30. Perchè la amo.

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"AH!"
James si fermò di scatto, tentennò per non scivolare sul ghiaccio e riuscì a mantenere l'equilibrio appena in tempo. La strada che conduceva a Hogwarts era un tranquillo sentiero che si affacciava su campi coltivati ormai ammantati di bianco, mentre sull'altro lato veniva interamente cinto da una fitta fila di abeti a schiera.
Talvolta la via era interrotta da qualche grosso masso pieno di muschio o da un tronco d'albero spezzato.
Non c'era anima viva ed il buio veniva rischiarato da alcuni pali comunicanti sui quali si attorcigliavano fili di palline natalizie colorate e luminose, alcune delle quali ogni tanto lampeggiavano con un Fzz sottile.
Si voltò verso il villaggio, ormai un punto lontano.
Che strano.
Mentre correva come un dannato per Hogwarts - essendo in un ritardo furioso -  un brivido gelido gli era corso su per la schiena.
Si dondolò sui talloni, indeciso.
Non era raro che i suoi sensi si acuissero in vista di un pericolo per il branco. Era una sensazione difficile da spiegare, avvertiva come una stretta allo stomaco, un qualcosa di freddo alla base del collo che gli rizzava i peli.
Questa sua capacità, che sembrava essere il suo potere speciale da Animagus, li aveva salvati da parecchie situazioni.
Eppure, dai Marauders non arrivano segnali di sorta. Le loro menti erano tranquille.
No, era qualcosa di diverso...
Rimase un attimo indeciso, poi tornò sui suoi passi e corse fino alla prima curva.
Nessuno.
Hogsmeade era lontana, buia e deserta come una città fantasma.
"Ti stai comportando da stupido."
Fece retro front e ripercorse velocemente il selciato, tanto quanto glielo permettevano i suoi piedi ghiacciati e oramai diventati insensibili.
Stava quasi per raggiungere la meta.
Il castello si stagliava imponente e luminoso sullo sfondo della sera, le minuscole finestre sembravano piccoli diamanti dorati che tagliavano l'oscurità come lame nel burro.
Probabilmente Peter era inciampato da qualche parte o cose così.
Anzi, ben gli stava a quei dementi, visto che erano tornati a scuola belli tranquilli nel caldo delle carrozze senza nemmeno degnarsi di cercarlo!
E probabilmente ora si stavano già abbuffando!
Massì, tanto che importava loro dov'era il caro James?
Fa nulla se non lo vedevano arrivare, tanto loro erano lì a rimpinzarsi di ogni ben di dio!
Prese nota mentalmente di fare un bel discorsetto a quei ragazzi.
Insomma, che cazzo, avrebbe anche potuto essere in pericolo di vita!
"Questa me la pagano, lo giuro." Ringhiò tra sé, digrignando i denti.
Da vero masochista pensò con desiderio alle patate dorate e croccanti, ai dolci superbi che ci sarebbero stati sopra la tavolata rossa e oro di Grifondoro.
E pensò anche, con meno desiderio sta volta, alla ramanzina della Mcgranitt quando lo avrebbe visto arrivare così tardi. Lo avrebbe scuoiato vivo, poco ma sicuro!
Gli avevano raccomandato di tornare verso alle sei, prima del calar della sera, ed erano già le otto!
E che cavolo di freddo porco faceva?! Ma era legale tutto quel gelo?!
Era tutta colpa della Evans! Lei e quel suo dannato regalo!
"Giuro su dio, Evans..." parlò tra sé e sé, tra l'altro senza minimamente riflettere sul fatto che l'idea dei regali era stata sua. "...uno scherzo non te lo toglie nessuno!"
Fu proprio mentre dava sfoggio di quel momento di incredibile sanità mentale che la vide.
Svoltata la curva, i suoi piedi si fermarono di nuovo quando si accorse di una figura poco più avanti.
Camminava lentamente, le spalle ritte, i lunghi capelli fiammanti che le ondeggiavano contro i fianchi.
Quei jeans aderenti li avrebbe riconosciuti fra mille.
"HEY ROSSA!" ululò, tornando di colpo allegro.
Una punizione con la Evans gli stava più che bene.
Era rincuorante sapere che c'era qualcun'altro quella sera che avrebbe ricevuto le fustigate della professoressa di Trasfigurazione e anzi, trattandosi della sua adorata pupilla probabilmente la sfuriata sarebbe durata anche di meno!
La cocca della maestra in questione non si voltò. Continuò a camminare.
Lenta. Mortalmente lenta.
Accelerò il passo con un ghigno da iena stampato in faccia.
Chissà che avrebbe fatto la Evans con un'altra punizione nel giro di pochi mesi.
"Hey Lily!" la richiamò, divertito. Continuava a non voltarsi... "Rossa, ma che ti prend..."
Era a pochi passi da lei.
Fece per allungare il braccio e sfiorarle la spalla ma la sua mano si bloccò a mezz'aria.
La sensazione tornò. Potente. Viscerale.
La ragazza, finalmente, si voltò verso di lui. Il ghignò gli scivolò via dalla faccia come per un colpo di spugna.
"Lily?"
C'era qualcosa che non andava.












Mezz'ora prima.





"Lo sapevo, sono in ritardo per la cena! Maledetto Codaliscia!"
Qualcun altro correva quella sera, ma in un ambiente infinitamente più accogliente anche se non meno folle.
Peter si era lavato che era praticamente ancora sbronzo – davvero, quel ragazzo non reggeva proprio niente – e aveva avuto la brillante idea di incantare le saponette ed il doccino, così, quando Felpato era entrato dopo di lui, le prime avevano iniziato a tempestarlo sulla testa nemmeno fossero dei missili siberiani mentre il secondo aveva allegramente cercato di mozzargli una falange. Morale della favola: aveva passato almeno venti minuti a sistemare quel macello.
Affamato come un lupo, svoltò l'angolo del primo piano quasi in derapata, veloce come un missile.
SBAM!
"OUCH!"
Si schiantò contro qualcuno con un cozzare di teste che gli fece vedere un circolo di farfalline davanti agli occhi per due minuti buoni.
"Sei finito." Sentenziò solamente, massaggiandosi il naso con aria omicida.
"Che fai, pesti pure gli amici adesso?" sbottò una voce scontrosa e, alzando gli occhi, si accorse che era Lupin, che si massaggiava il naso con la stessa identica espressione.
"Rem!"
"No, Babbo Natale!"
"Perché non sei a mangiare?" chiese Sirius, aiutandolo a rialzarsi.
"Ti stavo cercando." disse Remus, poi arrossì, a disagio. "...e stavo scappando da quella Pamela... togliti quel ghigno del cazzo dalla faccia."
"Ok, ok." Black alzò le mani, scuotendo la testa. A differenza del topastro, Lunastorta era fresco come un fiorellino.
E aveva bevuto più di tutti. Stronzo.
"Allora, perché mi cercavi?"
"James non è ancora tornato." Fece quello, tornando improvvisamente serio. "Inizio a preoccuparmi. Dovremmo avvisare Silente."
"A-ha, ci ho messo mezz'ora a rimettere a posto il suo sosia sulla carrozza, se avvisi i prof ci toglieranno altri punti." Lo fermò subito Black, tornando col pensiero al "sosia", che in realtà erano due cuscini legati assieme con occhiali da sole, cappello e trench da maniaco – un gioiellino animato con la magia chiamato  Cusci-rauder che tenevano in una borsa stregata per occasioni come quella.
"Sai che non salta mai la cena!"
"A meno che non si tratti di una donna." Sirius sorrise. "Nemmeno Lily è ancora tornata, stava cercando un regalo o una cosa del genere. Sai che pur di stare addosso a quella ragazza è disposto a morire! Quanto ci scommetti che sono insieme?"
L'amico apparve rincuorato.
"Sì...ha una logica..." mormorò con un mezzo sorriso. "Anzi, forse stasera riusciamo a risolvere la scommessa."
La scommessa in questione ('Scommetto che Potter non riuscirà mai a farsi la Evans') li aveva tenuti col fiato sospeso per almeno sette anni, in un continuo dare-ricevere di denaro che nemmeno nelle organizzazioni mafiose. L'avevano fatta quando frequentavano ancora il Primo, Remus nella sua magnanimità si era mostrato a favore, Sirius aveva stroncato la cosa sul nascere e Peter si era eretto a giudice supremo nell'assegnazione dei punti che si basavano su cose come sorrisi, forchette infilate nella mano, tentativi di soffocamento e tempo passato assieme senza tentare di uccidersi.
Stavano appunto contando i soldi nel portafogli – ah, l'amicizia! – quando una voce squillante come la sirena di un'ambulanza risuonò nel corridoio.
"Dove sei Lupiin? Hey Remuus!"
Il ragazzo deglutì, sbiancando.
"Pamela?" chiese con finta e divertita indifferenza Sirius.
"No." disse quello, rigido. "...E' un'altra. Una certa Elisabeth..."
"Carina?"
"Direi di sì."
"Allora vai da lei!"
"Certo che no! Come se non ne avessi abbastanza di ragazze sceme che mi inseguono nei corridoi!" ribatté Remus, e un attimo dopo era già filato via lasciandolo alle prese con quella che aveva soprannominato "Miss tentacolo".
Una ragazza dalla cotonata chioma castana apparve da dietro l'angolo.
"Oh! Sirius!" fece il più smagliante dei sorrisi. "Cercavo Remus, sai dov'è?"
"No, mi spiace."
"Oh beh, visto che ci sei tu..." gli scoccò un'occhiata lasciva che era tutto un programma. "Come ti butta?"
Il cambiamento avrebbe dovuto essere analizzato da uno scienziato, rifletté Black, guardandola curioso.
Quando inseguiva Lupin sembrava una dolce e virginale donzella. Ora invece, parlando con lui, aveva totalmente cambiato registro e sembrava di avere davanti una motociclista rockettara, di quelle che sputano si marciapiedi.
Le donne erano tutte attrici nate, c'era da ammetterlo.
"Ma quello è un bracciale con le borchie! Figo!"
Gli si accollò addosso peggio di una mantide religiosa iniziando a cianciare e facendolo vagamente sudare freddo quando una mano fresca gli si serrò al polso e un angelo salvatore con lo stemma di Corvonero venne in suo aiuto.
Prima ancora che riuscisse a voltarsi per veder chi era, Cristhine lo stava già trascinando via annoverando una scusa.
"Spero di risentirsi!" gli urlò dietro la ragazza. "Sempre che il tuo cane da guardia non mi morda!" aggiunse perfidamente.
Al che la Corvoncina si voltò con un sorrisone angelico e dando il meglio di sé, frecciò: "Oh, non preoccuparti, a sentire le voci che girano sembra proprio che non sia io quella che usa i denti di solito, Elisabeth cara!" lasciandola incenerita per terra.
Felpato la squadrò da capo a piedi, strabiliato, mentre lei continuava a camminare senza voltarsi.
Silenzio tombale.
Un corridoio.
Due corridoi.
Tre.
"Hey." La fermò, piazzandole una mano sulla spalla. "E' tutto ok?"
Ancora silenzio. Ahia. Guai.
"Stava cercando Remus." Iniziò a dire, sempre più nel panico. "Lo sai come sono fatte certe studentesse di qui, cambiano idea come niente, ma ti assicuro che io non..."
"Sirius." La ragazza si voltò. Non era arrabbiata, semmai...dubbiosa. Aveva inarcato un sopracciglio e incrociato le braccia al petto. "Pensi che io sia adatta a te?"
Cazzo, voleva mollarlo.
Panico.
La sudata di pochi istanti fa non fu niente a confronto a questa e iniziò a balbettare e annaspare nemmeno fosse stato un undicenne.
"Perché...beh, sai, la gente parla." Lei si grattò il mento, senza notare il delirio mentale in cui l'aveva appena messo. "Tralasciando quelle che vogliono propinarti filtri d'amore o cose del genere, una voce si è fatta sempre più insistente e non ho potuto fare a meno di notarla."
"Cristhine..."
"Dicono che io sia troppo timida per te, che non sia affatto il tuo tipo. Che non sia abbastanza...tosta, credo che dicano così...ed in effetti, le tue cosiddette ex con me non c'entrano proprio niente..."
Lo mollava. Sicuro.
Cosa poteva fare? La rapiva? Sì, la rapiva e se la chiudeva in stanza fino a che non avrebbe cambiato idea. No, così non andava dannazione! Erano cose da Black! Ecco, stava diventando un Black! Mammina sarebbe stata fiera, grazie mamma, grazie davvero!
La ragazza notò il suo silenzio e con fare melodrammatico sospirò.
"Ah, lo sapevo! E' così!"
"Eh? Cosa?"
Se la ritrovò vicina senza nemmeno accorgersene. A pochi passi dalla sua bocca.
Gli occhi persi, torbidi, i capelli leggermente umidi sulle punte che emanavano quel profumo di margherite che aveva iniziato ad amare.
Tutto parve smettere di funzionare. La testa, il cuore, i polmoni.
Tutto era in tilt.
"Posso provare a diventare più intraprendente, se vuoi."
Dannatamente seria. Così vicina...
Lo stava spingendo verso il muro. Con le piccole mani gli prese i polsi e, delicatamente, glieli portò sopra la testa, tenendoli saldi contro le piastrelle fredde.
Il bacio che gli diede fu diverso. C'era qualcosa che era cambiato in quella bocca.
Gli strofinò appena i denti contro le labbra, mordendo piano, lasciandolo senza fiato. Si staccò appena, accarezzandogli il viso quasi con curiosità, esitando in alcuni punti, sfiorando la peluria della mascella. La sua testa si inclinò, le sue labbra scesero. Le avvertì, fresche, dolci e morbide posarsi ora timidamente sul collo.
E tutto esplose.
Anche troppo.
"Cazzo! Le orecchie!"
Mentre quella ragazza gli stava facendo probabilmente il succhiotto più desiderato della sua vita, perse totalmente il controllo e tra i suoi serici capelli neri spuntarono, pelose e ritte, le orecchie da cane.
Sbarrò gli occhi, sentendosi il cuore in gola e quando Cristhine iniziò a sollevare il viso verso di lui glielo impedì infrangendo le mani tra i riccioli della sua nuca e stringendosela contro con uno scatto.
La strinse forte, tremando, perso in un contrasto di sensazioni da fargli girare la testa.
Una mano s'infilò tra le pieghe del suo mantello.
Un fruscio di stoffa spezzò il silenzio.
Cristhine ridacchiò.
"Ma che stai facendo?" chiese quando si fu staccata, vedendolo appoggiarsi al muro, rosso e ansante, con il suo fazzoletto bianco sulla testa a mo' di cuffietta.
Black continuò ad ansimare, cercando piano piano di placare il suo cuore.
La rinnovata distanza fra i due corpi fu come vento fresco sulla pelle calda. Piano piano, quelle maledette cose pelose si ritirarono.
"W-wow." Disse solo.
La ragazza arrossì improvvisamente, forse rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto. Si portò le mani alla bocca, come se volesse nascondersi il viso.
Gli occhioni lucidi, la chioma in disordine, la bocca gonfia e le guance scarlatte furono così eccitanti che di nuovo, Sirius sentì pizzicare sulla cute.
E l'imbarazzo scemò quando la Corvonero lo vide tirarsi da solo un pugno in testa.
"Hem...sicuro di star bene?" chiese sorpresa, iniziando a ridere senza riuscire a fermarsi, mentre il suo povero fidanzato probabilmente avrebbe voluto scavarsi una fossa.
"S-sì...c'era...un ragno..."
Lei sospirò, cercando di calmarsi e di non guardare un piccolo marchio rosso che ora svettava sulla pelle liscia del suo collo.
"Lo so che...non sono ciò a cui sei abituato." Disse, tristemente. "Lo so che è difficile aspettare. E che non sono forte come dovrei essere, che il contatto fisico mi terrorizza ancora tanto. Però..."
Le braccia di lui la strinsero ancor prima che finisse la frase. Il fazzoletto volò via, adagiandosi come una farfalla sul pavimento.
"Tu." Sorrise Black, sentendosi improvvisamente felice in un modo inspiegabile. "Tu sei la persona più forte che io conosca, Cristhine McRanney."
La sentiva tremare, ora. Violentemente. Però sorrideva, percepiva il suo sorriso contro il bavero del cappotto. Le accarezzò i capelli, alzandole poi il mento con due dita.
"Non devi forzarti a fare niente. Mi piaci così come sei. Con i tuoi tempi."
"Sirius..."
Sì, ora il suo era un enorme sorrisone. E anche Felpato non riusciva a smettere di farlo. Si poteva essere felici in un modo così inspiegabile? Come essere in una bolla, nonostante la minaccia dei suoi, nonostante la paura e la rabbia?
"Però, sappi che quando prendi iniziative come questa...controllarmi diventa molto più difficile."
I suoi occhi si fecero furbetti, fingendo innocenza.
"Non lo devo fare più, quindi?"
Già. Quando stava con lei...tutto sembrava sparire...
"No." Disse, sentendola ridacchiare. "Dovrai farlo sempre."





Remus si premette le tempie cercando di concentrarsi, mentre camminava tra la folla senza vedere realmente qualcuno.
Gli sembrava che gli eventi scorressero davanti ai suoi occhi troppo velocemente, senza che riuscisse a fermarli.
Nulla di più odioso per qualcuno abituato ad avere sempre il controllo.
Perché i genitori di Sirius lo rivolevano proprio ora? Perché portare una causa del genere in tribunale, pur sapendo che gli sarebbe bastato testimoniare per far cessare le accuse sui Potter?
No, c'era qualcosa che non tornava... era come se avessero fretta. E poi, c'era sempre il problema della ragazza misteriosa...e c'era quello che gli aveva detto Arthur...
Si fermò di botto. Forse Weasley aveva esagerato nel raccontargli quella cosa...eppure...
"Professor Walsh! Mi sta sporcando le piastrelle!"
Il ruggito rauco di Gazza lo fece sussultare. Alzò il viso, sorpreso, mentre il professore di Babbanologia ridacchiava grattandosi la nuca con una mano.
"Chiedo scusa! Sono tornato di corsa sotto la neve, quelle dannate carrozze partono sempre in anticipo!"
"Veramente è lei che è sempre in ritardo..." borbottò tra i denti il Custode, dandogli le spalle.
"Eh?" tubò l'altro, angelico.
"Niente, niente..."
"Professore." Remus si avvicinò giusto in tempo per sentire una nemmeno tanto sottile bestemmia in direzione dell'irlandese e beccarsi un'occhiata di fuoco a sua volta.
"Hey, Lupin!" Walsh sorrise, strizzandogli l'occhio leggermente imbarazzato per i modi di Gazza. "Hai bisogno di qualcosa?"
"Lei è tornato a piedi, giusto? Ha per caso visto Potter e Evans?"
Quello si grattò il mento.
"Ho visto Potter in piazza, abbiamo avuto una breve chiacchierata e poi gli ho detto di filare a scuola. Ma come, non è ancora tornato?"
Il ragazzo tentennò, cercando un modo per non far finire l'amico in punizione ma non ce ne fu bisogno.
"Tranquillo, me l'aspettavo che avesse perso la partenza, non farò rapporto...per ora. Però se non tornano tra mezz'ora dovrò intervenire, quindi gli conviene muovere le chiappe." Ghignò. "Potter e Evans, hn? Credo di aver capito...ah, giovani!"
Remus non rispose. Rimase immobile così a lungo che quello inarcò un sopracciglio, perplesso.
"Tutto bene, ragazzo?"
"Ha detto di essere appena tornato. A piedi, giusto?"
"Sì, esatto. Pancino ancora vuoto, crampi alle gambe e probabilmente le dita dei piedi sono diventate di piombo. Perché?"
L'altro rimase in silenzio ancora un istante, poi sorrise. Un sorriso lento, che non si allargò agli occhi.
"Oh, nulla. Notavo che ha i capelli bagnati. Prenderà un malanno, se non se li asciuga."
Strano ragazzo, pensò il professore allontanandosi. Un sorriso finto, troppo freddo per quell'età così spensierata.
Ma Lupin aveva imparato fin da bambino a indossare maschere. A sorridere quando non ne sentiva davvero il bisogno.
Camminò fino a quando non si trovò ai piedi di una grande scalinata, alla quale diede le spalle. Gli studenti gli sciamavano attorno, diretti a cena, qualche folletto scappato dalle gabbie svolazzò con un ronzio fino al lampadario facendo slalom tra libri galleggianti e boccini d'oro sgraffignati dagli spogliatoi.
Sì. Gli eventi scorrevano troppo velocemente.
Doveva riflettere... mettere a posto i tasselli. Dovevano agire più veloce del ragno, ma come?
Come, dannazione?


"ATTENTOOO!"

A scuoterlo bruscamente da quei pensieri, fu un grido.
Si voltò appena in tempo per vedere qualcosa balzargli addosso da metà scale, oscurando la visuale.
Poi qualcuno gli si schiantò addosso con un botto assordante.
Per la seconda stramaledetta volta.
Preso alla sprovvista, non ebbe il tempo di prepararsi all'impatto e dopo aver tirato una poderosa testata contro il malcapitato che gli fece veder farfalline bianche davanti agli occhi (oramai gli stava pure dando dei nomi) riuscì a malapena a percepire due mani che gli artigliavano le braccia prima di ruzzolare all'indietro e franare sul proprio sedere trascinandosi l'altro dietro.
Annaspò, strabuzzando gli occhioni celesti e cercando aria per almeno un minuto buono, con le lacrime a pungere le ciglia per il male e un delicato ginocchio gentilmente infilato nello sterno.
Qualcuno era sopra di lui. Sentì solo che era morbido. I suoi capelli gli sfioravano il collo, facendogli il solletico.
"A-ahia..."
"Ops...scusa...non ho fatto attenzione allo scalino..." esclamò una voce, mortificata.
Una ragazza.
"Figurati...nessun problema..." boccheggiò – uno dei suo vanti era riuscire sempre ad essere cortese anche nelle situazioni più estreme - strizzando le palpebre per mettere a fuoco. "S-stai...ben...?"
Le parole gli morirono in gola quando riuscì a visualizzare "l'assalitore" e si rispecchiò nel più grande paio di occhioni verde acqua mai visto prima. Ma non fu quello a zittirlo. E nemmeno la quarta naturale sbattutagli graziosamente sul naso.
Fu...beh, fu il suo insieme ad essere vagamente disturbante.

Perché il destino, per Remus Lupin, si presentò quel giorno di dicembre. E si presentò...nel modo più colorato possibile.

La vide battere le ciglia con un sorriso buffo che ricreò due adorabili fossette sulle guance e scostarsi una ciocca di capelli dalla fronte.
Capelli...rosa.
Un delicato rosa pastello che avrebbe fatto svenire la McGranitt ma che sembrava assurdamente e stranamente naturale, senza tinture. Portava quella bizzarra capigliatura acconciata in un taglio liscio, lungo fino alle spalle e con una frangia lunga che sfiorava le sopracciglia, rosa anch'esse.
Assurda.
La ragazza che gli si presentò davanti non doveva avere più di quattordici anni e indossava una divisa da strega che sembrava essere stata colpita da una caterva di Arte-Incanti: gonna, sciarpa e tutto il resto erano letteralmente a chiazze di colore come se un pittore ci avesse giocato sopra. I polpacci erano coperti da degli strani scaldamuscoli di stoffa rigonfi, stretti con un laccetto nero appena sotto il ginocchio. Uno rosa, l'altro azzurro.
La giacchetta, metà gialla e metà verde, era stropicciata come se ci avesse dormito e una spallina scivolava giù fino all'avambraccio scoprendo una clavicola.
Si alzò in piedi con grinta, facendo tintinnare i numerosi braccialetti a tinte fluo che portava ai polsi.
"Non faccio mai attenzione agli scalini. Beh, non faccio mai attenzione a tutto direi...sono molto sbadata!"
Armeggiò nella tasca fino a tirar fuori un cerotto a x che si schiaffò sulla fronte.
Ecco. Ora sembrava matta a tutti gli effetti.
Porse una mano al ragazzo e lo aiutò ad alzarsi, mentre quello continuava a squadrarla stralunato.
"Spero di non averti fatto male." Cinguettò, pimpante.
Per essere una che aveva appena ricevuto un bel bernoccolo come regalo di Natale, sembrava avere davvero un sacco di energie...
"No, figurati..." Remus si raddrizzò, sorpassando per il momento sull'abbigliamento che avrebbe dovuto ammonire in quanto Prefetto. "Tu piuttosto, stai bene?"
"Scherzi? Incidenti di questo genere sono un'abitudine gente come me!" Quella ridacchiò, divertita. "Guarda! Ieri ho preso in pieno uno spigolo!"
E con tutta la nonchalance del mondo si tirò su la gonna a pieghe scoprendo la coscia fino all'orlo delle mutandine.
Così.
Come se niente fosse.
Un po' troppo per uno che si era autocondannato all'astinenza forzata nel periodo in cui gli ormoni giocano brutti scherzi.
"H-hey! N-no, ci credo, ci credo!" balbettò il povero Remus preso in contropiede, distogliendo lo sguardo e sentendosi violato e maniaco allo stesso tempo.
"Un livido grosso come una casa..." mormorò quella, senza minimamente accorgersi del fatto che l'altro era diventato scarlatto e aveva il cervello un tantino in pappa.
Cazzo.
Mutandine color pastello. Con uno stramaledetto maialino stampato sopra.
L'aveva visto in pieno!
Ma chi le portava così al giorno d'oggi?!
"Dannazione Remus, datti una calmata!"
Finalmente la ragazza lasciò ricadere la gonna e allungò la mano facendolo balzare all'indietro nemmeno gli avesse appena sguaiato addosso una pistola.
"Mi chiamo Tonks." Sorrise. "Piacere."
Eh sì. Il destino si presentò con i capelli rosa e un maiale stampato sulle mutandine.
"Remus Lupin."
E quando le strinse la mano, ancora scombussolato, riuscì quasi a sentirlo.
Come una scarica elettrica che sconquassa l'anima. La trattenne un istante di troppo, ma la streghetta parve non accorgersene.
"Credo di aver rotto il portaombrelli..." borbottò, pensierosa. "Oh eccolo!"
L'oggetto era spaccato in due pezzi alla fine della scalinata. Gli si avvicinò sguainando la bacchetta.
"Hemm...Reparo." disse incerta.
Si spaccò in quattro pezzi.
"Oops!" esclamò la ragazza, mettendosi le mani nei capelli. "Accidenti! Non sono mai stata brava con gli incantesimi! Ho anche cercato di vivacizzare un po' l'uniforme e ho combinato un macello!" si voltò verso di lui, che la fissava imbambolato senza sapere che accidenti gli era preso. "Ti dispiacerebbe...?"
"Cosa? Oh sì, certo! Reparo!"
Il portaombrelli tornò come nuovo. Quel semplice gesto bastò a mandarla in brodo di giuggiole e si mise letteralmente a saltellare come un coniglietto.
"Wow! Bravo! Io non ci riesco mai...la mia famiglia non è molto soddisfatta del mio rendimento! Sono Mezzosangue, sai? Ma mia madre deriva da una famiglia di Purosangue molto nobile. Ma a me sinceramente non importa e trovo deplorevole il fatto che alcune persone..."
E iniziò a chiacchierare veloce come un missile. Cazzo, non prendeva nemmeno fiato!
"Ma quanto parla, questa?" pensò Remus, cercando di non perdere il filo in quel fiume di parole che iniziarono a stordirlo peggio della caduta.
"...tutti credevano che andassi a Tassorosso, non so perché, e poi sono venuta a Grifondoro, per la mia famiglia è stato un bel colpo, ma sono felici, ritengono che Grifondoro..."
"A-aspetta, ferma! Hai detto Grifondoro?"
"Puoi ben dirlo!"
"Ma...io non ti ho mai vista!"
E chi se la scordava una così?!
Lei alzò le spalle.
"Avevo un aspetto diverso. Sono del quinto."
Un campanellino d'allarme iniziò a suonare dentro la testolina bionda del Malandrino.
"Come ti chiami? Intendo...Tonks è il cognome o il nome?"
Smorfia. Silenzio.
"Il cognome." Disse poi, piano.
"Qual è il tuo nome?"
"Chiamami solo Tonks, ok?"
"Ma devo saperlo!"
"Senti, il mio nome mi fa schifo!"
"Ti prego! È importante!"
Fu come se avesse mangiato un limone. E per la prima volta la vide in imbarazzo.
Borbottò qualcosa tra i denti che non riuscì a capire, sputando fuori le parole con disgusto.
"Eh?"
"Ninfadora!" esplose infine quella, arrossendo. "Mi chiamo Ninfadora, ok?!"
Il campanello suonava ora come una sirena, assordante.
"Ninfadora?!" saltò su, sgranando gli occhi. "NINFADORA!"
Era lei! Era lei la ragazza misteriosa! L'aveva finalmente trovata!
"REMUUUUUUS!"
Barrito di elefante in fondo al corridoio.
Cazzo.
"Io non lo so perché mia madre mi ha chiamata con questo nome cretino, forse ha perso una scommessa o che so io, in effetti a mia mamma piace giocare d'azzardo...sono sicura che è stato lo zio Alphard, sì, è una cosetta che avrebbe fatto sicuramente...giuro che appena lo rivedo gli pianto giù qualche grana, non importa se mi passa sempre la mancia, giuro che se è stato lui..."
Tonks continuava a parlare.
Ma Lupin non la stava più ascoltando.
Pamela Sgrunt si stava dirigendo verso di lui, minacciosa.
E non c'era James a salvarlo sta volta.
Sì, non c'erano dubbi, l'aveva visto.
Sicuramente voleva chiedergli - anzi ordinargli - di andare al ballo con lei.
L'avrebbe anche fatto tranquillamente, ma dubitava che quella sottospecie di orchessa si sarebbe accontentata di farsi due salti in pista! E poi non sapeva ballare!
"Comunque credo di aver preso dallo zio la mia goffaggine, praticamente rompiamo più servizi da tisana io e lui che un intero plotone di elefanti..."
Si guardò intorno preso dal panico...che fare? Che fare?!
Che consiglio gli aveva dato Sirius?!
Proprio qualche ora prima...Oh no...non poteva farlo...non poteva...!
E poi...chi...?
Il suo sguardo disperato parò su Tonks, che continuava a parlare allegramente senza accorgersi di nulla.
Pamela si avvicinava...
"...e poi ho rotto il piatto, e mio zio a detto che sono una frana...e dopo volevo ripararlo, ma ho rotto anche il bicchiere e..."

"Tonks. Baciami."









Lily Evans sembrava una bambola.
C'era una sorta di energia negativa attorno a lei, poteva quasi vederla tinteggiare di un verde cupo i suoi contorni, simile a impercettibili fiammelle.
Le faceva fluttuare nell'aria i lunghissimi capelli come avvolti da un impalpabile velo d'acqua.
Sembravano danzare, tanti serpentelli sanguigni contro gli zigomi.
La sua mano era serrata alla bacchetta.
Così tanto che le nocche erano bianche.
Ma... James lo capì essenzialmente guardando i suoi occhi.
Non era lo sguardo della sua Evans. Non era più verde e limpido, puro.
Erano due biglie vitree e spente quegli occhi. Opachi, senza vita.
Lily Evans era inquietante e bellissima, quando gli piantò il viso addosso.
Ed il suo cuore gelò.
"Rossa..."
Fece un passo avanti ma la mano di lei, quella con la bacchetta, scattò in avanti puntandogliela all'altezza del cuore.
Si fermò subito. Il vento sibilò fra di loro.
"Lily...cosa stai facendo?"
"AVADA KEDAV..."
"NO!"
Si gettò di lato appena in tempo per scansare un luminoso getto di luce verde. L'incantesimo bruciò la neve, distrusse ogni cosa sul suo cammino prima di schiantarsi a terra. Morte luminosa.
Allora si faceva sul serio...
Cercò rifugio dietro una roccia abbastanza ampia ai margini della strada, afferrando la sua bacchetta.
Il cuore iniziò a martellargli nel petto. Un ronzio gli offuscò le orecchie.
Era sotto Imperius.
Merda.
"Esci fuori, James!" la sentì cantilenare, divertita. "Esci fuori e nessuno si farà del male..."
Non era lei a parlare. Quel tono così malizioso, perfido e seducente, strideva sulla bocca di Lily.
Qualcuno la stava sottomettendo al suo volere. Parlava attraverso di lei.
Qualcuno che conosceva il suo nome.
"Rossa!" gridò. "Mi senti? Riesci a sentirmi, lì dentro?"
"Esci fuori, ti prometto che starò buona buona..."
"Certo, come no." Imprecò tra i denti, tenendola sotto tiro. La roccia, contro la guancia, era gelida e umida.
La ragazza faceva leggermente su e giù, come una lince pronta a colpire la preda. La voce si fece tagliente, fredda.
"Non ho voglia di giocare, Potter... ho una missione da compiere."
"Ti prego, Lily! Cerca di tornare in te, maledizione!"
Le scoppiò a ridere, alzando il bel collo bianco, tenendosi la pancia.
"La mia devozione è al Signore Oscuro, adesso!" cinguettò, malefica. "La piccola, dolce Lily Evans si è votata al male! E' corrotta, persa per sempre, Potty!"
"No, non è vero!" gridò di rimando lui.
"E cosa ti rende tanto sicuro?"
Trovò la forza di sogghignare, anche se lei non poteva vederlo.
"L'hai appena chiamata dolce e piccola." Frecciò. "Significa che di lei non sai proprio niente."
Doveva fare qualcosa...doveva fare qualcosa, maledizione...ma cosa?
"Giocare a nascondino con te è eccitante...ma ora mi ha stancato. Sgretulutus!"
Fu come venire investiti da un treno. La roccia dietro alla quale si era rifugiato si sgretolò come sabbia all'impatto, e lui cadde all'indietro.
La risata sprezzante di Lily riempì l'aria.
"Sei stato divertente. Ma ora che ne dici di morire? AVADA..."
"PIETRIFICUS TOTALUS!"
La Grifoncina si scansò con un balzo e il suo attacco andò a vuoto.
James si rialzò.
Ora erano faccia a faccia, al centro della strada, con le bacchette levate l'una verso l'altra.
Lily si leccò le labbra, estasiata.
"Hai ancora voglia di divertirti con me..."
"Chi diavolo sei?"
"Non ha importanza." Lei scosse il capo. "Stai per crepare, che senso ha dirti chi sono? Ciò che conta è come appaio, no? Con questo bel visetto..." si passò una mano sul viso, mordendosi la bocca in puro appagamento. "...So che ci tieni parecchio a lei, eh, Potty? Che tristezza dover combattere contro la tua farfallina adorata! Potremmo invece spassarcela, ma temo che poi non mi rispetteresti!"
"Non c'è problema. Non ti rispetto nemmeno adesso."
I suoi piedi iniziarono a muoversi in sincrono con quelli di lei, creando un cerchio perfetto.
"E' così che vuoi passare quindi i tuoi ultimi istanti con lei? Combattendo?"
"Dispiace anche a me, ma temo proprio che io non possa lasciarti andare. Qual è la tua missione, tanto per chiacchierare?"
La ragazza fece finta di rifletterci.
"Massì, questo posso dirtelo, visto che ne fai parte." Miagolò. "Devo semplicemente fare una strage. A cominciare da te, fino ad arrivare a Silente. E poi mi sbarazzerò di questo inutile corpo da Mezzosangue."
"Bel piano. Semplice, conciso...facile da ricordare." Lui ghignò, ironico.
"Ti aspettavi un monologo da cattivo in modo da poter prendere tempo? Non sono il tipo."
"Meglio così. Detesto le pacchianate." Un incantesimo partì rapido, ma venne prontamente deviato. Era forte. Non era la magia di Lily, quella.
Chiunque la stesse governando, era più potente di lui.
Infinitamente.
Doveva parlare. Avere il tempo di ragionare...
"Ti sfugge però che Silente è indubbiamente più forte di una studentessa del Settimo."
"Non oserà toccare una sua allieva. L'innocente Lily Evans! Chi sospetterebbe mai di lei?" quella stronza fece la voce in falsetto, capendo al volo le sue intenzioni ma decisa a dargli corda. "Spiacente, cocco. Nulla di personale, davvero. Ma hai fatto incazzare le persone sbagliate. E hanno sguinzagliato me."
"Mi sottovaluti." Sorrise, chinando appena il capo con finta galanteria. "Mi spiace ma la tua idea non mi piace per niente. Dovrò fermarti, rossa."
La sua bocca si strinse in un broncio da bambina.
"Oseresti far del male a me? Alla tua Lily?"
"Oh, a Lily no...ma a te sì, chiunque tu sia."
La rossa sorrise.
"Questo corpo mi appartiene."
"No." Un altro incantesimo deviato. "Quel corpo, dolcezza, appartiene al sottoscritto per diritto. Sei arrivata tardi di sette anni!"
"Sei così...arrogante!"
Il suo viso divenne puro male.
Vederla in quello stato gli metteva addosso una sensazione spiacevole, viscida. Era come se stesse venendo inquinata davanti ai suoi occhi.
Non riusciva a pensare, a ragionare. Vederla in quel modo lo stava facendo impazzire.
La sua mano balenò nell'aria, troppo veloce.
Se ne accorse tardi.
"Total pastoia body fun!"
"Ah!"
Cadde all'indietro, legato da funi invisibili. Merda.
Era stata troppo veloce.
Era di un altro livello.
Lily lo sovrastò, minacciosa.
"Non sei più un pericolo, James Potter." Sibilò, fredda. "Non lo sei mai stato."
Gli tirò un calcio nello stomaco, beandosi del suo gemito, del ringhio furioso che gli sgorgò dalla gola contratta.
Lo vide tossire sulla neve. Si piegò sulle ginocchia, sfiorandogli una ciocca di capelli sulla fronte con la bacchetta.
Sussurrò un incantesimo e la punta divenne tagliente come una lama. Un piccolo rivolo di sangue gli colò sulla guancia, seguito da un altro gemito.
"La morte è così eccitante." Mormorò, improvvisamente persa. Fissava il sangue come se non esistesse altro al mondo. "Non trovi, Potter?"
Aveva abbassato la guardia. Forse...forse poteva...
"Lily..." mormorò, piantandole gli occhi addosso. "Lo so che mi senti. Devi darmi una mano, Rossa, o qua crepiamo tutti e due."
"Mi prenderò questi begli occhi d'oro, una volta finito con te."
"Prenditi quello che ti pare, ma ascoltami! Sei più di questo, Lily! Sei sempre stata di più! Che diavolo stai facendo, eh?! Ti lasci manovrare come una marionetta, non è da te! Reagisci, tira fuori le palle! Non posso farcela da solo, lo vuoi capire?! Io ho bisogno di te!"
Gli stava facendo un altro taglio, lungo il collo, quando la sua mano si paralizzò.
La ragazza si bloccò, come presa alla sprovvista. Le sue labbra tremolarono appena.                         
"N-no..." esclamò, tremante.
La sua voce si fece più alta. Uscì graffiando la gola, sputata nell'aria come una ferita.
"E' questo che sei? Un giocattolo? Una debole Mezzosangue? Rispondi!" urlò. "Io lo so - LO SO! – che anche io in passato sono stato un bastardo, che ti ho sempre ferita, che ti ho sempre sminuita, che a causa mia sei rimasta sola! LO SO, cristo, e non c'è un solo fottuto giorno in cui io non mi senta un verme! Ero uguale alle persone che ho sempre disprezzato, ero parte di tutto ciò contro cui hai sempre dovuto combattere con le unghie e con i denti, hai sempre lottato per dimostrare il tuo valore ad un mondo che non vuole riconoscerlo, ma sai una cosa?! Tu non mi hai mai lasciato vincere, non ti sei mai piegata e questo non è da tutti, questo ha un peso! Lo ha sempre avuto, cristo! Devi decidere una volta per tutte cosa vuoi essere e devi farlo ADESSO! Perché sono l'unico che può sfidarti, mi hai sentito?! SARO' IO L'UNICO CHE TI SCONFIGGERA', QUINDI SVEGLIATI!"
Si portò una mano al viso, gemendo di dolore. Fu solo un istante.
Poi si irrigidì di nuovo.
"NO!" ringhiò, questa volta furiosa. "CRUCIO!"
Dolore.
James Potter...non ne aveva mai provato così tanto.
Ogni centimetro di pelle.
Fin dentro l'anima.
Urlò.
Urlò con quanto più fiato aveva in gola.
Si dimenò nel terreno gelato come un ragno in preda a delle fiamme invisibili. Sentì ogni osso scricchiolare, ogni articolazione gemere.
Era questo, quello che aveva provato Sirius... 
Un colpo secco di bacchetta e il dolore svanì, lasciandolo senza fiato.
Ansimò sulla neve, boccheggiante e si trattenne a stento dal vomitare.
La Grifondoro gli afferrò i capelli, scuotendolo per impedirgli di svenire.
"Pensi che questa sia una fottuta fiaba, James Potter?" ringhiò, contorcendo il viso in un'espressione disumana. "Pensi che una sudicia Mezzosangue possa veramente dominare il mio Imperius? E' ora di svegliarsi, ragazzino!"
Gli sbatté il capo contro il terreno. La neve attutì il colpo.
Sorrise debolmente, sentendo la testa girare. Era furibonda. La furia di chi non è abituato a perdere il controllo.
"L'hai fatta proprio incazzare...eh,Rossa...?" sussurrò.
"Chiudi quella fogna!" ruggì l'altra, piantandogli le unghie sulle spalle. "Io ti conosco, sai, idiota? Io ti ho visto!" abbassò la testa fino a sfiorargli la pelle del viso con le labbra. "Un principino viziato che pensa di avere il mondo ai suoi piedi! E' questo tuo ghigno ad averti portato qui, a crepare in mezzo ad un vicolo senza nome! Il tuo tracotante ego ti darà la fine senza senso che meriti! E' disgustoso essere stata obbligata ad occuparmi di questo, io, che nella mia vera forma potrei spezzarti con il movimento di un dito! Io, imprigionata in una carcassa umana, privata della mia vera natura! Non puoi niente, NIENTE! Né tu né questa stupida ragazzina! Mi divertirò personalmente a farle fare la fine più dolorosa che ci possa essere, una volta finito con te! Tu e la tua famiglia avete sempre camminato come dei scesi in terra ma ti do una notizia: il tempo dei Potter su questo mondo è finito! Qualcun altro sta arrivando, e lui è più potente di qualsiasi cosa che abbiate mai conosciuto! Lui tornerà a farci splendere! E' per questo che ho accettato di piegarmi a degli insulsi umani e ad eseguire i loro ordini!"
Cazzo, e per fortuna che odiava i monologhi.
Non ebbe la forza di dirle che era pallosa.
James girò appena il viso, assaporando l'aria fredda. Si sentiva a pezzi.
Quell'incantesimo l'aveva come svuotato.
E non poteva muoversi. Quelle funi magiche lo tenevano ancora bloccato a terra.
Il suo sguardo si posò sulla sua mano e un ghigno amaro gli incurvò le labbra. Stava tremando. Di nuovo.
Non per la paura. Anche in un momento come quello, senza più via d'uscita, il suo corpo tremava di adrenalina, piacere.
Il pericolo, così carezzevole...
Remus, i ragazzi, avevano ragione. C'era proprio qualcosa di sbagliato in quello.
La punta della bacchetta di Lily scintillò contro la sua gola.
"Salutami il diavolo all'inferno, James Potter!"
"Accidenti. E' davvero finita."
Era dunque arrivato, quel momento? Il momento che aveva tanto atteso, il momento per il quale aveva passato sette anni in agonia, a cercare di farsi male, disperato in un modo così viscerale da risultare segreto perfino a chi poteva leggergli nella mente?
All'improvviso, una cosa luminosa sulla neve catturò il suo sguardo.
Era la collana.
Il suo regalo per Lily. Doveva essere caduto mentre lottavano.
Lily...
Scintillava in maniera quasi innaturale. Fu improvvisa l'immagine che gli balzò in testa, stordendolo.
"Non riesce più a sentire la mia voce..."
Non l'avrebbe mai ricevuta, quella collana del cazzo.
Perché lui stava per morire. E anche lei.
Lei...sarebbe...morta...
Il tempo si cristallizzò su quel pensiero, frantumandosi come vetro.
"Tu finirai per ammazzarla, James Potter."
La mano, pensò confusamente. Se ne accorse subito.
La mano aveva smesso di tremare.
Non c'era più piacere.
Qualcosa gli stava montando addosso come un'onda gelata, paralizzando ogni cosa.
Quella sensazione sbagliata...la brama del pericolo...non c'era...più...
E poi, un rumore attirò la sua attenzione, rimbombando nella sua mente.
La vide cadere lentamente, come se il tempo si fosse dilaniato in minuscoli frammenti.

Plic.


Un rumore che sovrastò ogni cosa.
Sovrastò il dolore, il gelo che improvvisamente gli faceva tremare le vene ai polsi.
Proveniva da Lily.


Una lacrima?



"N-no...non posso..." piagnucolò la Grifoncina, e la sua presa tremò follemente. Grosse lacrime le colarono lungo le guance.
Una gli cadde sul labbro, la percepì salata sulla lingua. L'aveva fatta piangere di nuovo...
Le funi magiche si erano sciolte, ma si sentiva troppo debole per muoversi. Poteva solo guardare.
Guardarla fremere convulsamente, cercare di reagire, i denti che si serravano con un inquietante scricchiolio.
"Lily..."
La ragazza si alzò di scatto in piedi, tenendosi la testa fra le mani.
Dio, il dolore l'accecava.
Perché ucciderlo?
Perché uccidere James?
No, non voleva farlo! Non voleva!
Il bacio che le aveva scoccato sulla fronte quel giorno in classe pareva ardere, come incandescente.
Come a ricordarle... che lui...lui...
"Lui è il mio unico rivale."
"Uccidilo. Uccidilo. Uccidilo."
La voce si faceva sempre più alta, tra i suoi pensieri. Qualcosa le stava prendendo il cervello con unghie affilate, dilaniandolo.
"Smettila!" gridò, disperata. "Ti prego, smettila!"
Lui la osservava ammutolito.
I suoi occhi erano pervasi da ombre, si contorceva sopra di lui, sembrava lottasse.
L'aveva sentito! Stava combattendo!
Lily...stava combattendo con le unghie e con i denti. 
Lei lo faceva sempre, rifletté improvvisamente. Era questo a creare quella forza gravitazionale tra di loro.
Il legame tra due rivali non può spezzarsi. Li unisce, li consuma, nessuno dei due sa rinunciarci. Nessuno dei due sa arrendersi.
Era questo a tenerlo incatenato a lei. In quel modo così egoistico, sbagliato e pericoloso.
No, lei non si era arresa. Non si era mai voluta arrendere. Lei era la rivale perfetta.



"Ti giuro sulla mia vita che tutto questo non accadrà mai più. Io ti proteggerò."



Ed improvvisamente, la rabbia lo pervase. Una rabbia sorda, senza ragione.
La stessa rabbia che lo aveva portato a scontrarsi con Piton per sette anni. La stessa rabbia che l'aveva spinto a far esplodere la sala comune dei Serpeverde. La stessa rabbia per la quale aveva trascinato amici, compagni e estranei giù nei sotterranei a combattere la sua battaglia, servendosi di loro, nutrendosi di loro.
Sfruttando un potere che non aveva mai voluto. Sfruttando la sua maledizione.
Per lei. Per quella ragazza che si contorceva stringendo i denti fin quasi a spezzarseli.
Per quella Mezzosangue che continuava a resistere.
"James..." annaspò, gemendo di dolore e fatica. Stirò un sorriso che assomigliò più a una smorfia. "Sei...patetico...ti sei fatto battere come...un pivello..."
Lui rise piano, amaramente, sfinito, beandosi di quel momento così familiare tra di loro.
"G-già..."
"...allora come diavolo pensi...di riuscire...a battermi...? Non...farmi...ridere..."
L'orgoglio. L'orgoglio di un Grifondoro, se stuzzicato, riusciva a venire fuori anche nelle condizioni più estreme.
E lei era orgogliosa, la strega più testarda di tutte. Lo era in un modo tale che lui...lui...cazzo, allora era proprio vero. Avevano ragione tutti.
Perché? Perché riusciva a capirlo solo ora, quando la realtà gli veniva sbattuta in faccia con la forma di una Maledizione senza Perdono?
Aveva avuto sette anni per farlo. Sette maledetti anni per guardarsi finalmente in faccia.
Un ginocchio le cedette ma subito dopo riuscì a tirarsi in piedi ancora.
Ma non ce l'avrebbe fatta. Il nemico era troppo forte.
Quel qualcuno che stava abusando del suo corpo, della sua mente, l'avrebbe uccisa.
Dopo aver ucciso Silente...l'avrebbe gettata via come un giocattolo rotto. La stava frantumando anche in quel momento.
Lei, che era così importante.
No, no, no!
Non doveva morire.
Non così, dannazione.
Non così.

Nevicava più fitto.
Grossi fiocchi bianchi scendevano giù dal cielo, come piume d'angelo.
"Basta!" gridò infine la ragazza, e i suoi occhi tornarono spenti e assassini. "E' inutile, volete capirlo?! Perché continuate a soffrire?! Perché resistete in questo modo?!"




Perché la amo.



"Muori!"


Senza nemmeno sapere cosa stesse facendo, senza una ragione precisa, senza un vero motivo, il ragazzo afferrò il suo polso e la tirò giù.
Non se l'aspettava. Si sbilanciò, si fece trascinare verso di lui con un gemito di sorpresa.
Alzò il busto in un colpo di reni con le ultime forze rimaste, intercettando la sua caduta.
Le mani presero il suo viso, si infransero tra i capelli sanguigni che frustavano l'aria, i polpastrelli premettero contro le sue guance umide lasciando dei segni sull'epidermide pallida.
Senza nemmeno sapere cosa stesse facendo, senza una ragione precisa, senza un vero motivo, James Potter, il suo vero ed unico rivale, la baciò.




























Accadde in quel preciso momento. La collana caduta dal cielo vibrò viva contro la neve.
Ciò che era al suo interno esplose.
Tutto divenne luce.

M.A.R.A.U.D.E.R.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora