragazzi accanto a lui attendevano che un altro servitore desse loro un bicchiere d'acqua. C'era talmente tanta gente lì dentro che si formavano piccole file ai bancali con il cibo.
"Come se mi stesse implorando di potermi servire in ben altro modo..." la voce del tizio che Tonks aveva sporcato si era fatta libidinosa a dir poco. "Hai visto come si è piegata subito? A prendermi il fazzoletto?"
"Tim." l'amico lo guardò di sbieco. "Ti sei già cacciato nei guai l'anno scorso, quando non hai tenuto le mani a posto con quella figlia di magi-notai."
"Fidati, questa ce lo ha dipinto in faccia. Lo grida con quegli occhioni. Quelle che sembrano le più santarelline in realtà sono proprio quelle che non diresti mai! A questo evento le ragazze sono alla disperata ricerca di un buon partito, te l'ho detto! Non hai idea di quello che non combinano..."
"E' una Black. Anche se non sembra affatto. Fossi in te, starei attento..."
"Perché dovrei? Non sarebbe affatto male mischiare il patrimonio genetico nientemeno che con una Black ancora fresca di scuola... se capisci cosa intendo... Ha il sangue magico più puro del diamante, quella lì... e un faccino da bambolina niente male, nonostante quello strambo colore di capelli..."
"Io non credo. Non lo sai quello che si dice in giro? Dicono che sia una Mezzosangue! Che sua madre sia fuggita per andare nientemeno che con un babbano!"
"Eeeeeh?" la delusione nel tono fu ben evidente. "Che spreco pazzesco! E dire che sembrava un bel partito. Beh... vorrà dire che mi ci divertirò un po' e basta..."
Un sorriso scavò la guancia di Remus come un coltello. Non riuscì nemmeno a nasconderlo, non ci riuscì proprio a smettere di sorridere, quando la sua mano strinse la bacchetta da sotto la tovaglia del tavolo... e il vestito del tizio in questione andò improvvisamente a fuoco.
La soddisfazione nel vederlo schiantarsi a terra e iniziare a dimenarsi come un pollo sulle braci era davvero troppa per avere il contegno di trattenerlo...




Da qualche parte, si creò un vero e proprio parapiglia. Lemon si voltò di scatto quando tutti i domestici addetti alla sicurezza si fiondarono in un angolo dove qualcuno stava gridando in modo ben poco virile, e quando si rivoltò verso Tonks lei non c'era più.
Strabuzzò le ciglia fino a che una presenza gentile dietro di lei l'afferrò delicatamente per le spalle.
La ragazza si girò... scontrandosi con il sorriso da principe delle fiabe nientemeno che del Prefetto di Grifondoro, Remus Lupin.
"Qui c'è troppo baccano, non trovate?" lui le fece scivolare addosso un sorriso mozzafiato e ammaliante che la fece un po' arrossire. Per un folle istante, non seppe fare altro che balbettare.
"Co... cos..."
I suoi denti scintillavano come perle e le labbra sembravano morbide come velluto.
"Sembrate aver bisogno di una rinfrescarvi il viso, Signorina." Remus le prese dolcemente la mano e fece un mezzo inchino come un perfetto maggiordomo. "Permettetemi di accompagnarvi alla toilette. A quanto pare, sono l'unico domestico disponibile al momento."








"Rimani qui. Torno presto. Te lo prometto."

Ma per chi accidenti l'aveva presa? Pensava Lily Evans, solcando i corridoi più veloce della luce. Pensava che bastassero un caldo bacio e due occhi ammaliatori per tenerla zitta e buona come una bambina ubbidiente?
Oh, no, no di certo. I giorni da brava bambina ubbidiente erano finiti!
Sapeva in cuor suo che non avrebbe dovuto. Non era quello che le brave fidanzate facevano.
Ma...
Lily si morse le labbra. Lei non lo sapeva, come accidenti si faceva ad essere una brava fidanzata!
Lei non era mai stata la fidanzata di nessuno!
Sapeva solo che quel presagio nel cuore, quello sguardo cupo di James... la stavano di nuovo terrorizzando a morte. E che non l'avrebbe più lasciato solo ad affrontare i suoi demoni.
Non ci sarebbe mai più cascata a quel sorriso da eterno bambino che serviva solo a creare una bella maschera da esibire quando voleva tenere tutti al sicuro.
Mai più... quel sorriso non l'avrebbe fregata mai più.
Furono solo delle voci animate che bloccarono i suoi piedi sul posto, ma non era quella di James.
Non era ancora arrivata alla Sala dei Trofei.
"Ti prego Alice, ti prego... non lo fare!"
Erano due ragazze.
Una era Alice Spinnet, una delle sue compagne di stanza. Non conosceva l'altra ragazza, ma il suo tono di voce era isterico e intriso di pianto.
Una lite fra amiche?
La stanza era socchiusa e Lily si bloccò, indecisa su cosa fare. L'avrebbero vista passare lì davanti?
Quella non era certamente una conversazione che aveva il diritto di ascoltare.
Ma era l'unica via per raggiungere la Sala Trofei...
"Come puoi impedirmelo? Sei ingiusta."
La voce di Alice era amareggiata, sfinita. Ultimamente, ora che ci pensava, capitava spesso di vederla con occhiaie sotto gli occhi e uno sguardo afflitto, come svuotato. Era strano vedere Alice così... la Cacciatrice di punta di Grifondoro era di solito nitroglicerina pura!
"E' Paciock, vero? Ti ha convinto lui!" il tono dell'altra ragazza si era fatto furente.
Non c'era bisogno di guardare in faccia la Grifondoro per capire che stava stirando una smorfia.
"Lo sai bene che voglio fare l'Auror. Lo sai bene che a questo Erasmus ci tenevo da tempo. E il fatto che pensi che io faccia tutto quello che dice Frank solo perché è il mio ragazzo... è estremamente offensivo."
"E a me non ci pensi?"
"Io non faccio ALTRO che pensare a te!" esplose la Spinnet, esasperata. "Sei la mia dannata migliore amica ma questo è... è troppo! Ho lasciato correre sul tuo astio immotivato nei confronti di Frank, ho lasciato correre sulle tue gelosie, sulle tue sceneggiate senza senso quando tardo nel rispondere a un bigliettino, quando anche solo OSO dedicare del tempo a me stessa... ma non puoi impedirmi di partire per l'America solo perché..."
"Solo perché cosa?" sibilò l'altra, quando lei si bloccò. "Avanti, dillo."
"Solo perché non hai nessun altra amica al di fuori di me." sputò fuori la Grifondoro, con tono stanco. "Io... no, non piangere... io non so più cosa fare, con te...per favore, non piangere così di nuovo... "
"Sei l'unica amica che ho, è vero." l'altra singhiozzava. "Non ho nessuno, non VOGLIO nessun altro... ma ora tu... vuoi lasciarmi sola..."
"Sarà solo per poco. Te lo prometto. E magari..." Alice sospirò. Ci fu un rumore di sedie. "Magari è l'occasione per... ripartire da capo. Conoscere persone nuove e...smettere di essere così... "
"Così come?! TU... Tu mi trovi soffocante, non è così?!"
"No, no io... non dicevo questo..."
"Tu non vedevi l'ora di liberarti di me, non è così?!" sputò fuori l'altra, con astio. Dal rumore, sembrava che si fosse allontanata di scatto. "Tu...!"
"IO ho preso al volo un'occasione imperdibile per il mio futuro! Non starò nemmeno via così a lungo! Perchè non lo riesci a capire?"
"O forse non riuscivi a stare lontana dal tuo amato Paciock...perché io non ti bastavo... io non ti basto mai... non basto mai a nessuno!"
Lily decise di passare. Si erano allontanate a sufficienza dalla porta, non l'avrebbero vista.
Non era una discussione a cui aveva diritto di partecipare. Nè avrebbe mai voluto violare l'intimità della sua compagna.
Però... le spiaceva davvero per Alice. La sua voce appariva così stanca, così prosciugata...
"Mi dispiace. Io... stavolta, no. Stavolta non posso... mettere di nuovo da parte me stessa per te. Speravo che... potessi capirlo...che fossi felice per me..."
"VATTENE! VATTENE DA QUI!"
Riuscì a svoltare l'angolo appena in tempo: con la coda dell'occhio, vide Alice sbattere la porta e correre via in lacrime.
Subito dopo, la ragazza dentro la stanza... stava spaccando qualcosa. Una sedia, a giudicare dal rumore.
Avrebbe dovuto tornare indietro e toglierle dei punti, ma... il suo pianto era così disperato che Lily non ebbe il cuore di farlo.
Se fosse successo... forse le cose sarebbero andate diversamente... ma lei non poteva ancora saperlo.






Occhi fissi nel vuoto.
Capelli scomposti, stranamente in disordine. Onde di un mare colmo di petrolio.
Gomiti appoggiati alla finestra, labbra dischiuse...illuminate da un tramonto di sangue.
La Sala Trofei era stranamente silenziosa. E quella luce le insanguinava la pelle. Le ricordava casa sua.
"Mamma. Papà."
Perché l'avevano abbandonata? Perché? Cos'aveva che non andava bene? Non era forse bella, e una brava strega? Non era forse circondata da uomini che la trattavano come una regina, da ragazze che la veneravano come una dea?
E allora perchè ciò che le importava davvero non la voleva?
Liu guardava il vuoto con occhi appannati dall'alcool. Era ubriaca. E sola.
I suoi genitori, James...cosa doveva fare ancora per ottenere ciò che bramava?
Percepì la sua presenza alle spalle come si percepisce il sorgere del sole. Liu allungò il mento oltre la sua spalla.
"Volevi parlarmi?" sibilò, freddamente.
La figura alta e agile di James sembrava spezzare la luce calda che lo avvolgeva e quel pizzo di luce che drappeggiava le sue spalle, gli avambracci tonici, ricordava un po' il suo potere. Subito fece scorrere sulla sua pelle una serie di sensazioni inarrestabili. Il battito le accelerò nel petto e le labbra si schiusero.
Ma lo sguardo di James era attento e profondo come quello di un felino... e spezzò in mille frammenti ogni sua più piccola speranza.
Quando aveva ricevuto il suo biglietto, la sua richiesta di incontrarsi... aveva creduto, osato sperare...ma niente di quegli occhi le suggeriva che l'avesse perdonata. Che avesse dimenticato le sue mani su di lui.
"Sì."
Trasalì di scatto, schioccando le labbra lucenti nella parvenza di un sorriso triste.
La sua voce.
Dura, fredda. Così lontana.
Però era pur sempre la sua voce...
Liu Chang si girò di scatto, in uno svolazzo di mantello. La gonna di cashmere, color perla, vibrò sulle cosce.
"Beh, eccomi qui! Sono qui per te. Lo sono sempre stata." ammise, con sincerità. Quella trasparenza sembrò metterlo a disagio. "Cosa vuoi dirmi?"
Lui si guardò le mani, come se... stesse lottando con qualcosa dentro di sé. Liu pensò che volesse insultarla. Fargliela pagare. Era la punizione che si meritava chi contrastava Potter.
Ma quando il ragazzo risollevò il viso, risoluto... la lucentezza di quegli occhi, di quel sorriso così triste, le dilatarono il cuore.
E le disse ciò che le avrebbe fatto più male in assoluto.
"Volevo solo chiederti scusa."
Un nervo le scatto sulla mandibola, che serrò fino a stringere le labbra in una linea sottile.
Quel sorriso era così... puro. Nessuno al mondo aveva il sorriso lucente di James Potter.
Quel suo risplendere... quel suo mettere in ombra chiunque altro.
Un filo di vento gli stava scuotendo i capelli, i bordi del mantello. Sembrava pronto a volare via... eppure aveva scelto di essere lì, di inchiodarsi - e inchiodarla - a quello che le stava dicendo.
Liu rimase in silenzio. Assorbendo quelle parole.
"Volevi... scusarti... ?" mormorò, come se non avesse capito bene.
La pietà e la compassione nello sguardo di James furono come tagli affilati di coltello sulla pelle.
Bruciavano come acido.
"Sì. Ti chiedo scusa. Per tutto."
"Tu... mi chiedi scusa..." la rabbia ribollì dentro di lei come un veleno. Si scoprì a ridere amaramente. "Tu mi chiedi scusa..."
"Non sei obbligata ad accettarlo. Ma... lo dovevo. A te e a me stesso. Mi sono comportato come un imbecille, quando ero ragazzo. Io... me ne rendo conto soltanto ora. Mi rendo conto... di averti ferito, più di quanto fossi disposto ad ammettere con me stesso."
"E così vieni qui chiedermi scusa, come se io fossi qualcosa che tu hai rotto." sputò fuori acidamente Liu, incapace di trattenersi. Le tremavano le mani. "Come se fossi rovinata. Irrimediabilmente. Non è così?"
James rimase in silenzio. Solido come roccia.
"Io non penso che tu sia rovinata irrimediabilmente." dichiarò solo. Con semplicità.
Lei sorrise. L'alcool le appannava un po' la vista, le parole. I sentimenti.
"Allora ci tieni un po' a me, eh, James?" ironizzò. Lui si irrigidì.
"Ho detto quello che dovevo. Ora posso andarmene." sibilò, dandole le spalle.
Oh, era così adorabile. La trovava repellente. Ma... ci teneva comunque a chiederle scusa. A riparare le cose rotte. L'onore dei Grifondoro era delizioso... e anche devastante, per tutti coloro che stavano loro accanto.
"Vai dalla tua Lily?" cantilenò. Fece un passo in avanti, barcollando. "Vai dalla tua preziosa, amata e perfetta Grifondoro che NON è rotta o rovinata?"
"Chang... sei ubriaca."
Quella pietà. Quella compassione. Non poteva tollerarlo.
"Lily, Lily, Lily...C'è sempre e solo Lily. Sono stanca di lei."
Potter aguzzò i suoi occhi da rapace, la linea della sua bocca si assottigliò.
"Liu. Tu Lily non la tormenterai mai più."
Gelido e lapidario. Avrebbe polverizzato chiunque avesse osato toccare la Prefetto di Grifondoro. Lei compresa.
"Oh James, tu non hai mai capito."
Si accostò ancora un poco al ragazzo, posandogli le mani sul petto, inspirando il suo profumo.
La sua pelle era incandescente, come sempre. Poteva avvertire i tendini e i fasci di muscoli levigati appena sotto i suoi polpastrelli. Un brivido la scosse, dischiuse le labbra.
"Io...io l'ho tormentata solo per...per te."
Alzò lo sguardo, velato. James non la guardava.
"Ti prego, James..." sussurrò, " Ti prego...guardami."
Lui la fissò, gli occhi spettacolari, unici, di lava. Nei suoi occhi luccicava tristezza.
Un'insopportabile pietà. Un insostenibile senso di colpa.
Pensava davvero di essere l'artefice di quello che c'era ora lì, davanti a lui. Pensava di averla sporcata, macchiata.
"Se così non ti vado bene, io...io sono disposta a cambiare...tornare quella che ero. Quella che ti piaceva."
"Ne sarei felice, davvero. Tornare quella di un tempo, quella persona buona e sincera che eri una volta...è questo il meglio che potrebbe capitarti."
"Allora mi vedevi quando ero così incolore, così insipida, così sciocca? Vedevi ciò che ero?"
"Non abbastanza da essere in grado di proteggerlo. E' di questo, che mi dispiace." Lui sospirò. "Ero io ad essere rotto, Liu. E... ero io a rompere tutto ciò che era attorno a me, perché non c'era altro di importante se non me stesso. Non... non sono più disposto a farlo. Non voglio più essere quel tipo di mago."
"Non devi scusarti, James. Io posso... diventare ciò che vuoi... se solo tu..."
"Basta." Il ragazzo serrò le mandibole. "Devi cambiare per te stessa, e non per come ti vuole la gente! Tantomeno per assecondare i miei gusti!"
"James, a me è sempre interessato quello che pensavi tu, di me!"
Il ragazzo le prese le spalle e la scostò bruscamente.
"Liu, per favore, smettila! Ti auguro di ritrovare la serenità, e te lo auguro davvero. Con tutto il cuore. Le mie scuse sono sincere e ti assicuro che... che tornerei indietro e mi prenderei a pugni da solo per quello che ti ho fatto, per il modo orribile e superficiale in cui ti ho trattato! Ma... quello che hai fatto... ormai è troppo tardi anche solo per cambiare le cose tra noi. Per come la vedi tu, non potrà mai esserci niente. Tu vuoi qualcosa da me che io non potrò mai darti. "
Lei abbassò il capo. L'alcool, dolce droga, le ottenebrava il cervello.
Se non ci fosse stato quel vino, tra le sue vene, sarebbe impazzita di dolore.
Gli guardò le labbra, non poté impedirselo.
Tutta quella fatica... tutto quel male... per niente.
Ricordava ancora sulla lingua il suo sapore, una fragranza vellutata che accendeva il suo corpo come nessun altro aveva mai fatto. Un sapore che si era presa a forza, con l'inganno.
Che peso aveva, allora, un bacio rubato in più? Pensava, sollevandosi sulle punte. Riuscì a sfiorare le sue labbra solo un velocissimo istante... ma ora la bocca di James era serrata, gelida, di pietra.
Il Grifondoro le prese i polsi, allontanandola con gentilezza ma senza darle possibilità di resistergli.
"Liu, io amo Lily."
Una frase che cadde tra di loro perentoria e ritta come un muro di cemento.
La ragazza lo fissò.
Voleva James, lo voleva, come una bambina che per troppo tempo non ha ricevuto niente.
James era un dono, lo sapeva, l'aveva capito e forse chiunque lo intuiva solo guardandolo.
Era potente, una calamita positiva, un boccino sfuggente che chissà quante persone desideravano afferrare.
Voleva essere una di quelle. Voleva avere il raro beneficio della sua compagnia. Della sua positività.
Lui aveva il potere di cambiare la vita alle persone, allora perché non voleva migliorare la sua?
Avrebbe potuto farlo. Ma solo come amico.
Una voce interiore le dette la risposta, fredda, logica. Ma lei voleva di più. A lei non bastava la sua amicizia, non sarebbe cambiato niente con quella. Voleva avere la certezza di essere felice.
Si sentiva viziata, ed egoista, in questo modo ma non le importava.
Abbassò lo sguardo, pervasa da gelida furia. E tentò l'ultimo asso, l'ultima meschinità giocabile. Un ultima chance per averlo per sé.
"E se...se ti dicessi...che la metterei in pericolo?"
Per un attimo gli occhi di James si fecero di ghiaccio, il suo viso diventò un rifugio per le ombre. Le fece paura, ma la eccitò al tempo stesso. La sua forza. Era tutta lì. Nascosta, celata, ma c'era.
Poi però lui sorrise, dolce, sereno, facendole sgranare gli occhi dalla sorpresa... e quel magnetismo oscuro si fermò.
"Non importa, io la proteggerò."
Uno schiaffo, secco, forte, deciso...però non sulla guancia, al suo cuore. Un'altra frase che cadeva fra loro come una barriera infrangibile.
Le spalle della Corvonero s'abbassarono, sconfitte.
"Tu non sai da quanto ti osservavo..." sospirò, trattenendo le lacrime. "Quanto il tuo abbandono mi abbia fatto male. E proprio quando avevo acquisito quella sicurezza...quella dannata sicurezza per averti di nuovo..."
"Liu, ascoltami un'ultima volta." La voce di James era gentile, ma nel suo cuore Liu covava troppa rabbia per placarsi. "...Non sarebbe mai stato amore, tra noi due. Tu vedi in me qualcosa che non voglio essere. Che non sono."
"No, non dirlo..."
"Tu hai bevuto." ribadì per l'ennesima volta. "Troppo. Torna alla tua Sala Comune."
"No, io sono lucidissima!"
La ragazza scostò bruscamente le mani di James, liberandosi con un gesto rabbioso. La sua voce salì d'un paio d'ottave.
"Sempre lei, lei, lei...quella maledetta! Ma cosa ci trovi in lei? Cosa?!"
"La nostra conversazione finisce qui."
"No che non finisce qui!" gridò la ragazza, afferrandolo per un braccio. "Pensi che lei ti desidererà ancora quando... quando vedrà ciò che sei davvero? Quando saprà ciò che so io? Non sarà mai in grado di amarlo! Non sarà mai in grado di comprenderlo!"
Lo stava ferendo, se ne rendeva conto. Ogni parola era un pugnale che gli stava scavando voragini nel petto. Quella serenità placida parve vacillare.
Gli occhi di James baluginarono di una disperazione senza fine. Lui serrò le mandibole, guardando altrove.
Liu rise.
Una risata senza gioia né allegria, vuota e spenta come quel sentimento che provava.
"Lily Evans potrebbe lasciarti da un momento all'altro..."
Avvertì la sua presenza ancora prima che arrivasse. La presenza di qualcuno totalmente diverso da lei, di qualcuno felice e pateticamente innocente.
Una terza voce si unì alle loro, facendola fremere d'adrenalina, di furia.
"Non lo farei mai."
La ragazza alzò lo sguardo, James si voltò sorpreso.
Lily Evans era apparsa sulla soglia, la voce soffice ma gli occhi decisi e lucenti.
"Ti avevo detto di rimanere in Sala Grande!" esclamò Ramoso, severo. E lei arrossì lievemente.
"Scusa..." mormorò, incassando la testa nelle spalle.
Liu Chang storse la bocca in una smorfia di rabbia. Uno strano suono simile ad un ringhio basso e sommesso si levò dalla sua gola.
"Evans...stai sempre in mezzo..."
"Cosa?" fece lei, spiazzata, mentre la cinese s'avvicinava rapidamente. La rabbia travolgente di Liu la investì come un'onda, prendendola alla sprovvista.
A tradimento, la Corvonero le diede una possente spinta e la rossa, colta impreparata, cadde a terra oltre la porta, nel corridoio, attirando lo sguardo di numerosi studenti.
"Ah!"
Il colpo alla schiena fu doloroso, mentre scivolava sul pavimento lucido.
"Ma che fai?!" gridò, alzando lo sguardo mentre Liu si avvicinava a grandi passi.
"E' COLPA TUA!" gridò lei, afferrandola per le spalle e iniziando a strattonarla.
Tutto parve precipitare.
Lily sentì il sangue affluirle sulle guance e le gambe tremare e... rabbia. Tanta rabbia che stava crescendo mentre quelle mani la scuotevano...
Il cuore rimbombò contro le sue costole e con una manata la spinse via.
"TU SEI PAZZA, LASCIAMI!"
Balzò in piedi ma la Corvonero aveva già sguainato la bacchetta. Fece a malapena in tempo ad afferrare la sua che il primo incantesimo volò nell'aria.
"Excelsiosempra!"
"Protego
!"
L'impatto fra le due magie fu potente, qualche quadro barcollò dai muri facendo urlare di sdegno i suoi abitanti.
L'attaccò di Liu si infranse miseramente contro la solida barriera difensiva di Lily... e la ragazza fu sbalzata all'indietro.
Lily ansimava, sovrastandola. La fissò con disgusto, ribollente di rabbia. La sua mano si serrò alla bacchetta fino a farsi sbiancare le nocche.
"Avanti... fallo." Liu rise, fuori di sé. "Ti ho portato via James, gli ho fatto del male... ho fatto del male anche a te... per cui, vendicati. So che lo desideri, piccola Grifondoro. Forza, su, fa vedere a tutti quello che sei."
Non riusciva a calmarsi, pensò confusamente Lily. Continuava ad ansimare, sentendo qualcosa di caldo e rosso sollevarsi dentro il suo corpo, prenderne il controllo.
Liu Chang la fissava piena di odio, e la rabbia per quello sguardo le diede alla testa.
Perché? Perché la detestava in quel modo? Perché continuava a voler fare loro del male?
Non riusciva a reggere sulle spalle l'odio di sua sorella e non avrebbe voluto reggere quello di Liu Chang.
"Fallo..." la sfidò quella, con un ghigno perfido. Allargò le braccia, inerme contro un qualsiasi attacco.
Per un istante, uno solo, Lily pensò che l'avrebbe fatto. Pensò a quel mostro che le ruggiva dentro, quella voglia di graffiarla, picchiarla, di
farle provare sulla pelle tutto il dolore che aveva causato.
Le sue mani... su James...
Poi... così come era arrivata, la rabbia scemò. Lasciando il posto all'amarezza. All'orgoglio.
No.
Non si sarebbe umiliata rispondendo fuoco col fuoco.
"Io non sono come te..." mormorò gelida, ricomponendosi con dignità. "Non lo sarò mai."
Una calca di curiosi aveva invaso oramai il corridoio, visto che la strepitosa notizia non tardò a circolare, volando di bocca in bocca come un passaparola: la notizia che la Prefetto Evans e Liu Chang stavano litigando e stavano addirittura venendo alle mani.
Nessuna delle due ci fece caso. Si fissarono negli occhi per un lungo momento.
"Evans...tu..." La Chang ansimò, fuori di sé.
Come osava? Come osava compatirla? Come osava umiliarla in quel modo, rifiutandosi di prendersi la sua vendetta?
Si rifiutava di colpirla... come se lei valesse meno di niente, proteggendo il suo onore immacolato... troppo più in alto di lei per sporcarsene le mani. Non riusciva a sopportarlo.
Quei suoi occhi verdi che trafiggevano, quel suo viso così buono, innocente e pulito...
"Io me ne vado." le sibilò la Grifoncina freddamente, girandosi.
Fu un errore che precipitò le cose.
...quella sua aria superiore, quel suo compatimento.
"NON VOLTARMI LE SPALLE!!!"
Un grido.
Passi in corsa.
"EVANS..." la rossa non fece in tempo a voltarsi che la Chang le era addosso, lo sguardo folle e disperato, la bacchetta in aria che luccicava e... un vaso. Un pesante vaso di ceramica si era levato in aria, appena a pochi centimetri da lei. "PRIMA TI UCCIDO E POI MI UCCIDO PURE IO!!!"
Troppo veloce. Non ebbe nemmeno il tempo di recitare un incantesimo.
La Grifondoro chiuse di scatto gli occhi, cercando inutilmente di ripararsi col braccio. I capelli le si gonfiarono come le ali di una falena rossa, mentre slittava all'indietro... senza trovare altro che vuoto.
Il vaso le calò addosso con una velocità micidiale.
E in tutta quell'adrenalina... mentre il tempo sembrava quasi rallentare... mentre quel colpo a tradimento minacciava di ferirla a morte...


Lily Evans... provò...


Felicità.






Qualcosa... qualcosa scoppiò a ridere, dentro di lei. Fu solo una frazione di secondo. Ma la sentì. Come... un'onda. Un'onda bianca... le sembrò di riconoscerla.
Era quella stessa onda che l'aveva salvata in più di un'occasione. Solo che ora, però, al posto di avvolgerla, proteggerla, farla sprofondare in una delizia, in un dolce oblio rigeneratore... al posto di accarezzare la pelle... ora quella luce bianca minacciava di ustionarla, incenerirla fino ai nervi, fino alle ossa...
Ma non aveva paura. No, tutto ciò che Lily Evans riuscì a provare fu una dolorosa, insensata e smisurata felicità.
Quella soddisfazione feroce... quell'abissale voglia di spargere sangue e terrore...
La sete di violenza si espanse dentro di lei come una melodia assordante.
Come un peccato ricolmo di un oscuro piacere.
Qualcuno sorrideva. Riusciva quasi a vederlo.
Una voce... dentro la sua testa. Una voce tremenda, orribile...

"Finalmente..."

La sensazione di perdersi.

La sensazione di sparire.

La sensazione... della fine.

Ma poi, qualcosa bloccò tutto.








Il rumore della ceramica infranta invase il corridoio. Qualcuno degli studenti aveva gridato.
Il suo corpo era ricoperto di brividi.
La ragazza aprì gli occhi lentamente, il braccio ancora proteso davanti al capo.
Poi li sbarrò.
Non era il suo braccio quello che sanguinava.
"Basta così."
La voce di James era capace di uccidere. Veniva direttamente dalle profondità di qualcosa di tremendo. Un mostro che nessuno voleva risvegliare.
La luce d'oro illuminò i suoi contorni come un pizzo di stelle. La folla di studenti attorno a loro parve quietarsi, improvvisamente inebetita, risucchiata dal suo richiamo involontario. Il braccio gli sanguinava fino al gomito, gocciolando sul pavimento.
Il vaso gli era esploso addosso ed alcuni cocci gli avevano lacerato la pelle.
Nessuno osò parlare.
La Chang lo fissò sconvolta, tremante.
Cadde in ginocchio, fissando il pavimento, fissando i frammenti di quel bel cimelio antico ormai perduto.
Fissando le sue mani... sporche di quel gesto orribile.
Cosa aveva fatto? Cosa stava per fare? L'impatto... avrebbe potuto ucciderla...
Sollevò gli occhi su di loro. Lui si ergeva davanti a lei, improvvisamente tremante e sotto shock, come un araldo.
"Non importa, io la proteggerò."
Era vero, lui l'avrebbe sempre protetta. Per lei non c'era speranza di competizione.
Quel suo gesto...quel suo pararsi davanti a lei...a suo rischio e pericolo...
La rabbia scivolò via, rimase solo il silenzio. Lui le voltò le spalle, prendendo il volto della Prefetto fra le mani.
"Lily, stai bene?"
La ragazza lo fissò con occhi lucidi e le labbra che tremavano.
"Lily." Le dita di James si infransero fra i suoi capelli, le impose di guardarlo negli occhi. Lei batté le palpebre un paio di volte, poi le sue guance riassunsero un pochino di colore.
"I-io...s-sì. Sì, sto bene..."
"Andiamo." mormorò lui gravemente, cingendole le spalle con un braccio e stringendosela addosso. Le posò una mano sulla nuca, abbassandogliela piano, delicatamente, contro la sua maglietta, come a volerla nascondere dal resto del mondo.
Alzò lo sguardo, furente, verso le persone attorno a loro. "Lo spettacolo è finito." Sibilò, conducendola in mezzo agli studenti che, come intimoriti, aprirono un varco.
"Il tuo braccio." Pigolò Lily, socchiudendo gli occhi e non riuscendo a trattenere una lacrima. "Devi farlo...medicare..."
James gliela asciugò con l'indice della mano, stringendola lievemente. Certe cose non avrebbe potuto cambiarle.
"Non è niente, stai tranquilla."
"Mi dispiace." soffiò Lily, con voce rotta. "Mi dispiace..."
"Ti ho detto che non è niente..." Lui le strofinò le labbra contro la tempia, continuando a camminare.



E Liu Chang rimase lì, a fissarli andare via, sostenersi a vicenda.
E qualcosa, nel suo cuore, cambiò.
Lacrime calde le scesero per le gote, mentre lì, in mezzo ai cocci, stava tremante come una bambina.
Qualcuno... qualcuno l'avrebbe mai aiutata a rialzarsi, come aveva fatto James con Lily?
Qualcuno... sarebbe mai stato in grado di amarla, così disgustosa, così meschina?
Una ombra calò su di lei, dolce.
"Liu..."
La cinese alzò lo sguardo, posandolo su due occhi grevi e saggi, su due occhiali da vista rettangolari perfettamente lucidi. Lui era sempre stato maniacale nel pulirli.
"Ciao." Mormorò, tirando su col naso.
Ratcliff la fissò serio come suo solito. Si sistemò meglio gli occhiali sul naso con quel suo classico modo di fare, con due dita rigide come stoccafissi.
Poi fece una specie di sorriso.
Le porse la mano, mentre lei impallidiva.
"Dai, vieni...ti porto nella Sala Comune. Non puoi stare qui in queste condizioni."
"Eri tu, non è così?" sibilò Liu, lisciandosi la gonna con le mani. "Eri tu a portarmi da mangiare."
Lui non rispose.
"Mi sei mancata." disse solo.
Liu lo guardò. Le sembrava di non guardarlo da... moltissimo tempo.
Stirò un sorriso sbieco, amaro.
"Oh, Daniel..." sussurrò, scuotendo la testa con una bassa risata. "Guardami, dai. Credi davvero che io ti meriti? Lo hai visto anche tu, no? Io non sono capace di amare."
"E' per questo che mi hai allontanato?" disse lui, scrutandola come se volesse trapassarla.
"Eri l'unico amico che avevo. Volevo proteggerti da questo mio mondo contorto." Lei guardò il soffitto. I capelli le ricaddero sulla schiena. "Ma a quanto pare, sembrate tutti dannatamente ostinati nel persistere a farmi fare le cose più sbagliate, non è così? Perché sei così cocciuto, eh, Daniel? Perché continui a restarmi accanto, a supportare ogni mia idea malsana, ogni mio difetto, ogni mia meschinità senza dire mai una parola... a raccogliere i cocci, ogni volta... senza allontanarti mai da me... soffrendo come un cane... Ne parlano sempre tutti, sai? Di come il freddo e rigido Prefetto di Corvonero mi faccia sempre da cagnolino. Sei stupido, o solo masochista? Io non sarò mai in grado di ricambiarti." Gli piantò le pupille addosso. Era giusto che finalmente sapesse. Aveva troppo a lungo goduto di quel suo amore, così fedele e silenzioso, così in disparte, senza meritarlo mai. "Non sarei stata in grado di ricambiare nemmeno James, in ogni modo. Non sarò in grado di ricambiare realmente nessuno, non nel modo giusto."
Lui non disse niente. Si chinò... solo su di lei, e le prese tra le dita una ciocca di capelli. Lui, che le era sempre stato vicino. Amandola in silenzio. Con riservatezza. Con adorazione. E con dolore, nel vederla attirata nella scia gravitazionale di Potter per anni.
Lui, che era stato l'unico ragazzo... a non volerla mai toccare. Mai, nemmeno quando lei lo aveva provocato una sera in cui aveva bevuto. L'aveva fatto per gioco, per disperazione, per solitudine e probabilmente per allontanarlo una volta per tutte... ma lui non aveva osato sfiorarla nemmeno con un dito. Non così, erano sembrati dirle i suoi occhi quella sera, mentre la rifiutava con uno strano gelo. Non per usarti.
Mai, mai per usarti e farmi usare da te, non come fanno gli altri ragazzi.
"Ci potrebbero volere anni prima che impari ad amare. Sempre che voglia imparare."
Lui, che le aveva fatto più paura di chiunque altro, quel giorno.
Lui, che lei non avrebbe mai voluto ferire per niente al mondo.
Lui. Lui le sorrise di nuovo e le afferrò la mano.
"Io ho tutto il tempo del mondo." rispose.











Buongiorno a tutti!
Sì, eccomi ancora qui. Eccomi sempre qui.
Questo capitolo l'ho pensato e ripensato un sacco di volte, e nel frattempo leggevo, leggevo e leggevo... fino a trovare un po' di ispirazione – alcuni pezzi sono infatti frammenti de "Fabbricante di Lacrime" e di"The Atlas Six", pezzi che vedevo stranamente perfetti per questa fanfiction e per il personaggio di Liu Chang...
Tanto odiata, la nostra Liu, ma più andavo avanti nella storia e più – fin da ragazzina – non mi andava di ricreare l'ennesimo personaggio femminile antagonista solo per il mero gusto di esserlo. Non mi andava di creare l'ennesima "stronza da manuale" in bianco e nero, quella che ostacola la coppia principale perché le va... così, trascinata da questi pensieri, ho spennellato e spennellato la sua personalità fino ad arrivare a un vero e proprio arco di (quasi) redenzione e al suo finale dolce-amaro.
Dico finale perché, anche se nella storia originale compare ancora un po', ho preferito levarla di torno adesso, anche perché nei prossimi capitoli ci sarà davvero tanta carne al fuoco... e soprattutto, tutta una nuova serie di personaggi che ci accompagneranno verso gli atti finali.
Quanto manca alla fine? Eh, abbastanza. Ma siamo a buon punto.
Preferivate vederla stecchita, eh? Lo so, lo so. Ma mi sentivo buona come Lily!
Sarah


M.A.R.A.U.D.E.R.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora