61. La Strigora

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Me l'ero messa in testa: prima delle  vacanze, dovevo aggiornare. E...beh, pronostico riuscito! Ci ho messo  davvero un sacco ma, beh, questo capitolo sarà lungo il doppio del  normale, ben trenta pagine word. Non riuscivo proprio a tagliarlo a  metà.
Come altra novità, ragazzi miei, ho deciso di pubblicare di volta in  volta un'immagine/fanart/disegno dedicato a questa fanfiction. Ne ho  veramente un sacco ma ho deciso di cominciare con la nostra Tonks  impegnata a mangiarsi un gelato! Quanto è carina?

 Ne ho  veramente un sacco ma ho deciso di cominciare con la nostra Tonks  impegnata a mangiarsi un gelato! Quanto è carina?

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Il rullo dei tamburi era inquisitorio, profondo e ritmico.
Entrava dentro.
Il suono della Strigora, il magico Sabba del fuoco. Che batteva senza smettere fino alla fine.
Un grande contrappasso, seguito da altri più piccoli, a rinvigorire lo  scalpiccio quasi nevrotico dei piedi che danzavano sull'erba.
Il crepuscolo stava lentamente lasciando posto alla sera, il cielo era  dipinto di pennellate rosse e viola e l'aria stessa del Cortile del  Viadotto pareva crepitare al calore dei cinquanta falò fluttuanti o  ancorati a terra, su grandi treppiedi reticolati in ferro battuto.
Pennacchi di fumo nero risalivano in ampie volute attraversando  striscioline di luce fatata che dipingeva l'oscurità di colori verdi e  azzurri, simili a quelli dell'aurora boreale.
Ovviamente nessuna fatina in vista, non così vicine alla scuola.  Arrivava fino a lì solo qualche scia residua e colorata, di una Foresta  che si risvegliava in massa e festeggiava l'arrivo della primavera. Era  tassativamente vietato entrarci. A meno di non voler finire in uno dei  cerchi di funghi del Piccolo Popolo e venire rapito per chissà quali  scopi.
Le fate erano nobili e sagge, ma anche perverse e oscure. Una strana combinazione.
Perfino i Marauders se ne tenevano lontani, quella notte.
Ma anche se la scuola era a parecchia distanza dai ritrovi delle  Creature magiche e l'unica testimonianza di quel risveglio erano quelle  strani luci filanti nel cielo, simili a nastri fluorescenti, l'aria era  comunque densa di magia quella notte.
E alcool.
Parecchio alcool.
I Professori erano rimasti per propiziare il Rito di passaggio, ma poi  si erano congedati lasciando il tutto alle mani del Comitato.
Che a quanto pareva, aveva tutta l'intenzione di vedere la gente collassare.
James Potter stirò un sorrisetto, acciambellato su un tronco un po' in  disparte dalla folla adorante. Osservava gli altri studenti con aria  indolente e pigra.
C'era una sorta di gara di bevute.
Svettante al centro del giardino c'era un grande podio di legno con una  decina di padiglioni più piccoli su cui erano stati posizionati barili  di Whisky Incendiario, tavolini e cespi di paglia su cui sedersi. Lunghi  gonfaloni variopinti ondeggiavano dal palo centrale, con rossi intensi e  gialli vivaci, infinite tonalità di verde e blu, neri, grigi e porpora.  Una filiera di candeline galleggianti svettava sopra di loro come  lucciole ardenti.
Non aveva capito bene i dettagli, ma a quanto pareva chi perdeva si ritrovava a fare da schiavetto o cose del genere.
Ovviamente, la gara era truccata. Le delicate signorine della  MagiNobiltà erano tutte in finale senza nemmeno un capello fuori posto.
Piuttosto sospetto.
E non erano le sole ad avere vinto a dispetto di tutte le previsioni: le  partecipanti non avrebbero mai accettato di portarsi al guinzaglio la  peggio feccia ubriacona di Hogwarts davanti ai genitori imbellettati di  gioielli per il loro squallido evento sociale.
Così, gente come Buck il Beone, un tizio di Corvonero parecchio grasso  che ingollava alcolici fin da quando aveva dieci anni come fossero  caramelle, finiva per avere un triplo carico tale da stendere un  cavallo, mentre i calici dei ragazzi più a modino – e più carini –  venivano annacquati di proposito.
James aveva accettato la sfida, ovviamente. Le aveva accettate tutte,  quella sera. Tiro alla fune, beer pong, gare di lotta, corsa ad  ostacoli. Mancava solo quella. E per quanto potesse essere un bersaglio  appetibile in altre occasioni, nessuna avrebbe mai rischiato di portarsi  un Potter a villa Malfoy. Non dopo la scenetta al Ballo delle  Debuttanti, dove aveva steso Nott Senior con un pugno in faccia.
Ma anche fosse stato, dubitava seriamente che qualcuna avesse veramente  il fegato di inimicarselo truccando la partita contro di lui.
Quindi aveva buone possibilità di vincere qualche turno.
Non che gli servisse uno schiavetto. Gli bastava alzare un dito e c'erano vere e proprie risse per fargli i compiti.
Ma era terribilmente annoiato. Forse un po' di alcool gli avrebbe fatto bene.
Scoccò un'occhiata alle coppiette che si scambiavano birra e danzavano  l'uno per l'altro. E poi seguì con lo sguardo tutto il resto della  scuola.
Lily non c'era. Ammalata, o qualcosa del genere. E nemmeno i Marauders erano in vista...tranne uno.
Peter Minus si districò tra la folla accalcata di gente che ballava, che  cuoceva marshmallow sulle griglie e si sfidava a vari giochi fisici  allestiti e gli si fece vicino con uno sguardo mesto che lo fece  sogghignare.
"Heylà, Codaliscia." ironizzò Potter, accendendosi una sigaretta.  L'arancione delle fiamme adombrava l'oro dei suoi occhi. "Gli altri?"
"Indaffarati." bofonchiò lui, accoccolandoglisi vicino.
Minus cercò di impostare il suo viso su un'espressione neutra.
Sirius di certo non avrebbe mai chiesto a Cristhine di danzare per lui  alla Strigora, benché l'idea persistente dei suoi riccioli che  fluttuavano nell'aria e delle sue gote deliziosamente arrossate  dall'alcool aveva riempito le loro teste per settimane.
No, troppo rischioso. Però, più tempo passavano lontani l'uno dall'altro  e più diventava irrequieto. Si erano concessi il lusso di approfittare  del caos per stare un po' assieme in segreto.
Non si baciavano, ovviamente. Sarebbe stato troppo forte, e James l'avrebbe sentito sulle labbra.
Era già abbastanza stronzo quando cercava di provocare Remus facendo  allusioni su Tonks. Lui reagiva guardando altrove, quasi annoiato. Ma  con Sirius la cosa sarebbe finita male.
E visto com'era andata l'ultima volta con Lily, meglio non rischiare di  attirare eccessivamente la sua attenzione. Tonks si sarebbe saputa  difendere visto il suo potere di Metaformagus ma Cristhine no di certo.
"E tu? Non riesci a stare lontano da me?" miagolò Ramoso, caldo come  miele. Gli occhi gli scintillarono, perfidi, e Peter arrossì guardando  altrove.
Sapeva quello che pensava. Li aveva perdonati, ma ogni sua parola era studiata per provocarli e fare male.
E Peter, durante quei giorni, si era reso conto di una cosa che l'aveva devastato.
James... Peter gli sarebbe stato vicino anche così. Anche in quel modo.
E... no, non era sano. Non era... normale.
Si stava impegnando come tutti per riaverlo, ma se per caso avessero  fallito... lui... lui sarebbe rimasto comunque al suo fianco. Gli sarebbe...  andato bene. Se lo sarebbe fatto andar bene.
Ramoso parve captare quel pensiero e si chinò su di lui. La letalità dei  suoi occhi avvampò come una brace. Un brivido gli rotolò giù per la  schiena.
Sensazioni dolorosamente familiari.
Paura. Disagio. Vergogna.
"Ti sei mai chiesto..." mormorò lui, basso e crudele. "... Ti sei mai  chiesto se questo attaccamento nei miei confronti sia amicizia o  nient'altro che il mio potere di Incantatore che agisce su di te? Su un  tipo come te?"
Un tipo debole. Amorfo. Pieno di paure. La preda perfetta di un potere del genere.
Non aveva mai capito appieno come funzionava. Se era una cosa che si  potesse davvero contenere o se era come avere una bestia particolarmente  vorace sulla spalla, che attirava le attenzioni di tutti e intrappolava  ogni tanto qualcuno di passaggio senza che ci potesse fare niente.  Qualcuno come lui.
Peter rimase in silenzio a lungo.
"Spesso, in questi giorni." sussurrò poi, senza osare guardarlo negli  occhi. Lui sembrava divertito dalla sua umiliazione, dal suo senso di  colpa. "Ma... poi..." continuò Minus, la voce roca.
"Sì? Ti ascolto."
"... Ma poi, ho pensato che quel potere avrebbe dovuto avere su di me  ancora più effetto, adesso. Ora che è libero e senza freni. E invece...  invece io desidero ancora che tu torni come prima." alzò gli occhi su di  lui con il mento che tremolava, stringendo forte i pugni contro i  pantaloni. "Quindi...quindi sì, forse il fatto che io ti veneri e ti  cerchi in quel modo non è altro che una scia del tuo potere che negli  anni mi è rimasta attaccata addosso. Forse è morboso e ingannevole.  Ma...ma la mia amicizia per te è sincera, James."
Lui lo fissò dritto per un istante. Poi si sollevò, e sospirando guardò  le stelle che facevano capolino ogni tanto fra le volute di fumo.
"Se è sincera, perché non mi lasci così?" sbottò, improvvisamente  irritato. Quei cambi di umore repentini erano davvero destabilizzanti.
Peter guardò quel viso così bello gettato in faccia alla notte, la mandibola un po' rigida, la frustrazione sul suo viso.
"E' davvero così fantastico?" gli sfuggì di bocca, ed era curioso davvero.
Lui lo guardò di sbieco.
"Vuoi che te lo mostri?"
Peter trattenne il respiro.
Da qualche parte, dietro quel muro insondabile, c'era James.
Il vero James. E lo sentivano ancora.
Era sempre stato strano e difficile da spiegare. Le loro menti così connesse. Era come avere un senso in più.
Poter allungare le mani ed immergersi delicatamente nell'altro. Sentire  le emozioni come proprie. Viverle così profondamente, intimamente.
Certo, per tacito accordo c'erano sempre delle difese alzate.
Come dei muri invisibili, attorno ai loro nuclei mentali più preziosi.  C'era un motivo per cui James e Sirius erano riusciti a imparare  Occlumanzia così velocemente.
Non era certo una pratica che si affinava dall'oggi al domani. Sapeva  che era difficile, e dolorosa anche. Ma quel processo inconscio e  istintivo li aveva fatti diventare tutti Occlumanti naturali fin  dall'età di quindici anni.
Era come avere allenato tutti i giorni un muscolo che nessun altro  allenava. Loro alzavano muri che altri avrebbero impiegato mesi e mesi  anche solo per riuscire a costruire.
Severus – e Silente per James, visto che si era rifiutato  categoricamente di continuare con il Serpeverde – li avevano soltanto  aiutati a metterci porte e lucchetti.
Quando si trasformava in Ramoso, quelle barriere un pochino cedevano e loro tornavano a sentire il loro  James. Come se fosse un'eco che gridava e gridava dentro le loro teste.  Era incazzato. Disperato. Solo la presenza di Lily placava tutta quella  angoscia feroce, forse perché tutti quei pensieri confusi si  concentravano in uno solo, ovvero nella sua missione da Famiglio, senza  fare posto ad altro.
Forse era per questo che quando si trasformava senza accorgersene, filava dritto da lei, ovunque si trovasse.
Ad ogni modo, nessuno di loro...aveva mai sentito quel James. Quello nuovo.
C'era un silenzio impenetrabile. Mura altissime, insondabili, indistruttibili.
Era come se fosse un'altra persona. Nemmeno sforzandosi erano riusciti  ad allungare le loro dita mentali dentro di lui. Un Bunker sarebbe stato  meno difficile da aprire. Era come trovarsi di fronte a un cancello  alto quanto una montagna, di duro diamante.
Per cui, la proposta di aprirgli l'uscio di casa lo lasciò spiazzato e anche un po' nel panico. Cosa avrebbe trovato, al di là...?
Si tese, sentendo un'ondata di naturale diffidenza. Poi, piano piano, annuì.
James batté solamente le palpebre.
Una volta sola.
E lui lo sentì.
Fu come se gli avessero rovesciato gelatina gelida all'interno del  cervello. James, il nuovo James, spalancò le porte e trasudò dentro di  lui e non ci fu più spazio per niente altro che James.
La sua personalità non venne completamente annullata, ma schiacciata  fino allo stremo in un angolo. Il cuore, che prima aveva pompato  frenetico, ora parve rilassarsi.
Avrebbe dovuto sentire terrore per un'invasione così viscerale, eppure... non sentiva niente.
Con orrore, si rese conto che era quello che sentiva James.
Niente.
Aveva sempre pensato che la pozione che gli toglieva i rimorsi lasciasse  spazio a emozioni feroci e violente che si incendiavano senza più  nessun freno. D'altronde James era sempre più caotico e squilibrato col  passare dei giorni.
E invece... Peter avrebbe potuto fare tutto. Qualsiasi cosa gli fosse passata nella testa.
Avrebbe anche potuto uccidere qualcuno, e andare a mangiarsi una pizza come se niente fosse.
Non... non sarebbe stato niente. Non avrebbe contato niente. Niente era più... importante, in qualche modo.
Era come essere sul fondo del mare.
No, non sul fondo del mare, si rese conto dopo un secondo.  Era  un'immagine troppo pesante per quello che sentiva, per quella orrenda  leggerezza.
Non era schiacciato, appesantito.
Era... in alto.
Nel cielo.
Sì, era come volare. Al di sopra di tutto.
Si sforzò disperatamente di provare qualcosa. Paura, rabbia, un po' di ansia. Felicità, sdegno, imbarazzo.
Niente.
Non c'era niente.
Scivolava nella personalità amorfa di James come se fosse fango  vischioso e fissava tutto ciò che era intorno a loro come avrebbe potuto  fare una statua di pietra.
Doveva per forza provare paura. Doveva.
James aveva il totale controllo di lui.
Ma il suo battito cardiaco continuava a rimanere stabile. La pelle  liscia e morbida, perfino un po' calda. Niente sudore. Nessuna ondata di  gelo giù per la schiena. Nessuna voglia di vomitare l'anima.
Sapeva che avrebbe dovuto reagire così solo perché prima di quello lo  avrebbe fatto. Ma era niente più che un'informazione stipata nel suo  cervello, un ricordo di ciò che era prima. Ora a guidarlo c'era solo...  l'ego. Il proprio piacere. Come un faro luminoso in una densa foschia  mentre ogni altra cosa sprofondava nelle sabbie mobili.
Era quasi...rilassante. Se non fosse stato orribile.
"E allora? Come ti senti?" chiese James, ad un certo punto.
Libero.
"E' come se fossi morto." mormorò Peter.
James rise leggero e improvvisamente si ritirò da lui.
E tutto tornò. Con il doppio della potenza.
Il Grifoncino strabuzzò gli occhi e cadde carponi sull'erba, boccheggiando. Il viso aveva perso colore.
L'acido gli risalì su per lo stomaco in modo doloroso. Vomitò e sudò freddo per parecchi minuti.
Paige arrivò dietro di loro ancheggiando, con l'aria un po' trasognata, quasi esaltata.
Un luccicore le brillava nelle iridi.
"Qualcuno qui ha perso alla gara delle bevute ancor prima di cominciare." notò, con allegria.
Sirius, dietro di lei, la scansò bruscamente. Sembrava uscito direttamente dalle ombre. Ansimava per la corsa.
Si chinò su Peter circondandogli un braccio attorno alle spalle con aria  protettiva e sollevò le labbra sui denti in un ringhio silenzioso.
"Eccoti qui!" rise Ramoso.
"Cosa cazzo... ?" fece per dire violentemente l'altro, ma la mano di Peter si serrò attorno al suo braccio.
"N-no. S-s-sto b-b-ene."
"Non sembra proprio, sai?" cinguettò di rimando la biondina, per nulla impressionata da quel violento tremare.
"Paige, chiudi quella cazzo di bocca." sibilò Black, scoccandole un'occhiata astiosa.
Incredibilmente, lei non se la prese. Non si spaventò nemmeno.
Era davvero strana quella sera, sembrava che nulla potesse spaventarla.  Era decisamente sicura di sé. Troppo, per una che si era appena scolata  quattro birre formato gigante. Incredibilmente, non era stata male.  Aveva anche trovato per caso dieci galeoni per terra.
Una serata particolarmente fortunata... come amava far notare a chiunque ascoltasse quella sua vocetta leziosa.
"James, è il tuo turno." disse amabilmente, sbattendo le lunghe ciglia sul nasino incipriato a dovere. "Metticela tutta!"
"Come sempre, tesoro!" James ricambiò il sorriso e l'allegria, alzandosi con un balzo. "Ci vediamo dopo, gente!"
Un invito, ma anche un ordine a cui non potevano sottrarsi. Era stufo  marcio di dover starli a cercare, quella sera, mentre erano a zonzo. Li  avrebbe obbligati a fare l'alba assieme a lui. Letteralmente.
Stranamente, non incontrò resistenza. Anzi.
"Oh, ci puoi giurare." cinguettò Sirius con aria un po' feroce e sadica, sollevando lo sguardo da Coda.
La cosa avrebbe dovuto turbarlo. Non lo turbò.
Tutto quello che voleva era farsi una bevuta e poi finire la serata  attorno ad un fuoco abbarbicato a qualche bella ragazza, assieme ai suoi  fedeli Marauders.
Liu non era in vista.
Da quando era sua, sembrava che non le interessassero più gli eventi  sociali. Prima era una delle più popolari, sempre in vista, sempre  aggiornata. La prima ad arrivare e l'ultima ad andarsene.
Ora veniva alle feste e alle partite amichevoli quel tanto che bastava  per non rendersi noiosa ai suoi occhi, ma se poteva scegliere, preferiva  rimanere da sola con lui. Sapeva staccarsi quando serviva, però.
Era terribilmente brava a capire cosa desiderasse James. Ed era  ossessionata da lui in modo squisito. La sua presenza a volte bastava a  placare quasi del tutto la sua fame.
Si sedette allo sgabello davanti ad un cespo su cui il vomito era stato  fatto evanescere e fu seguito da un boato. Rise e ringraziò i Grifondoro  che facevano il tifo per lui più di tutti.
"E allora, chi sta vincendo?" strizzò l'occhio alla Prentice che gli portò davanti il primo boccale.
"Tobs e Calton collassati. Morris si è ritirato, ma di poco." elencò  quella. "Ah, e mi han detto che qualcuno del Quinto sta facendo una  strage. Ha fatto fuori Bennet. Ma era il mio turno di pulizie, non ho  visto chi."
"Del Comitato?"
"Nah, una esterna."
"Ma dai?" si stupì James, ignorando la sua smorfia un po' schifata. Una  marmocchia che reggeva così tanto? "Interessante! Non vedo l'ora di  batterla."
Lei divenne tutta una moina... prima di paralizzarsi sul posto guardando qualcosa dietro di lui.
"Oh, sì, sicuramente tu...oh merda." alitò. "Ma non era fuori dal gioco?!"
Una ventata d'aria fredda invase il podio...
Ci fu un brivido generale che percorse tutta la folla accalcata a  guardare quel delirio e qualsiasi concorrente fosse in fila per  partecipare.
Silenzio terreo.
Poi lo sgomento ed il panico esplosero tutti assieme.
"Ma cosa...!"
"Ma non è giusto!"
"Lui no, dai!"
"No, no, col cazzo, io esco!"
Ci fu un frenetico rumoreggiare e alcuni cercarono di ritirarsi pur  avendo stretto un Patto Vincolante e ritrovandosi la faccia piena di  pustole.
La cosa avrebbe dovuto far sentire James un pelino in ansia ma il  cretino non fu per nulla sospettoso mentre si girava a vedere chi doveva  sfidare... per finire a guardare a bocca aperta il viso pulito e sereno  di Remus Lupin che si sedeva tranquillo davanti a lui.
Merda.
Quella parola gli balenò in mente di istinto. Poi fu soppressa dalla pozione.
Non si sarebbe tirato indietro.
"Paige aveva detto che non ci saresti stato." affermò, chinandosi in  avanti con aria battagliera. Perché avrebbe dovuto? Sì, certo, Moony  amava mietere vittime alle gare di bevute. Ma non era certo negli  interessi di Lupin diventare il giocattolo di quelle psicopatiche! E  nemmeno avere schiavetti! Il fatto che lui non fosse in gara era il  motivo per cui tanta gente si era iscritta!
A meno che...
James assottigliò gli occhi.
Rem sorrise angelico.
"Ho cambiato idea." sbatté le lunghe ciglia contro due occhi che  brillavano della stessa luce che aveva invaso le iridi di Sirius poco  prima. "Allora, cominciamo?"
Merda!


M.A.R.A.U.D.E.R.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora